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Giurisprudenza

Propensione al rischio dell’investitore e obblighi informativi della banca

17 Gennaio 2022

Federico Bevilacqua

Cassazione Civile, Sez. I, 11 novembre 2021, n. 33596 – Pres. De Chiara, Rel. Di Marzio

Di cosa si parla in questo articolo

Con la pronuncia in esame, la Suprema Corte ha confermato il proprio orientamento in materia di onere della prova del nesso di causalità tra l’inadempimento degli obblighi informativi gravanti sulla banca e previsti dall’art. 21 del testo unico della finanza ed il danno prodottosi in capo all’investitore.

Segnatamente, la Corte ha ribadito che detto inadempimento fa sorgere “una presunzione di sussistenza del nesso di causalità: “dalla funzione sistematica assegnata all’obbligo informativo gravante sull’intermediario finanziario, preordinato al riequilibrio dell’asimmetria del patrimonio conoscitivo-informativo delle parti in favore dell’investitore, al fine di consentirgli una scelta realmente consapevole, scaturisce una presunzione legale di sussistenza del nesso causale fra inadempimento informativo e pregiudizio, pur suscettibile di prova contraria da parte dell’intermediario; tale prova, tuttavia, non può consistere nella dimostrazione di una generica propensione al rischio dell’investitore, desunta anche da scelte intrinsecamente rischiose pregresse, perché anche l’investitore speculativamente orientato e disponibile ad assumersi rischi deve poter valutare la sua scelta speculativa e rischiosa nell’ambito di tutte le opzioni dello stesso genere offerte dal mercato, alla luce dei fattori di rischio che gli sono stati segnalati” (Cass. 17 aprile 2020, n. 7905)”.

La Cassazione ha chiarito, tuttavia, che anche in quest’ultima prospettiva la banca può vincere la presunzione offrendo prova contraria, quantunque essa non possa essere desunta esclusivamente dalla generica rischiosità degli investimenti pregressi.

Nel caso di specie, il giudice di legittimità ha rigettato il ricorso promosso dagli investitori avverso alla Sentenza della Corte d’Appello di Torino, precisando che la Corte territoriale ha valorizzato una circostanza evidentemente nient’affatto generica, ossia che i medesimi investitori avessero acquistato le stesse obbligazioni anche successivamente all’acquisto presso la banca controricorrente, presso altro intermediario, circostanza, questa, indicativa della loro propensione ad acquisire in portafoglio proprio quei titoli.

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