Con ordinanza interlocutoria n. 22015/2025 la Corte di Cassazione ha disposto il rinvio a pubblica udienza di una controversia – priva di precedenti di legittimità – relativa all’applicazione dell’aliquota ridotta dello 0,1% dell’imposta sulle transazioni finanziarie in caso di offerta pubblica di acquisto (OPA).
L’imposta (Tobin Tax) prevista dall’art. 1, commi 491 ss., della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si applica ai trasferimenti onerosi di azioni emesse da società italiane con capitalizzazione superiore a 500 milioni di euro, con aliquota ordinaria dello 0,2%, ridotta allo 0,1% per le operazioni effettuate “in mercati regolamentati e sistemi multilaterali di negoziazione”. L’agevolazione – si legge nei lavori preparatori – è stata introdotta dal legislatore al fine di incentivare le transazioni concluse in contesti trasparenti, regolati e sottoposti a vigilanza pubblica, scoraggiando invece gli scambi opachi o speculativi tipici dei mercati c.d. “over the counter”.
Il problema interpretativo riguarda il significato della locuzione “mercati regolamentati” presente nella disposizione che riduce l’aliquota applicabile: l’Agenzia delle Entrate ne dà una lettura restrittiva, limitata agli scambi di Borsa, trattandosi di un regime agevolativo, che per costante orientamento di legittimità va interpretato restrittivamente (cfr. Cass. n. 4333/2016, 15407/2017, 17976/2021 e da ultimo Cass. 14980/2024 che afferma “le norme che stabiliscono esenzioni o agevolazioni sono di stretta interpretazione ai sensi dell’art. 14 preleggi sicché non vi è spazio per ricorrere al criterio analogico o all’interpretazione estensiva della norma oltre i casi e le condizioni dalle stesse espressamente considerati”).
Di contro, la giurisprudenza di merito tende a valorizzarne una nozione funzionale, includendo nel perimetro della riduzione anche le OPA, in quanto procedure trasparenti, vigilate e soggette a regolazione pubblica, al pari di tutti gli scambi che avvengono sul sistema di Borsa Italiana. L’OPA, infatti, anche se non è tecnicamente negoziata su Borsa Italiana come un normale scambio, al pari di quest’ultimo è disciplinata in modo stringente dal TUF, soggetta a controllo della Consob, e comporta obblighi informativi a tutela degli azionisti.
Peraltro, qualora dovesse prevalere l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui l’aliquota agevolata non si applica ai trasferimenti di partecipazioni mediante OPA, potrebbe rendersi necessario un vaglio di legittimità costituzionale, poiché il tenore letterale della norma – riferito esclusivamente alla sede di esecuzione della transazione (i “mercati regolamentati”, appunto) – non sembra lasciare spazio a un’interpretazione costituzionalmente orientata conforme ai principi degli artt. 3 e 53 Cost.
Venendo alla vicenda, una società offerente aveva presentato interpello, chiedendo di confermare l’aliquota ridotta per un’OPA volontaria volta all’acquisizione del capitale di un’altra società. L’Agenzia delle Entrate negò la spettanza dell’agevolazione, ritenendo l’operazione non riconducibile a un mercato regolamentato. L’intermediario incaricato di gestire l’imposta procedette, in via prudenziale, al versamento dell’imposta con aliquota piena sul controvalore complessivo.
La contribuente presentò allora l’istanza di rimborso, che diede origine a un contenzioso, che vide accolte le ragioni della società nei primi due gradi di merito. In appello, la Commissione regionale ritenne in particolare che l’OPA presentasse le caratteristiche di trasparenza e garanzia tipiche delle operazioni regolate, valorizzando la tutela degli azionisti di minoranza come indice coerente con la ratio dell’aliquota ridotta.
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha ritenuto che la questione, per la novità e la complessità delle implicazioni anche in rapporto alla normativa unionale e alla disciplina del TUF, richieda un approfondimento in pubblica udienza, disponendo il rinvio della causa a nuovo ruolo.