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Giurisprudenza

Opposizione a decreto ingiuntivo e mediazione: l’onere di esperire il tentativo obbligatorio verte sul creditore opposto

5 Novembre 2020

Angelo Giulio Iemmolo

Cassazione Civile, Sez. Unite, 18 settembre 2020, n. 19596 – Pres. Mammone, Rel. Cirillo

Di cosa si parla in questo articolo

Le Sezioni Unite, dirimendo una questione di particolare importanza, hanno affermato il seguente principio di diritto: «Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo».

La decisione veniva rimessa alle Sezioni Unite in ragione dell’ampia parte del contenzioso civile interessato dalla mediazione e del perdurante dissenso, sia giurisprudenziale che dottrinale, sul problema in questione.

Nel caso di specie, riguardante un decreto ingiuntivo richiesto da un istituto finanziario per recuperare il proprio credito, i giudici di merito si erano attenuti alla ricostruzione espressa dalla sentenza di Cassazione n. 24629/2015, secondo la quale, essendo l’opponente la parte che intende percorrere la c.d. via lunga del giudizio a cognizione piena, sarà quest’ultimo ad avere l’onere di esperire il tentativo di mediazione obbligatorio.

Tale tesi si basa su due argomenti, ovvero che sia l’opponente ad avere la veste processuale di attore, e che sia questi ad avere interesse ad attivarsi, promuovendo anche la mediazione, affinché il provvedimento ingiuntivo non passi in giudicato.

Le Sezioni Unite hanno, invece, ritenuto di accogliere la tesi opposta, secondo la quale una volta che l’opponente si sia attivato e la lite sia pendente (come stabilito dal comma 3, dell’art. 643 c.p.c.), le parti riprendono ciascuna il proprio ruolo e sarà quindi l’opposto creditore a rivestire la veste di attore in senso sostanziale.

La Corte ha, inoltre, mostrato di far propria un’argomentazione c.d. orientata alle conseguenze (ragionando “in termini di analisi economica del diritto”), giacché la mancata proposizione dell’istanza di mediazione nel caso in cui si facesse ricadere l’onere in capo al creditore sostanziale determinerebbe la mera revoca del decreto ingiuntivo (senza ulteriore pregiudizio, potendo lo stesso essere riproposto); nel caso inverso, in cui onerata sia la parte opponente, la conseguenza sarebbe l’improcedibilità dell’opposizione e la definitiva irrevocabilità del decreto ingiuntivo.

Secondo le argomentazioni della Corte, infatti, risulterebbe “almeno curioso” che il debitore sia costretto a proporre l’istanza dovendo indicare «l’oggetto e le ragioni» di una pretesa che non sia la sua.

Non sarebbe, inoltre, logico far gravare sul debitore l’onore di un’azione che abbia per effetto un risultato favorevole alla controparte, quale l’interruzione della prescrizione.

Sebbene la legge abbia previsto che nel giudizio monitorio l’onere di mediazione avvenga in un momento successivo alla decisione delle istanze sulla provvisoria esecuzione, sciolto tale nodo, appare più conforme al sistema che le parti riprendano ciascuna la propria posizione, e quindi, a parere della Corte nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il creditore opposto rivestirebbe il ruolo di c.d. attore sostanziale con il relativo onere di promuovere la procedura di mediazione.

 

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