Il presente contributo analizza il nuovo disegno di legge di riforma del decreto legislativo n. 231/2001 sulla responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, con focus sul nuovo sistema premiale degli enti.
1. Premessa e finalità della proposta di riforma
Il 29 settembre 2025 è stata presentata alla Camera dei Deputati la proposta di legge A.C. 2632, recante la riforma della parte generale e sostanziale del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (“D.Lgs. n. 231/2001”). L’iniziativa legislativa, elaborata con il contributo dell’Università degli Studi di Bergamo e dell’AIGA (Associazione Italiana Giovani Avvocati), si propone di rinnovare il sistema delineato dal D.Lgs. n. 231/2001, per tanti versi semplificandolo. L’intento è duplice: da un lato, conciliare certezza del diritto ed efficienza aziendale; dall’altro, valorizzare la funzione preventiva dell’organizzazione societaria e la collaborazione post delictum dell’ente.
Il presente contributo è volto ad offrire una panoramica sintetica del nuovo progetto di riforma, con alcune considerazioni in merito alla previsione del nuovo sistema premiale degli enti.
2. Natura della responsabilità dell’ente
La proposta evita una classificazione esplicita (penale o amministrativa) dell’addebito dell’ente, optando per l’eliminazione della locuzione “amministrativa” e per la sostituzione con quella, più neutra, di “da reato”. Tale scelta intende, da un lato, sottolineare l’autonomia dell’illecito dell’ente rispetto al reato commesso dalla persona fisica e, dall’altro, confermare lo stretto nesso di dipendenza tra i due.
Di conseguenza, ogni riferimento alla natura “amministrativa” dell’illecito o della sanzione viene espunto dal decreto.
3. Ambito soggettivo di applicazione
La proposta interviene anche sui limiti soggettivi della responsabilità, precisando che la disciplina si applica unicamente a enti dotati di natura collettiva, con esclusione, pertanto, delle ditte individuali. Viene introdotta un’esclusione dalla responsabilità anche per gli enti di piccole dimensioni, individuati in base a due criteri di selezione:
- Un criterio strutturale, volto a verificare l’autonomia organizzativa del piccolo ente rispetto al soggetto controllore, anche qualora il controllo sia “di fatto”;
- Un criterio dimensionale-aziendalistico, ispirato ai criteri già in uso per microimprese e imprese minori.
In ogni caso, è esclusa la possibilità di qualificare come ente di piccole dimensioni qualsiasi società che svolga attività di direzione e coordinamento di un gruppo di imprese.
4. Estensione della giurisdizione e ne bis in idem internazionale
Si prevede l’estensione della giurisdizione italiana agli enti aventi sede legale, sia nell’Unione Europea sia in Stati terzi, qualora operino in Italia tramite una stabile organizzazione o una struttura priva di personalità giuridica. È inoltre introdotto un meccanismo di ne bis in idem a livello transnazionale: l’ente già giudicato in via definitiva nello Stato di sede non può essere nuovamente sottoposto a procedimento per il medesimo fatto. Tuttavia, per gli enti extra-UE, tale preclusione opera solo previa delibazione della sentenza straniera.
5. Reati colposi e responsabilità della holding
L’art. 5, comma 2, viene modificato per disciplinare espressamente la responsabilità dell’ente per reati presupposto colposi, ancorando l’interesse o vantaggio alla violazione di regole cautelari che abbiano generato un risparmio di spesa, un incremento produttivo o un altro beneficio economico. Inoltre, il nuovo comma 3 estende la responsabilità alla società controllante, qualora l’illecito commesso nell’ambito delle società controllate sia riconducibile a un interesse specifico della holding, distinto da un generico interesse di gruppo.
Il nuovo comma 4, infine, riposiziona e conferma l’esimente per le condotte compiute nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.
6. Imputazione soggettiva e confisca
L’art. 6 viene riscritto, con l’introduzione di un criterio unitario di imputazione soggettiva, eliminando la distinzione tra soggetti apicali e subordinati. L’ente risponde ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 nei seguenti casi:
- Mancata adozione o attuazione inefficace di un Modello ex D.Lgs. n. 231/2001 (di seguito, “MOG”) idoneo a prevenire reati della stessa specie;
- Omessa attribuzione all’Organismo di Vigilanza (di seguito,”OdV”) del compito di vigilanza sull’efficacia del modello;
- Vigilanza omessa o inadeguata da parte dell’OdV.
In linea con le modifiche proposte sulla natura sostanzialmente penale della responsabilità dell’ente, si è altresì previsto il superamento della presunzione di responsabilità nel caso di reati commessi da soggetti apicali, allineando il sistema 231 ai principi del processo accusatorio.
Infine, il comma conclusivo dell’art. 6 conferma la confisca del profitto, anche in assenza di accertata responsabilità dell’ente, qualora il reato abbia comunque generato un vantaggio economico.
7. Riforma dell’art. 7 e Modello tripartito
L’articolo 7 viene riscritto con il chiaro intento di aiutare le imprese nella complessa attività di costruzione di un Modello idoneo. A tal proposito, si prevede che il MOG sia articolato in:
- Parte generale, che dovrà contenere: descrizione dell’assetto societario e del sistema di procure e deleghe, codice etico, sistema disciplinare, canali di segnalazione, indicazione dei flussi informativi e funzionamento dell’OdV;
- Parte speciale, che dovrà contenere: catalogo dei reati presupposto, mappatura delle aree a rischio, definizione dei principi generali di comportamento e dei protocolli operativi;
- Protocolli operativi, che avranno il compito di: indicare i responsabili per ogni processo a rischio, delineare il sistema di segregazione delle funzioni e gli strumenti di monitoraggio.
Inoltre, rimane ferma la centralità della formazione obbligatoria, continua, verificata e personalizzata sulle diverse aree di rischio e sul grado di specializzazione, per tutto il personale aziendale e ogni altro soggetto coinvolto nelle procedure aziendali.
8. Il nuovo art. 7-bis: l’Organismo di Vigilanza
Il nuovo art. 7-bis definisce in maniera puntuale composizione, compiti e requisiti dell’OdV, rafforzandone il ruolo e assegnandogli la responsabilità di garantire il funzionamento e l’osservanza del MOG con continuità operativa e poteri di iniziativa e controllo autonomi. A tal fine, l’OdV potrà avere accesso senza restrizioni a tutte le informazioni e alla documentazione aziendale e dovrà essere dotato di risorse economiche e strumentali proporzionate alla dimensione dell’ente e alla complessità del sistema aziendale. Più nel dettaglio, l’art. 7-bis prevede:
- Che l’Organismo di Vigilanza sia composto da almeno tre membri, che soddisfino i requisiti professionali adeguati alla natura dei rischi rilevati dall’ente;
- L’incompatibilità tra la funzione di membro dell’OdV e quella di membro del collegio sindacale o di un organo di controllo interno nelle società di capitali;
- La possibilità, per gli enti con meno di 30 dipendenti (enti di medie dimensioni), di dotarsi di un OdV monocratico interno, purché diverso dai soggetti apicali e munito dei medesimi caratteri di autonomia, professionalità e competenza.
9. Il nuovo art. 7-ter: regime semplificato per enti di medie dimensioni
Per gli enti di medie dimensioni si introduce un regime semplificato basato su: centralità del ruolo del datore di lavoro in materia di salute e sicurezza, formazione essenziale, semplificazione documentale.
Per l’elaborazione di MOG standard semplificati, differenziati per settore e dimensione, è previsto l’intervento di un comitato speciale della Commissione consultiva permanente ex art. 6 D.Lgs. n. 81/2008, modelli che saranno pubblicati e disponibili su una piattaforma ministeriale.
È inoltre prevista la riduzione proporzionata della sanzione all’ente di medie dimensioni se sono già stati condannati i soggetti apicali, per evitare duplicazioni punitive.
10. Il nuovo art. 8-bis: autonomia della responsabilità dell’ente e particolare tenuità dell’illecito
Ad oggi, il principio di autonomia della responsabilità dell’ente sancito dall’art. 8 D.Lgs. n. 231/2001 prevale al punto da rendere impossibile la comunicabilità delle cause di esclusione della punibilità ammesse per le persone fisiche alle persone giuridiche. Nel tempo, è emersa quindi la necessità di un intervento mirato ad opera del legislatore che, per quanto possibile, equipari lo status dell’ente collettivo a quello più favorevole dell’autore del reato e che metta pure ordine in un contesto – giurisprudenziale e dottrinale – in cui si registrano orientamenti diversi e continui cambi di posizione.
In quest’ottica, il progetto di riforma propone l’introduzione del nuovo art. 8-bis che, sulla scorta dell’art. 131-bis c.p., prevede un regime di non punibilità per l’ente in caso di illeciti di particolare tenuità, applicabile solo a fronte di sanzioni pecuniarie non superiori a 300 quote e a condizione che il MOG fosse già adottato. Tale esimente non è applicabile a reati gravi o in caso di reiterazione.
Tale novità riflette, in via di principio, la considerazione per cui la punibilità rappresenta il momento in cui il giudice si interroga sull’opportunità di infliggere una sanzione penale. Se l’esiguità lesiva rileva nei confronti delle persone fisiche, non sembra ragionevole allora negare un’area di operatività dell’esimente anche a favore degli enti, specie se le conseguenze del reato sono da quest’ultimo riparate.
11. Modifiche al sistema sanzionatorio
La proposta interviene su più articoli:
- Art. 10: prevede un meccanismo di rivalutazione delle sanzioni pecuniarie al fine di evitare una progressiva perdita di efficacia dissuasiva e la destinazione dei proventi dell’illecito all’elaborazione ed attuazione di MOG semplificati ex art. 7-ter;
- Art. 11: nell’irrogazione di una sanzione proporzionata, il giudice valuta anche la situazione finanziaria dell’ente; è inoltre abrogato l’ultimo comma che indica nella misura fissa di € 103,00 l’importo della quota nell’ipotesi di riduzione della sanzione;
- Art. 12: premia la collaborazione attiva dell’ente nel caso di restituzione del profitto o del vantaggio ottenuto;
- Art. 14: viene “corretto” per specificare, tra l’altro, che le sanzioni interdittive possono colpire anche le singole unità produttive dell’ente.
12. Il nuovo art. 22: riforma della prescrizione
L’art. 22 è riformulato per adeguare la prescrizione dell’illecito dell’ente a quella del reato della persona fisica. In particolare:
- Il termine di prescrizione non è più fisso nella misura di 5 anni ma è legato alla pena edittale massima del reato presupposto, con rinvio all’art. 158 c.p.;
- Vengono ampliate le ipotesi di interruzione e sospensione del termine ai sensi del Codice penale;
- In caso di reiterazione dell’illecito, i termini si raddoppiano;
- È prevista la possibilità, anche per l’ente, di rinunciare al regime prescrittivo.
13. La previsione di un sistema premiale per l’ente
Con l’introduzione del nuovo art. 17-bis (“Cause di non punibilità”), si ridisegna il sistema premiale per le persone giuridiche, nella consapevolezza che, nel corso del tempo, gli istituti di non punibilità si sono evoluti in maniera asimmetrica e del tutto sbilanciata a favore delle persone fisiche. In particolare, si subordina la non punibilità dell’ente alla verificazione di alcune condizioni:
- L’ente ha fornito elementi decisivi per ricostruire il fatto di reato o per identificarne l’autore, prima di aver ricevuto notizia di un procedimento a suo carico e si è attivato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori (ipotesi di collaborazione con l’autorità giudiziaria molto simile a quella delineata, per le persone fisiche, dall’art. 323-ter c.p. nell’ambito dei reati contro la P.A.). La non punibilità dell’ente è comunque subordinata alla eliminazione delle carenze organizzative e all’adozione di misure correttive prima dell’apertura del dibattimento;
- Il reato presupposto si è estinto per una causa diversa da quelle previste dagli artt. 157, 167, 168-ter, 169, 170 c.p. e dagli artt. 445, comma 2 e 460, comma 5, c.p.p., o comunque l’autore dello stesso non è punibile per la sussistenza di circostanze oggettive, se l’ente ha adottato un MOG – anche se non idoneo – e ha sanato le proprie carenze prima dell’apertura del dibattimento.
Rimane fermo che l’esclusione della punibilità è subordinata al risarcimento integrale del danno e alla eliminazione o, laddove non sia possibile, all’attenuazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, anche mediante misure compensative, nonché alla messa a disposizione del profitto ai fini della confisca.
Sulla scia di quanto accaduto per le persone fisiche, anche il progetto di riforma del D.Lgs. n. 231/2001 risente della necessità di introdurre appositi strumenti di deflazione processuale anche per gli enti.
- Art. 23-bis: introduzione della messa alla prova dell’ente, che può predisporre un programma di riorganizzazione e responsabilizzazione;
- Art. 64-bis: conseguentemente, introduzione a livello processuale di un rito alternativo finalizzato all’incentivazione della collaborazione processuale e all’autocorrezione organizzativa dell’ente. L’accesso a tale rito può essere richiesto dall’ente o dal Pubblico Ministero, entro termini procedurali stabiliti. In caso di accoglimento, il giudice fissa un termine per l’esecuzione del programma, prevedendo un’interlocuzione attiva con l’OdV, in modo da garantire continuità nel controllo interno e trasparenza nella fase di messa alla prova. Durante l’esecuzione, il giudice può modificare o revocare prescrizioni su istanza delle parti, assicurando un costante raccordo tra funzione giurisdizionale e sistema di compliance interna. Al termine della prova, se l’esito è favorevole, il giudice dichiara estinto l’illecito e ordina la confisca di quanto depositato ai sensi della lettera d) del comma 4; in caso contrario, il procedimento riprende e gli atti già compiuti vengono valutati ai fini dell’eventuale sanzione.
A parere di chi scrive, questo sembra essere uno dei punti più innovativi dell’intero progetto di riforma. Finalmente, guardando ai benefici che tali meccanismi di diversion processuale hanno apportato nel contrasto alla criminalità di impresa, si menziona la possibilità, anche per le società, di partecipare a programmi di messa alla prova. A ben vedere, la collaborazione processuale assume particolare importanza in ogni rapporto di agenzia, soprattutto quando oggetto d’indagine è un reato economico: data la forte asimmetria informativa che contraddistingue – ogni relazione di agenzia ma soprattutto – il diritto penale dell’economia, è “conveniente” sfruttare la collaborazione e il patrimonio informativo dell’azienda, pur se a discapito di un trattamento sanzionatorio – prima facie – più blando, perché senza l’apporto di quest’ultima, gran parte dei fenomeni criminali commessi nell’ambito dell’attività economico-produttiva rimarrebbe sommersa. I meccanismi collaborativo-premiali sono peraltro già largamente diffusi in paesi come la Francia e gli Stati Uniti, dove si evidenziano risultati incoraggianti in termini di contrasto alla criminalità d’impresa.
La previsione della non punibilità anche in presenza di un MOG non idoneo ma adottato prima del dibattimento, rischia di ridurre la compliance a un adempimento formale. Il legislatore dovrebbe dunque chiarire che l’ente non può limitarsi ad adottare un modello qualsiasi, ma deve comunque aver compiuto un minimo sforzo organizzativo volto alla prevenzione. In caso contrario, il meccanismo premiale potrebbe trasformarsi in un premio alla mera “apparenza” organizzativa.
Il momento in cui l’ente collabora è centrale. Il testo premia la collaborazione “prima dell’avvio del procedimento”, elemento fondamentale per distinguere tra comportamento opportunistico e sincera volontà di riparazione. In fase applicativa sarà cruciale stabilire criteri chiari e oggettivi per valutare l’effettiva utilità della collaborazione, anche in termini di impatto sulle indagini.
La logica sottesa alla messa alla prova dell’ente richiama da vicino i principi della giustizia riparativa, in particolare l’idea che il soggetto collettivo possa “guarire” attraverso un percorso di riorganizzazione e responsabilizzazione. Tuttavia, mancano nel testo riferimenti espliciti a momenti di confronto con le parti lese (es. stakeholder, consumatori, mercato). Sarebbe auspicabile, in fase attuativa, integrare il programma di messa alla prova con forme di dialogo riparativo, soprattutto nei casi di reati ambientali, contro la salute o la sicurezza dei lavoratori.
L’inserimento dell’OdV come soggetto coinvolto attivamente nella supervisione della messa alla prova è un passaggio cruciale. Tuttavia, ciò comporta un aumento significativo delle sue responsabilità operative e decisionali. Sarà dunque necessario rafforzarne le garanzie di indipendenza, competenza e risorse, soprattutto negli enti di piccole e medie dimensioni.
In definitiva, la nuova disciplina introduce una logica incentivante fondata sulla compliance sostanziale, la trasparenza e la collaborazione, che potrebbe incidere profondamente sulla cultura aziendale. Tuttavia, l’efficacia del sistema dipenderà dalla rigorosità interpretativa del giudice, dall’efficienza operativa dell’OdV e dalla capacità dell’impresa di dimostrare concretezza nel cambiamento organizzativo.
14. Il gruppo di lavoro per la riforma del D.Lgs. n. 231/2001
Va ricordato che il Capo di Gabinetto del Ministero della Giustizia ha istituito un gruppo di lavoro dedicato alla revisione complessiva della disciplina sulla responsabilità degli enti ex D.Lgs. n. 231/2001, con una composizione paritetica tra magistrati e avvocati, a garanzia di un equilibrio tra le diverse sensibilità tecnico-giuridiche coinvolte.
Il coordinamento è stato affidato a Giorgio Fidelbo, presidente della Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione, con consolidata esperienza in materia di diritto penale dell’impresa e responsabilità degli enti.
Alla luce della recente presentazione della proposta di legge A.C. 2632, sarà fondamentale osservare come e se le attività del gruppo ministeriale si integreranno con l’iniziativa parlamentare, anche al fine di evitare sovrapposizioni e garantire coerenza sistemica. La contemporaneità dei due percorsi (politico-legislativo e tecnico-istituzionale) potrebbe rappresentare un’opportunità preziosa per dare finalmente forma a una riforma organica, condivisa e attuabile della responsabilità degli enti, superando le attuali criticità applicative e dando maggiore certezza agli operatori del settore.

