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Approfondimenti

Profili evolutivi della legislazione in materia di antiriciclaggio e contrasto al finanziamento del terrorismo

4 Aprile 2017

Antonio Pezzuto, ex Dirigente della Banca d’Italia, Pubblicista

Di cosa si parla in questo articolo
AML

1. Premessa

Il riciclaggio dei proventi illeciti nelle sue molteplici e multiformi connotazioni (money laundering) è un’attività criminosa qualificata come reato nella maggior parte degli ordinamenti nazionali, che genera gravi distorsioni nell’economia legale alterando le condizioni di concorrenza, il corretto funzionamento dei mercati e i meccanismi di allocazione delle risorse, con implicazioni negative sulla stabilità e l’efficienza del sistema economico e finanziario[1]. Esso consente, inoltre, alla criminalità di accrescere il controllo sul territorio, di acquisire consenso sociale, di insinuarsi nelle maglie del potere, influenzandone talvolta decisioni amministrative e politiche[2].

Il processo di riciclaggio si realizza attraverso tre distinte fasi. Con la prima fase, nota come “collocamento” (placement), i capitali provenienti da attività illegali vengono introdotti nel mercato e collocati prevalentemente presso il sistema bancario tramite operazioni di deposito, cambio, trasferimento di denaro contante o con l’acquisto di strumenti finanziari. Questa è la fase anche nota come “immersion”, nel corso della quale le organizzazioni criminali tentano di liberarsi del denaro sporco. La seconda fase, definita “stratificazione” (layering), consiste nell’esecuzione di trasferimenti di denaro mediante molteplici operazioni commerciali e finanziarie dirette a impedire il collegamento tra il denaro e la sua origine criminale. La terza fase, cosiddetta “integrazione” (integration), si caratterizza per il reimpiego del denaro ripulito nel sistema economico e finanziario legale, dove si mescola con ricchezze di provenienza lecita (c.d. commingling).

Negli ultimi anni il riciclaggio di denaro sporco e il reinvestimento dei proventi provenienti da attività illecite hanno raggiunto dimensioni quantitative considerevoli. Vi hanno contribuito principalmente la crescente globalizzazione dei mercati, la maggiore sofisticazione dei servizi di pagamento e dei prodotti dell’ingegneria finanziaria e i progressi tecnologici. Manca tuttavia una quantificazione attendibile del fenomeno: l’unica stima spesso citata in documenti ufficiali è quella operata dal FMI nel lontano 1996, secondo cui a livello mondiale il riciclaggio sarebbe pari al 5 per cento del PIL, corrispondente a circa 1.500 miliardi dollari.

I primi tentativi di introdurre forme di regolamentazione volte a contrastare il riciclaggio di proventi illeciti, sfruttando i circuiti dell’intermediazione finanziaria, risalgono al 1977, quando il Consiglio d’Europa istituisce un Comitato di esperti con il compito di mettere a punto un’adeguata strategia di contrasto al fenomeno. I lavori del Comitato conducono all’emanazione della Risoluzione del 27 giugno 1980, intitolata “Measures against transfer and safekeeping of funds of criminal origins”, con la quale si sollecitano i legislatori nazionali a intervenire sui sistemi bancari, emanando provvedimenti atti a prevenire l’ingresso di capitali illeciti nel circuito finanziario legale e a rafforzare, attraverso lo scambio di informazioni, la cooperazione tra enti creditizi e autorità giudiziarie e investigative.

Successivamente, il Comitato di Basilea per le regolamentazioni bancarie e le pratiche di vigilanza adotta, il 18 dicembre del 1988, la “Dichiarazione dei Principi concernenti la prevenzione all’uso criminale del sistema bancario ai fini di riciclaggio del denaro”, articolata in più punti, con cui si sottolinea l’esigenza che le banche istituiscano procedure efficaci per l’identificazione della clientela e la conservazione dei documenti relativi alle operazioni, e collaborino con gli organi di polizia per reprimere il riciclaggio, fatta salva la necessità di garantire la riservatezza delle relazioni con la clientela[3].

Coeva alla “Dichiarazione dei Principi” è la Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope, adottata a Vienna il 19 dicembre 1988, che costituisce il primo atto normativo e vincolante, con valenza internazionale. Con la suddetta Convenzione si fornisce per la prima volta la definizione di riciclaggio come reato di secondo grado e si sottolinea l’importanza della collaborazione internazionale nelle indagini sul traffico di stupefacenti. Seguono dapprima la Convenzione di Strasburgo del Consiglio d’Europa dell’8 novembre 1990 sul riciclaggio, l’identificazione, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, con cui si ribadisce la necessità di reprimere sul piano penale il riciclaggio di denaro sporco e di agevolare la cooperazione giudiziaria e amministrativa tra gli Stati[4], e poi la Convenzione di Varsavia del 16 maggio 2005 sul riciclaggio, la ricerca il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo. Come osservato[5], la Convenzione di Varsavia presenta tre aspetti rilevanti: è un atto internazionale giuridicamente vincolante il cui ambito applicativo copre sia la prevenzione e il controllo del riciclaggio sia il finanziamento del terrorismo (money dirtying); estende l’ambito di cooperazione a tutti gli istituti tipici della prevenzione del riciclaggio (verifica dell’identità della clientela, obbligo di segnalazione di operazioni sospette, ecc.); introduce la definizione di “Financial Intelligence Unit”, alla quale devono pervenire le segnalazioni di operazioni sospette, e stabilisce l’obbligo, per gli Stati firmatari, di istituirla e di dotarla di risorse umane, finanziarie e tecniche per consentirle di svolgere al meglio il ruolo di prevenzione del riciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo.

Le linee strategiche della lotta al finanziamento del terrorismo internazionale sono state tracciate dalla Convenzione di New York del 1999, che impone agli Stati firmatari di prevedere adeguate misure per l’identificazione, la scoperta e il congelamento o il sequestro di tutti i fondi utilizzati o stanziati per compiere atti terroristici. Ad essa si affiancano le Risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU, che prevedono misure di congelamento dei fondi e delle risorse economiche detenuti da persone collegate alle organizzazioni terroristiche. Le Risoluzioni delle Nazioni Unite sono state recepite dall’UE con regolamenti comunitari, che contemplano misure di embargo e di congelamento dei capitali posseduti o controllati, direttamente o indirettamente, presso istituzioni bancarie e finanziarie presenti nel territorio europeo, e impongono agli operatori obblighi di comunicazione relativamente ai soggetti elencati in apposite liste (c.d. black lists).

Fino a pochi anni fa il terrorismo internazionale si autofinanziava soprattutto con i traffici di stupefacenti e di armi, nonché con le estorsioni e i sequestri di persona[6]. Più recentemente, parallelamente all’aumento degli attentati che hanno causato nel mondo numerose vittime soprattutto tra le popolazioni civili, le fonti di finanziamento e le modalità attraverso cui si manifesta la minaccia terroristica hanno raggiunto un elevato grado di diversificazione. Cosicché è divenuta particolarmente complessa l’individuazione preventiva di tale fenomenologia, “sia per l’utilizzo di somme spesso di importo esiguo, sia per l’origine non necessariamente illecita delle disponibilità”[7]. Infatti, il finanziamento delle attività terroristiche avviene, oltre che attraverso i tradizionali circuiti operativi (conti bancari, money transfer, ecc.), anche tramite la vendita di prodotti archeologici e artistici, il commercio di beni culturali o di alto valore (oro, diamanti, ecc.), l’utilizzo di false fatturazioni, la commercializzazione del petrolio e di altre materie prime (ad esempio, fosfati), il ricorso a valute virtuali[8] e ad operazioni bancarie e finanziarie conformi ai principi del diritto islamico (ad esempio, murabaha, mudarabah e musharaka).Inoltre, accanto a organizzazioni terroristiche che controllano interi territori, si sono sviluppati organizzazioni affiliate a network articolati, foreign fighter, cellule di piccole dimensioni e terroristici individuali[9].

Anche il processo di finanziamento del terrorismo si articola in tre distinte fasi: raccolta (collection) dei capitali, di origine lecita o illecita, presso collettori; trasmissione o occultamento (trasmission) dei movimenti di denaro tramite sistemi di pagamento paralleli alternativi al circuito bancario convenzionale; impiego (use) dei capitali o di altri beni per compiere azioni terroristiche.

Il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo presentano numerosi elementi comuni: sono posti in essere con modalità tali da occultare o dissimulare le rispettive finalità; transitano nei medesimi punti del circuito finanziario globale; si avvalgono delle medesime tecniche e strumenti; costituiscono fattori di inquinamento e destabilizzazione dei mercati e, pertanto, sono entrambi perseguito penalmente e sottoposti a un articolato sistema internazionale di presidi di prevenzione e contrasto[10]. Però mentre nel money laundering i proventi derivanti da attività criminose vengono poi reimmessi nei circuiti dell’economia legale, nel money dirtying, invece, i capitali fanno un percorso inverso, cioè transitano dall’economia legale a quella illegale[11].

2. La disciplina comunitaria

La prima Direttiva comunitaria in materia di antiriciclaggio risale ai primi anni Novanta del secolo scorso (Direttiva 91/308/CEE del 28.6.1991). La Direttiva obbliga gli Stati membri a contrastare l’attività di riciclaggio dei proventi da reato connessi con il traffico di stupefacenti e affida agli intermediari bancari e finanziari un ruolo di prevenzione del crimine mediante il compito di esaminare le transazioni finanziarie. In sintesi, essa: i) suggerisce di procedere all’armonizzazione dei controlli per contrastare il riciclaggio, senza incidere sulla libertà di movimento dei capitali e di prestazione dei servizi finanziari e sulla libera concorrenza; ii) contiene la definizione del reato di riciclaggio; e iii) recependo le indicazioni contenute nelle Raccomandazioni GAFI[12], prevede una serie di obblighi in capo ai soggetti destinatari (identificazione della clientela e accertamento dell’identità delle persone per conto della quale agiscono; conservazione di documenti, scritture e registrazioni; collaborazione con le autorità di settore; astensione dall’esecuzione di operazioni anomale o sospette; attivazione di procedure di controllo interne e di programmi di formazione del personale).

In seguito all’attentato dell’11 settembre 2001, le istituzioni europee maturano la decisione di modificare la normativa al fine di creare degli strumenti giuridici di contrasto e prevenzione più efficaci e di rafforzare gli obblighi di collaborazione attiva con le autorità di vigilanza e di polizia[13]. Viene così approvata la seconda Direttiva (Direttiva 2001/97/CEE del 4.12.2001), con la quale si definiscono i reati “gravi” (ad esempio, corruzione e frode) che determinano flussi di denaro e si precisa la nozione di riciclaggio, inteso come conversione o trasferimento o occultamento o dissimulazione o acquisto o detenzione di beni, denaro o risorse provenienti da attività illecite. Si estende inoltre l’ambito soggettivo dei destinatari ai professionisti, tra cui i revisori, i consulenti tributari, gli agenti immobiliari, i notai, i commercianti di oggetti di valore e le case da gioco. Si stabilisce, infine, l’obbligo di identificazione della clientela anche nelle transazioni not face to face, vale a dire operazioni a distanza svolte attraverso l’impiego di strumenti tecnologici che garantiscono l’anonimato.

L’azione di contrasto al terrorismo in ambito europeo si sviluppa e si rafforza a partire dal 2001, in seguito all’attentato al World Trade Center di New York. In quell’occasione il Consiglio europeo vara un Piano d’azione volto a fronteggiare la minaccia terroristica nel mondo. Il Piano si articola in cinque punti: i) rafforzare la cooperazione giudiziaria e di polizia, attraverso varie misure tra cui l’istituzione del mandato d’arresto europeo e una più stretta collaborazione con le autorità statunitensi; ii) sviluppare gli strumenti giuridici internazionali, attuando le convenzioni internazionali sul terrorismo; iii) porre fine al finanziamento del terrorismo, rendendo effettiva in ambito europeo la convenzione delle Nazioni Unite in materia e aggiornando la Direttiva sull’antiriciclaggio; iv) rafforzare la sicurezza aerea, mediante un potenziamento dei controlli sui trasporti aerei; e v) coordinare l’azione globale dell’UE[14].

Nel 2005, dopo gli attentati di Madrid e di Londra, il Consiglio europeo aggiorna il Piano adottando una “Strategia contro il terrorismo” la quale si incentra su quattro pilastri principali: prevenzione, protezione, perseguimento e risposta. La “prevenzione” consiste nel combattere la radicalizzazione e il reclutamento nelle file del terrorismo; la seconda priorità della strategia è la “protezione” dei cittadini e delle infrastrutture, attraverso il potenziamento dei controlli dei trasporti aerei, terrestri e marittimi; il terzo obiettivo è il “perseguimento” che si sostanzia nel migliorare la collaborazionee lo scambio di informazioni tra polizia e autorità giudiziaria; il quarto elemento cardine della strategia è rappresentato dalla “risposta”, vale a dire l’elaborazione delle modalità di coordinamento per la gestione delle crisi e delle situazioni di emergenza, la revisione del meccanismo di protezione civile, l’assistenza e il risarcimento alle vittime di attentati terroristici e alle famiglie delle vittime.

A conferma dell’impegno manifestato nella lotta al riciclaggio e alla minaccia terroristica, il 26 ottobre 2005 le istituzioni europee approvano la terza Direttiva (Direttiva 2005/60/CE) che, abrogando e sostituendo le prime due, detta misure specifiche e dettagliate per la prevenzione del riciclaggio e il finanziamento del terrorismo. In particolare, la terza Direttiva, oltre ad estendere l’ambito di applicazione della disciplina a nuovi soggetti (tra cui gli intermediari assicurativi) e a nuove operazioni (ad esempio, le iniziative attuate con Internet), conferma la nozione di riciclaggio contenuta nella Direttiva 2001/97 e definisce finanziamento del terrorismo “la fornitura o la raccolta di fondi, in qualunque modo, direttamente o indirettamente, con l’intenzione di utilizzarli, in tutto o in parte, per compiere uno dei reati di cui agli articoli da 1 a 4 della decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio del 13 giugno 2002 sulla lotta contro il terrorismo, o sapendo che saranno utilizzati a tal fine”. La Direttiva contiene, inoltre, obblighi di verifica adeguata della clientela (customer due diligence), variabili in funzione del rischio associato al tipo di cliente, di rapporto e di prodotto (c.d. principio del risk based approach)[15]. Infine, prevede sanzioni, penali o amministrative, effettive, proporzionali e dissuasive nei confronti di persone fisiche e giuridiche, nonché l’obbligo, per gli Stati membri, di istituire un’Unità di informazione finanziaria, quale autorità nazionale centrale per combattere efficacemente l’attività di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

Gli attentati terroristici avvenuti durante il 2015 e la minaccia dilagante del sedicente Stato islamico (Islamic State of Iraq and the Levant, ISIL) hanno reso manifesta l’urgenza di moltiplicare gli sforzi nella lotta al finanziamento del terrorismo su base internazionale, regionale e nazionale. E’ in questo contesto che, anche al fine di allineare la normativa europea agli standard internazionali e alle Raccomandazioni GAFI del 2012[16], le istituzioni europee adottano, il 20.5.2015, la quarta Direttiva (Direttiva 2015/849/UE), relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo[17], che abroga la Direttiva 2005/60 e il Regolamento (UE) 847/2015 riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi.

Obiettivi principali della quarta Direttiva sono: i) migliorare la chiarezza e l’omogeneità delle norme in tutti gli Stati membri, prevedendo un meccanismo chiaro per l’individuazione dei beneficiari effettivi e accrescendo la trasparenza delle norme sull’obbligo della verifica della clientela; ii) estendere l’ambito di applicazione per far fronte a nuove minacce e vulnerabilità; iii) promuovere standard più elevati di lotta contro il riciclaggio del denaro; e iv) rafforzare la cooperazione tra le Unità di intelligence nazionali. Il termine per il recepimento negli ordinamenti nazionali èfissato al 26 giugno 2017.

I principali elementi di novità introdotti dalla richiamata Direttiva sono:

  • estensione del campo di applicazione della normativa ai soggetti che negoziano beni, quando il pagamento è in contanti per un importo pari o superiore a 10.000 euro, e ai prestatori di servizi di gioco d’azzardo;
  • adozione di un approccio sovranazionale e di uno nazionale al rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo (risk based approach). In relazione al primo tipo di approccio, è previsto che la Commissione europea effettui una valutazione dei rischi della specie che gravano sul mercato interno, tenendo conto dei pareri espressi dalle autorità di vigilanza europee (EBA, EIOPA ed ESMA) e dalle varie UIF[18].Con riferimento invece all’approccio nazionale, agli Stati membri è affidato il compito di valutare i rischi a livello nazionale e di definire adeguate politiche di mitigazione. I soggetti destinatari degli obblighi sono chiamati, a loro volta, ad adottare misure volte a identificare e valutare i rischi a cui sono esposti e a dotarsi di adeguati presidi;
  • previsione di obblighi rafforzati di adeguata verifica nei confronti di soggetti che negoziano in beni quando eseguono operazioni occasionali in contanti d’importo pari o superiore a 10.000 euro, indipendentemente dal fatto che l’operazione sia eseguita con un’unica operazione o con diverse operazioni che appaiono collegate, nonché dei prestatori di gioco d’azzardo quando si eseguono operazioni d’importo superiore a 2.000 euro e di coloro che svolgono o hanno svolto funzioni politiche all’interno del Paese o in organizzazioni internazionali (ad esempio, capi di Stato, capi di governo, ministri, membri degli organi direttivi di partiti politici, membri delle corti supreme);
  • creazione di un “registro centralizzato di informazioni” sulla titolarità effettiva di società, enti e trust, allo scopo di innalzare i livelli di trasparenza, accessibile senza alcuna restrizione alle UIF e alle altre autorità competenti, nonché ai soggetti obbligati nel quadro dell’adeguata verifica della clientela e a chiunque sia in grado di dimostrare un legittimo interesse. Pertanto, gli Stati membri dovrebbero assicurare che i soggetti giuridici costituiti nel loro territorio ottengano e conservino informazioni adeguate, accurate e aggiornate sulla loro titolarità effettiva;
  • custodia dei documenti e delle informazioni relativi alle operazioni effettuate per un periodo di cinque anni dalla cessazione del rapporto d’affari col cliente o successivamente alla data di un’operazione occasionale;
  • previsione di un ampio spettro di sanzioni amministrative in caso di violazioni gravi, reiterate, sistematiche degli obblighi di adeguata verifica della clientela, segnalazione di operazioni sospette, conservazione dei documenti e controlli interni.

Ad integrazione della quarta Direttiva nel 2016 viene emanato il Regolamento delegato (UE) 2016/1675 per l’individuazione dei paesi terzi con carenze strategiche nei rispettivi regimi di lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo che pongono minacce significative al sistema finanziario dell’UE. A tal fine, si richiede a tutti i soggetti obbligati di applicare misure rafforzate di adeguata verifica nei loro rapporti con persone fisiche o entità giuridiche aventi sede in paesi terzi ad alto rischio[19].

3. Il quadro nazionale di riferimento

La normativa italiana in materia di antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo si è sviluppata lungo un percorso complesso, ma pienamente conforme agli standard internazionali e alla disciplina comunitaria, di cui ha spesso anticipato le principali indicazioni. Il quadro normativo è oggi costituito da tre provvedimenti: 1) il d.lgs. 22 giugno 2007, n. 109 (c.d. Decreto Antiterrorismo) recante misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e dell’attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale; 2) il d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 (c.d. Decreto Antiriciclaggio), che ha recepito la Direttiva 2005/60; e 3) il d.lgs. 19 novembre 2008, n. 195, che modifica e integra la normativa in materia valutaria (movimento di denaro contante in entrata e uscita dall’Italia).

Con il decreto 109/2007 sono state introdotte nuove misure volte a prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo internazionale e l’attività di quei paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale in base alle Risoluzioni dell’ONU o alle deliberazioni dell’UE. L’art. 1 del decreto definisce “finanziamento del terrorismo” come “qualsiasi attività diretta, con qualsiasi mezzo, alla raccolta, alla provvista, all’intermediazione, al deposito, alla custodia o all’erogazione di fondi o di risorse economiche, in qualunque modo realizzati, destinati ad essere, in tutto o in parte, utilizzati al fine di compiere uno o più delitti con finalità di terrorismo o in ogni caso diretti a favorire il compimento di tali delitti previsti dal codice penale, e ciò indipendentemente dall’effettivo utilizzo dei fondi e delle risorse economiche".

Il decreto prevede, inoltre, l’applicazione di misure di congelamento dei fondi e delle risorse economiche detenuti da persone fisiche, giuridiche, gruppi o entità. Il congelamento è disposto con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro degli affari esteri, su proposta del Comitato di sicurezza finanziaria, secondo i criteri e le procedure stabiliti dalle Risoluzioni dell’ONU o da un suo Comitato. Infine, il decreto impone ai soggetti destinatari (banche, uffici postali, IMEL, SIM, SICAV, SGR, imprese di assicurazioni, professionisti, ecc.) l’obbligo di comunicare alla UIF entro 30 giorni le misure di congelamento applicate ai soggetti “designati”, nonché le operazioni, i rapporti e ogni altra informazione disponibile, riferibile ai soggetti “designati”.

Il decreto 231/2007, nel riordinare l’intera normativa di prevenzione e contrasto al riciclaggio di denaro, ha il pregio di aver introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico la definizione di riciclaggio inteso come “la conversione o il trasferimento di beni, l’occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o dei diritti sugli stessi, l’acquisto, la detenzione o l’utilizzazione di beni e la partecipazione ad uno degli atti sopra richiamati e l’associazione per commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno a commetterlo o il fatto di agevolarne l’esecuzione”. In coerenza con la disciplina comunitaria, tale definizione comprende anche l’ipotesi di auto-riciclaggio, ossia il riciclaggio dei proventi di chi ha commesso o ha concorso nel reato presupposto dal quale derivano i proventi illeciti (cfr. infra).

Il decreto in commento ha riordinato e rafforzato le competenze e i poteri delle autorità di vigilanza di settore, attribuendo al MEF la responsabilità delle politiche di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, al Comitato di sicurezza finanziaria (CSF), già istituito presso il MEF, compiti di coordinamento tra le autorità e di garanzia della funzionalità dell’intero sistema e all’Unità di informazione finanziaria per l’Italia[20], istituita presso la Banca d’Italia in posizione di autonomia e indipendenza, l’incarico di ricevere, analizzare e segnalare agli organi investigativi (Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza e Direzione investigativa antimafia) informazioni riguardanti ipotesi di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

In base alla tipologia di attività esercitata, i destinatari degli obblighi antiriciclaggio sono stati raggruppati in tre categorie, operando una distinzione tra: i) intermediari finanziari ed altri soggetti esercenti attività finanziaria (ad esempio, banche, uffici postali, IMEL, SIM, SGR, SICAV, confidi, microcrediti, promotori finanziari); ii) professionisti giuridico-contabili (ad esempio, dottori commercialisti, esperti contabili, revisori legali e notai); e iii) operatori non finanziari (ad esempio, uffici della pubblica amministrazione e soggetti che commerciano in oro e oggetti preziosi).

Vengono rafforzati i presidi di adeguata verifica, registrazione e segnalazione di operazioni sospette. In applicazione dell’approccio basato sul rischio, il decreto disciplina le ipotesi in presenza delle quali è possibile, per i destinatari degli obblighi, procedere a una adeguata verifica in forma semplificata ovvero rafforzata. La verifica semplificata riguarda specifiche categorie di soggetti (intermediari finanziari, enti creditizi e finanziari di Stati membri dell’UE o di paesi terzi con regimi antiriciclaggio equivalenti, uffici della pubblica amministrazione, ecc.) o di prodotti (contratti assicurazione vita, moneta elettronica, ecc.). La verifica rafforzata è invece prevista in presenza di un rischio più elevato di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, nonché nelle ipotesi di operatività con clientela non fisicamente presente e di operazioni con persone politicamente esposte. Il decreto dispone che gli intermediari hanno l’obbligo di registrare le informazioni che hanno acquisito per assolvere gli obblighi di adeguata verifica della clientela, limitando ai soli intermediari finanziari rilevanti l’istituzione dell’Archivio unico informatico, da realizzare secondo apposite specifiche tecniche indicate dalla Banca d’Italia, d’intesa con le altre autorità di vigilanza e sentita la UIF. Infine, il decreto impone ai soggetti obbligati di portare a conoscenza della UIF le operazioni per le quali “sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state tentate o compiute operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo”[21]. Il sospetto è desunto dalle caratteristiche, entità e natura dell’operazione e da qualsiasi altra circostanza conosciuta dal segnalante in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica o dell’attività svolta dai soggetti cui le operazioni sono riferite.

4. Il reato di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo nell’ordinamento italiano

La vigente configurazione del reato di riciclaggio è il risultato di un lungo e articolato processo di normazione che ha avuto inizio alla fine degli anni Settanta.

Con il decreto legge 21.3.1978, n. 59 convertito, con modificazioni, nella legge 18.5.1978, n. 191, recante “Norme penali e processuali per la prevenzione e la repressione di gravi reati”, si introduce nel codice penale l’art. 648-bis (Sostituzione di denaro o valori provenienti da rapina aggravata, estorsione aggravata o sequestro di persona a scopo di estorsione)[22]. Appare utile precisare che sino ad allora le uniche norme poste a presidio della circolazione della ricchezza illecita erano costituite dai delitti di “Ricettazione” (art. 648 c.p.), di “Favoreggiamento personale” (art. 378 c.p.) e di “Favoreggiamento reale” (art. 379 c.p.).

Successivamente, con la legge 19.3.1990, n. 55, recante “Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale”, si apportano significative modifiche al testo dell’art. 648-bis, che viene rubricato “Riciclaggio”[23], e si introduce l’art. 648-ter, che punisce il reimpiego di capitali illeciti[24]. Con riferimento all’art. 648-bis, le novità più importanti sono due: i) l’inserimento, tra i reati presupposto, della produzione e del traffico di sostanze stupefacenti e psicotrope; e ii) l’ampliamento dell’oggetto materiale del reato per ricomprendervi, oltre che il “denaro”, anche “beni o altre utilità”.

Infine, la legge 9.8.1993, n. 328, nel ratificare la Convenzione di Strasburgo del 1990, modifica ulteriormente la formulazione dei reati di cui agli articoli 648-bis[25] e 648-ter[26], estendendo l’ambito dei reati presupposti a ogni delitto non colposo per il riciclaggio e a ogni delitto per l’impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.

Gli articoli 648-bis e 648-ter escludono la punizione dell’auto-riciclaggio, ossia dell’attività posta in essere dal soggetto che ha commesso o concorso a commettere il reato da cui provengono i proventi illeciti (c.d. reato presupposto); ciò in quanto l’impiego e l’occultamento dei suddetti proventi da parte dell’autore, anche in concorso, del reato presupposto viene configurato come un post factum non punibile.

La mancata punibilità penale dell’auto-riciclaggio, oltre a determinare un’asimmetria formale e sostanziale tra l’azione di prevenzione e quella repressiva del fenomeno, “ha ostacolato il perseguimento dei soggetti che riciclano fondi di provenienza illecita in attività economiche legali e ha ingenerato negli operatori la percezione che gli oneri posti a loro carico dalla disciplina di prevenzione fossero sproporzionati ai risultati effettivamente conseguiti”[27].

A queste criticità ha posto rimedio la legge 15 dicembre 2014, n. 186 in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero che ha introdotto nel codice penale l’art. 648-ter.1. La nuova norma distingue due ipotesi: i) la prima, più grave, punisce con la reclusione da due a otto anni e con la multa da 5.000 a 25.000 euro chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo punito con la reclusione pari o superiore nel massimo a cinque anni, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa (art. 648-ter.1, primo comma); ii) la seconda, attenuata, punisce con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da 2.500 a 12.500 euro, le medesime attività ove poste in essere in relazione ad utilità provenienti da delitti non colposi puniti con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni (art. 648-ter.1, secondo comma). Trovano comunque applicazione le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis c.p. (associazioni di tipo mafioso anche straniere) ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo (art. 648-ter.1, terzo comma).

Fino al 2001 la normativa di contrasto al terrorismo era orientata a reprimere atti di terrorismo interno compiuti da estremisti sia di destra sia di sinistra. In seguito agli attentati di New York dell’11 settembre 2001, gli interventi legislativi sono finalizzati a contrastare il terrorismo internazionale e le relative tecniche di finanziamento, con la previsione di nuove fattispecie penali[28].

Il decreto legge 18.10.2001, n. 374, convertito, con modificazione, nella legge 15.12.2001, n. 438 ha: i) riformulato l’art. 270-bis (Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico), il quale prevede la punibilità non solo di chi promuove, costituisce, organizza e dirige l’associazione, ma anche chi la finanzia; e ii) introdotto l’art. 270-ter (Assistenza agli associati), il quale stabilisce che è punito chiunque, fuori dai casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, dà rifugio o fornisce vitto, ospitalità e quant’altro a persone che partecipano ad atti terroristici.

Successivamente, con il decreto legge 27.7.2005, n. 144, anch’esso convertito, con modificazioni, nella legge 31.7.2005, n. 155, sono stati introdotti, nel codice penale: i) l’art. 270-quater (Arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale), il quale dispone la punibilità di chiunque arruola una o più persone per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali con finalità di terrorismo anche se rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione o un organismo internazionale; ii) l’art. 270-quinquies (Addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale), il quale prescrive che è punito chiunque addestra o comunque fornisce istruzioni sulla preparazione o sull’uso di materiale esplosivo, di armi da fuoco e di quant’altro, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione o un organismo internazionale; e III) l’art. 270- sexies (Condotte con finalità di terrorismo), il quale non contiene alcuna fattispecie di reato, ma silimita ad indicare quali condotte possono essere considerate con finalità di terrorismo.

A distanza di dieci anni il Governo allora in carica emana, con procedura d’urgenza, il decreto legge 18.2.2015, n. 7, convertito, con modificazioni, nella legge 17.4.2015, n. 43, in attuazione della Risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite UNSCR 2178 del 2015 che condanna le violenze e le atrocità compiute dall’ISIL e da Al-Nusra Front. Le principali novità consistono: i) nell’inserimento di un nuovo comma all’art. 270-quater, che prevede la punibilità del soggetto reclutato con finalità di terrorismo anche fuori dei casi di partecipazione ad associazioni criminali operanti con le medesime finalità; ii) nell’introduzione dell’art. 270-quater.1 (Organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo), il quale contempla la pena della reclusione, da cinque a otto anni, per chi organizza, finanzia o propaganda viaggi all’estero per compiere atti terroristici; iii) nella rimodulazione dell’art. 270-quinquies per punire colui che si auto-addestra alle tecniche terroristiche; iv) nell’estensione ai foreign fighters di misure di prevenzione personale; v) nella previsione della facoltà del Questore di ritirare il passaporto ai soggetti indiziati di terrorismo; e vi) nell’attribuzione al Procuratore nazionale antimafia di funzioni di coordinamento, su scala nazionale, delle indagini relative a procedimenti penali e procedure di prevenzione in materia di terrorismo.

La panoramica sulle misure adottate dal legislatore nazionale per fronteggiare la crescente minaccia terroristica si chiude con la legge 28.7.2016, n. 153 che contiene nuove fattispecie penali. In particolare, sono stati introdotti: i) l’art. 270-quinquies.1 (Finanziamento di condotte con finalità di terrorismo), che punisce con la reclusione, da sette a quindici anni) chiunque raccoglie, eroga o mette a disposizione beni o denaro destinati a essere utilizzati per il compimento di atti terroristici; ii) l’art. 270-quinquies.2 (Sottrazione di beni sottoposti a sequestro), che punisce chiunque sottrae, distrugge, disperde, sopprime o deteriora beni o denaro sottoposti a sequestro per prevenire il finanziamento delle condotte con finalità di terrorismo; e iii) l’art. 280-ter (Atti di terrorismo nucleare), che puniscecon la reclusione non inferiore a quindici anni chiunque, con finalità di terrorismo, procura a sé o ad altri materia radioattiva ovvero crea un ordigno nucleare o ne viene altrimenti in possesso.

5. Analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo

Come dianzi accennato, in seguito all’emanazione del d.lgs. 109/2007 e del d.lgs. 231/2007, la sfera di competenze del CSF, istituito con il decreto legge 12.10.2001, n. 369, convertito nella legge 14.12.2001, 431, è stata estesa alla materia del contrasto al riciclaggio di proventi illeciti e all’attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale.

Nell’ambito delle competenze previste dall’art. 5 del d.lgs. 231/2007, il CSF ha condotto nel 2014 la prima analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo (National Risk Assessment), in applicazione della Raccomandazione 1 del GAFI, con l’obiettivo di identificare, analizzare e valutare le minacce di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo, individuando quelle più rilevanti, i metodi di svolgimento di tali attività criminali, le vulnerabilità del sistema di prevenzione e contrasto di tali fenomeni e, quindi, le aree e i settori maggiormente esposti ai rischi della specie. Tale valutazione, sviluppata sulla base di un modello di analisi specifico[29], sarà ripetuta tra tre anni; successivamente sarà svolta con periodicità quinquennale.

La stesura del documento è stata curata da un gruppo di lavoro costituito con esperti provenienti dalle autorità partecipanti al CSF e da altre amministrazioni con competenze specifiche su temi di interesse.

Dall’analisi emerge che il rischio connesso all’attività di riciclaggio di denaro è “molto significativo”, per la rilevanza dell’evasione fiscale[30] e delle condotte criminali che producono proventi da riciclare (ad esempio, corruzione, usura, narcotraffico e gioco d’azzardo). Il livello di rischio è influenzato in misura considerevole dall’eccessivo uso del contante nelle transazioni commerciali e dal peso dell’economia sommersa[31]. Il risk assessment ha altresì evidenziato che il rischio legato al finanziamento del terrorismo è “abbastanza significativo” e che il sistema di prevenzione e contrasto italiano è nel complesso adeguato a fronteggiare la minaccia terroristica e l’infiltrazione della criminalità organizzata nel sistema economico e finanziario.

Il rapporto analizza anche gli interventi da intraprendere distinguendoli per categoria di operatori (intermediari finanziari, professionisti, operatori non finanziari) e indicandone il livello di priorità. Ad esempio, gli agenti, i mediatori creditizi e i cambiavalute, ancorché soggetti a un sistema regolamentato di accesso, andrebbero sottoposti a presidi di controllo più pervasivi. Parimenti, gli operatori non finanziari, essendo esposti al rischio di infiltrazioni da parte di bande criminali, andrebbero sottoposti a controlli di vigilanza più rigorosi.

Elementi di criticità sono stati infine riscontrati nei presidi di contrasto al finanziamento del terrorismo, per la cui eliminazione il gruppo di lavoro ritiene necessario: i) definire le linee operative e procedurali che consentano di recepire con tempestività, su base nazionale, le decisioni di listing assunte dall’ONU; ii) promuovere la revisione del Regolamento 881/2002 per includere nella definizione di “congelamento” i fondi e le risorse possedute o controllate in parte da soggetti “designati” e i fondi e risorse delle persone o entità che agiscono per conto o sotto la direzione di soggetti “designati”; e iii) incentivare le segnalazioni di operazioni sospette da parte di alcune categorie professionali, anche attraverso specifiche iniziative formative.

6. Il Rapporto del FMI sul “Sistema Italia” di prevenzione e contrasto al riciclaggio

I paesi membri del GAFI sono soggetti, periodicamente e a rotazione, a una valutazione sulla capacità del sistema di prevenire i fenomeni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo (c.d. Mutual Evaluation). Il Rapporto redatto dal FMI, al termine della missione condotta in Italia dal 14 al 30 gennaio 2015, analizza la conformità del quadro normativo alle Raccomandazioni GAFI (Technical Compliance), valuta l’efficacia delle misure adottate e delle attività svolte (Effectiveness), fornisce indicazioni per migliorare il sistema antiriciclaggio[32].

Secondo il Rapporto, il sistema approntato dal nostro Paese si caratterizza per un robusto quadro giuridico e istituzionale, per una buona comprensione dei rischi connessi al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, per un buon grado di cooperazione e coordinamento a livello di policy e per l’efficacia del sistema di segnalazioni, analisi e accertamento delle operazioni sospette.

 Il giudizio positivo ha trovato riscontro nei rating assegnati: per il comparto dell’Effectiveness otto degli undici rating si sono attestati su valori medio-alti e solo tre su un giudizio moderato: per la Technical Compliance sono stati attribuiti 37 rating elevati su 40.

Il giudizio è stato particolarmente soddisfacente in tutti gli ambiti di attività della UIF, definita un’unità di intelligence finanziaria ben funzionante, dotata di idonee competenze e in grado di produrre analisi di elevata qualità a supporto delle indagini di polizia.

Il Rapporto ha posto in luce anche alcuni elementi di debolezza del sistema antiriciclaggio, tra cui la disomogeneità delle procedure per l’identificazione del titolare effettivo, la scarsa attenzione ai casi di riciclaggio di denaro c.d. stand alone e ad altri casi risultanti da reati-presupposto commessi all’estero e/o che coinvolgono persone giuridiche, l’assenza di una legislazione specifica in materia per le categorie degli avvocati e dei contabili, il divieto di accesso della UIF a informazioni investigative per i propri approfondimenti e l’assenza di flussi di ritorno sistematici sull’esito delle indagini svolte sui risultati delle analisi.

7. Il decreto di recepimento della quarta Direttiva

In seguito all’approvazione della legge di delegazione europea 2015 (L. 18.6.2016, n. 170) e alla procedura di consultazione pubblica, nella seduta del 23 febbraio 2016 il Consiglio dei ministri ha approvato, in esame preliminare, il decreto legislativo che recepisce nel nostro ordinamento la quarta Direttiva Antiriciclaggio. La bozza di decreto si compone di 10 articoli che apportano modifiche significative al vigente quadro normativo, con l’obiettivo di migliorarne l’aderenza alla nuova disciplina comunitaria.

I soggetti destinatari degli obblighi sono distinti in cinque categorie in base all’effettiva attività svolta: intermediari bancari e finanziari; altri operatori finanziari; professionisti; altri operatori non finanziari; prestatori di servizi di gioco. Da notare che tra i soggetti destinatari sono ora ricompresi le società d’investimento a capitale fisso (SICAF), le società di riscossione per operazioni di cartolarizzazione dei crediti, gli intermediari assicurativi che erogano microcredito e i confidi, gli intermediari aventi sede legale e amministrazione in un altro Stato membro stabiliti senza succursale sul territorio nazionale, nonché i consulenti finanziari e le società di consulenza finanziaria di cui, rispettivamente, all’art. 18-bis e 18-ter del TUF.

Sono precisati in modo chiaro e circostanziato i compiti e le attribuzioni delle Autorità coinvolte a vario titolo nell’azione di prevenzione del riciclaggio e di contrasto del finanziamento del terrorismo (MEF, CSF, UIF, ecc.). Ad esempio, le competenze e le funzioni dell’UIF sono ampliate ricomprendendovi, tra l’altro, l’accesso ai dati e alle informazioni nell’anagrafe immobiliare integrata e sul titolare effettivo di persone giuridiche e trust. Si attribuiscono agli organismi di autoregolamentazione compiti di controllo e verifica del rispetto della normativa antiriciclaggio da parte dei professionisti iscritti nei propri albi ed elenchi. In particolare, tali organismi ricevono le segnalazioni di operazioni sospette dai propri iscritti, per il successivo inoltro all’UIF; irrogano sanzioni disciplinari a fronte di violazioni gravi o reiterate degli obblighi cui sono chiamati ad assolvere; comunicano annualmente al MEF i dati relativi al numero dei procedimenti disciplinari avviati o conclusi dagli ordini territoriali.

Si individua nel Comitato di sicurezza finanziaria l’organismo responsabile dell’analisi nazionale del rischio di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo. Al CSF è quindi attribuita la funzione di effettuare con cadenza quinquennale, con il contributo delle altre autorità di settore, un’analisi del rischio tenendo conto delle indicazioni della Commissione europea. Obiettivo dell’analisi del rischio è quello di identificare, analizzare e valutare le minacce di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, individuando le modalità di svolgimento di tali attività, i punti critici del sistema nazionale di prevenzione, investigazione e repressione dei suddetti fenomeni, i settori maggiormente esposti ai rischi della specie.

Parallelamente, si impone ai soggetti destinatari degli obblighi l’adozione di procedure oggettive e verificate per l’analisi e la valutazione dei rischi, tenendo conto della tipologia di clientela, dell’area geografica di operatività e della natura dell’attività svolta. La valutazione del rischio deve essere aggiornata periodicamente e messa a disposizione delle autorità competenti. Infine, a tali soggetti si richiede di adottare presidi e attuare controlli e procedure idonei a gestire e mitigare i rischi rilevati, nonché di pianificare programmi di formazione del personale finalizzati alla corretta valutazione del rischio e al riconoscimento delle operazioni sospette.

Fermo restando l’obbligo di adottare misure di adeguata verifica della clientela proporzionali al rischio rilevato e la responsabilità, per i soggetti destinatari degli obblighi, di dimostrare l’adeguatezza della valutazione effettuata, si prevede che: i) l’adeguata verifica del cliente e del titolare effettivo dovrà essere effettuata anche per le operazioni occasionali che comportino un trasferimento di fondi superiore a mille euro. Tale previsione risponde all’esigenza di garantire la piena tracciabilità di tali tipologie di operazioni al fine di contrastare i tentativi di immissione nel sistema finanziario di fondi provenienti da attività criminali; ii) le attività dirette all’identificazione e verifica dell’identità della clientela siano effettuate prima dell’esecuzione dell’operazione occasionale, ovvero al momento dell’instaurazione del rapporto o del conferimento dell’incarico consentendo, solo in presenza di un basso rischio, di differire la verifica dell’identità a un momento successivo; iii) la verifica dell’identità del cliente, del titolare effettivo e dell’eventuale esecutore sia svolta attraverso il ricorso a fonti attendibili e indipendenti.

Con riferimento al titolare effettivo, si conferma che lo stesso dovrà essere identificato nella persona fisica o nelle persone fisiche cui, in ultima istanza, è attribuibile la proprietà diretta o indiretta dell’ente ovvero il relativo controllo. Nel caso in cui il cliente sia una società di capitali, si è proprietario se si è persona fisica o si possiede la titolarità di una partecipazione superiore al 25% del capitale del cliente. Nelle ipotesi in cui l’esame dell’assetto proprietario non consenta di individuare in maniera univoca la proprietà diretta o indiretta dell’ente, il titolare effettivo coincide con la persona fisica o le persone fisiche cui, in ultima istanza, è attribuibile il controllo del medesimo in forza: i) del controllo della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria; ii) del controllo di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante in assemblea ordinaria; iii) dell’esistenza di particolari vincoli contrattuali che consentano di esercitare un’influenza dominante. In subordine, qualora non si riesca a individuare uno o più titolari effettivi, il titolare effettivo coincide con la persona fisica o le persone fisiche titolari di poteri di amministrazione o direzione della società.

Si prevede poi, in capo alle imprese provviste di personalità giuridica e alle persone giuridiche private, l’obbligo di comunicare al Registro delle imprese, ai fini della relativa conservazione in apposite sezioni ad accesso riservato, le informazioni riguardanti i propri titolari effettivi. L’accesso è consentito alle autorità competenti, senza alcuna restrizione, e ai soggetti obbligati. Con apposito decreto del MEF saranno individuati i dati e le informazioni oggetto di segnalazione, nonché disciplinati sia i termini e le modalità di accesso alle informazioni da parte dei soggetti abilitati sia le modalità di accreditamento e consultazione da parte dei soggetti obbligati. Analoghi obblighi informativi sono previsti per i trust.

In presenza di un basso rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, si conferma la possibilità di applicare misure semplificate di adeguata verifica della clientela quanto a estensione e frequenza degli adempimenti previsti per l’identificazione e la verifica dell’identità del cliente e il monitoraggio costante del rapporto continuativo. Si conferma altresì l’obbligo di adottare misure rafforzate di adeguata verifica della clientela, in presenza di un elevato rischio. In quest’ultimo caso, ai soggetti obbligati si richiede di raccogliere informazioni suppletive sul cliente e sul titolare effettivo.

Riguardo all’esecuzione degli obblighi di verifica da parte di terzi, lo schema di decreto individua quali siano i terzi (intermediari bancari e finanziari e professionisti nei confronti di altri professionisti) abilitati ad effettuare gli adempimenti connessi con la verifica del cliente in luogo del soggetto direttamente parte del rapporto, definisce le modalità di esecuzione degli obblighi di verifica, fissa il principio di responsabilità in capo ai soggetti obbligati per la completezza della verifica effettuata da soggetti terzi al rapporto, vieta la possibilità di avvalersi di terzi aventi sede in paesi terzi ad alto rischio, chiarisce che non può essere considerato terzo il soggetto che, sebbene formalmente distinto dal soggetto obbligato, sia legato a quest’ultimo da rapporti di dipendenza o di stabile inquadramento nella struttura organizzativa.

Un elemento di novità è la norma che abroga l’obbligo di registrazione mediante alimentazione dell’Archivio unico informatico. A fronte della scomparsa dell’Archivio, si stabiliscono dettagliati obblighi di conservazione dei documenti, dati e informazioni utili all’espletamento di indagini. Si richiede infatti ai soggetti obbligati di conservare copia, in formato cartaceo o elettronico, purché non modificabile, dei documenti acquisiti in sede di verifica della clientela e l’originale ovvero copia avente efficacia probatoria delle scritture e registrazioni inerenti le operazioni, al fine di ricostruire la data di instaurazione del rapporto o dell’incarico, i dati identificativi del cliente, la data, l’importo e la causale dell’operazione, i mezzi di pagamento utilizzati.

In tema di obblighi di segnalazione di operazioni sospette, lo schema di decreto si limita a razionalizzarne la disciplina e ad apportare marginali modifiche per allinearsi alla normativa comunitaria. In particolare, si individuano i presupposti di carattere oggettivo in presenza dei quali scatta, a carico dei destinatari delle disposizioni, l’obbligo di segnalare all’UIF un’operazione sospetta, e affida a quest’ultima il compito di emanare e aggiornare periodicamente indicatori di anomalia, al fine di agevolare l’individuazione delle operazioni sospette. Di particolare rilievo è la previsione secondo cui i professionisti sono esonerati dall’obbligo di effettuare una segnalazione di operazione sospetta avente ad oggetto le informazioni acquisite nel corso dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza in un procedimento giudiziario.

In materia di tutela della riservatezza del segnalante, è ora previsto che, fermo restando l’obbligo dei soggetti destinatari della normativa di adottare cautele e procedure idonee a tenere riservata l’identità del segnalante, il nominativo di quest’ultimo non possa essere inserito nel fascicolo del Pubblico Ministero né in quello per il dibattimento e che la sua identità non possa essere rivelata, a meno che l’autorità giudiziaria non disponga altrimenti, con provvedimento motivato, quando lo ritenga indispensabile ai fini dell’accertamento dei reati per i quali si procede.

La bozza di decreto detta disposizioni specifiche per gli agenti e soggetti convenzionati di prestatori di servizi di pagamento e istituti di moneta elettronica. Più nel dettaglio, si impone ai prestatori di servizi di pagamento e degli IMEL, di adottare procedure e sistemi di controllo idonei a mitigare e gestire i rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo cui sono esposti i soggetti convenzionati e gli agenti, si fissano, a carico di questi ultimi, gli obblighi relativi all’identificazione della clientela, alla conservazione dei dati acquisiti e di segnalazione delle operazioni sospette, si istituisce, presso l’Organismo degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, un registro pubblico informatizzato dei soggetti convenzionati ed agenti di prestatori di servizi di pagamento e istituti emittenti moneta elettronica. Le modalità tecniche di alimentazione e consultazione del registro saranno stabilite con decreto del MEF, in modo da garantire, tra l’altro, l’accessibilità ai dati da parte delle autorità (segnatamente, Guardia di finanza, Banca d’Italia, Autorità giudiziaria e UIF).

Di particolare rilievo è la previsione riguardante gli obblighi di comunicazione posti in capo agli organi di controllo (collegio sindacale, consiglio di sorveglianza e comitato per il controllo sulla gestione) dei soggetti obbligati. Nello specifico, si richiede a tali organi di comunicare tempestivamente: i) al legale rappresentante (o a un suo delegato) le operazioni ritenute potenzialmente sospette di cui vengono a conoscenza nell’esercizio delle proprie funzioni; e ii) alle autorità di settore e alle amministrazioni e organismi interessati i fatti che possono integrare violazioni gravi o sistematiche delle norme e delle relative disposizioni attuative di cui vengono a conoscenza nell’esercizio della propria attività.

Si introduce l’obbligo di adottare procedure volte ad incentivare segnalazioni interne di violazioni, potenziali o effettive, delle disposizioni in materia di antiriciclaggio e di finanziamento del terrorismo da parte del personale dipendente (c.d. whistleblowing).

Si prevede la sostituzione integrale del Titolo III del decreto 231/2007, dettando nuove disposizioni in materia di limitazioni all’uso del contante e dei titoli al portatore. Come precisato nella Relazione di accompagnamento della proposta di legge, l’intervento è sostanzialmente rivolto “ad eliminare ambiguità testuali e disuguaglianze applicative sedimentatesi nel corso degli anni per effetto di ripetuti interventi normativi che hanno interessato, prevalentemente, la disposizione” relativa alle limitazioni all’uso del contante. In tale ottica si è disposta la definitiva dismissione dei libretti di deposito al portatore, fissandone per gli intermediari il divieto di emissione e per i portatori il termine ultimo di estinzione (31.12.2018). Si ribadisce poi il divieto di apertura di conti e libretti di risparmio in forma anonima o con intestazione fittizia e quello di analoghi strumenti, aperti all’estero. Si stabilisce infine, in capo ai soggetti obbligati, l’obbligo di comunicare al MEF le infrazioni alle disposizioni che pongono limitazioni alla circolazione del contante di cui vengono a conoscenza nell’esercizio della propria attività.

Sono dettate disposizioni specifiche per i prestatori di servizi di gioco, fissando l’obbligo per i relativi concessionari di adottare procedure e sistemi di controllo adeguati a mitigare e gestire i rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo cui sono esposti i soggetti che ne compongono la rete distributiva terza e di cui i medesimi concessionari si avvalgono per l’offerta di servizi della specie. Si introducono obblighi di adeguata verifica della clientela e di conservazione della documentazione, al fine di escludere che il settore del gioco (on-line, su rete fissa, case da gioco) possa essere utilizzato quale canale per il riciclaggio di risorse di provenienza illecita.

Viene previsto, in coerenza con quanto previsto dalla quarta Direttiva, un regime sanzionatorio basato su misure effettive, proporzionate e dissuasive, da applicare alle persone fisiche e alle persone giuridiche direttamente responsabili della violazione delle disposizioni in materia di riciclaggio e finanziamento del terrorismo. Si è ritenuto, pertanto, di limitare l’ambito soggettivo ai soli soggetti obbligati e di circoscrivere la previsione di fattispecie incriminatrici alle sole condotte di grave violazione degli obblighi di adeguata verifica e di conservazione dei documenti, prevedendo sanzioni penali correlate alla gravità della condotta. Pe le restanti fattispecie l’ammontare delle sanzioni pecuniarie varia in funzione del grado di responsabilità e della capacità patrimoniale della persona fisica o giuridica responsabile della violazione. Sono poi dettate disposizioni sanzionatorie specifiche per soggetti obbligati sottoposti a controlli di vigilanza (intermediari bancari e finanziari), attribuendo in via ordinaria il potere sanzionatorio alle rispettive autorità di settore. E’ prevista infine l’applicazione di sanzioni in misura ridotta (un terzo dell’entità della sanzione irrogata), allo scopo di favorire l’adempimento spontaneo delle obbligazioni di pagamento. La richiesta di pagamento della sanzione in misura ridotta deve essere presentata al MEF prima della scadenza del termine previsto per l’impugnazione del decreto.

Da ultimo, lo schema di decreto apporta modifiche: i) al d.lgs. 109/2007, allo scopo di allineare la normativa nazionale in materia di antiriciclaggio, finanziamento del terrorismo, proliferazione delle armi di distruzione di massa e delle attività dei paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale alle Risoluzioni dell’ONU e della Direttiva 849/2015; e ii) al d.lgs. 195/2009 relativo alla normativa in materia valutaria.

8. La proposta di riforma della quarta Direttiva Antiriciclaggio

Sulla scia dei recenti, tragici attentati terroristici che hanno colpito alcune città in Europa e nel resto del mondo, il 2 febbraio 2016 la Commissione ha presentato un Piano d’azione per rafforzare ulteriormente la lotta contro il finanziamento del terrorismo, incentrato su due principali linee d’intervento: i) individuare e prevenire i movimenti di fondi e di altri beni effettuati dalle organizzazioni terroristiche e dai loro fiancheggiatori; e ii) smantellare le fonti delle entrate delle reti terroristiche colpendone le capacità di raccolta fondi.

Per prevenire il movimento di fondi e individuare i finanziamenti al terrorismo, la Commissione ha annunciato una serie di iniziative che intende intraprendere, tra cui:

  • adottare una lista nera per individuare i paesi terzi ad alto rischio che presentano carenze strategiche nei loro regimi di lotta al riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo;
  • presentare una relazione su una valutazione sovranazionale dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo e formulare raccomandazioni per gli Stati membri sulle misure da adottare per fronteggiare tali rischi;
  • proporre emendamenti alla quarta Direttiva Antiriciclaggio (cfr. infra);
  • rendere più efficace l’attuazione delle misure di congelamento dei beni delle Nazioni Unite, anche attraverso lo scambio di informazioni tra l’UE e l’ONU;
  • migliorare la collaborazione fra le UIF nazionali;
  • armonizzare i reati e le sanzioni legati al riciclaggio e contrastare i movimenti illeciti di denaro, presentando nuove proposte legislative.

Per distruggere le fonti dei finanziamenti, la Commissione intende:

  • avanzare proposte legislative volte a rafforzare i poteri e la cooperazione delle dogane e a contrastare il finanziamento del terrorismo legato al commercio di beni e al commercio illegale di beni culturali;
  • presentare un piano d’azione contro il traffico illegale di specie selvatiche.

Facendo seguito agli impegni assunti nel Piano di azione del febbraio 2016, la Commissione ha intrapreso altre due importanti iniziative nel corso dell’anno: 1) presentazione di una proposta di modifica della quarta Direttiva Antiriciclaggio, di cui si riporta una breve sintesi nel prossimo paragrafo; e 2) adozione di un pacchetto di misure legislative volte a rafforzare la capacità dell’UE di combattere il finanziamento del terrorismo e della criminalità organizzata.

Il pacchetto comprende le seguenti proposte: i) una proposta di regolamento sul mutuo riconoscimento degli ordini di congelamento e confisca dei proventi di reato (COM (2016) 819); ii) una proposta di regolamento relativo ai controlli sul denaro contante in entrata e in uscita dall’UE e che abroga il Regolamento (CE) n. 1889/2005 (COM (2016) 825); e iii) una proposta di direttiva per perseguire penalmente il riciclaggio di denaro (COM (2016) 826).

Nell’ambito delle iniziative finalizzate a contrastare più efficacemente il finanziamento del terrorismo e ad assicurare una maggiore trasparenza delle operazioni finanziarie, si colloca la proposta presentata dalla Commissione il 5 luglio 2016 (COM (2016) 450), che modifica la quarta Direttiva Antiriciclaggio e la Direttiva 2009/101/CE[33]. La proposta legislativa è anche in linea con le indicazioni fornite dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con le Risoluzioni 2199 e 2253 del 2015[34].

Le principali modifiche apportate alla Direttiva 849/2015 riguardano: l’inclusione delle piattaforme di cambio di valute virtuali tra i soggetti obbligati; la fissazione di massimali di transazione più bassi per taluni strumenti prepagati; il rafforzamento dei poteri delle UIF nazionali; il potenziamento dei controlli nei confronti dei paesi terzi ad alto rischio, la raccolta di maggiori informazioni sulla titolarità effettiva, i trust e altri istituti giuridici.

Muovendo dalla constatazione che i prestatori di servizi di cambio tra valute virtuali e valute legali e i prestatori di servizi di portafoglio digitale per le valute virtuali, con il risultato che le organizzazioni terroristiche possono trasferire denaro dissimulando i trasferimenti o beneficiano di un maggior grado di anonimato, la Commissione propone di ampliare il perimetro di applicazione della direttiva, per includervi tra i soggetti obbligati le piattaforme di scambio virtuale e i prestatori di servizi di portafoglio digitale.

Allo scopo di minimizzare i rischi legati all’uso di strumenti di pagamento anonimi come le carte di credito prepagate, si propone la riduzione, da 250 a 150 euro, delle soglie per tali strumenti ai quali si applicano gli obblighi di adeguata verifica della clientela, nonché l’esenzione da detti obblighi per l’uso on-line delle carte prepagate.

Ad avviso della Commissione, le UIF dovrebbero poter ottenere ulteriori informazioni dai soggetti obbligati e avere accesso in maniera tempestiva alle informazioni necessarie per poter svolgere adeguatamente le proprie funzioni, anche in assenza di segnalazioni di operazioni sospette. Inoltre, poiché non tutti gli Stati membri dispongono di meccanismi che consentano alle loro UIF l’identificazione tempestiva dei titolari di conti di pagamento e di conti bancari, con conseguente difficoltà a individuare flussi finanziari anomali, si prescrive agli Stati membri di istituire meccanismi automatici centralizzati, sotto forma di registri centrali o sistemi elettronici centrali di reperimenti dei dati contenenti le informazioni necessarie a identificare tutti i conti di pagamento e bancari appartenenti a una stessa persona.

Si propone di introdurre misure rafforzate di adeguata verifica della clientela e controlli armonizzati e più rigorosi nei confronti di persone fisiche o giuridiche stabilite o operanti con i paesi terzi ad alto rischio. In particolare, prima di instaurare il rapporto o eseguire l’operazione occorrerà, tra l’altro: i) ottenere informazioni supplementari sul cliente, sul beneficiario, sulle finalità e la natura del rapporto, nonché l’approvazione dell’alta dirigenza sull’instaurazione e la prosecuzione del rapporto d’affari; ed ii) esigere che il primo pagamento sia eseguito mediante un conto intestato al cliente presso una banca tenuta all’obbligo di adeguata verifica della clientela.

Ai fini dell’individuazione del “titolare effettivo”, si abbassa, dal 25 al 10 per cento, la percentuale di proprietà o di controllo qualora il soggetto giuridico sia una società non finanziaria passiva[35] ai sensi della Direttiva 2011/16/UE[36]. Le informazioni sul titolare effettivo saranno raccolte in un registro centralizzato gestito da ogni Stato membro, al quale potranno accedere le autorità di settore e i soggetti obbligati all’identificazione e alla adeguata verifica della clientela. Anche i trust saranno censiti in un registro pubblico e iscritti nel paese in cui è insediato il trustee (fiduciario), il quale dovrà essere autorizzato all’esercizio dell’attività e registrato nello stesso paese.

9. Conclusioni

Il riciclaggio di denaro sporco e il finanziamento del terrorismo sono attività criminose che, anche in relazione alla loro dimensione transnazionale, costituiscono una grave minaccia per l’economia legale, alterandone le condizioni di concorrenza e il corretto funzionamento dei mercati e il meccanismo allocativo delle risorse. Inoltre, la solidità, l’integrità e la stabilità del sistema finanziario possono essere gravemente compromesse dalle attività poste in essere dai criminali e dalle organizzazioni terroristiche per occultare la provenienza delittuosa dei capitali.

Le diversificate modalità attraverso cui si manifestano le suddette attività criminose, rese possibili dalla globalizzazione dei mercati finanziari e dal progresso tecnologico, richiedono un costante adeguamento dei presidi di prevenzione e di contrasto; presidi che vanno modulati secondo un approccio basato sul rischio, il quale prevede che i sistemi e le procedure interne approntati dai soggetti obbligati devono essere graduati in funzione delle caratteristiche del cliente e della tipologia di rapporto d’affari, di prestazione professionale, di prodotto o di transazione richiesta.

Come osservato[37], un’efficace ed equilibrata strategia di prevenzione e contrasto deve basarsi su regole che, secondo un principio di proporzionalità al rischio, prescrivano obblighi chiari e di agevole applicazione, evitino il ricorso a procedure eccessivamente rigide, non intralcino oltre misura l’attività degli operatori onesti, prevedano solidi meccanismi di enforcement, incentivino la collaborazione dei soggetti obbligati, rafforzino la cooperazione interna e internazionale tra le autorità.

L’Italia è dotata di un sistema di prevenzione e contrasto caratterizzato, in base alle valutazioni espresse nel 2015 dal FMI, da un robusto quadro giuridico e istituzionale, da una buona comprensione dei rischi, da un elevato grado di cooperazione e collaborazione tra le autorità pubbliche, da una particolare efficacia dell’apparato di segnalazione, analisi e accertamento dei casi sospetti, da un’incisiva azione in sede investigativa e giudiziaria. I dati statistici che emergono dall’ultimo Rapporto dell’UIF confermano una tendenza espansiva del numero delle segnalazioni di operazioni sospette che testimonia la crescente consapevolezza del ruolo della collaborazione attiva.

Si segnala, tuttavia, un colpevole ritardo del legislatore nei lavori di recepimento della quarta Direttiva Antiriciclaggio, a distanza di oltre un anno dall’approvazione della bozza di decreto da parte del Consiglio dei ministri.



[1] Secondo il FMI, il riciclaggio determinerebbe, sul piano macroeconomico, i seguenti effetti: volatilità dei tassi di cambio e dei tassi d’interesse, a causa di trasferimenti transfrontalieri non previsti; aumento dell’instabilità dei passivi e dei rischi per la qualità degli attivi delle banche; riduzione del gettito fiscale. Sul punto cfr. Masciandaro D., Il riciclaggio dei capitali illeciti: profili di analisi economica, in GNOSIS, n. 3/2007.

[2] Tarantola A.M., Prevenzione e contrasto del riciclaggio: l’azione della Banca d’Italia, Intervento al Convegno “Riciclaggio, evasione fiscale ed abuso dei beni sociali: la responsabilità degli intermediari”, Milano, 28.11.2011.

[3] Cappa E. e Cerqua L.D. (a cura di), Il riciclaggio del denaro: il fenomeno, il reato, le norme di contrasto, Giuffrè Editore.

[4] La Convenzione di Strasburgo fornisce, per la prima volta, la definizione di “reato presupposto”, ossia di qualsiasi reato in conseguenza del quale si formano i proventi che possono diventare oggetto di riciclaggio.

[5] Cassese E., Il sistema delle fonti, in Lineamenti di disciplina internazionale di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, (a cura di Condemi M. Di Pasquale F.), Banca d’Italia, Quaderno di ricerca giuridica, n. 60/2008.

[6] Roberti F., Terrorismo internazionale. Contrasto giudiziario e prassi operative, in www.questionedigiustizia.it.

[7] UIF, Prevenzione del finanziamento del terrorismo internazionale, Comunicazione del 16.4.2016.

[8] Le valute virtuali sono rappresentazioni digitali di valore non emesse da una banca centrale o da un’autorità pubblica. Presentano le seguenti caratteristiche: non sono necessariamente collegate a una valuta avente corso legale; sono utilizzate come mezzo di scambio o detenute a scopo di investimento; possono essere trasferite, archiviate e negoziate elettronicamente. Esse, inoltre, non sono moneta legale e non devono essere confuse con la moneta elettronica. Nel mondo vi sono oltre 500 schemi, il più famoso dei quali è bitcoin. Nel luglio del 2014, l’EBA ha individuato numerosi profili di rischio derivanti dall’utilizzo o dalla detenzione delle valute virtuali, alcuni dei quali si sono già materializzati in gravi perdite o furti per la clientela, nel fallimento di piattaforme di scambio o in attività di riciclaggio. In relazione a ciò, l’EBA ha invitato le autorità di vigilanza nazionali a scoraggiare gli intermediari dall’acquistare, detenere o vendere valute della specie. Al tempo stesso, l’EBA ha chiesto alle istituzioni europee di definire un quadro normativo armonizzato, che riservi l’operatività a soggetti autorizzati e definisca requisiti prudenziali e di governance dei partecipanti al mercato e segregazione dei conti della clientela. Cfr. in proposito Comunicazione dell’UIF del 30.1.2015.

[9] UIF, Prevenzione del finanziamento del terrorismo internazionale, op. cit.

[10] Clemente C., Antiriciclaggio e lotta al finanziamento del terrorismo e all’immigrazione clandestina, Intervento al Convegno AICOM, Università “La Sapienza”, Roma, 9.11.2016. Razzante R. e Ramunno P., Riciclaggio e finanziamento al terrorismo di matrice islamica, in www.filodiritto.com, 3.5.2007.

[11] D’Auria S., Riciclaggio e terrorismo, in GNOSIS, n. 1/2013.

[12] Il GAFI (Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale contro il riciclaggio di capitali) è un organismo globale intergovernativo creato in ambito OCSE nel 1989, con lo scopo di ideare e promuovere strategie di contrasto al riciclaggio, a livello nazionale e internazionale. Il GAFI ha emanato 40 Raccomandazioni in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio, alle quali si sono aggiunte 9 Raccomandazioni Speciali relative al contrasto finanziario del terrorismo internazionale. Nel febbraio del 2012 sono state emanate 40 nuove Raccomandazioni, che rappresentano gli standard di riferimento per gli altri organismi internazionali, il diritto dell’UE e le politiche legislative dei singoli Stati membri. Nell’esercizio delle sue funzioni, il GAFI si avvale anche dell’attività svolta dal Moneyval, un organismo regionale costituito nel 1995 su iniziativa del Consiglio d’Europa per la valutazione delle misure antiriciclaggio adottate dai paesi membri, e dal Gruppo Egmont, costituito nel 1995, che riunisce le Unità di intelligence dei vari paesi per stimolarne la collaborazione e il reciproco scambio di informazioni e conoscenze relative a possibili casi di riciclaggio.

[13] Battaglia S.M. e Russo A., Contrasto al riciclaggio e cooperazione internazionale, in www.opiniojuris.it.

[14] Lamberti C., Gli strumenti di contrasto al terrorismo e al cyber-terrorismo nel contesto europeo, in Rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza, n. 2/2014.

[15] Tali obblighi sono articolati su tre livelli: generali, rafforzati e semplificati. L’obbligo generale impone ai soggetti destinatari di identificare i clienti e i titolari effettivi dell’operazione (beneficial owner) e di verificarne l’identità, di comprendere la natura del rapporto d’affari e di esercitare un controllo costante. Le misure rafforzate trovano applicazione nelle situazioni di alto rischio e, comunque, nei casi di cliente non presente o che intrattenga rapporti continuativi con persone politicamente esposte. La verifica in forma semplificata si svolge in relazione a situazioni caratterizzate da basso rischio.

[16] In particolare, le Raccomandazioni del GAFI sottolineano la necessità di: i) maggiore trasparenza nelle società, al fine di agevolare l’identificazione del titolare effettivo; ii) adempimenti rafforzati e più rigorosi per l’individuazione e il controllo delle persone esposte politicamente; iii) ampliamento della sfera dei reati presupposto di riciclaggio comprendente in modo esplicito i reati fiscali; iv) miglioramento della cooperazione internazionale; v) maggiori poteri e strumenti operativi per le UIF e le forze dell’ordine; vi) miglioramento dell’approccio basato sul rischio, che consente ai governi e ai privati di agire con più efficienza concentrandosi sulle situazioni ad alto rischio.

[17] Sull’argomento cfr. Razzante R., La quarta Direttiva contro il riciclaggio: spunti per una nuova regolamentazione italiana del fenomeno, in www.magistraturaindipendente.it. Starola L., La proposta di IV Direttiva antiriciclaggio: novità e conferme, in Corriere Tributario, n. 15/2013.

[18] A tal fine, la Commissione, entro giugno 2017, redigerà una relazione che identifica, analizza e valuta tali rischi a livello europeo. La relazione sarà poi aggiornata ogni due anni e, se del caso più frequentemente, a cura della stessa Commissione.

[19] La Commissione ha individuato 11 paesi terzi ad alto rischio. Di questi 9 (Afghanistan, Bosnia-Erzegovina, Guyana, Iraq, Laos, Siria, Uganda, Vanuatu e Yemen) si sono impegnati per iscritto a rimediare alle carenze e hanno elaborato con il GAFI un piano d’azione, 1 paese (Iran) ha deciso di chiedere assistenza tecnica per l’attuazione del piano d’azione del GAFI e 1 paese (Corea del Nord) hanno ripetutamente omesso di rimediare alle carenze.

[20] L’organizzazione e il funzionamento della UIF sono disciplinate con apposito Regolamento del Governatore della Banca d’Italia. La responsabilità della gestione della UIF spetta al Direttore, nominato con provvedimento del Direttorio della Banca d’Italia, su proposta del Governatore, tra persone dotate di adeguati requisiti di onorabilità professionalità e conoscenza del sistema finanziario.

[21] La segnalazione non costituisce una denuncia di reato e, quindi, non rappresenta una “notizia di reato”, ma una forma di collaborazione doverosa richiesta a soggetti dotati di conoscenze in grado di agevolare l’accertamento di eventuali illeciti penali. Cfr. UIF, Relazione annuale 2008, Roma, marzo 2009.

[22] “Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque compie fatti o atti diretti a sostituire denaro o valori provenienti dai delitti di rapina aggravata, di estorsione aggravata o di sequestro di persona a scopo di estorsione, con altro denaro o altri valori, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto o di aiutare gli autori dei delitti suddetti ad assicurarsi il profitto del reato, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e con la multa da lire un milione a venti milioni”.

[23] “Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce denaro, beni o altre utilità provenienti dai delitti di rapina aggravata, di estorsione aggravata, di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, con altro denaro, altri beni o altre utilità, ovvero ostacola l’identificazione della loro provenienza dai delitti suddetti, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da due milioni a lire trenta milioni……”.

[24] “Chiunque fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648-bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti dai delitti di rapina aggravata, di estorsione aggravata, di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da lire due milioni a lire trenta milioni…..”.

[25] “Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero comunque in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da lire due milioni a lire trenta milioni….”.

[26] “Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648-bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da lire due milioni a lire trenta milioni……”.

[27] UIF, Rapporto annuale 2014, Roma, maggio 2015.

[28] Sull’argomento cfr. Polino F., Il contrasto alle nuove forme di terrorismo internazionale, in www.magistraturaindipendente.it, 6.3.2017.

[29] La metodologia prevede di individuare, analizzare e valutare i principali rischi nazionali, attraverso l’esame delle cause o minacce da cui provengono, delle vulnerabilità/criticità che ne permettono il manifestarsi, delle conseguenze che derivano dal materializzarsi dei rischi. L’analisi si sviluppa in due fasi: 1) la valutazione del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo inerente del sistema; 2) la valutazione dell’efficacia dei presidi di prevenzione, investigazione e repressione dei fenomeni criminali. Nell’analisi del riciclaggio del denaro le minacce sono rappresentate dai reati presupposti del riciclaggio; nell’analisi del finanziamento del terrorismo il fenomeno è visto come un processo articolato nelle fasi di raccolta, trasferimento e utilizzo di fondi e risorse economiche.

[30] Secondo l’ultimo rapporto dell’EURISPES, l’evasione fiscale in Italia sarebbe pari a 270 miliardi l’anno.

[31] Nel 2014 l’economia non osservata (sommersa e derivante da attività illegali) vale 211 miliardi, pari al 13 per cento del PIL. Secondo l’ISTAT, il valore aggiunto generato dall’economia sommersa ammonta a 194,4 miliardi (12 per cento del PIL), quello connesso alle attività illegali a circa 17 miliardi (1 per cento del PIL).

[32] Il Rapporto è disponibile sul sito del MEF. Pe una sintesi dei risultati emersi dalla Mutual Evaluation cfr. UIF, Rapporto annuale 2015, Roma, maggio 2016.

[33] La Direttiva reca norme sul coordinamento delle norme concernenti la pubblicità delle società, per rendere equivalenti le garanzie richieste negli Stati membri per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi.

[34] Tali Risoluzioni esortano gli Stati membri a intensificare gli sforzi nella lotta al terrorismo e a migliorare l’efficacia delle sanzioni preordinate a colpire i beni e le fonti di finanziamento delle organizzazioni terroristiche.

[35]In base al Considerando n. 18 della proposta di direttiva è tale l’entità che non svolge alcuna attività commerciale ed è per lo più utilizzata come intermediario tra i beni o il reddito e il titolare effettivo

[36] La Direttiva stabilisce norme e procedure sulla cooperazione amministrativa tra i paesi dell’UE nel settore fiscale, attraverso lo scambio di informazioni.

[37] Draghi M., l’azione di prevenzione e contrasto del riciclaggio, Testimonianza presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, Roma, 14.6.2007.

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