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Giurisprudenza

Vessatorietà della deroga all’art. 1957 c.c. nelle fideiussioni

1 Dicembre 2025

Veronica Zerba, dottoranda presso l’Università degli Studi di Trento

Cassazione Civile, Sez. III, 22 luglio 2025, n. 20773, Pres. R.G.A. Frasca, Rel. P.A.P. Condello

Di cosa si parla in questo articolo

Con ordinanza del 22 luglio 2025, n. 20773, la Corte di Cassazione (Pres. R.G.A. Frasca, Rel. P.A.P. Condello) è tornata a confermare la vessatorietà delle clausole che nei contratti di fideiussione consentono all’ente creditizio di rivolgersi al garante decorsi sei mesi dalla scadenza del termine per l’adempimento anche in mancanza di istanze verso il debitore principale, in deroga all’art 1957 c.c. 

Tale principio di diritto è stato pronunciato in una causa di opposizione a decreto ingiuntivo emesso a favore di una banca per il recupero di un ingente finanziamento dal fideiussore.

A seguito della conferma del decreto ingiuntivo da parte del Tribunale, la Corte d’Appello accoglieva l’impugnazione del fideiussore e dichiarava la nullità della clausola di deroga all’art. 1957 c.c., riscontrandone la vessatorietà; conseguentemente, riteneva estinta la garanzia prestata dal fideiussore e revocava il decreto ingiuntivo.

Contro la sentenza ricorreva in Cassazione la società a cui l’ente creditizio aveva ceduto il credito nell’ambito di un’operazione di cartolarizzazione. Il fideiussore proponeva quindi a sua volta ricorso in Cassazione, contestandone la legittimazione ad agire. 

La Corte di Cassazione esamina i motivi di ricorso proposti dal ricorrente, ribadendo preliminarmente che la cessione del credito nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione è da considerarsi successione a titolo particolare nel credito dedotto in giudizio: ne deriva che trova applicazione l’art 111 C.p.c., per cui il processo prosegue tra le parti originali, fatta salva la facoltà del cessionario di intervenire nel giudizio.

Nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione, ribadisce la Corte, la prova della cessione può essere fornita mediante la produzione dell’avviso di pubblicazione dell’operazione di cartolarizzazione sulla Gazzetta Ufficiale, recante le caratteristiche dei crediti ceduti. 

La Corte esamina quindi i motivi di ricorso proposti della società cessionaria.

Ritenendo non più contestabile in quanto passata in giudicato la qualificazione del fideiussore quale consumatore, conferma l’applicabilità della disciplina del Codice del Consumo. 

Rispetto alla valutazione di vessatorietà della clausola, gli Ermellini ricordano che già in precedenti pronunce avevano ritenuto che “nel derogare, in termini più ampi, il termine di sei mesi successivo alla scadenza dell’obbligazione principale previsto all’art. 1957 cod. civ. viene prolungato il tempo in cui la banca può agire non solo verso l’obbligato principale ma anche nei confronti del fideiussore, [] il quale rimane anch’esso obbligato verso la garantita banca” e che “una siffatta clausola si appalesa senz’altro deponente per l’assoggettamento del fideiussore a una disciplina astrattamente idonea a configurare il significativo squilibrio a danno del consumatore” (Cass. 27588/2023; Cass. 14687/2025).

Concretamente, ritengono che la Corte d’Appello abbia correttamente evidenziato che la clausola in esame comporta una rinuncia del fideiussore, fin dal momento della stipulazione del contratto, a proporre eccezioni, e pertanto, ingenera uno squilibrio nelle relazioni contrattuali tra le parti ai sensi dell’art. 33, lett. t), del Codice del Consumo.

Alla luce di quanto esposto, la Corte conferma la sentenza impugnata. 

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