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Recupero crediti e protezione dei dati personali: il nuovo vademecum dell’Autorità Garante

3 Maggio 2016

Avv. Laura Liberati, senior associate, Macchi di Cellere Gangemi

Di cosa si parla in questo articolo

L’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali (il “Garante”) ha recentemente pubblicato un nuovo Vademecum (il “Vademecum”) che sintetizza a quali principi e regole si devono conformare coloro che svolgono attività di recupero del credito (es. società specializzate e quanti – finanziarie, banche, concessionari di pubblici servizi, compagnie telefoniche – svolgono tale attività direttamente) e le garanzie riconosciute al debitore.

Il Vademecum sostanzialmente riprende le regole per il corretto trattamento dei dati personali già fissate nel provvedimento generale “Liceità, correttezza e pertinenza nell’attività di recupero crediti” del 30 novembre 2005 (il “Provvedimento”). L’esigenza di adottare il Provvedimento e di confermarne successivamente i principi attraverso il Vademecum è sorta a seguito di numerose segnalazioni e relativi accertamenti svolti dal Garante concernenti trattamenti di dati personali (e comportamenti) posti in essere in occasione dello svolgimento di attività stragiudiziale di recupero crediti, che hanno messo in luce l’esistenza di prassi fortemente invasive ed in violazione della riservatezza e dignità personale del debitore.

Secondo quanto precisato nel Provvedimento (e ribadito nel Vademecum), le risultanze dei suddetti accertamenti del Garante hanno evidenziato, in particolare, che le pratiche invasive in questione riguardano principalmente le modalità di ricerca, presa di contatto e/o sollecitazione connesse all’esazione della somma dovuta, quali:

  • visite al domicilio o sul luogo di lavoro;
  • sollecitazioni su utenze di telefonia fissa o mobile, comprensive dell’invio di messaggi sms di sollecito;
  • comunicazioni telefoniche il cui contenuto a carattere sollecitatorio è preregistrato, poste in essere senza intervento di un operatore (con il rischio che soggetti diversi dal destinatario vengano a conoscenza del contenuto della chiamata);
  • invii di avvisi relativi all’apertura della procedura di recupero crediti tramite comunicazioni individualizzate, con l’inoltro di corrispondenza recante informazioni idonee a lasciar trasparire la situazione debitoria (ad esempio, plichi recanti all’esterno la scritta “recupero crediti” o locuzioni simili) relativa agli interessati o contenenti riferimenti suscettibili di indurre il destinatario in errore circa il valore e la provenienza dell’intimazione a pagare (usuale è il ricorso a formule quali “preavviso esecuzione notifica” o il richiamo di norme di rito con il riferimento alla futura attivazione di “ufficiali giudiziari”);
  • affissioni di avvisi di mora sulla porta del debitore.

Non di rado, inoltre, l’attività preordinata al recupero crediti, coinvolge non soltanto il debitore, ma anche – illegittimamente – terzi (ad esempio, familiari, conoscenti o vicini di casa), con modalità tali da metterli a conoscenza di vicende personali riferite a quest’ultimo anche al fine di esercitare una indebita pressione sul medesimo, incluso utilizzando recapiti non forniti al momento della stipula del contratto e non reperibili in pubblici elenchi.

In generale, l’attività stragiudiziale di recupero crediti può essere svolta direttamente dal creditore o, più frequentemente, da soggetti terzi (ad esempio società specializzate nel recupero crediti o altri liberi professionisti) per conto del medesimo, con i quali vengono conclusi appositi contratti (generalmente appalti di servizi). In tale ultima ipotesi, ai fini dell’esecuzione dell’incarico, il creditore dovrà comunicare al fornitore del servizio una serie di dati personali dei propri debitori. Ciò ovviamente non esime il creditore titolare del trattamento da responsabilità connesse alle modalità di svolgimento dell’attività e al trattamento di dati effettuato a tali fini, e anzi comporta il dovere del creditore di designare i suddetti terzi responsabili del trattamento ai sensi dell’art. 29 del Dlgs 196/2003 (Codice in materia di Protezione dei Dati Personali, il “Codice”), tramite apposita lettera di nomina scritta che specifichi i compiti affidati e le istruzioni impartite al responsabile, tra cui ovviamente andrà previsto l’ obbligo di osservanza del Provvedimento (e del Vademecum).

Questi in sintesi i principi e le regole fissate dal Garante per il corretto trattamento dei dati personali cui i titolari devono attenersi nello svolgimento dell’attività di recupero crediti:

Principi di liceità e di correttezza nel trattamento

Ai sensi dell’ art. 11, comma 1, lett. a), del Codice, i dati personali oggetto di trattamento devono essere trattati in modo lecito e secondo correttezza.

Il principio di liceità è violato dal comportamento consistente nel comunicare ingiustificatamente a soggetti terzi rispetto al debitore (quali, ad esempio, familiari, coabitanti, colleghi di lavoro o vicini di casa), informazioni relative alla condizione di inadempimento nella quale versa l’interessato (comportamento talora tenuto per esercitare indebite pressioni sul debitore al fine di conseguire il pagamento della somma dovuta). In particolare, integrano la diffusione illecita di dati personali le seguenti condotte: (i) l’effettuare comunicazioni telefoniche preregistrate volte a sollecitare il pagamento, realizzate senza l’intervento di un operatore, essendo tale modalità di contatto suscettibile di rendere edotti soggetti diversi dal debitore della sua asserita condizione di inadempimento; (ii) l’affissione ad opera di incaricati del recupero crediti di avvisi di mora (o, comunque, di sollecitazioni di pagamento) sulla porta del debitore, potendo tali dati personali venire a conoscenza di una serie indeterminata di soggetti nell’intervallo di tempo (talora prolungato) in cui l’avviso risulta visibile.

Il principio di correttezza del trattamento implica che, da punto di vista della disciplina in materia di protezione dei dati personali, in occasione dello svolgimento delle attività di recupero crediti sono vietati – sia in fase di raccolta delle informazioni sul debitore, sia nel tentativo di prendere contatto con il medesimo (anche attraverso terzi) – comportamenti suscettibili di incidere sulla sua dignità. Sono pertanto illecite le operazioni di trattamento consistenti nel richiedere il pagamento con modalità che palesino a terzi il contenuto della comunicazione: ciò può accadere nel caso di utilizzo di cartoline postali o tramite l’invio di plichi recanti all’esterno la scritta “recupero crediti” (o locuzioni simili dalle quali possa comunque desumersi l’informazione relativa all’asserito stato di inadempimento del destinatario della comunicazione). E’ pertanto necessario che le sollecitazioni di pagamento siano portate a conoscenza del solo debitore, utilizzando plichi chiusi, che riportino all’esterno le sole indicazioni necessarie ad identificare il mittente, prive di dati eccedenti rispetto a quelli necessari al recapito della comunicazione.

Principi di pertinenza e finalità

Ai sensi dell’ art. 11, comma 1, lett. d), del Codice), i dati personali oggetto di trattamento devono essere pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o successivamente trattati. Pertanto, nell’ambito delle attività di recupero crediti, possono formare oggetto di trattamento i soli dati necessari per il recupero della somma dovuta, in particolare i dati anagrafici riferiti al debitore, il codice fiscale (o partita Iva del medesimo), l’ammontare del credito vantato (unitamente alle condizioni del pagamento) e i recapiti (anche telefonici), di norma forniti dall’interessato in sede di conclusione del contratto o comunque desumibili da elenchi o registri pubblici. Inoltre, nel caso in cui l’attività di recupero crediti venga effettuata tramite soggetti terzi, il creditore dovrà comunicare ai soggetti incaricati i dati personali dei soli debitori e non di tutti i suoi clienti, evitando che l’incaricato acceda direttamente al database del titolare/creditore, contenente anche i dati di altri soggetti.

Principio di conservazione

Ai sensi dell’ art. 11, comma 1, lett. e), del Codice), i dati personali oggetto di trattamento devono essere conservati in una forma che consenta l’identificazione dell’interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati. Pertanto, una volta recuperata la somma dovuta, i dati personali non devono formare oggetto di ulteriore trattamento e devono essere cancellati, salvo l’assolvimento di specifici obblighi di legge (ad esempio, per rendere conto delle attività svolte), che può richiedere una conservazione più prolungata. L’ eventuale conservazione ulteriore dei dati personali deve essere realizzata con modalità comunque tali da precludere agli incaricati del trattamento (ad esempio ai dipendenti del creditore) la normale consultabilità, tramite l’adozione di opportune misure logiche ed informatiche ed archivi separati.

Informativa agli interessati

All’interessato del trattamento devono essere previamente fornite le informazioni previste dall’ art. 13 del Codice. Pertanto il titolare del trattamento (i.e. il soggetto creditore) deve informare gli interessati (di norma in sede di sottoscrizione del contratto) circa le finalità e modalità del trattamento, la natura obbligatoria o meno del conferimento dei dati personali, le conseguenze di un eventuale rifiuto di rispondere, l’eventualità, nel caso di inadempimento contrattuale, di comunicare i dati a società o enti di recupero crediti al fine di effettuare tutte le azioni tese al recupero del credito, i diritti di cui all’art. 7 del Codice. Con particolare riferimento all’indicazione degli eventuali responsabili del trattamento ai quali è rimesso l’incarico di procedere al recupero crediti, essi andranno elencati, ad esempio, in una apposita sezione del sito Internet del titolare, facendo riferimento a detta sezione del sito nell’informativaresa, oppure indicando nell’informativa la categoria economica di appartenenza degli stessi e le modalità tramite le quali è possibile ottenerne l’elenco nominativo.

Diritto di accesso ai dati personali e altri diritti

All’interessato (i.e. il debitore) sono riconosciuti i diritti di cui all’art. 7 del Codice e pertanto il titolare del trattamento(i.e. il soggetto creditore )deve far si che i summenzionati diritti possano essere esercitati in modo agevole e gratuito. Tra questi, l’interessato ha il diritto di ottenere l’indicazione dell’origine dei dati personali che lo riguardano; di opporsi, in tutto o in parte, per motivi legittimi al trattamento dei dati che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta, e di opporsi altresì al trattamento dei dati ai fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.

Si evidenzia in ultimo che anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) è intervenuta più volte per sanzionare pratiche commerciali scorrette[1] con riferimento alle attività poste in essere da professionisti per il recupero di crediti vantati. Modalità invasive per sollecitare l’esazione della somma dovuta, tali daesercitare una indebita pressione sul consumatore/debitore, possono risultare infatti scorrette e aggressive ai sensi ed in violazione del D.Lgs. 6-9-2005 n. 206 (il “Codice del Consumo”) in quanto contrarie alla diligenza professionale e idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico dei consumatori interessati. Al riguardo, si segnala da ultimo il Provvedimento[2] emesso nei confronti di Recus S.p.A, in cui l’AGCM,irrogando una sanzione amministrativa pecuniaria di € 500.000,ha stabilito che la condotta posta in essere dal professionista per recuperare vari crediti a favore di società in prevalenza fornitrici di utenze domestiche (energia elettrica, gas, telefonia fissa), costituiva una pratica commerciale scorretta ed aggressiva ai sensi degli artt. 20, 24 e 25, lettere b) e e), nonché articolo26, lettera b) e c), del Codice del Consumo. In particolare, la pratica contestata oggetto del Provvedimento succitato consisteva nel sollecitare a mezzo di telefonate insistenti, mail ed sms, il pagamento di crediti non dettagliati o comunque contestati (anche per problemi di prescrizione), minacciando, in caso di mancato pagamento, azioni legali ed altre iniziative[3]. Con specifico riguardo ai solleciti telefonici, risultava che il professionista in via sistematica e insistente effettuava attività di rintraccio e di sollecito telefonico presso il debitore o anche presso i parenti e sul luogo di lavoro, al fine di indurre l’obbligato a prendere contatti con l’incaricato della società di recupero crediti[4]..Con riferimento ai solleciti epistolari e digitali, l’AGCM ha statuito che le lettere di messa in mora e contestuale diffida ad adempiere, in considerazione del breve lasso di tempo che il professionista assegnava per provvedere a sanare la morosità pregressa (in alcuni casi cinque o in altri sette giorni), accompagnate dalla prospettazione di un’imminente azione legale da parte del professionista, senza alcun ulteriore preavviso, erano suscettibili di determinare nel consumatore medio un indebito condizionamento, ingenerando il convincimento che, a prescindere dalla fondatezza della propria posizione debitoria, fosse preferibile provvedere rapidamente al pagamento dell’importo richiesto, piuttosto che esporsi ad un contenzioso giudiziario. Infine, riguardo alle visite domiciliari, l’AGCM ha statuito che la strategia programmata e pianificata attuata dal professionista, in base alla quale le visite erano svolte ripetutamente al fine di conservare un contatto continuo con il consumatore, fosse idonea a creare una pressione sui presunti debitori insolventi: tale strategia produceva l’effetto di infondere tensione sul presunto debitore insolvente inducendolo a prendere contatti con l’agente esattore di Recus o direttamente al pagamento.

Secondo l’AGCM, quindi, i comportamenti posti in essere dalla società Recus S.p.A., sopra brevemente sintetizzati, risultavano contrari alla diligenza professionale ed idonei a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio, in quanto –mediante indebito condizionamento – idonei a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio e, pertanto, ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.



[1] Si segnala, inter alia, il Provvedimento n. 25260, PS9248, dell’8 gennaio 2015, emesso nei confronti di Telkom S.p.A., in cui l’AGCM, irrogando una sanzione amministrativa pecuniaria di € 320.000, ha stabilito che la condotta posta in essere dal professionista costituiva una pratica commerciale scorretta ed aggressiva ai sensi degli artt. 20, 24 e 25 del Codice del Consumo in quanto idonea ad indurre il consumatore ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. In particolare, la pratica contestata oggetto del Provvedimento succitato consisteva nell’ inoltrare – al fine di recuperare presunti crediti – a diversi consumatori, per il tramite di avvocati, atti di citazione in giudizio (con l’indicazione di una fittizia data della prima udienza) presso sedi di Giudici di Pace senza il rispetto del foro competente. Tale pratica avrebbe un fine meramente aggressivo, in quanto volta non a esercitare un legittimo diritto di recupero in sede giudiziale del credito, ma a determinare nel consumatore medio un indebito condizionamento, ingenerando il convincimento che, a prescindere dalla fondatezza della propria posizione debitoria, fosse preferibile provvedere rapidamente al pagamento dell’importo richiesto, piuttosto che esporsi ad un contenzioso giudiziario.

[2] Provvedimento n. 25324, PS9539, del 18 febbraio 2015.

[3] In alcuni casi gli incaricati di RECUS S.p.A. avrebbero raggiunto i debitori sul posto di lavoro o presso i vicini di casa, nonché avrebbero inviato numerose e-mail o effettuato chiamate telefoniche anche più volte al giorno.

[4] Tale modalità operativa di recupero stragiudiziale dei crediti secondo l’AGCM determina un elemento di pressione strumentale ed inoltre il rintraccio e il recupero telefonico del credito insoluto anche presso terzi è suscettibile di esercitare nei riguardi della persona ricercata una tensione nel prendere contatto col professionista per conoscere il motivo del rintraccio avvenuto addirittura presso terzi e di porla in uno stato di incertezza circa i sottaciuti motivi della chiamata. 

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