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Approfondimenti

Dopo le “Banche venete”. L’interesse pubblico nella risoluzione bancaria ed il caso ABLV Bank

26 Giugno 2019

Edoardo Cecchinato

Di cosa si parla in questo articolo

Abstract

La Banca Centrale Europea ed il Comitato di Risoluzione Unico hanno recentemente pubblicato la documentazione relativa al caso di ABLV Bank S.A., banca lettone entrata in crisi nel 2018 e liquidata per mancanza di interesse pubblico nella sua risoluzione. I provvedimenti delle Autorità forniscono nuovi spunti di riflessione sulla valutazione di detto interesse e sul rapporto tra azione di risoluzione e procedura concorsuale.

1. Premessa

La Banca Centrale Europea (d’ora in poi anche solo «BCE») e il Comitato di Risoluzione Unico (d’ora in poi anche solo «CRU») hanno recentemente pubblicato, rispettivamente, le versioni non confidenziali degli accertamenti circa lo stato di prossimità al dissesto di ABLV Bank A.S. e della sua controllata ABLV Bank Luxembourg S.A.[1] e delle decisioni di non avviare una procedura di risoluzione nei confronti delle due banche[2]. I provvedimenti delle due Autorità verso i due istituti di credito, aggiungendosi a quelli emanati nei confronti di Banco Popular Español S.A. e delle due banche venete – i.e.: Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e Veneto Banca S.p.A. – nel giugno del 2017[3], inducono a nuove riflessioni sulla disciplina della risoluzione bancaria[4] e sulla sua concreta applicazione nel contesto del Meccanismo di Risoluzione Unico[5].

2. Un breve cenno ai fatti

Prima di analizzare i provvedimenti appena menzionati e al fine di comprenderne al meglio la portata e le criticità, pare opportuna una breve sintesi dei fatti che hanno indotto la Banca Centrale Europea e il Comitato di Risoluzione Unico ad emanarli.

ABLV era uno dei principali istituti di credito della Lettonia e la Banca Centrale Europea, ai sensi dell’art. 6, co. 4, del Regolamento (UE) n. 1024/2013[6], lo aveva classificato come «ente significativo» e assoggettato alla propria diretta supervisione[7].

La crisi dell’istituto lettone e, di riflesso, quella della sua controllata lussemburghese si sono sviluppate nell’arco di pochi giorni: in data 12 febbraio 2018 il Financial Crimes Enforcement Network (d’ora in poi solo «FinCEN»), bureau del Dipartimento del Tesoro Statunitense responsabile della lotta al riciclaggio, al finanziamento al terrorismo e ad altri crimini finanziari, interni e internazionali, aveva proposto di proibire ad ABLV l’accesso al mercato finanziario statunitense, avendo il fondato sospetto che la banca conducesse e favorisse attività finanziarie illecite[8].

Il provvedimento proposto dal FinCEN e, soprattutto, le accuse in esso contenute hanno avuto una forte risonanza mediatica ed un impatto reputazionale estremamente negativo per ABLV, etichettata come «institution of primary money laundering concern». Ne è seguita una corsa agli sportelli[9] che ha portato la banca ad una crisi di liquidità particolarmente critica.

3. L’accertamento dello stato di prossimità al dissesto

Valutata la difficile situazione di ABLV e della sua controllata lussemburghese, in data 23 febbraio 2018, la Banca Centrale Europea ne ha accertato il «rischio di dissesto»[10] per problemi di liquidità. La struttura dei due «‘Failing or Likely to Fail’ Assessment» è analoga a quella degli accertamenti riguardanti Banco Popular e le due banche venete del giugno 2017[11]: i) base giuridica su cui si fonda il provvedimento; ii) situazione dell’ente creditizio; iii) focus sulle cause della crisi dello stesso; iv) conclusione sullo stato di dissesto o di prossimità al dissesto e sull’assenza di misure alternative alla risoluzione o alla liquidazione per prevenirne la crisi.

Nel caso di specie, l’accertamento circa il rischio di dissesto di ABLV è fondato sull’art. 18, co. 4, lett. c), del Regolamento (UE) n. 806/2014, ossia sulla possibilità – ritenuta inesistente – che ABLV fosse in grado, nel prossimo futuro, di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza[12].

Alla stessa conclusione era giunta l’Autorità riguardo a Banco Popular, anch’esso prossimo al dissesto per una forte crisi di liquidità[13]. La gestazione della crisi dell’istituto spagnolo è stata più complessa e lunga, ma comunque determinata da un – seppur progressivo – calo reputazionale, dovuto ad un susseguirsi di fattori negativi, tra cui: i) la chiusura dell’esercizio del 2016 con perdite particolarmente significative, protrattesi anche nel primo trimestre del 2017; ii) l’elevato ammontare di crediti deteriorati; iii) l’annuncio della necessità di un aumento di capitale o di una operazione straordinaria per ripristinare la propria situazione economico-finanziaria; iv) i vari cambi nel management; e v) il downgrade delle principali agenzie di rating.

Diversa invece è stata la causa della crisi delle banche venete, entrambe a rischio dissesto ai sensi dell’art. 18, co. 4, lett. a), del Regolamento (UE) n. 806/2014, ossia per violazione dei requisiti prudenziali necessari all’esercizio dell’attività bancaria e, nello specifico, per reiterata violazione dei requisiti di capitale[14].

4. Prevenire la crisi

Una volta accertato il rischio di dissesto di ABLV, la Banca Centrale Europea ha valutato se la crisi definitiva dell’istituto – e quindi la sua messa in liquidazione ovvero in risoluzione[15] – potesse essere scongiurata da un qualche intervento del settore privato[16], da un’azione di vigilanza condotta dall’autorità stessa[17] o da una «qualsiasi misura alternativa», ai sensi dell’art. 18, co. 1, lett. b), del Regolamento (UE) n. 806/2014[18].

ABLV aveva cercato, senza successo, di far fronte ai problemi di liquidità dando attuazione ai rimedi previsti nel proprio piano di risanamento[19]; aveva poi beneficiato di un’operazione di Emergency Liquidity Assistance da parte della Banca Centrale della Lettonia[20], ossia di una iniezione straordinaria di liquidità[21], la quale, tuttavia, si era rivelata inefficace a far fronte alla forte crisi dell’istituto[22].

Pertanto, in data 19 febbraio, su indicazione della Banca Centrale Europea, l’Autorità di Vigilanza Lettone[23] aveva disposto nei confronti di ABLV una moratoria sui pagamenti, ossia la sospensione temporanea dei pagamenti delle obbligazioni finanziarie. Tuttavia, proprio la temporaneità e il carattere particolarmente invasivo della moratoria – che minava ulteriormente la fiducia della clientela nella banca – avevano presto manifestato la propria inadeguatezza a rimediare alla situazione di crisi nel lungo termine[24].

Avendo accertato che lo stato di dissesto di ABLV non poteva essere scongiurato in alcun modo, la Banca Centrale Europea ha rimesso al Comitato di Risoluzione Unico la decisione se avviare una procedura di risoluzione nei confronti della banca ovvero lasciare che fosse liquidata secondo la normativa nazionale di riferimento.

5. L’interesse pubblico nella risoluzione

Come anticipato, il Comitato di Risoluzione Unico non ha avviato un’azione di risoluzione nei confronti di ABLV né della sua controllata. Infatti, ha ritenuto che non vi fosse alcun interesse pubblico che legittimasse la risoluzione dell’istituto e che gli obiettivi della stessa potessero essere egualmente perseguiti dalla procedura di liquidazione prevista dalla normativa lettone[25]. Va qui ricordato che, ai sensi dell’art. 18, co. 1, del Regolamento (UE) n. 806/2014, il Comitato di Risoluzione Unico avvia la procedura di risoluzione nei confronti di un istituto di credito se: i) ne è accertato lo stato o il rischio di dissesto; ii) non vi sono misure alternative che possano prevenirne la crisi irreversibile; e iii) c’è un interesse pubblico nell’azione di risoluzione ai sensi del successivo comma quinto, il quale stabilisce che esso sussiste ogni qualvolta l’azione sia necessaria e proporzionata al conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione (v. a breve) e se la liquidazione dell’ente secondo la procedura ordinaria prevista dalla normativa nazionale non consenta di realizzare detti obiettivi nella stessa misura[26].

Nella propria decisione, il Comitato passa in rassegna tutti gli obiettivi di risoluzione[27], giungendo alla conclusione che possono essere egualmente perseguiti anche attraverso la liquidazione dell’istituto. Prima di esaminare nello specifico la decisione, pare opportuno elencare sinteticamente gli obiettivi di risoluzione, di cui all’art. 14, co.2, del Regolamento (UE) n. 806/2014: i) garantire la continuità delle funzioni essenziali della banca; ii) evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria, in particolare attraverso la prevenzione del contagio, anche delle infrastrutture di mercato, e con il mantenimento della disciplina di mercato; iii) salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario; iv) tutelare i depositanti disciplinati dalla Direttiva 2014/49/UE[28] e gli investitori disciplinati dalla Direttiva 97/9/CE[29]; v) tutelare i fondi e le attività dei clienti[30].

È necessario chiarire che l’espressione «funzioni essenziali» di cui all’art. 14, co. 2, non deve essere intesa come sinonimo di «funzioni principali», «funzioni tipiche» o, ancora, «linee di business principali»[31]. Il testo del Regolamento in lingua inglese parla più propriamente di «critical functions», espressione sicuramente più vicina al suo concreto significato, ossia di «attività, servizi o operazioni la cui interruzione porterebbe verosimilmente, in uno o più Stati membri, all’interruzione di servizi essenziali per l’economia reale o potrebbe compromettere la stabilità finanziaria a motivo della dimensione, della quota di mercato, delle interconnessioni esterne ed interne, della complessità o delle attività transfrontaliere di un ente o gruppo, con particolare riguardo alla sostituibilità di tali attività, servizi o operazioni»[32]. L’essenzialità delle funzioni, pertanto, non va riferita solamente alla sua rilevanza nel business dell’istituto di credito ma, soprattutto, alla sua importanza per il mercato dello Stato membro e dell’Unione[33], e, di conseguenza, il Comitato dovrà valutare: i) che la specifica funzione sia fornita a soggetti terzi rispetto alla banca[34]; ii) che la sua improvvisa interruzione possa avere un impatto negativo significativo su questi, nonché provocare un contagio ovvero minare la fiducia generale dei partecipanti al mercato in ragione della rilevanza sistemica della funzione e della banca stessa; e iii) che non sia sostituibile in tempi e modi ragionevoli[35].

Il Comitato ha analizzato la portata delle attività esercitate da ABLV che sarebbero potute risultare critiche alla luce del report inviatogli dalla banca stessa a fine 2017[36]: i) i depositi delle famiglie e delle piccole e medie imprese; ii) il credito alle famiglie per investimenti immobiliari e alle piccole e medie imprese; iii) i servizi di pagamento forniti agli istituti finanziari non monetari; iv) l’emissione di titoli di debito[37].

Prendiamo in esame l’analisi condotta dal Comitato sulla funzione di raccolta di depositi[38]: anzitutto, l’Autorità osserva che ABLV esercita detta attività prevalentemente verso soggetti residenti in paesi extra-comunitari o ivi aventi sede, e che, invece, la percentuale di depositanti residenti in Lettonia o ivi aventi sede è marginale. Rileva poi che l’eventuale interruzione della funzione non avrebbe un impatto negativo né sui depositanti né sul mercato in generale. Infine, considera che il servizio di raccolta di depositi possa essere fornito agevolmente da altre banche, essendo presenti in Lettonia circa una ventina di istituti di credito, di cui almeno sei forniscono il servizio a soggetti residenti o con sede in paesi extracomunitari. Alla luce di quanto detto, la conclusione della valutazione del Comitato è che la funzione di raccolta di depositi non è essenziale – così come le altre funzioni sopra menzionate[39] – dal momento che la sua interruzione non arrecherebbe alcun grave pregiudizio all’economia reale ovvero alla stabilità finanziaria della Lettonia o dell’Unione.

Si noti che la funzione di raccolta di depositi assume rilievo anche in relazione alla disciplina di protezione dei depositanti prevista dalla Direttiva 2014/49/UE, la quale ha imposto ad ogni Stato membro di costituire un sistema che garantisca il rimborso dei depositanti fino a € 100.000 in caso di dissesto della banca[40]. Nel caso di specie, il Comitato ha confrontato l’ammontare dei depositi garantiti presso ABLV (i.e., € 520.900.000) con i fondi attualmente disponibili nel sistema di garanzia lettone (i.e., € 158.000.000)[41] e, nonostante la differenza, ha ritenuto che ogni depositante potesse essere tutelato adeguatamente, dal momento che il fondo di garanzia, anche se sotto-finanziato, può ricorrere a contributi straordinari degli istituti di credito partecipanti o a prestiti da parte degli stessi[42].

Dopo aver escluso che ABLV esercitasse funzioni critiche, il Comitato ha valutato la necessità di scongiurare effetti negativi sulla stabilità finanziaria della Lettonia e degli altri Stati membri[43]. Invero, proprio la caratteristica operatività con soggetti extracomunitari e la quota dell’ente nel mercato bancario europeo – appena lo 0,013% – hanno reso inverosimile un turbamento all’economia lettone o a quella di altri Stati membri[44].

Alla luce di quanto esaminato, il Comitato di Risoluzione Unico ha quindi ritenuto che la liquidazione volontaria intrapresa da ABLV assicurasse egualmente il perseguimento degli obiettivi di risoluzione.

6. Il rapporto tra azione di risoluzione e procedura concorsuale

Data la rilevanza della questione, pare opportuno analizzare più approfonditamente la relazione tra la procedura di risoluzione e la procedura concorsuale, cercando di comprendere quale rapporto sussista tra queste: se di alternatività, di sussidiarietà, ovvero di complementarietà.

Guardiamo, anzitutto, al dato letterale dell’art. 18, co. 5, del Regolamento (UE) n. 806/2014: «l’azione di risoluzione è considerata nell’interesse pubblico se è necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14 ed è ad essi proporzionata e se la liquidazione dell’ente con procedura ordinaria di insolvenza non consentirebbe di realizzare tali obiettivi nella stessa misura» (nostra l’enfasi). La norma parrebbe indicare che tra azione di risoluzione e procedura concorsuale sussista un rapporto di sussidiarietà, in cui la prima entra in gioco solo se la seconda non è in grado di assicurare il perseguimento degli obiettivi di cui all’art. 14, co. 2, del Regolamento (UE) n. 806/2014.

La procedura di risoluzione sarebbe quindi l’extrema ratio per la gestione della crisi bancaria[45]: di conseguenza, l’Autorità deve prima valutare se la procedura di liquidazione ordinaria prevista dalla normativa nazionale riesca ad assicurare la stabilità finanziaria dello Stato membro e dell’Unione Europea, la prosecuzione delle funzioni critiche della banca, e a tutelare adeguatamente la clientela debole. Nel caso ciò non sia possibile, allora sarà avviata la procedura di risoluzione.

Se sul piano teorico lo schema predisposto dal legislatore europeo pare sicuramente condivisibile, sul piano pratico presenta però notevoli criticità. Anzitutto, si deve guardare allaratio delle due procedure[46]: la risoluzione, si è detto, mira a preservare la stabilità finanziaria, assicurare la continuità delle funzioni critiche e a tutelare la clientela debole; una procedura concorsuale, invece, può avere finalità diverse a seconda del diritto nazionale applicabile.

Più precisamente: in alcuni ordinamenti, la procedura concorsuale – tanto per le imprese commerciali comuni quanto per le banche – mira primariamente alla soddisfazione dei creditori dell’ente[47], non ad assicurarne la continuità aziendale; altri Stati membri, invece, hanno adattato la disciplina della procedura concorsuale prevista per le imprese commerciali alle peculiarità bancarie, rendendola, mutatis mutandis, simile alla risoluzione stessa. Esaminiamo più approfonditamente questo punto alla luce degli altri due casi – i.e., quello di Banco Popular e quello delle banche venete[48] – affrontati dal Comitato di Risoluzione Unico.

Banco Popular è stato assoggettato alla procedura di risoluzione, in ragione della sua rilevanza nell’economia della Penisola Iberica e dell’incapacità della procedura di liquidazione prevista dalla normativa spagnola di perseguire gli obiettivi di risoluzione: infatti, il concurso[49], è una procedura alla quale possono essere assoggettate tutte le imprese in dissesto – quindi, tanto una comune società di capitali quanto una banca -, caratterizzata da una forte ingerenza della magistratura – il che ne allunga, inevitabilmente, le tempistiche – ed un ruolo marginale dell’autorità di risoluzione, nonché dall’obiettivo primario di massimizzare il valore degli asset in favore dei creditori[50]. La disciplina della risoluzione ha invece consentito al Comitato di gestire rapidamente la crisi di Banco Popular, il quale è stato acquisito da Banco Santander S.A. per il corrispettivo di € 1,00, attraverso l’applicazione dello «strumento per la vendita dell’attività d’impresa», di cui all’art. 24 del Regolamento (UE) n. 806/2014[51].

La disciplina italiana, invece, prevede una procedura specifica per gli istituti di credito in dissesto, la liquidazione coatta amministrativa[52], differente dalla procedura ordinaria prevista per le imprese e, per certi aspetti, simile alla risoluzione. Il Comitato di Risoluzione Unico, come anticipato, ha deciso di non avviare un’azione di risoluzione nei confronti delle due banche venete, potendo essere gli obiettivi della risoluzione egualmente perseguiti dalla liquidazione coatta amministrativa: ed infatti la «parte sana» delle due banche è stata venduta, tramite cessione d’azienda, dalla procedura a Banca Intesa Sanpaolo S.p.A. per il corrispettivo di € 1,00, in modo molto simile a quanto è accaduto all’istituto spagnolo[53].

Gli esempi appena menzionati danno supporto al dato letterale dell’art. 18, co. 5, del Regolamento (UE) n. 806/2014, suffragando la tesi che tra azione di risoluzione e procedura concorsuale sussista un rapporto di sussidiarietà[54].

Non pare azzardato, tuttavia, ipotizzare che tra le due vi sia anche un rapporto di complementarietà. Nel caso di ABLV, così come in quelli di Banco Popular e delle banche venete, il Comitato di Risoluzione Unico aveva considerato le due procedure in un’ottica di aut aut. Guardando invece fuori dal Meccanismo di Risoluzione Unico[55], ossia ad alcuni casi di risoluzione gestiti secondo la normativa nazionale che traspone la Direttiva 2014/59/UE, vediamo cumularsi l’azione di risoluzione e la procedura concorsuale.

Si pensi, anzitutto, al caso delle quattro banche dell’Italia centrale[56]: in brevis, per ogni banca la «parte sana» è stata separata dalla «parte non-performing» e successivamente venduta ad istituto di credito tramite azione di risoluzione. Ogni banca quindi è stata poi posta in liquidazione coatta amministrativa[57].

Un altro esempio è dato dal caso di Andelskassen J.A.K. Slagelse, banca danese prima risolta e poi liquidata: più precisamente, l’Autorità di risoluzione danese[58] ha disposto la risoluzione della banca in crisi con l’obiettivo di venderla ad un altro soggetto ma, non trovando alcun acquirente che garantisse adeguatamente il perseguimento degli obiettivi di risoluzione, ha chiuso la procedura, lasciando che l’istituto fosse liquidato attraverso la procedura concorsuale[59].

A ben vedere, però, i casi appena esaminati, non indicano tanto un rapporto di complementarietà tra risoluzione e liquidazione, ma confermano, anch’essi, quello di sussidiarietà: infatti, le due procedure sono state solo apparentemente cumulate. Sia nel caso delle quattro banche dell’Italia centrale che in quello di Andelskassen, l’Autorità ha prima avviato l’azione di risoluzione, lasciando che venisse intrapresa la procedura di liquidazione solo quando la stessa risoluzione aveva raggiunto i propri obietti ovvero non vi era riuscita.

Infine, sempre in relazione al rapporto tra azione di risoluzione e procedura concorsuale, è necessario sottolineare l’importanza del principio di «no creditor worse off than under liquidation» (d’ora in poi «NCWOL»): in caso di risoluzione della banca in stato o a rischio di dissesto, ai sensi dell’art. 15, co. 1, lett. g), del Regolamento (UE) n. 806/2014, «nessun creditore sostiene perdite più ingenti di quelle che avrebbe sostenuto se l’entità […] fosse stata liquidata con procedura ordinaria di insolvenza […]». Di conseguenza, il Comitato di Risoluzione Unico, intrapresa l’azione di risoluzione nei confronti della banca in stato o a rischio di dissesto, dovrà evitare che i creditori della stessa incorrano in perdite maggiori di quelle in cui incorrerebbero in caso di liquidazione[60].

Alla luce di quanto finora esposto e del principio appena enunciato, gli obiettivi della risoluzione potrebbero essere così – riassuntivamente – formulati: l’azione di risoluzione mira a preservare la stabilità finanziaria, i) minimizzando l’utilizzo di fondi pubblici[61]; ii) garantendo la continuità delle funzioni della banca oggetto della procedura critiche per il mercato dello Stato membro e dell’Unione Europea; iii) tutelandone i clienti deboli (in particolare, i depositanti); e iv) assicurando ai creditori un trattamento non più gravoso di quello che avrebbero subito in una procedura di liquidazione[62]. Si noti che la valutazione sul rispetto del principio di NCWOL è condotta, da un soggetto terzo ed indipendente[63], successivamente all’avvio dell’azione di risoluzione e non in sede di decisione sull’avvio della procedura[64], sicché la «tutela» offerta dalla normativa ai creditori pare perdere importanza[65], venendo relegata a giochi fatti[66].

7. Conclusioni

Il caso di ABLV aggiunge un tassello importante alla disciplina della gestione della crisi bancaria nel contesto del Meccanismo di Risoluzione Unico, andando a consolidare certi modi operandi della Banca centrale Europea e del Comitato di Risoluzione Unico che ancora non potevano essere qualificati come «prassi».

Nello specifico, se raffrontato con gli altri casi menzionati, quello di ABLV delinea ulteriormente i presupposti della risoluzione stessa, ossia le condizioni per intraprenderla ed i suoi obiettivi. La necessità di garantire la stabilità finanziaria – con i suoi corollari: i) il risparmio di risorse pubbliche; ii) assicurare la continuità delle funzioni bancarie critiche; e iii) la tutela della clientela debole – vincola l’Autorità nella scelta degli strumenti più adeguati al suo perseguimento, andando a porre in secondo piano quelli che sono i primi stakeholder della banca: azionisti e creditori. E questo risponde perfettamente ai principi comunitari di libero mercato, secondo i quali non merita tanto di essere «salvata» la banca in crisi ma, piuttosto, le sue funzioni essenziali per l’economia, le quali potranno essere più efficacemente proseguite da un’altra banca concorrente.  

 



[1] Nello specifico: i) BCE, ‘Failing or Likely to Fail’ Assessment of ABLV Bank, AS, 23 febbraio 2018; e ii) BCE, ‘Failing or Likely to Fail’ Assessment of ABLV Bank Luxembourg, SA, 23 febbraio 2018. Entrambi gli accertamenti sono consultabili nel sito internet della Banca Centrale Europea.

[2] Nello specifico: i) CRU, Decision of the Single Resolution Board of 23 February 2018 concerning the assessment of the conditions for resolution in respect of ABLV Bank, AS (SRB/EES/2018/09), 23 febbraio 2018; e ii) CRU, Decision of the Single Resolution Board of 23 February 2018 concerning the assessment of the conditions for resolution in respect of ABLV Bank Luxembourg S.A (SRB/EES/2018/10), 23 febbraio 2018. Entrambe le decisioni sono consultabili nel sito internet del Comitato di Risoluzione Unico.

[3] Sui cui diremo a breve.

[4] Recentemente introdotta dal legislatore comunitario con la Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio.

[5] Istituito dal Regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010.

La Direttiva 2014/59/UE introduce una disciplina sulla gestione della crisi bancaria comune per tutti gli Stati membri, lasciando loro un certo margine di discrezionalità nella sua trasposizione. Il Regolamento (UE) n. 806/2014, invece, istituisce una procedura per la gestione della crisi unica per tutti i Paesi dell’Eurozona, applicabile alle banche cd. «significative» (v. a breve) e condotta sotto l’egida di un’Autorità europea, il Comitato di Risoluzione Unico. Sul rapporto tra la Direttiva 2014/59/UE e il Meccanismo di Risoluzione Unico, v. ex multis, S. Gleeson – R. Guynn, Bank Resolution and Crisis Management, Oxford University Press, 2016, pp. 204-208.

Per un quadro completo sul funzionamento del Meccanismo di Risoluzione Unico, rinviamo, ex multis, a M. De Poli, Fundamentals of European Banking Law, Wolters Kluwer, 2018, pp. 240 ss.; D. Busch, Governance of the European Banking Union’s Single Resolution Mechanism, in EBI Working Paper Series, n. 9, 2017; e G. Boccuzzi, The European Banking Union, Palgrave Macmillan, 2016, pp. 116 ss.

[6] Nello specifico, il Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio del 15 ottobre 2013 che attribuisce alla Banca Centrale Europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi.

[7] Ai sensi della norma in esame, la significatività di una banca è valutata sulla base: i) delle sue dimensioni; ii) della sua rilevanza per l’economia dello Stato membro o dell’Unione Europea; iii) della significatività delle sue attività transfrontaliere. Inoltre, un istituto di credito è ex se significativo – e la BCE vi esercita vigilanza diretta – se rientra tra i tre enti creditizi di maggiore importanza nello Stato membro. Questo è il caso di ABLV che figurava «fra i tre maggiori enti creditizi dello Stato membro» (così BCE, Elenco dei soggetti vigilati significativi ed elenco degli enti creditizi meno significativi, 4 settembre 2019).

 Sulla significatività di un istituto di credito, v., ex multis, M. De Poli, op. cit., pp. 176-179; e G. Lo Schiavo, Il ruolo della BCE, in M. P. Chiti – V. Santoro (a cura di), L’Unione Bancaria Europea, Pacini Giuridica, 2016, pp. 208-209.

[8] «ABLV executives, shareholders, and employees have institutionalized money laundering as a pillar of the bank’s business practices. […] ABLV management permits the bank and its employees to orchestrate and engage in money laundering schemes; solicits the high-risk shell company activity that enables the bank and its customers to launder funds; maintains inadequate controls over high-risk shell company accounts; and seeks to obstruct enforcement of Latvian anti-money laundering and combating the financing of terrorism (AML/CFT) rules in order to protect these business practices. In addition, illicit financial activity at the bank has included transactions for parties connected to U.S. and UN-designated entities, some of which are involved in North Korea’s procurement or export of ballistic missiles». Così FinCEN, Proposal of Special Measure against ABLV Bank, as a Financial Institution of Primary Money Laundering Concern, 12 febbraio 2018, p. 6 (il documento è consultabile nel sito internet del bureau).

[9] Usiamo qui l’espressione «corsa agli sportelli» in senso metaforico, riferendoci genericamente al ritiro e alle richieste di ritiro delle somme depositate presso la banca. Essendo la clientela di ABLV per la maggior parte composta da soggetti professionali o semi-professionali, e residenti o avente sede in paesi extracomunitari, non ci si deve figurare lunghe code agli sportelli come avvenne, e.g., durante la recente crisi greca.

[10] Vale la pena ricordare che l’art. 18, co. 4, del Regolamento (UE) n. 806/2014, elenca le quattro situazioni – presenti o con concreta possibilità di verificarsi nel prossimo futuro – in cui un istituto di credito è da considerarsi in dissesto o a rischio di dissesto, ossia quando: a) viola i requisiti per il prosieguo dell’autorizzazione ad esercitare l’attività bancaria, in modo tale da giustificare la revoca della stessa da parte della BCE (e.g., la banca ha subito perdite tali da privarla dell’intero patrimonio o di una parte significativa di questo); b) presenta un attivo inferiore alle passività; c) non è in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza; d) necessita di un sostegno finanziario pubblico straordinario, ad esclusione dei casi in cui, al fine di rimediare ad una grave turbativa all’economia di uno Stato membro e preservare la stabilità finanziaria, i suddetti aiuti di Stato si concretizzano in una delle forme seguenti: i) una garanzia dello Stato a sostegno degli strumenti di liquidità forniti dalle banche centrali alle condizioni da esse applicate; ii) una garanzia dello Stato su passività della banca di nuova emissione; ovvero iii) un’iniezione di fondi propri o l’acquisto di strumenti di capitale a prezzi e condizioni che non conferiscono un vantaggio alla banca, qualora, nel momento in cui viene concesso il sostegno pubblico, non si verifichino né le circostanze di cui ai punti precedenti a), b) e c) né alcuna delle circostanze che consentano la svalutazione e la conversione degli strumenti di capitale (v. art. 21, co. 1, del Regolamento (UE) n. 806/2014). Come giustamente osservato da E. Rulli, Prevenire l’insolvenza. Dal salvataggio pubblico alla risoluzione bancaria: rapporti con i principi della concorsualità e prime esperienze applicative, in Rivista Trimestrale di Diritto dell’Economia, n. 3 – suppl., 2015, p. 297, «dissesto» non è sinonimo di «insolvenza», avendo infatti una portata più ampia. Sul punto, peraltro, D. Freudenthaler – P. Lintner, Conditions for taking resolution action and the adoption of a resolution scheme, in P. Lintner et. al. (a cura di), Understanding Bank Recovery and Resolution in the EU: A Guidebook to the BRRD, World Bank Group, 2016, p. 106, ritengono che la nozione di dissesto sia alquanto vaga e che difficilmente consenta di definire un punto di non ritorno, ma che, tuttavia, alla luce dell’elenco di situazioni appena riportato, permetta di intervenire con un certo anticipo rispetto all’acuirsi di una situazione di crisi, presente o futura, data per certa (così anche S. Grünewald, Legal challenges of bail-in, in ECB Legal Conference 2017. Shaping a new legal order for Europe. a tale of crises and opportunities,2017, p. 290, secondo cui l’accertamento dello stato di dissesto o del rischio di dissesto «is nothing less than the extrapolation of a bank’s future insolvency beyond reasonable doubt»). A riguardo, v. anche M. Porzio, La banca insolvente, in M. P. Chiti – V. Santoro (a cura di), op. cit., pp. 408-410.

[11] V., rispettivamente, BCE, ‘Failing or Likely to Fail’ Assessment of Banco Popular Español, 6 giugno 2017BCE; ‘Failing or Likely to Fail’ Assessment of Banca Popolare di Vicenza Società per Azioni (‘the Supervised Entity’), 23 giugno 2017; e BCE, ‘Failing or Likely to Fail’ Assessment of Veneto Banca Società per Azioni (‘the Supervised Entity’), 23 giugno 2017. Gli accertamenti sono tutti consultabili nel sito internet della Banca Centrale Europea.

[12] V. i paragrafi 23-34 dell’accertamento.

[13] V. i paragrafi 3-19 dell’accertamento. Invero, tra i vari rischi cui un istituto di credito deve fare fronte, il cd. «liquidity risk» è quello di maggior rilievo: infatti, «It is reasonably well-known that in practice banks do not fail because of loss of capital, but because of loss of access to liquidity – the point at which a bank must close its doors is the point at which it can no longer access cash to pay its obligations, regardless of the state of its balance sheet» (così, S. Gleeson – R. Guynn, op. cit., p. 222).

[14] V. i paragrafi 3-21 degli accertamenti.

[15] Sulle cui differenze ed analogie diremo a breve.

[16] Banco Popular, e.g., aveva cercato – senza successo – di essere acquisito da un competitor più forte (v. il paragrafo 18 dell’accertamento). Sull’acquisto della banca a rischio di dissesto da parte di un’altra più solida, v. M. Čihák – E. Nier, The Need for Special Resolution Regimes for Financial Institutions -The Case of the European Union, in IMF Working Paper, n. 09/200, 2009, p. 16, secondo i quali «[the] Acquisition of the failing institution as a whole is often the most desirable outcome when a financial institution is in distress. This solution can provide continuity of services, protects the public purse and at the same time protects the interests of creditors and counterparties, whose exposures to the failing institution are replaced by claims on a stronger institution». Per quanto riguarda le due banche venete, invece, queste avevano tentato di far fronte ai continui problemi di sottocapitalizzazione tramite aumenti di capitale e, prima ancora, tramite altri aumenti, o la sottoscrizione di obbligazioni subordinate, facilitate dall’erogazione di credito agli acquirenti: le cdd. operazioni «baciate», riprese dalla Banca entrale Europea perché condotte in violazione dell’art. 28, co. 1, lett. b), del Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012. Sul punto, v. R. Locatelli et al., Gestione e costi delle crisi bancarie dopo la BRRD, in Banca Impresa Società, n. 1, 2018, p. 44; e A. A. Dolmetta – U. Malvagna, «Banche venete» e profili civilistici di lettura costituzionale del decreto legge n. 99/2017, in Rivista di Diritto Bancario, estr. n. 7, 2017, p. 2.

[17] V., e.g., i poteri di vigilanza elencati all’art. 104 della Direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE; nonché le misure di intervento precoce di cui all’art. 13 del Regolamento (UE) n. 806/2014.

[18] L’efficacia delle misure appena indicate, ai sensi dell’articolo in esame, va valutata considerando «la tempistica e altre circostanze pertinenti»: se nella norma pare assumere un valore quasi pleonastico, il riferimento al dato temporale diviene in concretu particolarmente rilevante, specie considerando il caso di ABLV e il suo deterioramento in appena dieci giorni. Peraltro, lo stesso può dirsi guardando alla rapidità con cui si è svolta l’azione di risoluzione di Banco Popular, così commentata nell’agosto del 2017 da A. Dombret, Membro dell’Executive Board di Deutsche Bundesbank: «[…] the resolution of Banco Popular […] was a concrete case in which the SRM achieved what some experts had even considered unimaginable up until then: that a decision could be reached within just a matter of hours on the fate of a multi-billion-euro financial institution with a countless number of branches – and that without any negative repercussions for the European or the Spanish financial system. Given the rapid pace at which the liquidity situation deteriorated, the institution even had to be resolved during the week between two normal working days. In this specific case, the fact that a purchase offer had already been made meant that it was possible to find a solution to the crisis with comparatively little intervention». Il testo integrale dell’intervento è consultabile nel sito internet della Banca dei Regolamenti Internazionali.

[19] Sulla capacità dei piani di risanamento (cd. «living wills») di far fronte ai problemi di liquidità di un istituto di credito, v. T. Philippon – A. Salord, Bail-ins and Bank Resolution in Europe. A Progress Report, in Geneva Reports on the World Economy – Special Report, n. 4, 2017, pp. 48-49.

[20] I.e., la Latvijas Banka. Si noti che, la Lettonia, diversamente dalla maggior parte degli altri Stati membri, non ha attribuito alla propria Banca Centrale il compito di vigilare sugli istituti di credito, l’autorità nazionale di vigilanza è la Finanšu un Kapitāla Tirgus Komisija.

[21] Nello specifico, l’Emergency Liquidity Assistance (anche «ELA») è un’operazione straordinaria di finanziamento concessa, dietro adeguate garanzie, da una Banca Centrale ad un istituto di credito che attraversa una crisi temporanea di liquidità ma che è ritenuto ancora solvibile. L’ELA, si noti, non è propriamente un’azione di vigilanza o una misura di intervento precoce condotta dall’Autorità responsabile della supervisione della banca, dovendo invece essere ricompresa in quella vasta e non definita categoria indicata dall’espressione «qualsiasi misura alternativa» di cui all’art. 18, co. 1, lett. b), del Regolamento (UE) n. 806/2014, la cui vaghezza vuole proprio consentire alle Autorità di vigilanza – e a qualunque altra Autorità, come, e.g., una Banca Centrale, ovvero ad un soggetto privato – di intervenire in qualunque modo per evitare che il dissesto della banca provochi gravi pregiudizi alla stabilità finanziaria e ai suoi clienti deboli (e.g. i depositanti). In relazione all’ELA, v., ex. multis, N. Xanthoulis, Single Resolution Fund and Emergency Liquidity Assistance: status quo and reform perspectives on emergency financial support in the Banking Union, in G. Lo Schiavo (a cura di), The European banking Union and the Role of Law, Edward Elgar Publishing, 2019, pp. 284 ss.

[22] Al tempo, anche Banco Popular aveva beneficiato dell’ELA.

[23] I.e., Finanšu un Kapitāla Tirgus Komisija.

[24] V. il paragrafo 32 dell’accertamento.

[25] Nello specifico, in data 26 febbraio, ABLV ha intrapreso la procedura di liquidazione volontaria.

[26] Sulle condizioni che devono essere soddisfatte per avviare un’azione di risoluzione, v. ex multis, G. Boccuzzi, op. cit., pp. 72-75; D. Freudenthaler – P. Lintner, op. cit., in P. Lintner et al. (a cura di), op. cit., pp. 104-110; e S. Gleeson – R. Guynn, op. cit., pp. 162-165.

[27] V. i paragrafi 62-136 della decisione.

[28] Nello specifico, la Direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi.

[29] Nello specifico, la Direttiva 97/9/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 3 marzo 1997 relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori.

[30] Per una completa panoramica su obiettivi e principi della risoluzione nel meccanismo di risoluzione unico v., ex multis, D. Freudenthaler, The BRRD – An overview of its scope, objectives, powers and tools, in P. Lintner et al. (a cura di), Understanding Bank Recovery and Resolution in the EU: A Guidebook to the BRRD, World Bank Group, 2016.

[31] Sul punto v. C. M. Stiefmueller, The maintenance of critical functions as a key resolution objective, in P. Lintner et al. (a cura di), op. cit., p. 35, che opportunamente distingue «critical functions» e «core business lines». Per un quadro normativo più dettagliato sulle funzioni essenziali e sulle linee di business principali, v. gli artt. 6 e 7 del Regolamento delegato (UE) 2016/778 della Commissione, del 2 febbraio 2016, che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le circostanze e le modalità secondo le quali il pagamento dei contributi straordinari ex post può essere parzialmente o integralmente rinviato, e i criteri per l’individuazione delle attività, dei servizi e delle operazioni per quanto concerne le funzioni essenziali e per l’individuazione delle linee di business e dei servizi connessi per quanto attiene alle linee di business principali.

[32] Così la definizione di «funzioni essenziali» di cui all’art. 2, co. 1, pt. 35, della Direttiva 2014/59/UE.

[33] Si noti che una funzione può essere essenziale anche solo per la sua rilevanza a livello regionale ai sensi dell’art. 6, co. 1, lett. a), del Regolamento delegato (UE) 2016/778. Sul punto, si v. le decisioni del Comitato relative a Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e Veneto Banca S.p.A., il cui business riguardava prevalentemente il Veneto.

[34] I.e., soggetti terzi non collegati alla banca o al suo gruppo (così l’art. 6, co. 1, lett. a), del Regolamento delegato (UE) 2016/778).

[35] V. il paragrafo 65 della decisione.

[36] Si noti che ogni banca invia annualmente al Comitato uno specifico report relativo alle caratteristiche e alla portata delle funzioni esercitate. Sul punto, v. CRU, Guidance on the Critical Functions Report, 2019 (la guida è consultabile nel sito internet dell’Autorità).

[37] V. i paragrafi 65-97 della decisione.

[38] V. i paragrafi 68-78 della decisione. Sul caso in esame, v. anche J. H. Binder et al., The choice between judicial and administrative sanctioned procedures to manage liquidation of banks: a transatlantic perspective, in Capital Markets Law Journal, n. 14(2), 2019, pp. 192-193.

[39] Per quanto concerne il credito alle famiglie e alle piccole e medie imprese v. i paragrafi 79-87 della decisione, i servizi di pagamento ad istituti finanziari non monetari v. i paragrafi 88-93, l’emissione di titoli di debito i paragrafi 94-96.

[40] Sul funzionamento dei sistemi di garanzia dei depositi, v., ex multis, M. De Poli, op. cit., pp. 249 ss.; S. Maccarone, I sistemi di garanzia dei depositi nel contesto regolamentare europeo, in M. P. Chiti – V. Santoro (a cura di), op. cit., pp. 573 ss.; e G. Boccuzzi, op. cit., pp. 130 ss.

[41] In brevis, ogni istituto di credito è tenuto a versare un contributo al fondo proporzionale ai depositi raccolti. Al tempo, il fondo non era ancora completamente finanziato.

[42] V. i paragrafi 122-125 della decisione.

[43] V. i paragrafi 98-121 della decisione. ABLV è classificata come «altro ente a rilevanza sistemica» ai sensi dell’art. 131, co. 3, della Direttiva 2013/36/UE, in ragione: i) delle sue esposizioni debitorie; ii) delle sue dimensioni (asset…); e iii) della sua operatività transfrontaliera. Se la qualifica in esame è essenzialmente volta ad individuare i requisiti prudenziali che la banca deve rispettare, quella, già citata, di «ente significativo», di cui all’art. dell’art. 6 del Regolamento (UE) n. 1024/2013, fondata su presupposti analoghi, mira, invece, a ripartire competenze e poteri in materia di vigilanza bancaria tra Banca Centrale Europea e Autorità di Vigilanza Nazionali.

[44] A ben vedere, si può affermare che l’azione di risoluzione mira essenzialmente a preservare la stabilità finanziaria dello Stato membro e dell’Unione Europea, essendo la continuità delle funzioni bancarie essenziali e la protezione della clientela debole figure sintomatiche della stabilità finanziaria stessa.

[45] Così M. De Poli, op. cit., p. 2010. V. anche J. H. Binder, The Relevance of the Resolution Tools Within the SRM, inEBI Working Paper Series, n. 29, 2018,p. 6, secondo cui «The SRB’s decision in the cases of Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca, and ABLV clearly demonstrate that the Board will not hesitate to refuse the initiation of resolution action, which underlines the role of the toolbox as ultima ratio for cases where the application of traditional insolvency law can be expected to trigger negative externalities». Sul punto, v. anche F. Capriglione, La nuova gestione delle crisi bancarie tra complessità normativa e logiche di mercato, in Rivista Trimestrale di Diritto dell’Economia, n. 2, 2017, pp. 120-121; e V. Lemma, La nuova procedura di risoluzione: indicazioni per una insolvenza obbligatoria?, in Rivista Trimestrale di Diritto dell’Economia, n. 1, 2016, p. 31. Contrariamente, G. Boccuzzi, op. cit., p. 99, pare considerare la liquidazione quale extrema ratio, dal momento che questa è meno idonea a tutelare l’interesse pubblico rispetto alla risoluzione.

[46] Sul punto, v. D. Freudenthaler, op. cit., in P. Lintner et al. (a cura di), op. cit., pp. 31-32.

[47] Nell’azione di risoluzione, invece, i creditori della banca hanno un ruolo marginale, meramente passivo, giustificato dall’interesse pubblico sotteso alla procedura (così V. Calandra Bonaura, La disciplina del risanamento e della risoluzione delle banche. Aspetti critici., in Orizzonti di Diritto Commerciale, n. 2, 2017. p. 7). Invero, i creditori, assieme agli azionisti della banca, assumeranno un ruolo di rilievo – ma pur sempre passivo – nel momento in cui dovranno sopportare i costi della risoluzione ai sensi dell’art. 15, co. 1, lett. a) e b) del Regolamento (UE) n. 806/2014, e.g.,tramite la cancellazione o la svalutazione dei titoli corrispondenti al loro credito.

[48] V., rispettivamente, i) CRU,Decision of the Single Resolution Board in its executive session of 7 June 2017 concerning the adoption of a resolution scheme in respect of Banco Popular Español, S.A., (the “Institution”) with a Legal Entity Identifier: 80H66LPTVDLM0P28XF25, Addressed to FROB (SRB/EES/2017/08), 7 giugno 2017; ii) CRU, Decision of the Single Resolution Board in its executive session of 23 June 2017 concerning the assessment of the conditions for resolution in respect of Banca Popolare di Vicenza S.p.A. (the “institution”), with a Legal Entity Identifier: V3AFM0G2D3A6E0QWDG59, addressed to Banca d’Italia in its capacity as National Resolution Authority (SRB/EES/2017/12), 23 giugno 2017; e iii) CRU, Decision of the Single Resolution Board in its executive session of 23 June 2017 concerning the assessment of the conditions for resolution in respect of Veneto Banca S.p.A. (the “institution”), with a Legal Entity Identifier: 549300W9STRUCJ2DLU64, addressed to Banca d’Italia in its capacity as National Resolution Authority (SRB/EES/2017/11), 23 giugno 2017. Tutte le decisioni sono consultabili nel sito internet del Comitato.

[49] Disciplinato dalla Ley 22/2003 de 9 de julio (cd. «Ley Concursal»). Sullo specifico caso di Banco Popular, v. i paragrafi 9-18 della decisione del Comitato.

[50] Infatti, il quarto paragrafo del II considerandum della Ley Concursal afferma che «La unidad del procedimiento de concurso se consigue en virtud de la flexibilidad de que la ley lo dota, que permite su adecuación a diversas situaciones y soluciones, a través de las cuales puede alcanzarse la satisfacción de los acreedores, finalidad esencial del con curso» (nostra l’enfasi).

[51] Sullo specifico strumento di risoluzione v., ex. multis, M. De Poli, op. cit., pp. 218-219; M. H. Lazcano, The sale of business tool, in P. Lintner et. al. (a cura di), op. cit., pp. 121-125; e M. Rispoli farina – L. Scipione, La vendita e la separazione di attività, in M. P. Chiti – V. Santoro (a cura di), op. cit., pp. 545-572.

[52] Disciplinata dagli artt. 80-95 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (i.e., il Testo Unico Bancario).

[53] M. Rispoli Farina, La soluzione della crisi delle banche venete nell’ambito della procedura di risanamento e risoluzione delle banche italiane. Uno sguardo di insieme, in Innovazione & Diritto, n. 2, 2018, p. 4, correttamente, parla di «sostanziale equipollenza» tra alcune misure di risoluzione e alcune misure previste dalla procedura concorsuale. Sulla liquidazione delle due banche venete, v. anche A. A. Dolmetta – U. Malvagna, op. cit., pp. 1-10; A. Brozzetti, Il Decreto Legge n. 99/2017: un’altra pietra miliare per la “questione bancaria” italiana, in Rivista Trimestrale di Diritto dell’Economia, n. 1, 2018, pp. 24-73; S. Bonfatti, Crisi Bancarie in Italia 2015-2017, in Rivista di Diritto Bancario, estr. n. 4, 2018, pp. 30-32; E. Cacciatore, Riflessioni sull’efficacia verso i terzi del contratto di cessione previsto dal decreto “salva banche venete”, in Rivista di Diritto Bancario, estr. n. 4, 2018, pp. 1-19; e P. Bonetti, Brevi note sui profili costituzionali dell’interpretazione conforme del decreto-legge n. 99/2017 sulla liquidazione coatta amministrativa di due banche venete, in Rivista di Diritto Bancario, estr. n. 10, 2018, pp. 1-28. Per un confronto tra i casi di Banco Popular e delle banche venete ed i relativi procedimenti, v., ex multis, R. Locatelli et al., op. cit., p. 41 ss.; M. Cassella – A. D’Onofrio, L’applicazione della disciplina della risoluzione delle banche in crisi nell’Unione Europea, in ASSONIME – Note e Studi, n. 16, 2017, pp. 11-12 e 20-22; S. Merler, Bank liquidation in the European Union: clarification needed, in Bruegel Policy Contribution, n. 32, 2017, p. 9; e C. Saldias – E. Petkov, Recent Cases of EU Banking Resolution – Liquidation. One Rule Does Not Fit All, Dagong Europe, 2017, pp. 3 ss.

[54] Altro esempio a supporto della tesi favorevole al rapporto di sussidiarietà è dato dalla normativa inglese, dove, accanto ad un «Resolution Regime», che traspone la Direttiva 2014/59/UE, esiste un «Insolvency Regime», applicabile quando non sussiste un interesse pubblico nella risoluzione. A riguardo, v. S. Gleeson – R. Guynn, op. cit., pp. 230-231; e P. G. Brierley, Ending Too-Big-To-Fail: Progress Since the Crisis, the Importance of Loss-Absorbing Capacity and the UK Approach to Resolution, in European Business Organization Law Review, n. 18(3), 2017, p. 471, che osservano come «The very smallest banks in the UK do not supply critical economic functions to a degree that would justify the use of the bail-in, sale of business or bridge bank resolution tools. These banks will therefore be resolved using a modified liquidation or insolvency procedure designed fully to protect insured depositors and holders of client assets».

[55] Quindi a banche in stato di dissesto o a rischio di dissesto non significative o aventi sede in Stati membri non aderenti alla moneta unica.

[56] I.e., Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio S.c., Banca delle Marche S.p.A., Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti S.p.A. e Cassa di Risparmio di Ferrara S.p.A.

[57] Sul caso delle quattro banche dell’Italia centrale, v. la documentazione ufficiale consultabile nel sito di Banca D’Italia; nonché M. Cassella – A. D’Onofrio, op. cit., pp. 19-20; S. Bonfatti, op. cit., pp. 18-30; F. Capriglione, Luci ed ombre nel salvataggio di quattro banche. Scritto per il convegno «Salvataggio bancario e tutela del risparmio», in Rivista di Diritto Bancario, estr. n. 2, 2016, pp. 1-13; S. Merler, Italy. Four small banks: Resolution via bridge bank and asset management vehicle tools to avoid full bail-in (2015), in P. Lintner et. al (a cura di), Bank Resolution and “Bail-in” in the EU: Selected Case Studies pre and post BRRD, World Bank Group, 2016, pp. 38-44; e N. Kleftouri, European Union Bank Resolution Framework: can the objective of financial stability ensure consistency in resolution authorities’ decisions?, in ERA Forum, n. 18(2), 2017, p. 274-276.

[58] I.e., il Finansiel Stabilitet, nel cui sito internet sono consultabili, in lingua inglese, i due provvedimenti con cui è stata disposta la risoluzione di Andelskassen. V., nello specifico, i) FS, First Decision by Finansiel Stabilitet on the resolution of Andelskassen J.A.K. Slagelse dated 5 October 2015, 5 ottobre 2015;ii) FS, Second Decision by Finansiel Stabilitet on the resolution of Andelskassen J.A.K. Slagelse under control dated 5 October 2015, 5 ottobre 2015.

[59] Sul caso di Andelskassen, v. J. V. Andersen et. al., Denmark. Andelskassen: Resolution via bridge bank and bail-in including of uninsured depositors (2016), in P. Lintner et. al (a cura di), op. u. cit., pp. 24-28; M. Cassella – A. D’Onofrio, op. cit., pp. 25-26; e N. Kleftouri, op. cit., p. 274.

[60] Si tratta di una valutazione estremamente complessa che vada a comparare i risultati della risoluzione con quelli di una ipotetica procedura concorsuale (così T. H. Tröger, Too complex to work. A critical assessment of the bail-in tool under the European bank recovery and resolution regime, in SAFE Working Paper Series, n. 179, 2017, p. 24). Detta valutazione, si noti, diviene ancora più complessa – e difficilmente effettuabile – nel caso di risoluzione di gruppi bancari transfrontalieri, dal momento che il raffronto dovrà considerare molteplici procedure concorsuali, diverse da Stato a Stato (così, e.g., E. Rulli, op. cit., p. 305; K. Lanoo, Uneven progress in implementing cross-border bank resolution in the EU, in CEPS Working Documents, n. 26, 2017, p. 4; e P. Lintner, Decentralized Decision Making Under the European Resolution Framework. Does Meroni Hamper the Creation of a European Resolution Authority?, in European Business Organization Law Review, n. 18, 2017, p. 614).

[61] Si noti che l’utilizzo straordinario di risorse pubbliche è stato radicalmente escluso dal Comitato nel caso di liquidazione dell’ente. V. i paragrafi 132-135 della decisione.

[62] Dovendosi quindi integrare gli obiettivi di risoluzione con il NCWOL, pare calzante quanto affermato da S. M. C. Nujten, Legal Protection against Actions under the Single Resolution Mechanism – or the Lack of It, in S. M. C. Nuijten et al. (a cura di), The Bank Recovery and Resolution Directive and the Single Resolution Mechanism. Preadviezen / Reports 2014, Eleven International Publishing, 2017, p. 5, «[…] the primary objective of bank resolution is to respond in a rapid and decisive manner to a bank in financial distress to maintain financial stability and minimise losses for society, in particular in relation to taxpayers, while ensuring similar results to those of normal insolvency proceedings in terms of allocation of losses to shareholders and creditors. Resolution thus aims to protect certain critical stakeholders and functions of the failing bank (such as depositors and payment systems). Other parts, which are not considered key to financial stability, may be allowed to fail in the normal way».

[63] Nel caso di Banco Popular, Deloitte.

[64] M. F. Hellwig, Valuation reports in the context of banking resolution: What are the challenges?, in MPI Collective Goods Discussion Paper, n. 6, 2018, pp. 21 ss., rileva che il Regolamento sia poco chiaro sull’applicazione del principio di NCWOL e, in particolare, se la relativa valutazione debba essere condotta ex ante, ossia in sede di decisione, ovvero ex post, una volta conclusa l’azione di risoluzione (come, peraltro, è avvenuto nel caso di Banco Popular). Sul punto, invece, D. Vattermoli, Il bail-in, in M. P. Chiti – V. Santoro (a cura di), op. cit., p. 523, ritiene che la valutazione dev’essere svolta ad azione conclusa.

[65] La valutazione pare anche difficilmente contestabile, specie considerando, come già affermato, che è condotta da soggetti terzi particolarmente qualificati. Si v., e.g., la Valuation of difference in treatment di Deloitte per Banco Popular, consultabile nel sito internet del Comitato.

[66] A. Gardella, Bail-in and the Financing of Resolution within the SRM Framework, in D. Busch – G. Ferrarini (a cura di), European Banking Union, Oxford University Press, 2015, p. 392, offre una diversa chiave di lettura del principio di NCWOL, basata sull’obbligo per i creditori di sopportare i costi della crisi della banca. Il principio sarebbe quindi un corollario del più generale divieto di ingiusto arricchimento: pertanto, i creditori non dovrebbero ricevere, grazie alla risoluzione, un trattamento migliore rispetto a quello che avrebbero in caso di liquidazione dell’istituto.

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