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Editoriali

L’operazione Intesa Sanpaolo: economie di scala e modello di business

24 Febbraio 2020

Andrea Landi

Professore Ordinario di Economia degli intermediari, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

L’offerta pubblica di scambio di intesa Sanpaolo su Ubi è giunta inattesa ai mercati e agli operatori soprattutto per le modalità con cui è stata formulata e per le caratteristiche delle banche interessate all’operazione. Più scontata risulta invece la sua finalità che rientra in quel processo di consolidamento che da decenni sta interessando il sistema bancario italiano e che negli ultimi tempi ha conosciuto sollecitazioni esplicite da parte delle autorità di Vigilanza europee e nazionali.

L’elemento sorpresa riguarda il fatto che sia stato il primo gruppo bancario per capitalizzazione a lanciare un’offerta di acquisto non concordata del quarto gruppo bancario italiano per numero di sportelli. Negli anni più recenti, soprattutto a partire dalla trasformazione degli statuti delle principali banche popolari, l’attenzione del mondo economico era rivolta a valutare le possibili aggregazioni tra queste banche appartenenti alla seconda fascia dimensionale. Considerando il grado di concentrazione raggiunto dal sistema bancario italiano si riteneva ragionevole pensare alla formazione di pochi (due o al massimo tre) altri grandi gruppi bancari in grado di competere con i due principali player nazionali. L’operazione promossa da Intesa Sanpaolo modifica in modo spiazzante questo schema.

L’offerta di acquisto del Gruppo Intesa, qualora realizzata, rafforzerebbe in modo rilevante le sue quote di mercato e il presidio territoriale. L’aumento di capitale riservato ai soci Ubi, per un controvalore complessivo stimato in 4,8 mld. di euro, consentirebbe di acquisire un gruppo che vanta oltre 3 milioni di clienti, prevalentemente localizzati nelle aree più ricche del paese dove già Intesa detiene una posizione significativa. Inoltre, UBI, come ben evidenziato dal suo piano industriale 2020-22, è un gruppo che nel panorama nazionale presenta tra le migliori performance e prospettive in termini di redditività, controllo dei rischi e patrimonializzazione. L’aggregazione avrebbe dunque la caratteristica di integrare una banca solida in un una realtà di maggiori dimensioni ma affine per qualità degli attivi, solidità patrimoniale e capacità di produrre risultati. E’ proprio nell’affinità e nella qualità del modello di business dei due operatori che si colgono i punti di forza dell’operazione che risiederebbero innanzitutto nelle economie di scala derivanti dai maggiori volumi di intermediazione e dei servizi offerti alla più ampia base di clientela retail, PMI, private e corporate e dall’integrazione delle fabbriche prodotto nelle aree di attività a maggiore marginalità, quali quelle del risparmio gestito, del leasing e factoring.

Un aspetto non secondario della possibile integrazione riguarda la governance. Entrambe le banche si caratterizzano per un nucleo di azionisti storici, rappresentato dalle più grandi Fondazioni di origine bancaria, che hanno accompagnato e sostenuto i due gruppi nei loro percorsi di crescita. La stabilità di questa componente azionaria italiana e l’attenzione che le fondazioni riservano ai valori espressi dalle comunità territoriali di riferimento sono fattori che rafforzano le strategie di lungo periodo e l’integrazione negli obiettivi economici di temi di inclusione e responsabilità ambientale e sociale.

Nel valutare l’operazione è comunque opportuno inquadrarla nel contesto dei cambiamenti che stanno trasformando i sistemi bancari e che pongono interrogativi circa le strategie e i modelli di business più adatti a sostenere le sfide del cambiamento.

L’operazione che potrebbe dar vita ad al settimo gruppo bancario dell’area euro per totale delle attività intermediate ha caratteristiche domestiche a conferma di come i processi di aggregazione a livello europeo privilegino ancora perimetri nazionali e siano valutati per l’impatto sulla concentrazione e concorrenza del mercato nazionale. Ed è proprio per ovviare ai rilievi dell’Autorità antitrust in tema di posizione dominante su specifiche aree territoriali che l’offerta si compone anche di un accordo preliminare con BPER Banca e Unipol Sai per la cessione, rispettivamente, di un insieme di filiali e dei contratti assicurativi ad esse afferenti. Se la valutazione è invece riferita alla dimensione del mercato nazionale si può ragionevolmente osservare che l’operazione avrà l’effetto di avvicinare il nostro sistema bancario ai livelli di concentrazione degli altri sistemi europei che ad oggi si caratterizzano per valori ben più elevati delle quote di mercato delle prime 3 o 5 banche.

Il rafforzamento sul mercato nazionale pone alcuni interrogativi collegati alle prospettive dell’economia italiana e alla concreta possibilità del gruppo bancario di cogliere appieno le sinergie di ricavi alla base delle motivazioni dell’offerta. Lo scenario a medio lungo termine dei tassi di interesse incide negativamente sulle prospettive di redditività dell’intermediazione tradizionale, mentre l’area dei servizi a maggiore valore aggiunto sarà limitata da una crescita contenuta della ricchezza finanziaria delle famiglie italiane anche in relazione alla loro minore capacità di risparmio. A differenza del periodo pre-crisi finanziaria, quando le aggregazioni tra banche erano motivate da previsioni ottimistiche sullo sviluppo dei ricavi, la fase attuale vede prevalere l’obiettivo di razionalizzazione delle strutture produttive e distributive da realizzare attraverso il ridimensionamento del personale e la contestuale riduzione e trasformazione tecnologica della rete degli sportelli. I vantaggi della maggiore scala riguarderanno la capacità di sostenere ingenti investimenti tecnologici e attraverso questi di perseguire un efficientamento dei processi produttivi e nuove modalità di servizio della clientela. Una trasformazione non indolore che potrebbe rivelarsi più onerosa nella fase necessariamente complessa dell’integrazione tra le due realtà bancarie.

E’ altamente probabile che l’operazione Intesa Sanpaolo possa accelerare il processo di ulteriore concentrazione del sistema bancario italiano, aprendo una fase in cui le banche dovranno gestire le difficoltà tipiche dei processi di fusione e acquisizione con la trasformazione dei modelli di business imposti dal quadro macoreconomico, regolamentare e dall’innovazione tecnologica.

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