La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18851 del 10 luglio 2025 (Pres. M. Di Marzio, Rel. M. Falabella), è tornata a pronunciarsi sul tema della nullità delle clausole di reviviscenza, sopravvivenza e rinuncia ai termini (ex art. 1957 C.c.), previste all’interno di fideiussioni omnibus, in quanto riproduttive di quelle contenute nello schema predisposto dall’ABI, censurato da Banca d’Italia per violazione della normativa antitrust, con provvedimento n. 55/2005.
In particolare, nel caso di specie, veniva contesta la nullità delle suddette clausole contenute all’interno di fideiussioni omnibus stipulate nel 1993: quindi, ben prima del periodo coperto dall’accertamento di Banca d’Italia, che va dal 2002 al 2005.
Preliminarmente, la Corte ripercorre e ribadisce il proprio orientamento sulla portata del provvedimento emanato dall’autorità all’epoca garante della concorrenza per il mercato bancario: esso costituisce una prova privilegiata per il fideiussore, con la conseguenza che, per invocare efficacemente la nullità delle clausole in questione, quest’ultimo “potrà limitarsi a documentare il provvedimento della Banca d’Italia che ha accertato l’illecito concorrenziale, il quale è un atto amministrativo, rispetto al quale evidentemente non opera il principio iura novit curia, e le clausole contrattuali asseritamente invalide, in modo da rendere possibile la positiva verifica della corrispondenza di esse con quelle oggetto di esame da parte della Banca d’Italia nel suddetto provvedimento: esatta corrispondenza che […] è da riguardare in termini di compresenza, giacché, nella prospettiva seguita dal provvedimento n. 55/2005, è la compresenza delle clausole ad essere lesiva della concorrenza”.
Prosegue la Corte precisando che sarà poi la banca “a dover fornire gli elementi di prova da cui desumere che lo schema contrattuale predisposto e adottato nella negoziazione “a valle” non costituiva sbocco dell’intesa restrittiva: elementi di prova consistenti, ad esempio, nell’assenza, da parte della banca, di una standardizzazione dei propri contratti secondo lo schema dell’ABI, o nell’adozione di una prassi consistente nella sottoposizione agli interessati di moduli contrattuali alternativi, non recanti le clausole riconosciute contrastanti con la disciplina antitrust”.
Ciò premesso, con riferimento all’asserita nullità delle fideiussioni omnibus oggetto del giudizio, stipulate nel 1993, la Corte afferma che l’antigiuridicità determinata dalla stipulazione “a valle” di contratti che costituiscano l’applicazione di intese anticoncorrenziali concluse “a monte”, stante il recepimento di schemi elaborati dall’ABI in materia di contratti di fideiussione contenenti clausole che possano dirsi attuazione di tali intese, “è suscettibile di essere affermata con riguardo ai negozi stipulati anteriormente al richiamato accertamento della Banca d’Italia laddove l’intesa restrittiva sia stata posta in essere materialmente prima del negozio denunciato di cui si denuncia la nullità, considerato che rientrano nella disciplina anticoncorrenziale tutte le vicende successive del rapporto che integrino la realizzazione di profili di distorsione della concorrenza: infatti, la nullità del contratto “a valle” presuppone sul piano logico-giuridico la nullità dell’intesa restrittiva “a monte” e quindi l’anteriorità temporale di questa intesa rispetto a quel contratto”.
Nel caso di specie, nella sentenza di appello impugnata era stato affermato che il provvedimento n. 55/2005 fosse idoneo a dimostrare l’esistenza dell’intesa restrittiva solo nell’arco di tempo tra il 2002 e il 2005, cui era riferibile l’accertamento operato dalla Banca d’Italia, non potendo quindi riguardare i contratti oggetto di causa, che erano stati stipulati molto tempo prima, nel 1993.
La possibilità di smentire questo assunto e di invocare, per conseguenza, la prova privilegiata desumibile dal provvedimento della Banca d’Italia, però, secondo la Corte “dipende dal contenuto dell’accertamento operato dalla predetta autorità di vigilanza: e poiché il detto accertamento è contenuto proprio nel provvedimento n. 55 del 2005, il quale non costituisce un atto normativo soggetto al controllo di legittimità della Suprema Corte, la censura sollevata dal ricorrente principale finisce per investire un profilo di fatto che è per sua natura estraneo al giudizio di cassazione”.
In conclusione, secondo i giudici di legittimità “è per certo astrattamente ipotizzabile che un contratto di fideiussione omnibus conformato a un modello contrattuale predisposto dall’ABI in epoca anteriore all’ottobre 2002 costituisca sbocco, “a valle”, di un’intesa restrittiva “a monte”. Il relativo accertamento, ove sia invocato il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia, implica però anzitutto la ricognizione di detto provvedimento, al fine di verificare se esso possa integrare una prova privilegiata anche con riguardo all’esistenza di una intesa anticoncorrenziale esistente all’epoca e, in difetto di un positivo riscontro in tal senso, il compimento di un’indagine, da condursi sulla scorta di altri mezzi di prova, circa l’esistenza dell’intesa restrittiva che abbia trovato espressione in una o più clausole del contratto di garanzia. Sia la ricognizione del provvedimento della Banca d’Italia che l’indagine di cui si è appena detto si risolvono, poi, in accertamenti di natura fattuale, preclusi, come tali, in sede di legittimità”.
Per tali ragioni, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal fideiussore, con il quale egli deduceva che la Corte d’appello aveva errato nell’escludere la nullità delle fideiussioni omnibus per il solo fatto che esse erano stipulate in un periodo anteriore rispetto a quello in cui si collocava l’indagine disposta dalla Banca d’Italia.
Invece, è stato accolto il ricorso incidentale dell’intermediario, il quale rilevava che la sentenza d’appello aveva omesso di condannare al pagamento delle somme dovute il fideiussore.
Quest’ultimo, quindi, è stato condannato al pagamento direttamente con l’ordinanza in commento.