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Giurisprudenza

Azione di ripetizione dell’indebito su interessi illegittimamente addebitati al correntista: nuova pronuncia della Cassazione

30 Gennaio 2013

Avv. Claudia Gargano

Cassazione Civile, sez. III, 15 gennaio 2013, n. 798

Di cosa si parla in questo articolo

La pronuncia in commento chiarisce i presupposti dell’azione di ripetizione dell’indebito nel caso di interessi illegittimamente addebitati al correntista.

Come noto nel caso interessi illegittimamente addebitati, il correntista può esperire un’azione di ripetizione dell’indebito dopo la chiusura del conto corrente, oppure può proporre, anche prima della chiusura del conto, una domanda di accertamento costitutivo volta alla sola determinazione del saldo. La domanda di accertamento del saldo è volta a ottenere l’esatta determinazione delle somme a credito e a debito delle parti, sulla base della documentazione disponibile, dall’inizio dei rapporti di conto corrente al tempo della domanda.

Nel caso in esame, il correntista aveva proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza di secondo grado che aveva ritenuto non sussistenti i requisiti necessari per la proposizione dell’azione di ripetizione dell’indebito. Nella specie, la Corte d’Appello aveva affermato che, pur volendo riconoscere delle condizioni di conto corrente in punto di determinazione degli interessi, mancava la prova degli asseriti pagamenti indebiti. A tale proposito il giudice di secondo di grado aveva ritenuto non rilevante il dato della chiusura trimestrale dei conti correnti  che avrebbero generato interessi anatocistici, ritenendo invece necessario, ai fini della sussistenza delle rimesse effettuate, la prova sia della loro imputazione oltre che degli interessi in concreto applicati. Il correntista aveva quindi proposto ricorso per Cassazione affermando la mancata valutazione da parte del giudice di secondo grado, della documentazione prodotta dalla quale sarebbe invece emerso  l’avvenuto pagamento degli interessi non dovuti.

La Suprema Corte, oltre a dichiarare l’inammissibilità del ricorso le cui motivazioni dovevano esser fatte valere con il rimedio della revocazione poiché trattasi di un diverso apprezzamento delle risultanze documentali, si sofferma sul punto centrale della decisione di secondo grado. Secondo la Corte, infatti, la censura del ricorrente è in errore poiché evidenzia che è ripetibile la somma indebitamente pagata  e non considera la questione relativa al debito sostenuto come illegale.

Nella sentenza la Corte afferma che può definirsi indebito, con conseguente diritto alla ripetizione, solo un pagamento in senso stretto, definito come l’esecuzione di una prestazione da parte di un soggetto con contestuale spostamento patrimoniale in favore di un altro soggetto.

In questo caso invece, secondo l’interpretazione della Corte non sussisterebbe alcun pagamento venendo quindi a mancare la ragione giustificativa stessa dell’indebito. Nell’argomentare le motivazioni per cui non si ritiene sussistente la fattispecie di pagamento la Corte richiama un precedente orientamento delle Sezioni Unite che distingueva tra atti ripristinatori e atti solutori, configurando solo questi ultimi come pagamenti idonei a giustificare una eventuale ripetizione per indebito. Secondo le Sezioni Unite se il versamento avviene su un conto affidato ed entro il limite del fido accordato, il pagamento ha carattere ripristinatorio e non solutorio.

 In questa prospettiva è infatti stato osservato che nel caso in cui sia pendente un’apertura di credito e il correntista non si sia avvalso della facoltà di effettuare versamenti, è indubbio che non vi sia stato alcun pagamento da parte sua, prima del momento in cui, chiuso il rapporto egli provveda a restituire alla banca il denaro in concreto utilizzato; nel caso invece che, durante lo svolgimento del rapporto il correntista abbia effettuato non solo prelevamenti ma anche versamenti, questi ultimi potranno essere considerati come pagamenti, tali da giustificare una possibile azione di ripetizione se giudicati indebiti, solo se hanno avuto lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della Banca. La questione è centrale e di fondamentale importanza. Secondo le Sezioni unite uno spostamento patrimoniale in favore della banca si verifica nel caso di versamenti eseguiti su un conto scoperto e cioè su un conto cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento. Non si può definire spostamento patrimoniale e quindi pagamento nel caso in cui i versamenti in conto, con un passivo che non supera il limite dell’affidamento concesso, fungano solo da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista può ancora continuare a godere.

Tale orientamento si era formato nell’ambito di alcuni pronunciamenti della Corte di Cassazione in materia fallimentare che si erano concentrati sull’individuazione del momento a cui si doveva far riferimento per stabilire la sussistenza di un atto solutorio o ripristinatorio.

Secondo tali orientamenti in tema di revocatoria fallimentare, per stabilire se le rimesse su conto corrente bancario assistito da apertura di credito abbiano natura solutoria, occorre verificare se i versamenti siano confluiti su un conto passivo in corso di ordinario svolgimento del rapporto in funzione ripristinatoria o siano intervenuti in una situazione caratterizzata dalla mancanza o dal superamento della concessione del credito; tale valutazione deve operarsi con riferimento al momento dell’effettuazione dei singoli versamenti e non ex post, in relazione alla mancata riutilizzazione del credito da parte del cliente, salvo che risulti provata dopo l’esecuzione delle rimesse la chiusura anticipata del conto o il fermo nella concessione dei blocchetti degli assegni ovvero condotte negoziali sintomatiche in modo univoco della natura solutoria dei versamenti.  Inoltre la Corte di Cassazione ha affermato che i versamenti in conto corrente bancario hanno natura di pagamenti e sono, quindi, revocabili a norma dell’art. 67, 2º comma, l. fall. soltanto nell’ipotesi di conto ‘scoperto‘ (quando cioè la banca abbia anticipato somme oltre i limiti del fido), mentre nell’ipotesi di conto corrente munito di provvista costituita da un’apertura di credito (c.d. conto ‘passivo‘) non è configurabile, durante lo svolgimento del conto, un credito esigibile della banca verso il correntista e i versamenti, consistendo in semplici operazioni contabili di accreditamento dirette a ripristinare la provvista, non hanno funzione solutoria e non sono, perciò, suscettibili di revocatoria, eccettuati i casi di specifica imputazione a titolo di pagamento e quelli in cui la banca abbia anticipatamente chiuso il conto in pareggio recuperando in proprio favore, con prelievo dalla provvista del correntista, una somma pari al fido utilizzato da quest’ultimo

Tali orientamenti hanno avuto, come si può immaginare, un impatto considerevole in ordine all’ammissibilità di una domanda di restituzione dell’indebito relativo ad interessi anatocistici.

Affinché quindi si possa considerare indebita un’annotazione in conto di una posta interessi deve esistere un pagamento nel senso sopra specificato di spostamento patrimoniale in favore della banca. Tale spostamento patrimoniale non si verifica nel caso in cui  i versamenti avvengano su conto affidato ed entro il limite del fido accordato. Tale tipologia di pagamento ha carattere “ripristinatorio” e non “solutorio”.

E’ importante notare infine che nel caso in cui non possa  parlarsi di “pagamento” – per le ragioni di cui sopra – la prescrizione dell’azione di ripetizione d’indebito, derivante dall’illegittima applicazione di interessi anatocistici capitalizzati con cadenze diverse per il cliente e per la banca, decorre dalla chiusura del rapporto, poiché solo allora il correntista avrà provveduto ad un pagamento del senso specificato. Come detto se pendente l’apertura di credito, il correntista non si sia avvalso della facoltà di effettuare versamenti, non si è realizzato alcun pagamento da parte sua, prima del momento in cui, chiuso il rapporto egli provveda a restituire alla banca il denaro in concreto utilizzato; nel caso invece che, durante lo svolgimento del rapporto il correntista abbia effettuato non solo prelevamenti ma anche versamenti, questi ultimi potranno essere considerati come pagamenti, tali da giustificare una possibile azione di ripetizione se giudicati indebiti, solo se hanno avuto lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della Banca.

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