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Tutela del “professionista” nei contratti bancari: la novazione e l’indagine sull’equilibrio del contratto

1 Dicembre 2014

Avv. Prof. Stefano Loconte e Avv. Antonio Matarrese, Studio Legale e Tributario Loconte & Partners

Di cosa si parla in questo articolo

Per i professionisti e per i consumatori il rapporto con le banche e gli intermediari finanziari – voluto e allo stesso tempo temuto – può essere foriero di gravi problemi: se per il consumatore l’ordinamento, anche grazie alle forti spinte comunitarie, continua a prevedere norme volte a garantire un’adeguata tutela a fronte di un oggettivo squilibrio contrattuale e informativo, ancora oggi il professionista [definito come la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale] non hanno la stessa “fortuna”.

Tale disinteresse normativo è cavalcato dai contraenti forti che, sulla scorta di prassi oramai invalsa e attraverso condizioni contrattuali non negoziabili, approfittano dell’impossibilità per il professionista di avere qualsiasi forma di tutela legale a fronte di veri e propri eccessi.

Uno degli esempi più lampanti – ma di difficilissima individuazione – è rintracciabile nelle rinegoziazioni di finanziamenti, mutui o leasing, che, richieste dal contraente in difficoltà, finiscono per prestare il fianco a modifiche sostanziali del contratto originario comportantando costi gravosi per il richiedente (il quale, se avesse modo di apprendere a priori l’anti-economicità dell’operazione, ben si sarebbe visto dal sottoscriverla).

Nella prassi, infatti, il contraente si trova a sottoscrivere “appendici” al contratto originariamente predisposto che, nella loro laconicità e genericità, non consentono di apprendere immediatamente le modifiche sostanziali apportate al rapporto: tale limite, tuttavia, potrebbe essere superato dal meccanismo novativo la cui applicabilità, però, viene sistematicamente espressamente esclusa.

E’ sufficiente, infatti, leggere un “appendice” ad un contratto di finanziamento redatta a seguito di richiesta di sospensione ex lege n. 102/20091, per ritrovarvi una clausola ben nota agli operatori del settore: “La sospensione non costituisce in alcun modo novazione del contratto”.

L’istituto della novazione è regolato dagli artt. 1230 e seguenti del codice civile ed è lo strumento con il quale una precedente obbligazione viene estinta con la costituzione di un nuovo rapporto.

Affinché vi sia novazione2 è necessario che siano presenti i seguenti elementi (l’assenza di uno solo dei quali esclude che ci si trovi dinanzi ad un rapporto novato):

  • la obligatio novanda, cioè una obbligazione originaria da novare;
  • un aliquid novi, quindi una modifica dell’oggetto o del titolo dell’obbligazione, facendo rientrare nella nozione di oggetto dell’obbligazione non solo la prestazione, ma anche il bene o l’interesse dedotto in obbligazione;
  • l’animus novandi, inteso come la manifestazione inequivoca dell’intento novativo;
  • per taluni, anche una valida causa novandi, intesa come interesse comune delle parti all’effetto novativo.

La novazione, in termini generali, può concernere sia l’aspetto soggettivo che oggettivo della obbligazione: nel caso in discorso si dovrà analizzare la possibilità di una novazione oggettiva, in quanto l’aspetto innovativo dalla originaria obbligazione riguarda l’oggetto (artt. 1230-1234 c.c).

Infatti, il professionista che richiede una sospensione del rapporto originario sottoscriverà una modifica – difficilmente percepibile – del piano finanziario originariamente accordato; tale modifica si estrinseca in mutamenti dei tassi originari, individuati in modo tale da non risultare immediatamente percepibili ma così da incidere negativamente sulla complessiva operazione finanziaria a discapito del richiedente (ad esempio modificando il rapporto tra i componenti del tasso individuato, componenti che non vengono esplicitati, ma ricavabili dalle indicazioni generali del contratto).

Con la “rinegoziazione” vengono in sostanza modificate le originarie condizioni contrattuali.

Tale modifica, di certo, non può dirsi “accessoria” ai sensi dell’art. 1231 c.c. e, quindi, rientrerebbe a buon diritto nelle fattispecie che comportano oggettivamente una novazione del contratto3.

Nonostante la ravvisabilità immediata di una modifica sostanziale del rapporto obbligatorio, l’indagine si deve spostare necessariamente sull’altro requisito essenziale della novazione, l’animus novandi.

L’effetto estintivo dell’obbligazione, proprio della novazione oggettiva, presuppone che sia accertata la sussistenza dell’animus novandi4: la volontà di estinguere l’obbligazione precedente deve risultare in modo non equivoco, anche se tacito.

In contrapposizione a questo elemento occorre ricordare che, le appendici de quibus, predisposte unilateralmente dal proponente, riportano nella quasi totalità dei casi la clausola summenzionata che esclude la natura novativa (e, almeno formalmente, l’animus novandi del proponente).

Tale clausola imporrebbe giudizialmente la dimostrazione del reale intento del proponente, che riceve un indubbio vantaggio dal nuovo contratto, in danno del richiedente: di tale vantaggio si agevola, peraltro, omettendo sul piano informativo le conseguenze economiche che gravano sul richiedente, il quale dovrà versare una somma nel complesso ben più alta rispetto a quella originariamente pattuita.

Non è ovviamente agevole dimostrare la sussistenza di una volontà di novare un rapporto quando la stessa venga espressamente esclusa: a tale difficoltà probatoria potrebbe quindi essere posto rimedio considerando irrilevante la manifestazione espressa, ritenendo invece determinante il solo effetto economico derivante dall’appendice, con tutte le difficoltà del caso.

Peraltro, anche ove si dimostrasse l’intento novativo del proponente resterebbe escluso il medesimo atteggiamento da parte del richiedente, il quale non ha interesse a novare il contratto a condizioni ben più sfavorevoli, ma a far dichiarare la nullità delle nuove condizioni contrattuali. Infatti, ove si riuscisse a ravvisare la natura novativa dell’appendice si dovrebbe sostenerne la nullità per carenza dei requisiti essenziali del contratto: l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto o la forma (art. 1325 c.c.).

La novazione quindi, in termini generali, sarà senza effetto anche nel caso in cui sia inefficace, non venga ad esistenza o non sia validamente assunta la nuova obbligazione:

a. se si tratta di nullità – si pensi al caso di un contratto novativo privo della forma eventualmente richiesta ad substantiam –, la precedente obbligazione rimane in vita con tutti i suoi accessori;

b. in caso di annullabilità, invece, la prior obligatio resta quiescente per tornare a rivivere qualora la novazione venga effettivamente caducata: “…si ha un fenomeno di reviviscenza, per cui il contenuto normativo del precedente negozio o rapporto giuridico, già assorbito e per così dire, imprigionato nel negozio novativo, una volta caduto questo, ritorna libero e riprende tutta la sua primitiva efficienza5.

La strada che quindi si prospetta al professionista che inciampi in questi meccanismi, è sicuramente in salita.

E’ possibile – e forse più opportuno – dunque, indirizzare l’indagine e l’analisi degli strumenti a tutela del professionista rispetto alle prassi bancarie sulla sostanziale iniquità delle condizioni firmate e la violazione dei dovere informativi, anche tra professionisti (uno dei quali è di fatto in posizione informativa di svantaggio), oltre che sulle condizioni generali del contratto, ipotizzando anche una violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede, che aprirebbero più agevolmente la strada a rimedi risolutori e risarcitori.

Per tale indagine il punto di partenza sarà, senza dubbio, l’art. 41 della Costituzione e, sopratutto, il principio di solidarietà sociale sancito dall’art. 2 della Costituzione, che impone di considerare l’autonomia privata come uno strumento per il perseguimento di interessi almeno conformi ai valori di fondo dell’ordinamento.

Coordinando questi principio con il generale principio di correttezza e buona fede nei rapporti contrattuali, si può giungere a riconoscere all’autorità giudiziaria il potere di sindacare l’assetto di interessi definito dai contraenti, di qualsivoglia natura, all’esito di una contrattazione evidentemente inficiata dall’approfittamento da parte di uno dell’altrui condizione di debolezza indotta dalla carenza informativa e dall’assenza di condizioni correttamente e chiaramente dedotte nel nuovo contratto (appendice).

Il contratto iniquo potrebbe essere nullo proprio per violazione delle norme imperative dedotte nell’art. 1418 c.c.6 oppure, come statuito anche da alcune pronunce giurisprudenziali, per violazione degli obblighi specifici di natura informativa, fino ad arrivare al sindacato sull’“equilibrio economico” del negozio sottoscritto, soprattutto ove questo non sia consapevolmente accettato dalla controparte, all’oscuro dell’effettivo impatto economico dell’operazione negoziale a causa delle omissioni colpevoli (o dolose) del proponente.

 

1

L’art. 5, comma 3-quater, della l. 102/2009 prevede che: “Al fine di sostenere le piccole e medie imprese in difficoltà finanziaria, il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato a stipulare, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, un’apposita convenzione con l’Associazione bancaria italiana per favorire l’adesione degli istituti di credito a pratiche finalizzate alla attenuazione degli oneri finanziari sulle citate piccole e medie imprese, anche in relazione ai tempi di pagamento degli importi dovuti tenendo conto delle specifiche caratteristiche dei soggetti coinvolti”. In data 3 agosto 2009, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e gli altri rappresentanti delle associazioni imprenditoriali hanno siglato un accordo (Avviso comune) secondo il quale gli istituti di credito si impegnano a garantire, tramite l’adozione di alcuni provvedimenti di natura straordinaria, un efficace sostegno alle piccole e medie imprese che, a seguito dell’attuale congiuntura sfavorevole, presentano temporanee difficoltà nel reperimento della liquidità necessaria per la realizzazione degli obiettivi aziendali pur mantenendo adeguate prospettive reddituali. La convenzione prevede il “congelamento” per un periodo di tempo limitato (sei mesi o un anno) del pagamento delle quote capitale di determinate tipologie di finanziamenti a medio lungo termine (mutui passivi, operazioni di locazione finanziaria) nonché l’allungamento delle scadenze del credito a breve termine (anticipi su fatture, factoring pro-solvendo).


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2

Con il termine novazione ci si riferisce sia al contratto sia all’effetto che esso produce; inoltre, l’istituto della novazione riguarda solo il campo delle obbligazioni non potendo trovare applicazione in altri ambiti quali per esempio i diritti reali dove al più si manifestano successioni per il cambiamento dei soggetti o ipotesi di surrogazione reale né in materia di diritti reali.


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3

La Corte di Cassazione ha chiarito che: “la novazione oggettiva del rapporto obbligatorio postula il mutamento dell’oggetto o del titolo della prestazione, ai sensi dell’art. 1230 cod. civ., mentre non è ricollegabile alle mere modificazioni accessorie di cui all’art. 1231 cod. civ., e deve essere connotata non solo dall’ aliquid novi”, ma anche dall’ “animus novandi” (inteso come manifestazione inequivoca dell’intento novativo) e dalla “causa novandi” (intesa come interesse comune delle parti all’effetto novativo)”, cfr. Cass. Civ. Sez. III, 9 marzo 2010, n. 5665.


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4

“Sicché la modifica dell’oggetto del contratto integra una novazione quando dà effettivamente luogo ad una nuova obbligazione incompatibile con il persistere di quella originaria e non anche quando le parti regolino modalità relative all’esecuzione dell’obbligazione preesistente senza alterarne l’oggetto o il titolo”, cfr. Cass. Civ. Sez. Unite, 21 giugno 2005, n. 13294.


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5

Così E. BETTI, Inefficacia del negozio cambiario e reazione del rapporto causale, in Riv. dir. comm., 1927, II, 375.


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6

Art. 1418 c.c.: “Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente. Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’articolo 1325, l’illiceità della causa, l’illiceità dei motivi nel caso indicato dall’articolo 1345 e la mancanza nell’oggetto dei requisiti stabiliti dall’articolo 1346. Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge”.


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