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Il contenzioso sulla segnalazione in Centrale Rischi dei Non Performing Loans (NPL): tra tutela del mercato creditizio e protezione degli interessi dei singoli

28 Maggio 2019

Manuela Malavasi, Partner, Francesca Cimpanelli, Associate, BonelliErede

Di cosa si parla in questo articolo

I. Introduzione. Nozione e finalità della Centrale dei Rischi di Banca d’Italia

La Centrale dei Rischi (CR) è un sistema di centralizzazione informativa dei rischi creditizi gestito da Banca d’Italia, che raccoglie le informazioni sui rapporti di credito e di garanzia intrattenuti dal sistema finanziario [1] con la propria clientela (cc. dd. “posizioni di rischio”).

Tale sistema, istituito dalla delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) del 16 maggio 1962, trova la propria fonte normativa, a livello primario, in alcune disposizioni del TUB (D.lgs. n. 385/1993) – in particolare gli artt. 7, 47, 51, 53, 54, 67 68, 108, 110, 114, 124-bis, 125 e 144 – e del TUF (D.lgs. n. 58/1998) – in particolare gli artt. 8, 46-quater e 190.

A livello secondario, la disciplina della Centrale dei Rischi è contenuta nella delibera CICR del 29 marzo 1994, nella Circolare n. 272 del 30 luglio 2008 c.d. “Matrice dei conti (aggiornata, da ultimo, il 28 dicembre 2017), nel decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze – Presidente del CICR dell’11 luglio 2012, n. 663, nonché nelle istruzioni emanate da Banca d’Italia con la Circolare n. 139 dell’11 febbraio 1991, che determina presupposti e modalità di funzionamento dell’archivio creditizio e che, a seguito di numerose revisioni nel corso degli anni, attualmente è giunta al 18° aggiornamento [2] entrato in vigore a partire da gennaio 2019 [3].

Secondo quanto previsto dalla normativa citata, il sistema della Centrale dei Rischi si fonda sullo scambio periodico di informazioni creditizie: gli intermediari tenuti a partecipare alla Centrale dei Rischi, da un lato, comunicano mensilmente a Banca d’Italia le informazioni relative all’esposizione nei confronti dei propri soggetti affidati (i crediti pari o superiori ai 30.000 Euro e i crediti c.d. in sofferenza di qualunque importo) [4] e, dall’altro lato, ricevono un’informativa personalizzata relativa alla posizione globale di rischio dei clienti da essi segnalati, dei cointestatari e dei soggetti a loro legati da rapporti di garanzia e corresponsabilità (c.d. “flusso di ritorno personalizzato”), e possono accedere alle informazioni sull’esposizione complessiva verso il sistema finanziario dei soggetti segnalati da altri intermediari e dei loro collegati.

Il sistema di centralizzazione dei rischi si pone, quindi, come fondamentale strumento informativo per la valutazione del merito di credito dei singoli e, più in generale, per il funzionamento del mercato del credito, finalizzato a migliorare la gestione e il contenimento del rischio di credito da parte degli intermediari, ad accrescere la stabilità del sistema finanziario, a favorire l’accesso al credito e a contenere il sovra-indebitamento [5].

Il perseguimento di tali finalità [6] non può tuttavia prescindere dalla considerazione degli interessi dei singoli soggetti segnalati e dei danni che potrebbero subire a causa di segnalazioni negative [7]. Ed è proprio sullo sfondo dell’esigenza di contemperamento tra la tutela del mercato del credito, da un lato, e la protezione degli interessi dei singoli, dall’altro lato, che si inserisce il contenzioso tra banche e clienti relativo al funzionamento della Centrale Rischi.

Con la presente analisi si cercherà appunto di delineare le peculiarità di tale contenzioso analizzando le principali contestazioni mosse agli intermediari segnalanti, nonché i vari strumenti di tutela esperibili dai soggetti segnalati. Prima di entrare nel merito dell’analisi, pare però opportuna una breve descrizione degli attuali criteri di classificazione delle segnalazioni aventi ad oggetto crediti deteriorati o c.d. Non Performing Loans (NPL).

II. Classificazione dei crediti deteriorati o NPL

Nel sistema della Centrale Rischi, la categoria dei crediti deteriorati è attualmente divisa in tre sottoclassi, che si distinguono per il differente grado di deterioramento:

  1. le sofferenze, in cui va ricondotto il complesso delle esposizioni creditizie nei confronti di un soggetto in stato di insolvenza (anche non accertato giudizialmente) o in situazioni sostanzialmente equiparabili;
  2. le inadempienze probabili (“unlikely to pay”), ossia linee di credito per le quali l’intermediario reputa improbabile che il debitore adempia integralmente alle proprie obbligazioni senza il ricorso ad azioni quali l’escussione di garanzie;
  3. gli inadempimenti persistenti, ossia i crediti scaduti o sconfinanti in via continuativa da oltre 90 giorni, laddove un credito si considera “scaduto” quando è trascorso il termine previsto contrattualmente per il pagamento ovvero il termine più favorevole riconosciuto al debitore dall’intermediario, mentre con il termine “sconfinanti” si intendono quelle linee di credito in cui l’importo utilizzato dal cliente supera l’importo accordato dalla banca [8].

A differenza delle segnalazioni a sofferenza e di inadempimento persistente, la classificazione del credito tra le “inadempienze probabili” non è un dato visibile per il sistema finanziario [9]. È quindi per lo più in relazione alle segnalazioni a sofferenza e di inadempimento persistente che traggono origine le iniziative contenziose volte a contestare la legittimità e la correttezza della segnalazione e a ottenerne la cancellazione e/o la rettifica, oltre al risarcimento del danno.

III. Profili di illegittimità sostanziale e procedurale della segnalazione in Centrale Rischi

Nella ricognizione degli elementi generalmente addotti quali causa di illegittimità della segnalazione di un credito come “non performing”, occorre anzitutto distinguere tra vizi di carattere sostanziale, attinenti ai presupposti della segnalazione, e vizi relativi al rispetto delle garanzie procedurali imposte al soggetto segnalante.

Sotto il profilo sostanziale, l’ipotesi limite è rappresentata dal soggetto che lamenta di essere stato segnalato erroneamente in Centrale Rischi, pur non avendo alcun debito nei confronti dell’intermediario segnalante. Si pensi al caso di segnalazione relativa a un debito che è stato adempiuto dal cliente [10] o di cui è titolare un soggetto diverso dal segnalato [11]. In altre ipotesi le contestazioni dei soggetti finanziati si appuntano sul fatto che il debito segnalato in Centrale Rischi si è in realtà formato anche in forza di addebiti illegittimi operati sul conto corrente del cliente, per usura, anatocismo o pagamento di commissioni di massimo scoperto [12]. Negli ultimi anni vi sono stati inoltre diversi casi in cui il soggetto segnalato pretendeva di ottenere la cancellazione della segnalazione lamentando la nullità del finanziamento o comunque invocando la compensazione del proprio debito con un credito di pari o maggiore importo vantato nei confronti della stessa banca.

Con riferimento poi alla segnalazione a sofferenza, la fattispecie maggiormente diffusa in giurisprudenza riguarda i presupposti di legittimità di tale segnalazione e, in particolare, l’indagine e la valutazione che l’intermediario è tenuto a compiere prima della stessa. Secondo le previsioni contenute nella Circolare n. 139/1991 e secondo la giurisprudenza ormai unanime, la segnalazione di una posizione a sofferenza presso la Centrale Rischi non può scaturire automaticamente dal verificarsi di singoli specifici eventi quali, ad esempio, uno o più ritardi nel pagamento del debito o la contestazione del credito da parte del debitore, ma richiede una preliminare valutazione dell’intermediario sulla complessiva situazione finanziaria del cliente debitore, non limitata al solo rapporto tra il cliente e la banca segnalante [13]. In particolare, la “segnalazione a sofferenza, proprio per il margine di discrezionalità attribuito all’intermediario nella valutazione rispetto ad altre segnalazioni a carattere automatico, richiede all’intermediario una attenta verifica della situazione di fatto, al fine di contemperare l’esigenza di contenimento del rischio creditizio e la tutela dell’interesse privato del soggetto segnalato” [14].

La prevalente giurisprudenza di merito e di legittimità afferma che la segnalazione a sofferenza deve essere determinata dal riscontro di una situazione patrimoniale deficitaria, grave ma non necessariamente irrecuperabile, equiparabile alla condizione di insolvenza fallimentare [15]. Viceversa, la giurisprudenza ha escluso la sussistenza del requisito patrimoniale richiesto ai fini dell’appostazione a sofferenza in presenza di elementi quali il continuo godimento di affidamenti da parte di altri istituti di credito [16], l’ottenimento di un ingente finanziamento da parte di un’altra banca [17], la situazione di assoluto pareggio tra attivo e passivo in bilancio [18], ovvero il fatto che l’intermediario abbia tollerato nel corso del rapporto i reiterati sconfinamenti dell’affidato e lo abbia perciò ritenuto affidabile dal punto di vista creditizio [19]. A discapito della tutela all’informazione del mercato creditizio, alcune recenti (e alquanto opinabili) pronunce giurisprudenziali hanno, poi, ritenuto illegittima la segnalazione a sofferenza effettuata dalla banca segnalante che aveva contribuito a far sorgere la situazione di dissesto dell’impresa segnalata [20].

Come sopra anticipato, anche la violazione delle regole procedurali in materia di segnalazione in Centrale Rischi viene spesso addotta quale causa di illegittimità della segnalazione. Sotto tale profilo, la principale censura riguarda l’omesso o insufficiente preavviso al cliente circa l’imminente segnalazione.

Il dovere di informazione preventiva non è però generalizzato, ma assume diverse connotazioni a seconda della tipologia del credito oggetto di segnalazione e della qualificazione del soggetto segnalato come consumatore [21]. Le disposizioni della Circolare n. 139/1991 prevedono, infatti, l’obbligo degli intermediari di informare per iscritto il cliente e gli eventuali coobbligati (garanti, soci illimitatamente responsabili) soltanto in occasione della prima segnalazione a sofferenza. Aggiungono poi che, se il soggetto segnalato è un consumatore, il cliente va previamente informato quando viene classificato per la prima volta “negativamente” e cioè non solo nell’ipotesi di appostazione a sofferenza, ma anche nel caso di inadempimento persistente [22].

La ratio appare condivisibile. Nel caso di consumatore, vengono infatti in considerazione specifiche esigenze di tutela dello stesso quale soggetto debole del rapporto. Con riguardo alla segnalazione a sofferenza l’obbligo di preavviso trova, invece, la sua giustificazione sia nella maggiore potenzialità dannosa di tale appostazione, sia nel carattere discrezionale della stessa e nell’estensione del tipo di valutazione che la Banca è tenuta a compiere, che riguarda l’intera condizione patrimoniale del cliente e richiede dunque l’apertura di un dialogo con lo stesso.

Non sembra invece sussista alcun margine per un’interpretazione estensiva dei casi in cui è richiesto il preavviso all’interessato, per cui al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla normativa in materia, l’intermediario non è tenuto ad alcun preavviso [23].

Chiariti i presupposti dell’obbligo di preventiva informazione, non resta dunque che analizzare le conseguenze della violazione di tale obbligo procedurale.

Per costante giurisprudenza dell’Arbitro Bancario e Finanziario (che come vedremo può essere adito in caso di contestazioni relative alle segnalazioni in Centrale Rischi), nel caso di cliente non consumatore, il mancato preavviso di una segnalazione a sofferenza non costituisce, di per sé, condizione di invalidità della segnalazione, ma assume rilievo esclusivamente sul piano risarcitorio [24].

Secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di merito, a prescindere dal fatto che la segnalazione riguardi o meno un consumatore, la mancanza di preavviso non potrebbe, di per sé, mai avere come effetto quello della cancellazione di una segnalazione perfettamente legittima dal punto di vista sostanziale. Si è affermato, ad esempio, che “se lo scopo delle Centrali dei Rischi è quello di consentire agli istituti di credito di meglio valutare la situazione debitoria di coloro che aspirano ad ottenere o mantenere un certo credito e, quindi, di garantire la funzionalità del sistema creditizio nel suo complesso, la cancellazione per motivi meramente formali di una segnalazione negativa, pur legittima sotto il profilo sostanziale, potrebbe pregiudicare la finalità dell’istituto, in quanto farebbe apparire meritevole di credito un soggetto che in realtà è inadempiente, con ciò alterando il mercato del credito” [25].

Si tratta di una lettura assolutamente condivisibile: la funzione di tutela del mercato creditizio propria della Centrali dei Rischi non può infatti essere totalmente sacrificata, a fronte di un vizio meramente procedurale, consentendo la cancellazione di una segnalazione legittima da un punto di vista sostanziale.

IV. La tutela davanti all’Arbitro Bancario Finanziario

Passando all’esame delle principali forme di tutela esperibili dal cliente, le stesse sono rappresentate dalla richiesta di cancellazione o rettifica – anche cautelare – della segnalazione illegittima, e di risarcimento dei danni eventualmente subiti per effetto della segnalazione.

Prima di esaminare i presupposti della tutela cautelare e risarcitoria davanti all’autorità giudiziaria ordinaria, occorre anzitutto segnalare la possibilità per il cliente di fare ricorso all’ABF e cioè al sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie tra clienti e intermediari bancari e finanziari, istituito nel 2009 ai sensi dell’art. 128-bis TUB e sostenuto nel suo funzionamento da Banca d’Italia [26].

Come noto, l’ABF è stato concepito come un’opportunità di tutela alternativa per consentire al cliente di ottenere una decisione della controversia da un organismo indipendente e imparziale [27], in modo più semplice, rapido ed economico rispetto alla tutela offerta dal giudice ordinario [28].

Quanto ai requisiti soggettivi di accesso all’ABF, tale sistema è volto a trattare le controversie tra clienti [29], da un lato, e, dall’altro lato, banche, intermediari finanziari iscritti nell’albo di cui all’art. 106 TUB, e altri soggetti indicati nella normativa di riferimento [30].

Per quanto riguarda l’ambito di applicazione oggettivo, l’ABF decide sulle controversie riguardanti operazioni e servizi bancari e finanziari, purché siano successivi al 1° gennaio 2009, e non riguardino questioni già sottoposte all’autorità giudiziaria o all’esame di arbitri o conciliatori. In particolare, il cliente può rivolgersi a tale meccanismo di tutela alternativo al fine di domandare l’accertamento di diritti, obblighi e facoltà (senza alcun limite di importo), nonché ottenere il riconoscimento di somme di denaro (in tal caso, però, per importi non superiori a Euro 100.000). Un soggetto che ritenga di essere stato erroneamente segnalato può quindi chiedere all’ABF di accertare l’illegittimità della segnalazione e ordinare all’intermediario di procedere alla sua cancellazione o rettifica, oltre alla condanna dell’intermediario al risarcimento (nel limite di 100.000 Euro) dei danni eventualmente subiti per effetto di una segnalazione non corretta.

Sotto il profilo procedimentale, costituisce condizione di procedibilità del ricorso la presentazione da parte del cliente di un apposito reclamo scritto all’intermediario [31]. Solo nel caso in cui l’intermediario non abbia risposto al reclamo scritto nel termine di trenta giorni o la risposta sia considerata insoddisfacente dal cliente, quest’ultimo può presentare direttamente – e cioè anche senza l’assistenza di un avvocato – ricorso all’ABF entro dodici mesi dalla data di presentazione del reclamo [32].

Il ricorso è deciso in via collegiale esclusivamente sulla base della documentazione prodotta dalle parti e le pronunce dell’ABF non producono di per sé effetti vincolanti in capo alle parti né sono suscettibili di essere portate a esecuzione forzata. In tale ottica la pronuncia dell’ABF è stata definita come “la proposta di soluzione di una controversia – relativa ad un rapporto bancario/finanziario – che le parti sono libere di accettare o meno, ma che normalmente accettano per via della garanzia di affidabilità derivante dalla essenziale formalizzazione del procedimento, dall’alto grado di attendibilità della soluzione, ricavabile a sua volta dalla composizione dell’organismo, e dalle conseguenze indirette che, in particolare all’intermediario, potrebbero derivare dalla mancata ottemperanza” [33]. Sotto tale ultimo profilo, in particolare, la vincolatività “di fatto” della decisione è assicurata dall’apparato sanzionatorio reputazionale in cui l’intermediario incorre in caso di inadempimento, rappresentato dalla pubblicazione della notizia di inadempimento sul sito internet dell’ABF.

Per quanto riguarda i rimedi esperibili avverso la decisione dell’ABF, la parte interessata ha la facoltà di chiedere la correzione nei soli casi di omissioni o errori materiali o di calcolo entro trenta giorni dalla comunicazione stessa, ma la decisione dell’ABF non può essere oggetto di riesame nel merito. In ogni caso, il ricorso all’ABF non pregiudica la possibilità per le parti non soddisfatte dalla decisione di rivolgersi al giudice ordinario.

V. La tutela cautelare

Passando ai tradizionali rimedi giudiziali, uno degli strumenti di tutela impiegati più di frequente dai soggetti che lamentano di essere stati illegittimamente segnalati in Centrale Rischi consiste nell’azione cautelare ex art. 700 c.p.c., volta a ottenere (in modo celere e in via anticipata rispetto agli effetti della sentenza di merito) la cancellazione, la sospensione e/o la rettifica della segnalazione in Centrale Rischi, ovvero a inibire l’effettuazione di una segnalazione imminente.

In proposito, si è consolidato un filone giurisprudenziale che ha riconosciuto al cliente illegittimamente segnalato la possibilità di ricorrere alla tutela d’urgenza in presenza dei relativi presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora.

In tema di residualità del rimedio cautelare, il prevalente orientamento della giurisprudenza di merito ritiene oramai ammissibile il ricorso alla tutela cautelare atipica di cui all’art. 700 c.p.c. al fine di ottenere l’ordine di cancellazione, sospensione o rettifica di segnalazioni dalla Centrale Rischi [34]. Resta, infatti, minoritaria la tesi giurisprudenziale che, a seguito della modifica legislativa dell’art. 152 del D.lgs. n. 196/2003 (c.d. Codice Privacy) intervenuta con il D.Lgs. n. 150/2011 (c.d. decreto di semplificazione dei riti civili), aveva ritenuto che la richiesta di cancellazione del proprio nominativo dalla Centrale Rischi o di sospensione della segnalazione, in quanto inerente un’attività di trattamento dei dati personali, rientrasse nell’ambito del rimedio cautelare tipico di cui agli artt. 5, commi 1 e 2, e 10, comma 4, D.lgs. 150/2011, richiamati dall’art. 152 del Codice Privacy, con conseguente inammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c. per difetto del requisito della residualità [35].

Nell’ambito delle azioni cautelari promosse da soggetti che lamentano un’illegittima segnalazione in Centrale Rischi continua, invece, ad assumere rilevanza centrale il tema della valutazione della sussistenza del periculum in mora che, come noto, secondo il dettato dell’art. 700 c.p.c., deve essere sempre vagliato in termini di imminenza e irreparabilità del danno che si intende scongiurare con la richiesta cautelare e che non deve essere compiutamente ristorabile in altro modo. Nel contenzioso in esame il presupposto del periculum viene, in genere, individuato dai ricorrenti nella revoca dei fidi in essere oppure nella mancata concessione di un prestito da parte degli altri intermediari.

La casistica giurisprudenziale sul punto è particolarmente ricca e variegata e sono molteplici i casi in cui la tutela cautelare è stata negata proprio in ragione dell’insussistenza del necessario presupposto del periculum in mora.

V.A Il periculum in mora in caso di segnalazioni diverse dalla segnalazione a sofferenza

In primo luogo, la sussistenza di un pregiudizio irreparabile è stata -condivisibilmente- esclusa nei casi di segnalazioni diverse dalla segnalazione a sofferenza, che non implicano alcuna valutazione discrezionale dell’intermediario, ma vengono effettuate automaticamente sulla base di criteri oggettivi, quali sono le segnalazioni di c.d. mero sconfinamento e inadempimento persistente. Lo sconfinamento è infatti la “differenza positiva tra l’utilizzato di una linea di credito e il relativo accordato operativo” e la segnalazione di inadempimento persistente costituisce, come si è visto, un atto dovuto in presenza di “crediti scaduti o sconfinati in via continuativa da oltre 90 giorni” [36].

In questo senso, il Tribunale di Milano ha escluso il carattere pregiudizievole della segnalazione di mero sconfinamento, rilevando che “in caso di sconfinamento, la banca non compie alcun apprezzamento discrezionale sull’affidabilità o meno del cliente” [37]. Anche il Tribunale di Venezia ha rilevato che, a differenza della segnalazione a sofferenza, la segnalazione di sconfinamento (così come la segnalazione di inadempimento persistente) ha carattere automatico e non implica alcun apprezzamento circa l’affidabilità del debitore, né alcun margine di discrezionalità dell’istituto segnalante [38].

V.B Il periculum in mora in caso di segnalazione a sofferenza

Nelle ipotesi di segnalazione a sofferenza, si registrano poi diverse pronunce che hanno respinto la tesi (sia pure sostenuta da altra parte della giurisprudenza di merito) per cui il periculum in mora debba ritenersi in re ipsa [39] e hanno rigettato la richiesta cautelare proprio per la mancata prova circa l’effettiva sussistenza, nel singolo caso, del pericolo di un danno grave e irreparabile derivante dalla segnalazione contestata. Il Tribunale di Bologna ha precisato che “benché l’indebita segnalazione possa costituire astrattamente fatto potenzialmente generatore di un danno, tale ultimo presupposto non può ritenersi in re ipsa ma va corroborato, al fine della concessione della cautela, da specifici e documentati elementi che facciano ritenere almeno probabile l’imminenza e l’irreparabilità (ex art. 700 c.p.c. invocato) del pregiudizio alla reputazione commerciale dell’impresa o ai rapporti creditizi instaurati o da instaurare” [40]. Anche il Tribunale di Napoli ha rilevato che “ai fini l’ottenimento della tutela d’urgenza apprestata dall’art. 700 c.p.c. è necessario l’allegazione e la prova di un pericolo di pregiudizio imminente” e che, pertanto, la domanda cautelare deve essere respinta qualora “la parte di ricorrente, benché gravata dell’onere di provare gli elementi fattuali dai quali desumere l’esistenza del periculum in mora, non ha provato la sussistenza del danno grave ed irreparabile derivante dalla illegittima segnalazione” [41].

Peraltro, l’indirizzo giurisprudenziale che ha ritenuto la sussistenza del periculum in re ipsa si riferisce per lo più a fattispecie in cui i soggetti segnalati sono società o, comunque, imprenditori commerciali [42]. Fatta eccezione per tali peculiari ipotesi, la costante giurisprudenza richiede sempre una verifica concreta dell’effettiva sussistenza del periculum, come, del resto, accade in ogni altra controversia cautelare. In questi termini il Tribunale di Genova ha affermato che: “il ricorrente è un professionista, appartiene cioè ad una categoria che non è usuale fare ricorso al credito, ed avrebbe pertanto dovuto dedurre uno specifico e concreto pericolo – se del caso anche sopraggiunto dopo alcuni mesi dalla segnalazione – mentre si è limitato a generici richiami di giurisprudenza, riferita tra l’altro alle imprese”, statuendo poi che l’assenza “di una specifica circostanza in fatto dedotta come prossima, imminente ed irreparabile ai fini del paventato pregiudizio porta ad escludere la sussistenza del presupposto della domanda cautelare” [43]. Linea, questa, condivisa dal Tribunale di Napoli: “è bene tenere presente che la funzione pubblica della Centrale di Allarme Interbancaria [ndr del tutto analoga a quella della Centrale Rischi di Banca d’Italia], consistente nella creazione di un sistema informativo interbancario finalizzato alla gestione del rischio di credito, può essere legittimamente sacrificata mediante l’adozione di provvedimenti cautelari di cancellazione della relativa segnalazione soltanto nell’ipotesi di concreto ed imminente pericolo per l’imprenditore e la sua impresa. In questo senso, trova piena conferma l’ordinanza reclamata ove è stato escluso il periculum, atteso che il ricorrente non svolge un’attività imprenditoriale suscettibile di essere pregiudicata da una segnalazione illegittima” [44]. E ancora, il Tribunale di Palermo, con riferimento a una domanda cautelare proposta da un ragioniere commercialista, ha ritenuto necessaria una rigorosa valutazione del periculum in mora, evidenziando che il ricorrente non rivestiva la qualità di società commerciale, né di imprenditore commerciale (“qualità essenziale proprio nell’ottica del requisito del periculum”) [45].

Parimenti la giurisprudenza ha escluso la rilevanza di pregiudizi in capo a soggetti terzi rispetto al ricorrente. Sono state, ad esempio, considerate irrilevanti ai fini del periculum in mora eventuali comunicazioni di revoca dei finanziamenti e/o di diniego di nuove linee di credito riferite a società estranee al giudizio e riconducibili al ricorrente persona fisica che agiva in proprio [46].

V.C La rilevanza della segnalazione della c.d. contestazione

Sempre in tema di valutazione della sussistenza del periculum in mora, negli ultimi anni ha poi assunto rilevanza la segnalazione della c.d. contestazione. Con il tredicesimo aggiornamento entrato in vigore il 4 marzo 2010, la Circolare di Banca d’Italia n. 139/1991 ha previsto espressamente che l’intermediario è tenuto a dar conto dell’esistenza di una contestazione concernente la segnalazione, ogni qual volta il cliente abbia sollevato eccezioni promuovendo un giudizio davanti ad un’autorità terza [47], a prescindere da ogni valutazione circa la fondatezza delle eccezioni fatte valere dal cliente. In pratica, il sistema degli intermediari segnalanti, oltre a vedere la segnalazione del credito come sofferenza o come credito scaduto o sconfinante, vede anche che il credito è “contestato” dal cliente. In questo modo, si dà evidenza a tutti gli altri istituti di credito aventi accesso alla Centrale Rischi della pendenza di una contestazione riguardante il debito segnalato e, conseguentemente, della possibilità che il presupposto su cui la segnalazione si fonda sia, in realtà, insussistente.

Tale assunto trova conferma in un consolidato orientamento giurisprudenziale che ha riconosciuto rilevanza alla evidenza della segnalazione della “contestazione” effettuata dai vari istituti di credito [48]. In questo senso, si è espresso più volte il Tribunale di Venezia, che ha chiarito che la segnalazione del credito come “contestato”“evidenzia che il mancato rientro è dovuto, non ad una negativa valutazione dell’affidabilità della cliente, ma dal fatto che la stessa ha affermato che la pretesa della banca non sia fondata. In sostanza, detta segnalazione di contestazione non è idonea a determinare in capo alla ricorrente un pregiudizio grave e irreparabile in termini di discredito che si debba evitare nel circuito bancario” [49]. Anche il Tribunale di Vicenza ha statuito che la segnalazione del credito come “contestato”“non esprime alcuna valutazione da parte della Banca sulla situazione finanziaria del cliente e sulla solvibilità dello stesso, limitandosi a ricollegare la mancata restituzione dell’importo finanziato alla esistenza di una contestazione relativa al credito. Un tanto esclude il pregiudizio potenziale prospettato in ricorso, in quanto la segnalazione effettuata dalla banca non comporta alcun nocumento all’immagine ed alla reputazione personale del debitore segnalato, né è idonea a ridurre l’accesso al credito o la competitività sul mercato” [50]. Nello stesso senso, il Tribunale di Palermo ha affermato che la segnalazione della contestazione del credito oggetto di censure “elimina del tutto” il rischio paventato dal soggetto finanziato in merito ad un’eventuale segnalazione in Centrale Rischi [51].

Infine, la portata e la rilevanza della segnalazione della contestazione è stata riconosciuta anche con specifico riferimento a fattispecie di segnalazione a “sofferenza”. Il Tribunale diVerona, a fronte della domanda della ricorrente di ottenere la cancellazione della segnalazione a sofferenza, ha accolto solo parzialmente tale domanda, ordinando di segnalare la contestazione [52]. Più di recente, il Tribunale di Roma ha chiarito che “l’interesse della ricorrente ben può essere tutelato, ordinando alla banca resistente di provvedere, qualora non vi abbia già spontaneamente provveduto, all’immediata segnalazione alla Centrale Rischi di rettifica della posizione a ‘sofferenza’, operata in danno della ricorrente, con quella di ‘credito contestato” [53].

VI. La tutela risarcitoria

Ulteriore strumento di tutela utilizzato da chi ritiene che la propria posizione sia erroneamente segnalata in Centrale Rischi è l’azione ordinaria, utilizzata sia per ottenere la condanna alla cancellazione o rettifica della segnalazione illegittima sia per ottenere il risarcimento del danno patito. Le principali contestazioni mosse dal soggetto segnalato ruotano infatti attorno al fatto che, per effetto della segnalazione arbitraria, viene considerato inaffidabile dall’intero sistema creditizio, è esposto al rischio di richieste di rientro dagli affidamenti da parte di tutti gli altri intermediari, incontra difficoltà a ottenere nuovi finanziamenti, subisce un aumento dei tassi di interesse, oltre che una lesione alla propria reputazione e immagine personale.

In tema di risarcimento del danno da segnalazione illegittima in Centrale Rischi, la giurisprudenza ammette pacificamente la risarcibilità del danno tanto patrimoniale, quanto non patrimoniale.

Il danno patrimoniale derivante dalla segnalazione illegittima può consistere, secondo le regole generali di diritto comune, sia nel danno emergente, ossia nella perdita subita [54], sia nel lucro cessante, nei termini della c.d. perdita di chance [55].

Il danno non patrimoniale consiste nella lesione alla reputazione e all’immagine personale e professionale del soggetto segnalato e nella conseguente diminuzione della credibilità finanziaria del soggetto rispetto all’intero sistema bancario.

Maggiori dubbi interpretativi sono sorti, invece, con riferimento al regime probatorio del danno risarcibile. Analogamente a quanto si è visto con riguardo alla valutazione della sussistenza del periculum in mora, alcune pronunce ritengono che un’ingiusta segnalazione in Centrale Rischi comporti l’automatica preclusione del segnalato dall’accesso al credito e il relativo danno debba quindi ritenersi in re ipsa, con conseguente esonero per il cliente di provare l’effettiva sussistenza di un pregiudizio derivante dalla segnalazione contestata [56].

Secondo diversa -preferibile- tesi, espressa dalla più recente giurisprudenza di merito e di legittimità [57], invece, il danno derivante dalla segnalazione illegittima, come ogni altro pregiudizio risarcibile, non può mai considerarsi in re ipsa, ma deve essere concretamente provato secondo la regola generale dettata dall’art. 1223 c.c. (che presuppone un rapporto di consequenzialità tra la violazione e il pregiudizio subito) e dall’art. 2697, comma 1, c.c.. La Corte di Cassazione ha per esempio precisato che “nella fattispecie per illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi … il pregiudizio non patrimoniale non può mai essere “in re ipsa”, ma deve essere allegato e provato da parte dell’attore, a pena di uno snaturamento delle funzioni della responsabilità aquiliana” [58]. Tale orientamento trova conferma anche nelle pronunce dell’ABF, che come si è visto può essere adito anche per ottenere il risarcimento del danno derivante da segnalazioni illegittime. In particolare, vari Collegi dell’ABF hanno affermato che la prova del danno (sia esso patrimoniale o non patrimoniale) non possa sussistere in re ipsa e che, pertanto, il cliente che lamenta il pregiudizio debba provare il danno concretamente offerto [59].

 

[1] Banche, intermediari finanziari, società veicolo di cartolarizzazione dei crediti di cui alla Legge 30 aprile 1999, n. 130, gli Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR) che investono in crediti, la Cassa depositi e prestiti. Per l’elenco delle tipologie di intermediari sottoposti agli obblighi di segnalazione in Centrale dei Rischi, si veda Circolare n. 139 dell’11 luglio 1991 – 18° aggiornamento di gennaio 2019, cap. I, sez. 1, par. 5, pp. 13-15.

[2] Nel prosieguo, nel menzionare la Circolare n. 139 dell’11 luglio 1991, si farà sempre riferimento al testo attualmente vigente, ossia quello di cui al 18° aggiornamento del gennaio 2019.

[3] Per una completa indicazione delle fonti normative che disciplinano la materia, si veda la Circolare n. 139/1991, cap. I, sez. 1, par. 1, pp. 7-10.

[4] In particolare, ai sensi della Circolare n. 139/1991, cap. I, sez. 1, par. 2, p. 10 e cap. II, sez. 1, par. 1, p. 33 “sono oggetto di segnalazione mensile i rapporti di affidamento per cassa e di firma, le garanzie reali e personale rilasciate agli intermediari in favore di soggetti dagli stessi affidati, i derivati finanziari e altre informazioni che forniscono elementi utili per la gestione del rischio di credito”.

[5] Le finalità perseguite dalla Centrale dei Rischi sono indicate espressamente nella Circolare n. 139/1991, cap. I, sez. 1, par. 2, p. 10. Anche in giurisprudenza la Centrale dei Rischi viene definita come “strumento di ausilio per gli intermediari per la valutazione del merito creditizio della clientela e, in generale, per l’analisi e la gestione del relativo rischio, attraverso il quale si persegue l’obiettivo di accrescere la stabilità del sistema” (Cass., 29 gennaio 2015, n. 1725; App. Lecce, 19 luglio 2017, n. 783, in www.iusexplorer.it).

[6] Basti pensare agli effetti della mancata segnalazione, connessa al sostegno creditizio avventato, sulla c.d. concessione abusiva di credito.

[7] A proposito del difficile equilibrio tra finalità pubblicistiche e diritti dei singoli che caratterizza la disciplina della Centrale dei Rischi, cfr. F. Vella, Segnalazione di crediti in sofferenza alla Centrale dei Rischi e responsabilità della Banca, in BBTC, 1997, II, p. 496, che ha sottolineato la “necessità di una rappresentazione non falsata della qualità delle relazioni di credito, sia per selezionare la clientela realmente meritevole, sia per riequilibrare posizioni di (eccessivo) rischio e situazioni patologiche”.

[8] Per una completa definizione delle principali classi di crediti deteriorati, si vedano la Circolare n. 139/1991, cap. II, sez. 2, par. 1.5, pp. 43-44 e cap. II, sez. 3, par. 9, pp. 56-57, e la Circolare n. 272 del 30 luglio 2008 “Matrice dei conti” – 10º aggiornamento del 28 dicembre 2017, par. 2.1 “Esposizioni creditizie deteriorate”, p. B.7.

[9] Cfr. cap. I, sez. 2, par. 5.1 della Circolare n. 139/1991.

[10] Cfr. ABF Roma, 23 aprile 2013, n. 2186, in NCGC, n. 4/2014, p. 308, che ha ritenuto “gravemente colposo e comunque manifestamente illecito” il comportamento della banca che aveva mantenuto ferma la segnalazione a sofferenza nonostante la pacifica e integrale estinzione del debito da parte del cliente.

[11] Trib. Lecce, 5 agosto 2008, n. 1496, in Resp. civ. prev., 2009, pp. 2541 e ss., con nota di F. Greco, Illegittima segnalazione alla centrale dei rischi e responsabilità dell’intermediario.

[12] Sul punto, cfr. V. Sangiovanni, Mancato pagamento di rate di mutuo e segnalazione legittima in Centrale rischi, in Corriere del merito, n. 6/2013, p. 632 e ss., anche per la dottrina ivi richiamata.

[13] Cfr. cap. II, sez. 2, par. 1.5 della Circolare n. 139/1991.

[14] Trib. Milano, 29 agosto 2014, in www.iusexplorer.it.

[15] Tra le pronunce di legittimità, v., da ultimo, Cass., 25 gennaio 2017, n. 1931 e Cass., 29 gennaio 2015, n. 1725, entrambe reperibili in www.iusexplorer.it. Tra le decisioni di merito, cfr., ex plurimis, Trib. Firenze, 11 agosto 2017, in www.iusexplorer.it; Trib. Salerno, 7 aprile 2015, in BBTC, 2016, 2, II, p. 213; Trib. Milano, 24 dicembre 2014, in www.iusexplorer.it. Tale orientamento è seguito anche dalle decisioni dei Collegi dell’Arbitro Bancario e Finanziario, che come vedremo può essere adito anche per la risoluzione di controversie relative alla segnalazione in Centrale Rischi (V. ABF, Collegio di Coordinamento n. 611/2014). Al riguardo, si deve dare atto del seppur minoritario orientamento giurisprudenziale che ha assimilato il concetto di insolvenza in materia di segnalazioni in Centrale Rischi alla situazione di insolvenza fallimentare: Trib. Milano, 27 luglio 2004, in Dir. ban. merc. Fin., 2005, p. 499.

[16] Trib. Salerno, 7 aprile 2015, cit.

[17] Trib. Milano, 12 marzo 2015 , in www.ilcaso.it.

[18] Trib. Napoli, 1 dicembre 2017, in www.iusexplorer.it.

[19] Trib. Verona, 12 novembre 2015, in www.ilcaso.it.

[20] Cass., 6 novembre 2014, n. 23646, in www.iusexplorer.it. V. Trib. Brindisi, 17 febbraio 2017, in Vita not., 2017, p. 585, secondo cui “non sembra meritevole di essere segnalata alla Centrale Rischi, per la carenza di disvalore giuridico, una situazione in cui l’impresa non è la principale artefice del proprio dissesto, ma lo stesso sia in qualche misura “eterodeterminato”.

[21] Ai sensi dell’art. 121, comma 1, lett. b), TUB per consumatore si intende “una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale o artigianale o professionale eventualmente svolta”.

[22] Cfr. cap. I, sez. 1, par. 4 della Circolare n. 139/1991. Anche nel cap. II, sez. 3, par. 9, della Circolare n. 139/1991 viene precisato che l’obbligo di previa informativa della segnalazione di “inadempimento persistente” rileva soltanto “ai fini degli obblighi di informativa al cliente consumatore previsti dall’art. 125 comma 3 del T.U.B”. Conformemente a tali previsioni, l’art. 125, comma 3, TUB prevede testualmente l’obbligo di informativa delle segnalazioni negative effettuate in una banca dati nei soli confronti del “consumatore”.

[23] La tesi è confermata dalla prevalente giurisprudenza di merito. Cfr. Trib. Napoli, 16 aprile 2015, in www.expartecreditoris.it secondo cui, per le tipologie di crediti diversi da quelli c.d. a sofferenza, “non sussiste un obbligo di segnalazione preventiva al cliente”; Trib. Ferrara, 14 marzo 2018, n. 184, in www.iusexplorer.it; Trib. Verona, 27 marzo 2017, in www.expartecreditoris.it.

[24] Così, ex multis, ABF Bari, 11 gennaio 2018, n. 309; ABF Napoli, 19 gennaio 2017, n. 445 secondo cui l’obbligo di preavviso ha “la finalità di realizzare una esigenza di trasparenza nel rapporto tra intermediario e cliente, e non costituisce un requisito di validità; sicché la sua violazione può rilevare sotto il profilo della lesione dei principi di buona fede e correttezza, fonte di un eventuale diritto al risarcimento dei danni; e ciò sempre a condizione che ne siano allegati e provati i relativi presupposti, in quanto il perimetro del danno risarcibile è circoscritto ai pregiudizi derivanti dalla mancata informativa preventiva e non dalla segnalazione in sé, come prospettato nel caso di specie”; ABF Napoli, 2 maggio 2016, n. 4033; ABF Roma, 17 novembre 2011, n. 2484, in www.arbitrobancariofinanziario.it.

[25] Trib. Perugia, 28 settembre 2018, in www.expartecreditoris.it;Trib. Prato, 21 aprile 2017, in www.expartecreditoris.it, che, in un caso di segnalazione “a sofferenza” non precedentemente comunicata al soggetto segnalato, ha ritenuto che l’omessa preventiva comunicazione non fosse di per sé idonea a rendere illegittima la segnalazione a sofferenza, non avendo il cliente fornito alcun elemento per escludere la sussistenza dei presupposti per tale segnalazione.

[26] Oltre che dall’art. 128-bis TUB e dalla Deliberazione CICR 29 luglio 2008, n. 275 sulla Disciplina dei sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela, il funzionamento dell’ABF è disciplinato nel dettaglio dalle Disposizioni applicative adottate da Banca d’Italia sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari del 18 giugno 2009, aggiornate a novembre 2016 e pubblicato sul sito www.bancaditalia.it. Per un’approfondita trattazione delle funzioni, del funzionamento e delle caratteristiche del sistema dell’ABF, v. M. C. Malara, Centrale dei rischi e giurisprudenza dell’Arbitro Bancario Finanziario, in Contratti, n. 1/2018, pp. 93 e ss.; A. Pierucci, L’Arbitro Bancario e Finanziario: l’esperienza applicativa, in Giur. Comm., 2014, pp. 811 e ss.

[27] In particolare, le controversie sottoposte all’ABF sono esaminate da un organo decidente articolato in 7 diversi collegi operanti su base territoriale (rispettivamente Milano, Torino, Bologna, Roma, Napoli, Bari e Palermi) la cui competenza è ripartita in ragione del domicilio del cliente.

[28] Sulle caratteristiche dell’ABF quale giudizio “prognostico-deflattivo”, si veda C. Consolo – M. Stella, Il funzionamento dell’ABF nel sistema delle ADR, in Analisi giur. econ., 2011, pp. 121 e ss.

[29] Ai sensi dell’art. 1 della Deliberazione CICR 29 luglio 2008, n. 275 e della sez. 1, par. 3 delle Disposizioni applicative adottate da Banca d’Italia, per cliente s’intende il soggetto che ha o ha avuto un rapporto contrattuale o è entrato in relazione con un intermediario per la prestazione di servizi bancari e finanziari, ivi compresi i servizi di pagamento.

[30] Si veda la definizione di “intermediario” ai sensi dell’art. 1 della Deliberazione CICR 29 luglio 2008, n. 275 e della sez. 1, par. 3 delle Disposizioni applicative adottate da Banca d’Italia. Per verificare se il soggetto contro cui si intende proporre ricorso è sottoposto all’ABF, è possibile consultare gli albi e gli elenchi tenuti da Banca d’Italia sul sito https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/albi-elenchi/

[31] Così la sez. IV, par. 1 delle Disposizioni applicative adottate da Banca d’Italia sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari. La norma precisa inoltre che, a pena di inammissibilità, il ricorso deve avere ad oggetto la stessa questione esposta nel reclamo.ù

[32] Il ricorso deve essere corredato dalla documentazione che attesti l’avvenuto pagamento del contributo per le spesa della procedura (Euro 20,00). Dal 5 febbraio 2018 il ricorso può essere presentato e gestito autonomamente dal cliente mediante il portale online.

[33] M. C. Malara, Centrale dei rischi e giurisprudenza dell’Arbitro Bancario Finanziario, cit., p. 101.

[34] Nel senso dell’ammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c. per ottenere la cancellazione di una segnalazione dalla Centrale dei Rischi di Banca d’Italia, quando ne ricorrano i presupposti, si vedano, di recente, Trib. Verona, 27 marzo 2017, cit.; Trib. Roma, 27 gennaio 2017, in BBTC, 2016, IV, pp. 458 e ss., con nota di F.A. Marasà, Sulla violazione di regole sostanziali e procedurali nella segnalazione in Centrale Rischi; Trib. Enna, 15 ottobre 2015, in Giur. it, 2016, p. 2123; Trib. Milano, 15 ottobre 2014, in www.ilcaso.it.

[35] Così Trib. Napoli, 2 luglio 2013, in www.iusexplorer.it; Trib. Verona, 22 ottobre 2012, in www.ilcaso.it edita anche in www.iusexplorer.it, con data 14 gennaio 2013 che hanno affermato che il rimedio cautelare tipico previsto dall’art. 5 D.Lgs. n. 150/2011 è applicabile a tutti i provvedimenti lesivi della Privacy. Si veda anche Trib. Salerno, 23 maggio 2012, in Corriere del merito, 2012, 881, che con riferimento ad una fattispecie anteriore al D.Lgs. n. 150/2011, ha comunque affermato che “la domanda di cancellazione della segnalazione alla Centrale Rischi, in quanto inerente un’attività di trattamento dei dati personali, va proposta secondo lo schema procedimentale tipico di cui all’art. 152 codice privacy [che, al pari dell’art. 5 D.Lgs. n. 150/2011, prevedeva la possibilità di sospensione del provvedimento impugnato in caso di gravi motivi], e pertanto è inammissibile il rimedio cautelare ex art. 700 c.p.c. a carattere residuale”. A favore dell’inammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c. cfr. anche Trib. La Spezia, 29 gennaio 2014, in www.dirittobancario.it; Trib. Catanzaro ord., 9 maggio 2014, in www.ilcaso.it; Trib. Patti, 16 maggio 2005, in www.iusexplorer.it.

[36] Cfr. Circolare n. 139/1991, pp. 58 e 169.

[37] Trib. Milano, 28 novembre 2014, in www.ilcaso.it. Cfr. anche Trib. Milano, 29 agosto 2014 cit., che ha ritenuto che la presenza di sconfinamenti anche verso altri istituti di credito non può autorizzare la banca alla revoca della concessione del credito e alla conseguente segnalazione a sofferenza in Centrale dei Rischi, rilevando come “gli sconfinamenti (che, peraltro, rientrano fra le segnalazioni a carattere automatico) non siano indice in sé e in assenza di segnali di mancati pagamenti dei creditori, di incapacità non transitoria di adempiere alle obbligazioni assunte, essendo nel caso di specie, al contrario, lo strumento utilizzato dall’imprenditore per adempiere ai propri obblighi verso i fornitori” e che, pertanto, “in assenza di segnali di allarme (protesti, pignoramenti, provvedimenti giudiziali di condanna), l’utilizzazione di mezzi finanziari reperiti dal sistema bancario non possa costituire da sola indice di “insolvenza” seppure nell’accezione “levior” individuata per la segnalazione a sofferenza”.

[38] Ha escluso la sussistenza del requisito del periculum proprio alla luce dell’assenza di una segnalazione a sofferenza Trib. Venezia, 13 ottobre 2016, in www.osservatoriodirittoimpresa.it; Trib. Venezia, 20 giugno 2016, in www.iusexplorer.it che ha chiarito che la richiesta di delucidazioni da parte di altri istituti di credito in merito alle segnalazioni presso la Centrale dei Rischi “in sé esprime solo l’esigenza di ottenere chiarimenti circa i motivi della segnalazione dello sconfinamento che non evidenzia in sé alcuna sofferenza tale da coinvolgere [ndr il soggetto segnalato] in modo pregiudizievolmente urgente”.

[39] Così, ad esempio, Trib. Padova, 31 agosto 2018, con riferimento, però, ad un caso in cui il periculum in mora era stato dimostrato in concreto “essendovi prova della circostanza che la … abbia appunto rifiutato … l’accoglimento di nuove richieste di finanziamento proprio in considerazione della presenza delle denunciate segnalazioni”; Trib. Belluno, 22 marzo 2018, entrambe in Pluris; Trib. Roma, 27 gennaio 2017, cit..; Trib. Cuneo, 14 aprile 2017, in www.iusexplorer.it. In senso parzialmente diverso, ma con esiti analoghi cfr. anche Trib. Napoli, 1 dicembre 2017, cit., che ha rilevato che il periculum in mora “più che essere in re ipsa, può essere facilmente desunto da indici presuntivi”.

[40] Trib. Bologna, 14 maggio 2010, in Pluris.

[41] Trib. Napoli, 11 febbraio 2019, in www.expartecreditoris.it , con riferimento alla domanda cautelare di revoca di una segnalazione effettuata alla Centrale d’Allarme Interbancaria (CAI).

[42] Le pronunce citate supra dei Tribunali di Belluno, Padova, Cuneo e Napoli si riferiscono, infatti, tutte a casi in cui la segnalazione riguardava direttamente attività imprenditoriali.

[43] Trib. Genova, 3 maggio 2017, in www.iusexplorer.it,secondo cui “il considerevole tempo trascorso dalla segnalazione … pari ad oltre sei mesi, in assenza di una specifica circostanza in fatto dedotta come prossima, imminente ed irreparabile ai fini del paventato pregiudizio porta ad escludere la sussistenza del presupposto della domanda cautelare”.

[44] Trib. Napoli, 4 marzo 2016, in www.ilcaso.it.

[45] Trib. Palermo, 23 giugno 2003, in www.iusexplorer.it, secondo cui “il professionista – in un’ottica di salvaguardia dei caratteri propri del provvedimento d’urgenza – deve essere chiamato ad adempiere un più pregnante onere di allegazione e di prova (e sia pure di prova intesa in accezione lata, adeguata al tipo di accertamento che è operabile in sede cautelare) relativo a circostanze specifiche che rendano quantomeno plausibile l’affermazione che la preclusione della possibilità di ricorrere ai finanziamenti del sistema bancario reca in sé il rischio della verificazione di un pregiudizio – anzitutto imminente ed inoltre – destinato ad incidere su situazioni giuridiche soggettive di natura tale da far temere che esso possa divenire irreversibile”.

[46] Cfr., ad esempio, Trib. Venezia, 20 giugno 2016 cit., secondo cui“il ricorrente che ha agito in proprio non può lamentare un pericolo di pregiudizio eventualmente incombente in capo a C che, nell’eventualità, potrebbe essere pregiudicata del mancato rinnovo di aperture di credito da parte di altri istituti bancari”.

[47] Secondo la Circolare n. 139/1991, cap. II, Sez. III, par. 9, p. 57 “Si considera “contestato” qualsiasi rapporto oggetto di segnalazione (finanziamenti, garanzie, cessioni, etc.) per il quale sia stata adita un’Autorità terza rispetto alle parti (Autorità giudiziaria, Garante della Privacy, Mediatore ex d.lgs. 28/2010 o altra preposta alla risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela)”.

[48] Così Trib. Como, 24 settembre 2014,in www.ilcaso.it, che, con riferimento a una fattispecie in cui la società ricorrente lamentava la sussistenza di un pregiudizio relativo alle proprie possibilità di accesso al credito e di mantenimento dello stesso, ha ritenuto sufficiente ed idonea ad eliminare l’asserito pregiudizio, la mera “correzione della segnalazione mediante indicazione del credito oggetto di causa come contestato … ”. Si veda anche Trib. Cagliari, 4 ottobre 2016, n. 2723, in www.iusexplorer.it, che, in un giudizio di cognizione ordinario, ha rigettato la domanda di risarcimento del danno per illegittima segnalazione alla Centrale dei Rischi, evidenziando, tra l’altro, che “la banca si è prontamente attivata per porre rimedio alla situazione venutasi a creare, provvedendo dapprima in data 14.1.2014 all’invio della segnalazione concernente la contestazione, nonché in data 14.7.2014 al rinnovo della rettifica riguardante il rapporto di mutuo, con l’indicazione che trattavasi di rapporto contestato”.

[49] Trib. Venezia, 31 marzo 2017, in www.osservatoriodirittoimpresa.it.Nello stesso senso si vedano anche Trib. Venezia, 28 dicembre 2016; Trib. Venezia, 13 ottobre 2016 cit., entrambe reperibili in www.osservatoriodirittoimpresa.it;Trib. Venezia, 20 giugno 2016, cit.

[50] Trib. Vicenza, 31 marzo 2016, in www.dirittobancario.it.

[51] Trib. Palermo, 16 agosto 2016, in www.dirittobancario.it.

[52] Trib. Verona, 18 marzo 2013, in www.iusexplorer.it.

[53] Trib. Roma, 30 novembre 2017, in www.dirittobancario.it.

[54] Trib. Bari, 24 gennaio 2008, in Pluris, secondo cui “L’illegittima segnalazione effettuata dalla convenuta è causa pertanto della revoca degli affidamenti da parte delle banche e dei maggiori fornitori che sostenevano l’attività dell’impresa, con conseguente pregiudizio per quest’ultima, in termini sia di danno emergente sia di lucro cessante, come si avrà modo di specificare in seguito”.

[55] Così Trib. Mantova, 9 marzo 2017, in www.iusexplorer.it, che ha riconosciuto al soggetto indebitamente segnalato in Centrale Rischi il risarcimento del danno da perdita di chance per il mancato avvio del progetto industriale e la conseguente perdita di utilità economica a causa della segnalazione illegittima.

[56] In questo senso, cfr. Trib. Brindisi,2 marzo 2011, in NGCC, 2012, pp. 1 e ss.

[57] Per la giurisprudenza di legittimità, v. Cass., 28 marzo 2018, n. 7594 in tema di danno all’immagine e alla reputazione per illegittima segnalazione in Centrale dei Rischi; Cass., 29 gennaio 2017, n. 1931 cit., che ha escluso la risarcibilità del danno in re ipsa, ammettendo però il ricorso a presunzioni. Per la giurisprudenza di merito, cfr. Trib. Treviso, 15 febbraio 2019, in www.iusexplorer.it secondo cui il danno da illegittima segnalazione “non può essere considerato in re ipsa nell’illegittimità della segnalazione e non è nemmeno sufficiente la prova, da parte del danneggiato, di non aver potuto ottenere credito da altri istituti o intermediari a seguito della segnalazione: il danneggiato deve altresì provare il beneficio economico che avrebbe conseguito tramite l’impiego del denaro che gli è stato ingiustamente negato a causa della segnalazione”; Trib. Cagliari, 4 ottobre 2016, n. 2723, cit.

[58] Cass., 9 gennaio 2019, n. 207.

[59] Ex multis: ABF Bari, 13 novembre 2018, n. 23772, che ha rigettato la richiesta risarcitoria da illegittimità della segnalazione “stante l’assenza di profili di illiceità della condotta posta in essere dall’intermediario e la totale assenza di elementi di prova a sostegno del presunto pregiudizio sofferto”, richiamando “l’orientamento della Corte di Cassazione, secondo il quale non è, in generale, «predicabile l’esistenza nel nostro ordinamento di danni in re ipsa: né patrimoniali, né non patrimoniali. Tale perdita potrà in casi particolari ritenersi notoria ex art. 115 c.p.c., ovvero potrà provarsi per presunzioni ex art. 2727 c.c., ma che debba esistere non è dubitabile» (Cassazione civile, sez. III, 21/11/2017, ord. n. 27557)”; ABF Milano, 12 settembre 2018, n. 18941; ABF Milano, 16 giugno 2016, n. 5749; ABF Napoli, 6 maggio 2016, secondo cui, ai fini del risarcimento del danno patrimoniale da mancata concessione di ulteriori finanziamenti, occorre la prova “che la banca presso la quale si è rivolto il ricorrente per ottenere l’erogazione di un credito abbia optato per non concederlo esclusivamente in ragione della detta segnalazione”. Le decisioni dei Collegi dell’ABF sono tutte reperibili in www.arbitrobancariofinanziario.it.

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