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Attualità

Pegno non possessorio sui prodotti agro-alimentari

Punti di forza e criticità della disciplina

8 Agosto 2023

Diletta Maranca, Servizio Contratti Bancari, Crédit Agricole Italia

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza il tema del pegno non possessorio connesso all’utilizzo di prodotti agro-alimentari, analizzando le diverse discipline applicabili e soffermandosi sui punti di forza e di debolezza.


Nell’ambito del settore agro-alimentare si sono nel tempo susseguite importanti iniziative legislative, che, partendo dalla struttura codicistica in materia di pegno su beni mobili, hanno dato origine a forme di garanzie più elastiche e rispondenti alle esigenze degli imprenditori, pur nella imprescindibile esigenza di non pregiudicare i diritti del creditore pignoratizio, con particolare riferimento all’opponibilità della garanzia ai terzi e al conseguente diritto di prelazione.

In particolare, la necessità di accesso al credito da parte degli imprenditori, unita all’esigenza di poter continuare a utilizzare o disporre dei beni – che possono costituire elementi essenziali per l’attività di impresa, e che, soprattutto nel settore agro-alimentare, possono essere soggetti ad un lungo processo di lavorazione e/o trasformazione – ha comportato l’emanazione di leggi speciali di settore disciplinanti garanzie non possessorie e caratterizzate dal meccanismo della rotatività.

Per l’effetto, allo stato attuale, si assiste alla contemporanea presenza di una pluralità di norme, non perfettamente coordinate fra loro, recanti disposizioni per la valida costituzione di tale tipologia di pegno non possessorio e rotativo a valere su beni affini.

L’antecedente storico della forma di pegno caratterizzata dalla mancanza di spossessamento è costituito dalla legge 27 luglio 1985, n. 401 (c.d. Legge Borri). L’articolo 1 di tale norma disciplina la costituzione del pegno sui prosciutti a denominazione di origine tutelata, consentendola in una modalità semplificata mediante: i) l’apposizione sulla coscia, in qualunque fase della lavorazione – quindi anche prima dell’apposizione sulla coscia del marchio di origine – di uno speciale contrassegno indelebile e ii) la contestuale annotazione del pegno su appositi registri vidimati annualmente ai fini dell’opponibilità verso terzi.

Tale legge dispone, altresì, che il contrassegno e le relative modalità di applicazione, i registri e la loro tenuta debbono essere conformi ai modelli ed alle previsioni approvati con decreto del Ministro dell’Industria, del commercio e dell’artigianato su proposta dei consorzi incaricati della vigilanza sulla applicazione delle leggi sulla denominazione d’origine (cfr. D.M. del 30 novembre 1985, emanato su richiesta del Consorzio del prosciutto di Parma o il D.M. 30 ottobre 1985, emanato su richiesta del Consorzio del prosciutto di San Daniele).

Successivamente, l’articolo 7 della legge 27 marzo 2001, n. 122 recante “Disposizioni modificative e integrative alla normativa che disciplina il settore agricolo” ha esteso l’applicazione della legge Borri ai prodotti lattiero caseari a lunga conservazione a denominazione di origine (tra cui è possibile far rientrare anche il concetto di origine tutelata), statuendo, altresì, che il contrassegno e le relative modalità di applicazione, nonché le disposizioni concernenti i registri e la loro tenuta, vengano stabiliti con decreto degli allora Ministri dell’industria, del commercio e dell’artigianato e delle politiche agricole e forestali.

Il D.M. attuativo, che sarebbe dovuto intervenire entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, è stato emanato soltanto in data 26 luglio 2016 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 agosto 2016, n. 188, prevedendo un peculiare meccanismo idoneo ad assicurare la prelazione senza necessità di marchiatura dei prodotti lattiero caseari che possono costituire oggetto di tale garanzia (Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Pecorino Romano, Montasio, Provolone Valpadana).

Ai fini dell’opponibilità, si prevede l’annotazione in un apposito registro cartaceo – tenuto presso il debitore, salvo patto contrario – vidimato annualmente da notaio e contenente i prodotti lattiero caseari oggetto di pegno, individuati mediante gli elementi identificativi, diversi per ciascuna tipologia di prodotto, riportati nell’allegato 1 del decreto di attuazione medesimo.

Con tale decreto si è confermata, inoltre, la possibilità per i prodotti lattiero caseari di essere oggetto di pegno rotativo, che si realizza con la sostituzione di forme sottoposte a pegno, senza necessità di ulteriori stipulazioni, fermo il rispetto dei requisiti e modalità previsti negli allegati 1 e 2 del decreto stesso (cfr. articolo 1 decreto citato).

Sempre nel 2016 è stata emanata la legge 30 giugno 2016, n. 119 di conversione del D.L. n 59 del 2016, che consente agli imprenditori iscritti nel registro delle imprese la costituzione di un pegno non possessorio, con la previsione dell’importo massimo, per garantire i crediti loro concessi – presenti o futuri, nonché determinati o determinabili – a valere su determinate categorie di beni strumentali all’esercizio d’impresa (cfr. articolo 1 D.L. citato), consentendo, altresì, una ampia facoltà di uso del bene medesimo e della sua successiva alienazione o trasformazione.

Anche in questa ipotesi, come negli illustrati precedenti, gli effetti verso terzi sono garantiti dall’annotazione in un apposito registro, in questo caso informatico (cfr. articolo 1, comma 4, del D.L. 59/2016), costituito presso l’Agenzia delle entrate (il “registro dei pegni non possessori”).

Con successivo decreto interministeriale di attuazione del M.E.F. del 25 maggio 2021, n. 114, è stato disposto il regolamento concernente il citato registro dei pegni mobiliari non possessori. Nello specifico, il decreto regola le operazioni d’iscrizione, consultazione, modifica, rinnovo o cancellazione presso il registro, nonché gli obblighi a carico di chi effettua tali operazioni, e le modalità di accesso al registro medesimo, la cui regolazione è stata demandata all’Agenzia delle entrate.

Oltre al provvedimento contenente la nomenclatura dei beni assoggettabili a pegno (fra cui si annoverano i prodotti del regno vegetale, animale e delle industrie alimentari) di cui al Provvedimento dell’Agenzia delle entrate in data 12 ottobre 2021, l’Agenzia stessa ha assunto due ulteriori provvedimenti, rispettivamente in data 12 gennaio 2023, recante “le caratteristiche tecniche per la presentazione delle domande”, e in data 5 aprile 2023, relativo alle “modalità di versamento dei tributi e dei diritti dovuti per la registrazione del titolo e per l’esecuzione delle formalità relative al registro informatico dei pegni mobiliari non possessori”, fino ad arrivare all’attivazione del registro confermata a decorrere dal 15 giugno 2023.

Infine, più recentemente, è stato disciplinato il pegno rotativo per i prodotti DOP e IGP con il D.L. 17 marzo 2020 n.18, cosiddetto Decreto Cura Italia, convertito con modifiche dalla Legge 24 aprile 2020 n. 27.

L’art. 78 relativo alle misure in favore del settore agricolo e della pesca, al comma 2-duodecies prevede che “I prodotti agricoli e alimentari a denominazione d’origine protetta o a indicazione geografica protetta, inclusi i prodotti vitivinicoli e le bevande spiritose, possono essere sottoposti a pegno rotativo, attraverso l’individuazione, anche per mezzo di documenti, dei beni oggetti di pegno e di quelli sui quali il pegno si trasferisce nonché mediante l’annotazione in appositi registri”.

Anche in questo caso viene demandata la definizione delle modalità di costituzione, individuazione, annotazione ed estinzione del pegno rotativo su DOP e IGP (prodotti agricoli, prodotti alimentari, prodotti vitivinicoli e bevande spiritose) a un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, che ha trovato attuazione in data 23 luglio 2020.

In questa fattispecie l’identificazione delle unità da sottoporre a pegno deve avvenire secondo le regole di annotazione sul registro cartaceo diverso per ogni creditore e conservato presso il debitore, mentre l’annotazione si esegue nel Sistema informativo agricolo nazionale (S.I.A.N., costituito con legge 4 giugno 1984, n. 194) per quei prodotti (es: prodotti vitivinicoli e olio di oliva) per i quali vige l’obbligo di annotazione su tale registro.

****

Considerato il quadro normativo delineato, in mancanza di un coordinamento da parte del legislatore e tenuto conto del fatto che alla legge n. 119/2016 non può essere pacificamente attribuita una portata generale, non pare errato sostenere la coesistenza fra più norme, introdotte dai diversi provvedimenti sopra citati, idonee a costituire una garanzia pignoratizia di natura non possessoria su beni appartenenti alla categoria agro-alimentare.

Conseguentemente, di fronte all’affinità di oggetto del pegno (si pensi, in particolare, al caso del prosciutto quale prodotto DOP, nonché oggetto specifico della legge Borri e potenzialmente rientrante anche nei prodotti del regno animale/delle industrie alimentari compresi fra le categorie merceologiche di cui alla legge n. 119/2016) i creditori possono scegliere quale forma di pegno non possessorio ritengano preferibile acquisire.

Sotto questo profilo, mentre l’accesso al credito mediante la costituzione in pegno di prodotti agro-alimentari in forza delle leggi speciali di settore costituisce un’operatività ormai ampiamente seguita da parte degli operatori, imprese e banche – soprattutto in Regioni in cui i prodotti agro alimentari pegnabili costituiscono eccellenze gastronomiche – in riferimento al pegno mobiliare non possessorio di cui alla legge n. 119/2016, stante la recente resa operativa del registro, non è ancora possibile valutare la concreta valenza dell’istituto e apprezzarne la sua potenziale diffusione rispetto alle norme di settore.

Tuttavia, nelle varie discipline, a tutela delle ragioni creditorie, si possono comunque già delineare sia “punti di forza”, sia “elementi di criticità”, che, in particolare nell’ambito del pegno mobiliare non possessorio ai sensi della legge n. 119/2016, costituiscono spunti di riflessione certamente meritevoli di considerazione.

In primis, si rileva come la marchiatura del prosciutto con un contrassegno identificativo del creditore pignorante prevista dalla storica Legge Borri risulti essere l’elemento maggiormente distintivo rispetto alle altre normative. Tale contrassegno consente ai creditori di individuare ciascun prosciutto pegnato e, rispetto a tutte le successive discipline, risulta certamente più cautelante per il creditore al fine di una individuazione analitica e immediata dei beni stessi (a prescindere e a conferma delle scritturazioni sul registro che il debitore detiene per ciascun proprio creditore). Per contro, tuttavia, potrebbe non essere del tutto coerente con la ratio del pegno rotativo, strutturalmente finalizzato alla sostituzione progressiva dei beni pegnati, riducendo, da un lato, la rilevanza della loro identità individuale e privilegiando, dall’altro, il valore complessivo dei beni medesimi.

Nei successivi provvedimenti disciplinanti il pegno sui prodotti lattiero caseari di cui alla legge 27 marzo 2001, n. 122 e i prodotti DOP – IGP di cui al D.L. 17 marzo 2020 n.18 , il legislatore ha privilegiato proprio la “rotatività”, concedendo al debitore la possibilità di utilizzare il bene e di sostituirlo, in caso di vendita e/o trasformazione, con altri beni della stessa specie, a loro volta individuati sulla base degli stessi specifici elementi distintivi o documentali previsti dalla normativa.

Eccezion fatta per quei prodotti che sono oggetto di registrazione nel S.I.A.N., il principale elemento critico che accomuna i citati provvedimenti è l’annotazione in registri cartacei privi di un sistema di pubblicità legale, la quale sconta il limite dell’eventuale (ma non elidibile a priori) conflitto fra creditori determinato dalla molteplicità dei registri (uno per ogni creditore) e dal conseguente rischio di possibili manomissioni o errori di registrazione. Né riduce tale rischio la vidimazione notarile annuale dei registri, che non pare idonea a garantire una verifica sostanziale dei titoli.

A parziale superamento di tali criticità, è pregevole l’introduzione e la messa in esercizio del registro informatizzato per il pegno non possessorio disciplinato dalla legge 30 giugno 2016, n. 119, che, rispetto ai registri cartacei consente di avere certezza dell’esistenza della garanzia e del suo grado, nonché del beneficiario della garanzia medesima. È anzi auspicabile che possa in futuro trasformarsi in un registro generale nazionale delle garanzie mobiliari, che possa dare uniformità, ad oggi esclusa dalla coesistenza delle citate discipline speciali, alle modalità di registrazione e di pubblicità per tutte le tipologie di pegno rotativo non possessorio.

Riteniamo che non costituisca una fattispecie realistica per il caso di pegno su prodotti agro-alimentari il rischio derivante dalla non opponibilità di un pegno non possessorio, anche se anteriormente costituito ed iscritto, prevista espressamente dal comma 5, dell’art. 1 della Legge n. 119/2016 (criticità quest’ultima ovviamente non superabile dall’informatizzazione del registro).

Altri elementi di rischio emergono dall’ampliamento portato dalla legge del 2016 al principio di rotatività, che in quella sede trova la sua massima espressione.

Ove non sia diversamente disposto nel contratto, infatti, il costituente il pegno è autorizzato a trasformare o alienare i beni gravati da pegno, nel rispetto della loro destinazione economica, o comunque a disporre di quelli. In tal caso il pegno si trasferisce, rispettivamente, sul prodotto risultante dalla trasformazione, sul corrispettivo della cessione del bene gravato, oppure, ancora, sul bene acquistato con tale corrispettivo, senza che ciò comporti costituzione di una nuova garanzia.

L’articolo 1, comma 2, della Legge n. 119/2016 prevede altresì che, nel caso in cui il prodotto risultante dalla trasformazione inglobi più beni appartenenti a diverse categorie merceologiche e oggetto di diversi pegni non possessori: “le facoltà previste dal comma 7 spettano a ciascun creditore pignoratizio con obbligo da parte sua di restituire al datore della garanzia, secondo criteri di proporzionalità, sulla base delle stime effettuate con le modalità di cui al comma 7, lettera a), il valore del bene riferibile alle altre categorie merceologiche che si sono che si sono unite o mescolate”.

Tale descritta disciplina della rotatività presenta alcune problematiche, connesse anche al fatto che la sostituzione non richiede particolari formalità, né è richiesto il consenso del creditore garantito. In particolare, ci riferiamo alla:

  1. difficoltà nella individuazione, in concreto, dei beni – o delle somme derivanti dalla vendita – soggetti al vincolo pignoratizio all’esito della sostituzione, sia per impossibilità pratiche di ricostruire, a posteriori, i trasferimenti del vincolo pignoratizio, sia per il fatto che risulta difficilmente immaginabile una costante attività di vigilanza e controllo sui beni pegnati da parte dei creditori;
  2. incertezza interpretativa sulla eventuale necessità di registrazione di un nuovo atto o, in alternativa, di un atto di variazione, allorché i beni pegnati, successivamente venduti, vengano sostituiti con beni della medesima categoria, in modo da consentire all’impresa di poter utilizzare la linea di credito in maniera continuativa, una volta ripristinata la provvista;
  3. insufficienza del meccanismo di ripartizione dei crediti pignoratizi per trasformazione disomogenea (di cui all’art. 1, comma 2, seconda parte) con incremento delle controversie fra creditori sui criteri di proporzionalità o sulle stime effettuate.

Infine, particolarmente innovativa è la disciplina di escussione stragiudiziale che prevede una preventiva intimazione, notificata, anche direttamente dal creditore a mezzo di posta elettronica certificata, al costituente e ad altri creditori, se esistenti.

Le norme e, segnatamente l’articolo 1 comma 7 della legge n. 119/2016, fra le altre alternative previste (es. locazione o appropriazione del bene), consentono al creditore, con un certo grado di flessibilità, di vendere i beni oggetto del pegno, trattenendo il corrispettivo a soddisfacimento del credito, fino a concorrenza della somma garantita e con l’obbligo di restituire al costituente l’eccedenza.

Vale la pena rilevare che la vendita deve essere effettuata – in conformità a quanto previsto dalla norma citata – mediante procedure competitive e avvalendosi di stime effettuate da esperti estimatori, dandone, in ogni caso, pubblicità sul portale delle vendite pubbliche di cui all’articolo 490 del codice di procedura civile.

In conclusione, quando vengono costituiti in pegno prodotti agro-alimentari, nonostante gli ampliamenti e le innovazioni pregevolmente apportati dalla legge n. 119/2016 sul pegno mobiliare non possessorio, si dovranno inevitabilmente definire, a tutela delle ragioni creditorie, idonei presidi di controllo della trasformazione dei beni, nonché eventuali limitazioni alle categorie di beni pegnabili, oltre a individuare preferibilmente limitazioni all’operatività imposte al costituente nonché la nomina, fin dalla stipula dell’atto di pegno, dell’esperto estimatore.

Sarà inoltre necessario attendere gli ulteriori sviluppi dottrinali e di prassi in materia, anche all’esito dei confronti già attivati direttamente dall’Agenzia delle entrate con gli stakeholders (fra cui ABI), volti proprio a chiarire possibili dubbi interpretativi che, inevitabilmente, si insinueranno con l’applicazione del nuovo istituto, anche a seguito dell’operatività del registro.

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