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Usura: carico complessivo del credito e commissione di massimo scoperto (sulla legge n. 2/2009)

1 Luglio 2015

Avv. Marcello Pistilli, Studio Legale Pistilli, Of Counsel Altroconsumo

Di cosa si parla in questo articolo

1. Inquadramento del problema

La commissione di massimo scoperto ha rappresentato una delle voci di costo più controverse nei finanziamenti di durata. Nel corso degli anni, una parte della giurisprudenza di merito ha messo in dubbio la liceità di tale pattuizione: per assimilazione agli interessi corrispettivi, per assenza di causa[1], per indeterminatezza della funzione di calcolo.

Altra parte della giurisprudenza ha invece legittimato la sua pattuizione, perché idonea a remunerare l’intermediario, per l’obbligo contrattuale di tenere sempre a disposizione dell’accreditato una determinata somma di denaro[2].

Tale controversia è stata risolta dal legislatore. In un primo momento, con l’emanazione del comma 1 dell’art. 2-bis della legge n. 2 del 2009, che ne ha limitato la portata a decorrere dalla sua entrata in vigore del 29.1.2009; successivamente, con l’art. 117-bis del TUB (introdotto dall’art. 6-bis d.l., 6.12.2011, n. 201, convertito in L. 22.12.2011, n. 214), entrato in vigore (privo di disciplina transitoria) il 28.12.2011 e poi completato con l’art. 27 della legge 27/2012 (entrata in vigore il 24.1.2012), che ne ha sancito in modo definitivo la radicale nullità.

Il provvedimento in questione, non ha però risolto il problema relativo alla inclusione della c.s.m. nel calcolo del tasso effettivo globale, ai fini della normativa usura, per i contratti di credito a decorrere dal 3.4.1997 (entrata in vigore della legge n. 108 del 7.3.1996), al 31.12.2009 (entrata in vigore delle istruzioni Banca d’Italia dell’agosto 2009). La materia resta controversa.

Andiamo con ordine.

L’art. 2 della legge n. 108/96 stabilisce che l’operazione di rilevazione del Tasso Effettivo Globale Medio debba essere eseguita dal Ministero Economia e Finanza, sentita la Banca d’Italia.

Per il legislatore primario l’istituto di vigilanza ha, dunque, il compito di:

i. acquisire dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall’Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d’Italia ai sensi degli articoli 106 e 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (di seguito “Operatori del Credito”), i tassi (effettivi globali) da queste mediamente applicati nel corso del trimestre precedente, per operazioni della stessa natura.

ii. comunicare i valori medi derivanti da tale rilevazione al MEF, che, una volta “…corretti in ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto successive al trimestre di riferimento”, li pubblica senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale.

In buona sostanza, l’art. 2 della legge n. 108/96 conferisce alla Banca d’Italia il solo compito di fotografare l’andamento dei tassi medi di mercato, praticati da banche e intermediari finanziari sottoposti a vigilanza (comma 1), distinti per classi omogenee di operazioni “tenuto conto della natura, dell’oggetto, dell’importo, della natura, dei rischi e delle garanzie (comma 2) al fine di determinare e rendere noto alla generalità di banche e intermediari “…il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurai”[3].

Con particolare riferimento alla determinazione del tasso soglia, il legislatore di rango primario non fa alcun rinvio ad un aggregato di costi connessi al credito determinato in via autonoma dalla norma secondaria[4]. Del resto, i D.M. attuativi dell’art. 2 della legge 108/96 del 23 settembre 1996 e del 24 settembre 1997 (recanti la classificazione delle operazioni creditizie per categorie omogenee e i TEGM), non disciplinavano alcun compito per Banca d’Italia di predisporre specifiche istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura.

2. Le istruzioni della Banca d’Italia del 30.9.1996. L’esclusione delle c.m.s. dal calcolo del TEG

Ciò nonostante, con provvedimento del 30.9.1996 l’Istituto di Vigilanza riteneva opportuno emettere una circolare contenente le istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio. In particolare, la circolare recava precise indicazioni sia sulla formula matematica da utilizzare per la determinazione del tasso effettivo globale medio del finanziamento sia sugli oneri e sulle commissioni da includere negli addendi che compongono tale formula matematica.

La circolare in questione stabiliva, nello specifico, che “…la commissione di massimo scoperto non entra nel calcolo del TEG”.

L’iniziativa unilaterale di Banca d’Italia stimolava il legislatore secondario, che, per evitare possibili contestazioni in merito all’arbitraria decisione dell’Istituto di Vigilanza introduceva il 3° comma delle premesse del D.M. del 22 settembre 1998, secondo il quale le banche e gli altri intermediari finanziari avrebbero dovuto comunicare all’Istituto di Vigilanza i tassi effettivi globali mediamente applicati per categoria di credito “…avute presenti le istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura”.

E’ bene precisare che il legislatore secondario è intervenuto in assenza di alcuna modifica della norma di rango primario.

3. Le istruzioni della Banca d’Italia dell’agosto 2009. L’inclusione delle c.m.s. nel calcolo del TEG

Con successiva circolare dell’agosto 2009, la Banca d’Italia emetteva nuove istruzioni per il calcolo del TEG che, stravolgendo la precedente disciplina, ordinavano agli intermediari finanziari e alle banche sottoposte alla sua vigilanza, di includere nel calcolo anche le commissioni di massimo scoperto.

Le norme transitorie stabilivano, altresì, che fino al 31.12.2009 il calcolo del tasso effettivo globale doveva essere eseguito secondo quanto previsto dalle Istruzioni della Banca d’Italia e dell’UIC pubblicate, rispettivamente, nella G.U. n. 74 del 29 marzo 2006 e n. 102 del 4 maggio 2006.In particolare, secondo la Banca d’Italia, per il periodo transitorio dal calcolo del TEG dovevano essere escluse “…le CMS e gli oneri applicati in sostituzione della stessa, come previsto dalla legge 2 del 2009”.

Una parte della giurisprudenza ha ritenuto opportuno legittimare la condotta della Banca d’Italia muovendo da un’interpretazione dell’art. 2bis del D.L. 185/08 (convertito con la legge n. 2 del 2009) che ha conferito natura di norma interpretativa della disciplina antecedente alla sua entrata in vigore[5].

Tale interpretazione giurisprudenziale non sembra però cogliere nel segno.

In effetti, il secondo comma dell’art. 2bis della legge n. 2 del 2009 stabiliva “…che gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole contrattuali che prevedono una remunerazione, in favore della banca, che dipende dall’effettiva durata dell’utilizzo dei fondi siano comunque rilevanti, a partire dall’entrata in vigore della legge di conversione ai fini del calcolo dell’usura”.

E’ pacifico, tuttavia, che tale disposizione non si riferisca alla commissione di massimo scoperto, in quanto quest’ultima non dipende in alcun modo dall’effettiva durata dell’utilizzo del fido, ma esclusivamente dalla punta massima di tale utilizzo nel corso del trimestre.

Pertanto, se è vero – com’è vero – che il primo comma dell’art. 2bis della legge n. 2 del 2009 sanciva – prima dell’introduzione dell’art. 27 della legge 27/2012 (entrata in vigore il 24.1.2014) che ne ha disposto l’abrogazione – la nullità della commissione di massimo scoperto, in assenza di determinate cautele è altresì vero che tale disposto normativo nulla disciplinava in ordine all’inclusione della commissione di massimo scoperto nel calcolo del tasso effettivo globale del finanziamento erogato.

Pertanto, la decisione di Banca d’Italia di introdurre nell’agosto del 2009 istruzioni per il calcolo del TEGM che includessero anche la voce di costo del finanziamento costituita dalle commissioni di massimo scoperto[6] appare del tutto scollegata dall’emanazione della suddetta legge.

Con la seconda parte del comma 2, il legislatore primario conferisce al Ministero dell’Economia e delle Finanze (sentita la Banca d’Italia) il compito di determinare il momento a partire dal quale la rilevazione del tasso effettivo globale medio deve essere fatta tenendo conto delle nuove disposizioni. Per il periodo transitorio il legislatore fa salva la disciplina precedente all’entrata in vigore della legge n. 2 del 2009.

Tuttavia, con il secondo comma del D.M. 1.7.2009 in G.U. 174 29.7.2009, l’organo esecutivo supera i confini delineati dal legislatore primario identificando arbitrariamente nel criterio di calcolo, per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura delle istruzioni della Banca d’Italia dell’anno 2006 “…la disciplina vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto” di cui al comma 2 dell’art. 2 bis della legge 108/96.

Pertanto, non v’è chi non veda come l’intenzione del legislatore primario con l’art. 2 bis della legge n. 2 del 2009 era ben distante dal legittimare le Istruzioni della Banca d’Italia precedenti all’agosto 2009, nei limiti in cui escludevano le commissioni di massimo scoperto dal calcolo del tasso effettivo globale, ai fini della verifica del rispetto del tasso usura per categoria dio credito. Pertanto, l’orientamento del Tribunale di Milano non appare condivisibile[7].

4. Le conseguenze dell’esclusione delle c.m.s. dal calcolo del TEG

Un altro aspetto da approfondire è quello relativo alle conseguenze di estromettere, fino al 31.12.2010, le commissioni di massimo scoperto dal calcolo del TEG.

La chiara lettera del primo comma dell’art. 2 della legge n. 108 del 1996 stabilisce che il tasso rilevato trimestralmente dal MEF (sentita la Banca d’Italia) e da utilizzare come base di calcolo per la determinazione del tasso soglia debba essere un tasso effettivo e globale. A tal proposito, non v’è chi non veda come l’esclusione di un onere connesso al credito concesso (le commissioni di massimo scoperto appunto) faccia venir meno proprio il requisito di globalità preteso dal comma 1 dell’art. 2 della legge n. 108 del 1996.

A tal proposito appare tranchant quanto stabilito da una parte della giurisprudenza, per cui “Le Commissioni di Massimo Scoperto sono un onere che l’utente bancario sopporta in connessione con l’uso del credito e rappresenta un costo collegato indiscutibilmente all’erogazione del credito stesso, giacché ricorre tutte le volte in cui il cliente utilizza concretamente lo scoperto di conto corrente e funge da corrispettivo per l’onere, a cui l’intermediario finanziario si sottopone, di procurarsi la necessaria provvista di liquidità e tenerla a disposizione del cliente. Ciò comporta che, nella determinazione del Tasso Effettivo Globale praticato da un intermediario finanziario nei confronti del soggetto fruitore del credito, deve tenersi conto anche delle Commissioni di Massimo Scoperto, ove praticate” (Sentenza della Cassazione, II penale, n. 262 del 19/2/2010, conforme Tribunale di Vicenza, Dott. Luigi Giglio 25.03.2013 n. 454).

Tale orientamento è stato recentemente confermato anche in unobiter del Tribunale di Torino che decidendo in materia di commissioni di massimo scoperto, ha stabilito che “…tale voce, inerendo forma di remunerazione del credito deve essere computata – sia pure quale onere e non come interesse – al fine di verificare l’eventuale superamento del tasso usuraio” [8]

Si potrebbe concludere che il tasso rilevato trimestralmente dal MEF (sentita la Banca d’Italia) non sia un tasso globale e non possa, pertanto, costituire una valida base di calcolo per la determinazione del tasso soglia, per ciascuna operazione di credito.

La giurisprudenza di merito ha provato a superare tale empasse, con due diverse soluzioni.

Secondo un primo orientamento, “…le voci di costo escluse dal campo di rilevazione del TEGM – pur se tale esclusione sia in qualche modo frutto di un grave errore dell’autorità di vigilanza, come è il caso della c.m.s. – non possono che trovare soddisfazione e collocazione nel cuscinetto (fino al 2011 pari al 50% del TEGM, ora pari al 25% del TEGM + 4 p.p.) esistente tra TEGM e tasso soglia, senza che possa per converso predicarsene l’esclusione dal TEG”[9].

Tale soluzione appare equilibrata e ragionevole.

Un secondo orientamento ha invece ipotizzato la correttezza dell’operato della Banca d’Italia nella determinazione dei tassi effettivi globali medi, per ciascuna categoria di credito e ha stabilito che il confronto con il tasso soglia calcolato sulla base di tali tassi medi debba essere eseguito con un tasso del finanziamento formato con i medesimi aggregati di costo indicati nelle istruzioni di Banca d’Italia. E ciò, in ragione di una non meglio precisata esigenza di omogeneità dei tassi confrontati[10].

Tale prospettazione non sembra però cogliere nel segno, per almeno due ragioni.

La prima è che in questo modo si verrebbero a confrontare tassi formati in violazione dell’art. 2 della legge 108/96, in quanto privi del requisito della globalità non includendo aggregati di costo connessi al finanziamento erogato (ad esempio prima del 1.1.2010, le commissioni di massimo scoperto).

La seconda è che i tassi confrontati tasso soglia (calcolato sulla base del TEGM) e TEG, pur avendo funzione diversa sono perfettamente omogenei “…non perché composte da un medesimo aggregato di costi, ma perché definite dalla legge con il medesimo criterio (commissioni remunerazioni spese collegate all’erogazione del credito, escluse imposte e tasse)”[11].

Tale secondo orientamento, seppur consolidato nel foro meneghino, appare concretamente più debole.

Tuttavia, non v’è chi non veda, come, in assenza di un intervento risolutivo del legislatore, ogni Tribunale dovrà farsi garante del rispetto del principio di gerarchia delle fonti condannando, laddove necessario, l’intermediario che abbia concesso credito in aperta violazione dell’art 2 della legge n. 108 del 1996 e successive modifiche. Sarà naturalmente fatto salvo il diritto delle banche e degli altri intermediari finanziari di estendere il contraddittorio anche nei confronti della Banca d’Italia, perché li tenga indenni e manlevati in caso di eventuale soccombenza.



[1] Tribunale di Firenze 16.7.2013 su Ilcaso.it, Sez. Giurisprudenza, 9520 – pubb. 03.10.2013; conforme Tribunale Novara 01.10.2012 – Est. Simona Gambacorta su Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 7952 – pubb. 17.10.2012 e Torino 21.1.2010 – Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2247 – pubb. 22.06.2010.

[2] Su tutte, cfr. Cassazione Civile n. 870/06: “…funzione remunerativa dell'obbligo della banca di tenere a disposizione dell'accreditato una determinata somma, in virtù dell'esclusione della c.m.s. dal calcolo del TEG da parte della Banca d'Italia (Istruzioni della Banca d’Italia per rilevazioni tassi usura 2002 – Sezione I – C.5); cfr. in tal senso anche Cass., sez. III, 6 agosto 2002, n. 11772”. Conformi:Tribunale di Milano 27.3.2013, dott. Stefani, in Expartecreditoris.it; Tribunale di Torino, dott. Conca, 08.10.2014, ivi.

[3] Cfr. Cassazione Penale 18.3.2003, n. 20148; e conf. Tribunale di Torino, dott. Astuni, 31.10.2014 (r.g. 20037/11).

[4] Le Istruzioni della Banca d’Italia non entrano in conflitto con la norma primaria, perché le loro funzioni sono diverse, rispettivamente di rilevazione del TEGM nel primo caso e del TEG nel secondo. Ma se anche conflitto vi fosse, la sua risoluzione non potrebbe che consistere nella disapplicazione della fonte secondaria, atteso che la legge non autorizza la Banca d’Italia o il Ministro a determinare con effetti vincolanti l’aggregato di costi rilevante ai fini del TEG (Tribunale di Torino, 31.10.2014, dott. Astuni, in Ilcaso.it).

[5] Secondo il Tribunale di Milano, l’istruzione della Banca d’Italia in tal senso (agosto 2009) sarebbe giustificata dall’introduzione dell’art. 2 bis D.L. 185/08 e L. conv. n.2/09, il quale, innovando rispetto alla prassi sino ad allora seguita per la rilevazione del TEG in conformità alle Istruzioni della Banca d’Italia, ha espressamente stabilito come la commissione sull’affidamento debba essere ricompresa ai fini del conteggio del tasso di riferimento e, quindi, del carattere usurario o meno dei tassi di interesse effettivamente applicati (Tribunale di Milano, sentenza n. 121/15 – R.G. n. 51429/12 –  e Tribunale di Milano, sentenza n. 14938/14 – R.G. n. 43842/2011).

[6] Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull'usura C.6 “…Oneri inclusi: commissione di massimo scoperto Allo scopo di adeguare le Istruzioni sulla rilevazione dei TEG al dettato normativo della legge n. 2/2009, la CMS e gli oneri sostitutivi eventualmente introdotti saranno inclusi nella componente “oneri” della formula utilizzata per i finanziamenti di durata”.

[7] “…fino al dicembre 2009, al fine di verificare il rispetto del limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurai ai sensi dell’art. 2 della legge 108/96, gli intermediari devono attenersi ai criteri indicati dalle istruzioni della Banca d’Italia e dell’UIC pubblicate nel 2006 che escludono dal calcolo del TEG le commissioni di massimo scoperto” (Tribunale di Milano, dott.ssa Cozzi, 1.7.2014). Sempre sul medesimo principio “…l’art. 2-bis, decreto-legge n. 185/2008, conv. da legge n. 2/2009, e con il d.m. 1/7/2009, in forza dei quali solo a partire dal 1/1/2010 la c.m.s deve essere inserita tra gli oneri considerati per il calcolo del TEG, a seguito delle nuove Istruzioni di Banca d’Italia emanate nell’agosto 2009” (cfr. Tribunale di Milano, sentenza n. 14938/14, R.G. 43842/11, Tribunale di Milano 1442/2015, r.g. 4705/2012).

[8] Tribunale di Torino, dott. Conca, sentenza 1073 del 11.2.2015 (R.G. 28729/2012)

[9] Tribunale di Torino 31.10.2014 dott. Astuni, in Ilcaso.it.

[10] “…Analogamente, quando, occorre confrontare il TEG applicato da una Banca ad un determinato rapporto con il tasso soglia del periodo, al fine di accertare la natura usuraria o meno del tasso applicato, ricorre la medesima esigenza, logica e metodologica, di omogeneità tra le grandezze da raffrontare. Non avrebbe, infatti, alcuna attendibilità scientifica il risultato derivante da un confronto operato tra un TEG calcolato con la modalità A ed un tasso soglia basato su un TEGM calcolato con una differente modalità B. Pertanto, dette Istruzioni in primo luogo rispondono alla elementare, ma ineludibile, esigenza logica e metodologica di avere a disposizione dati omogenei al fine di poterli raffrontare ed hanno altresì natura di norme tecniche previste ed autorizzate dalla disciplina regolamentare, necessarie per l’applicazione di tutta la normativa anti-usura” (cfr. Tribunale di Milano, dott. Stefani, sentenza n. 6160/2015 (pubbl. il 15/05/2015 – RG n. 19541/2011) e, con identica porzione di motivazione, Trib. di Milano, sentenza n. 5437/2015 (pubbl. il 29/04/2015; RG n. 17000820/2011).

“…da un lato non si vede come poter censurare l'operato delle banche, che a tali direttive si siano uniformate, e dall'altro, ove si ritenesse, in conformità al disposto di cui all’art.2 comma 1 L.108/96, che il tasso effettivo globale applicato debba essere conteggiato in termini comprensivi di commissioni, non si vede come potrebbe esserne verificato il rispetto del tasso soglia, ove quest’ultimo, quale riportato nei Decreti Ministeriali e pubblicato in Gazzetta, è stato rilevato come dato medio non conteggiando le CMS (si effettuerebbe un confronto tra dati non omogenei)”. Tribunale di Milano, dott.ssa Laura Cosentini, sentenza n. 3268/2014 (pubbl. il 07/03/2014, R.G. n. 17000713/2011).

[11] Tribunale di Torino, 31.10.2014, dott. Astuni, in Ilcaso.it.

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