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Approfondimenti

Minibond: un canale di finanziamento alle imprese alternativo al sistema bancario

3 Giugno 2014

Avv. Rossella Mariani, Zitiello e Associati Studio Legale

Di cosa si parla in questo articolo

1. Introduzione

La crisi economica degli ultimi anni ha messo a dura prova la struttura finanziaria delle imprese italiane e, in particolare, delle piccole e medie imprese italiane, evidenziando le limitazioni del sistema di finanziamento delle medesime che, normalmente, si affidano prevalentemente al credito offerto dal sistema bancario.

E’ peraltro fatto notorio che l’aggravarsi e il protrarsi della crisi economica ha reso estremamente difficoltoso l’accesso al credito bancario alle aziende.

In tale contesto il legislatore italiano è recentemente intervenuto con diversi provvedimenti normativi al fine di incentivare il ricorso a canali di finanziamento alternativi al sistema bancario anche per le imprese non quotate e nel contempo favorire l’ingresso degli investitori professionali nel sistema produttivo delle piccole e medie imprese (le PMI).

Tale obiettivo è stato perseguito mediante la mitigazione degli ostacoli di natura fiscale e civilistica all’emissione di titoli obbligazionari da parte di imprese non quotate (i c.d. minibond). Il legislatore ha, altresì, dettato nuove norme in materia di cambiali finanziarie che, tuttavia, non saranno oggetto di analisi nel presente articolo.

2. Le principali modifiche legislative in tema di minibond: ambito di applicazione

Il primo intervento è stato l’emanazione dell’art. 32 del d.l. n. 83/2012 (c.d. “Decreto Crescita”), convertito dalla l. n.134/2012 e successivamente modificato dal d.l. n. 179/2012 (c.d. “Decreto Crescita bis”, nel seguito, congiuntamente i “Decreti Crescita”).

Di recente, il legislatore è intervento nuovamente in materia con l’art. 12 del d.l. n. 145/2013 (c.d. decreto “Destinazione Italia”), convertito dalla l. n. 9/2014.

Le principali novità introdotte dei Decreti Crescita e dal Decreto Destinazione Italia possono essere così sintetizzate:

  1. eliminazione dei limiti di emissione di obbligazioni per le società non quotate, mediante la modifica dell’art. 2412 c.c.;
  2. introduzione di una disciplina specifica per l’emissione di obbligazioni e titoli similari da parte di società non quotate che prevedano clausole di partecipazione e di subordinazione;
  3. allineamento del regime fiscale delle obbligazioni e dei titoli di debito emessi da società non quotate a quello più favorevole delle società quotate e l’introduzione di agevolazioni fiscali per l’investimento in tali titoli;
  4. modifica della l. n. 130/1999 sulla cartolarizzazione dei crediti al fine di consentire l’inclusione dei minibond tra gli attivi oggetto di cartolarizzazione;
  5. la possibilità per le compagnie di assicurazione di investire gli attivi ammessi a copertura delle riserve tecniche nei minibond e nelle quote di fondi comuni di investimento che investono in tali obbligazioni;
  6. la possibilità per le banche di strutturare covered bond garantiti dai minibond;
  7. l’estensione del privilegio speciale sui beni mobili di cui all’art. 46 del TUB ai minibond;
  8. introduzione di modifiche fiscali agevolative per le garanzie utilizzabili a sostegno dell’emissione obbligazionaria.

Dal punto di vista pratico il legislatore si è mosso seguendo diverse direttrici.

Con le modifiche introdotte dal punto di vista civilistico e di garanzie per l’emissione dei prestiti obbligazionari ha inteso rendere più agevole per le imprese il ricorso alla nuova forma di finanziamento attraverso l’emissione di titoli di debito.

Con le modifiche al regime fiscale ha voluto rendere più “appetibili” i minibond sia per gli emittenti, che per i sottoscrittori.

Con le modifiche alla legge sulla cartolarizzazione, con quelle rilevanti per le compagnie di assicurazione, per i fondi comuni di investimento e per la banche ha perseguito lo scopo di creare un mercato di riferimento per la sottoscrizione dei minibond.

Per quanto riguarda l’ambito di applicazione soggettiva della nuova normativa il Decreto Crescita esclude solo le banche e le micro-imprese, ossia le imprese che occupano meno di 10 dipendenti e realizzano un fatturato annuo oppure un totale di bilancio non superiorea due milioni di euro.

Alla luce della delimitazione dell’ambito soggettivo di applicazione della nuova normativa, si osserva pertanto che il termine minibond, normalmente utilizzato nella prassi, è sostanzialmente riduttivo rispetto alla portata delle modifiche legislative che, invece, appaiono mirate ad equiparare le condizioni di accesso al mercato dei capitali (al soddisfacimento di determinate condizioni) a tutte le imprese indipendentemente dalla circostanza che siano quotate o meno su un mercato regolamentato.

Le società a responsabilità limitata, tuttavia, potranno emettere titoli di debito (1) sulla base delle nuove norme in esame alle condizioni previste dall’art. 2483 c.c. e cioè nel caso in cui l’atto costitutivo della società preveda la possibilità di emettere titoli di debito e che i titoli di debito emessi siano sottoscritti esclusivamente da investitori professionali.

Quanto all’ambito di applicazione oggettiva, la nuova normativa è riferita alle obbligazioni e ai titoli similari (2).

3. Le modifiche civilistiche

La previsione più innovativa e di più ampia portata introdotta dal Decreto Crescita è la modifica all’art. 2412, comma quinto, c.c..

L’articolo in esame, prima delle modifiche introdotte dal Decreto Crescita, consentiva l’emissione di obbligazioni per una somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili nell’ultimo bilancio sociale.

Tale limite poteva essere superato solo se le obbligazioni in eccedenza erano sottoscritte da soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale o se le obbligazioni erano emesse da parte di una società per azioni quotata.

Il Decreto Sviluppo ha esteso la possibilità di emettere obbligazioni superiori al doppio del patrimonio netto a tutte le società (diverse dalle banche e dalle micro-imprese) che, pur non essendo quotate, quotino le obbligazioni emesse in un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione e nel caso di emissione di titoli obbligazionari che danno il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni.

Pertanto, alla luce della nuova disciplina, il limite quantitativo sopra descritto non trova applicazione né alle società per azioni con azioni quotate, né alle società con azioni non quotate, a condizione che le obbligazioni emesse siano destinate alla quotazione in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione, oppure conferiscano il diritto di acquisire o sottoscrivere azioni La modifica è di estremo rilievo in quanto le limitazioni alle emissioni obbligazionarie di cui all’art. 2412 c.c., ha, in passato, ostacolato il ricorso al mercato dei capitali da parte di società con capitalizzazione relativamente bassa, ma che, di fatto, possono avere, in considerazione della attività produttiva o commerciale prestata e del possesso di brands noti, la possibilità di attrarre effettivamente potenziali investitori.

La nuova normativa, quindi, rafforza la possibilità per le imprese anche di piccole dimensioni di emettere obbligazioni per un ammontare sufficiente a finanziare progetti di sviluppo.

Il legislatore si è mosso, in ogni caso, anche nell’ottica di tutelare i potenziali investitori in minibond e, sotto questo profilo, il Decreto Sviluppo ha previsto che i minibond siano quotati (salvo il caso in cui gli stessi siano sottoscritti unicamente da investitori qualificati di cui infra) su un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione delle obbligazioni stesse, in quanto gli obblighi informativi previsti dai regolamenti di tali mercati, dovrebbero consentire ai sottoscrittori di minibond di avere le informazioni rilevanti circa l’emittente e di assumere “rischi consapevoli”.

Per venire incontro a tale esigenza, Borsa Italiana, a far data dall’11 febbraio 2013, ha attivato all’interno del sistema multilaterale di negoziazione ExtraMOT, un nuovo segmento, l’ExtraMOT PRO, che specificamente si rivolge agli emittenti di minibond di cui alla nuova normativa legislativa ed ha come destinatari i soli investitori professionali.

5. Il regime fiscale

In passato uno degli ostacoli all’emissione di titoli di debito da parte delle società non quotate era rappresentato dall’applicazione di un regime fiscale particolarmente disincentivante rispetto a quello riservato all’emissione di titoli di debito da parte delle società quotate.

Il regime fiscale era, inoltre, decisamente più penalizzante rispetto all’utilizzo del canale principale di finanziamento delle imprese italiane, ossia quello bancario.

Al fine di rendere il ricorso all’emissione di titoli di debito da parte di società non quotate una reale alternativa al finanziamento bancario, la recente normativa ha introdotto alcune novità volte, da un lato, a rendere maggiormente efficiente l’emissione dal punto di vista del carico fiscale dell’emittente e, dall’altro, ad incrementare il livello di interesse verso questi strumenti finanziari da parte dei potenziali investitori.

Il Decreto Sviluppo ha sostanzialmente equiparato il regime fiscale applicabile alle obbligazioni emesse da società non quotate a quello, più favorevole, previsto per le banche e le società quotate (i c.d. “grandi emittenti”) a condizione che dette obbligazioni siano quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione.

Le principali modifiche fiscali per lemittente possono così riassumersi:

(a) gli interessi passivi pagati sulle obbligazioni diventano integralmente deducibili dal reddito di impresa, così come previsto per i grandi emittenti.

E’ stata, infatti, esclusa l’applicabilità ai minibond dell’art. 3, comma 115, della l. n. 549/1995 che dispone l’indeducibilità degli interessi passivi per l’ammontare eccedente il doppio del tasso ufficiale di riferimento (TUR) stabilito dalla Banca Centrale Europea per le obbligazioni e i titoli similari quotati o il TUR aumentato di 2/3 per le obbligazioni non quotate.

La modifica appare di estremo rilievo, in quanto il limite di deducibilità di cui sopra, rendeva – di fatto – indeducibili la gran parte degli interessi passivi stante il basso livello del TUR (<1%), con la conseguenza che per le imprese non era fiscalmente conveniente finanziarsi tramite l’emissione di titoli di debito rispetto al ricorso al finanziamento bancario, i cui interessi non sono sottoposti ai limitidi indeducibilità sopra descritti.

Il Decreto Sviluppo ha disposto la deducibilità degli interessi passivi pagati sulle obbligazioni a condizione che:

  1. i titoli di debito emessi siano negoziati su mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione di Stati membri dell’Unione Europea o degli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo inclusi nella c.d. white list;
  2. ove le obbligazioni non siano quotate, le stesse siano sottoscritte da investitori qualificati (come definiti dall’art. 100 del TUF) che non detengano, neppure per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, più del 2% del capitale o del patrimonio dell’emittente e purché il beneficiario effettivo dei proventi sia residente in Italia o in Stati che garantiscano lo scambio di informazioni.

Ne consegue che alle emissioni di minibond, che presentano le caratteristiche di cui sopra, sarà applicabile solo l’art. 96 del TUIR che consente la deducibilità degli interessi passivi in ciascun periodo di imposta fino alla concorrenza degli interessi attivi e dei proventi ad essi assimilati. L’eccedenza è deducibile nel limite del 30% del risultato operativo lordo (il c.d. ROL).

Con la modifica in esame il legislatore ha allineato il regime della deducibilità degli interessi sulle obbligazioni al regime di deducibilità fiscale degli interessi passivi sui finanziamenti bancari.

(b) gli oneri di emissione delle obbligazioni o dei titoli di debito sono deducibili nell’esercizio in cui sono stati sostenuti indipendentemente del criterio di imputazione a bilancio.

Per quanto concerne il regime applicabile agli investitori, il Decreto Sviluppo ha esteso alle società non quotate il regime di esenzione dalla ritenuta alla fonte su interessi ed altri proventi.

L’art. 3, comma 1, del d.l. 24 aprile 2014, n. 66, ha maggiorato l’importo della ritenuta che per effetto della norma in esame è passata dal 20% al 26% (3).

Prima della modifica in esame, i titoli di debito emessi da società non quotate erano escluse dall’ambito di applicazione del d.lgs. n. 239/1996, che prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva in luogo del regime delle ritenute ex art. 26 del DPR 600/73, con la conseguenza che queste obbligazioni scontavano sempre una ritenuta a titolo di imposta o di acconto.

La principale novità è rappresentata quindi dall’introduzione del regime dell’esenzione da ritenute nei confronti di investitori istituzionali italiani, nonché l’esenzione dalla ritenuta del 26% sugli interessi e proventi corrisposti ad investitori esteri residenti in Paesi che scambiano informazioni con il fisco italiano e che sono inclusi nella c.d. white list di cui al D.M. 4.9.1996.

Il Decreto Destinazione Italia, sempre nell’ottica di favorire la diffusione dei minibond quale canale alternativo al sistema bancario di finanziamento alle imprese, ha integrato il Decreto Sviluppo estendendo l’eliminazione della ritenuta del 26% di cui al citato art. 26 del DPR n. 600/73, agli interessi e gli altri proventi delle obbligazioni e titoli similari corrisposte a organismi di investimento collettivo in valori mobiliari le cui quote siano detenute esclusivamente da investitori qualificatiai sensi dell’art. 100 del TUF e il cui patrimonio sia investito prevalentemente in tali obbligazioni o titoli di debito.

La modifica in esame si colloca nella terza direttrice adottata dal legislatore ossia quella di favorire la creazione di uno specifico mercato di riferimento per i minibond. Infatti, a seguito dell’emanazione del Decreto Crescita, da più parti, si era osservato che il percorso normativo risultava incompleto, in quanto le misure adottate risultavano insufficienti a favorire effettivamente la diffusione dei nuovi strumenti di debito a causa della difficoltà di distribuire direttamente i prestiti obbligazionari emessi dalle imprese, della difficoltà di gestire la distribuzione su ampia scala vista la dimensione ridotta dei prestiti in questione rispetto alle tradizionali operazioni che si effettuano sui mercati domestici e internazionali.

Al fine di ovviare alla difficoltà di cui sopra, uno strumento è rappresentato dalla aggregazione di diverse emissioni in fondi dedicati all’investimento in minibond. Ed in effetti, recentemente sono stati costituiti ed in parte sono in fase di autorizzazione fondi destinati alla raccolta di capitale da parte di investitori interessati alle PMI.

L’integrazione all’art. 32 del Decreto Sviluppo, apportata dal Decreto Destinazione Italia, va evidentemente nella direzione di favorire lo sviluppo di fondi destinati alla sottoscrizione dei minibond.

4. Le clausole di subordinazione e partecipazione

Un altro intervento innovativo del Decreto Crescita riguarda l’estensione dei vantaggi fiscali ai minibond subordinati, partecipativi e partecipativi subordinati aventi una scadenza iniziale pari o superiore a 36 mesi.

I minibond subordinati sono obbligazioni contenenti una clausola di subordinazione, ai sensi della quale vengono definiti i termini di postergazione del portatore del titolo ai diritti degli altri creditori dell’emittente. I sottoscrittori di minibond aventi una clausola di subordinazione – in caso di liquidazione della società emittente – potrebbero essere postergati nel rimborso del capitale investito a tutti o parte dei creditori dell’emittente, affrontando quindi un rischio maggiore. In questo caso di postergazione, il regolamento del prestito prevedrà, in favore degli obbligazionisti postergati, tassi di interesse maggiori rispetto a quelli non postergati.

I minibond partecipativi contengono una clausola di partecipazione ai sensi della quale viene regolata la parte di corrispettivo spettante al portatore del titolo. Il corrispettivo relativo ai minibond partecipativi si compone di una parte fissa e di una parte variabile ancorata al risultato economico dell’emittente. Il Decreto Crescita prevede che la parte fissa deve essere rappresentata da un tasso di interesse che non può essere inferiore al TUR pro tempore vigente e che la parte variabile deve essere rappresentata da una somma commisurata al risultato economico dell’esercizio dell’emittente, nella percentuale indicata nel regolamento del prestito (o atto di emissione). E’ stato inoltre precisato che le regole di calcolo della parte variabile non possono essere modificate per tutta la durata dell’emissione e devono dipendere da elementi oggettivi connessi all’andamento dell’impresa emittente.

Considerata la variabilità degli interessi, il Decreto Crescita ha espressamente escluso l’applicabilità della l. n. 108/1996 (c.d. Legge Usura) alla parte variabile del corrispettivo.

E’ prevista la possibilità per l’emittente di emettere strumenti ibridi, che contengono sia clausole di subordinazione rispetto agli altri obbligazionisti dell’emittente, che clausole partecipative. In questo caso gli interessi dei sottoscrittori saranno in parte commisurati al risultato economico dell’azienda e il rimborso del capitale investito sarà postergato rispetto ad alcuni o parte dei creditori della società.

5. Le ulteriori agevolazioni fiscali di cui al Decreto Destinazione Italia: in particolare le garanzie

Il Decreto Destinazione Italia, come anticipato, preso atto delle istanze provenienti dal mercato e della scarsa diffusione dei minibond a seguito del Decreto Crescita, è intervenuto sotto differenti aspetti sempre al fine di favorire la diffusione del ricorso al mercato dei titoli di debito.

Tra gli interventi di maggiore rilievo si registra quello afferente le eventuali garanzie del prestiti obbligazionari. Infatti, la creazione di un sistema di garanzie in linea con le aspettative degli investitori è essenziale al fine di assicurare il successo di una emissione obbligazionaria.

La strutturazione delle garanzie contribuisce a determinare la rischiosità dell’operazione e di conseguenza rileva ai fini della determinazione del tasso di interesse riconosciuto ai sottoscrittori.

Una prima modifica, introdotta dal Decreto Destinazione Italia in relazione alle garanzie dei prestiti obbligazionari, è rappresentata dalle agevolazioni fiscali in tema di imposte indirette, ossia sulle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali, per quanto attiene alle garanzie ipotecarie.

Sino al 2012, in caso di obbligazioni emesse da società non quotate la costituzione di garanzie ipotecarie di primo grado su immobili di proprietà dell’emittente in favore di sottoscrittori consentiva il superamento dei limiti previsti dall’art. 2412 c.c. (doppio del capitale sociale e delle riserve). Tuttavia, vi erano alti costi correlati alla costituzione delle garanzie ipotecarie a causa dell’elevato onere fiscale.

Il Decreto Destinazione Italia ha reso meno onerose tutte le garanzie dei prestiti obbligazionari estendendo agli emittenti la possibilità di optare per l’applicazione della imposta sostitutiva dello 0,25% prevista dagli artt. 15 e 17 del DPR n. 601/1973 “a tutte le garanzie di qualunque tipo, da chiunque e in qualsiasi momento prestate in relazione alle operazioni di investimento strutturate come emissioni di obbligazioni o titoli similari, da chiunque sottoscritti, alle loro eventuali surroghe, sostituzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione alle stesse, nonché i trasferimenti di garanzie anche conseguenti alla cessione delle predette obbligazioni, nonché alla modificazione o estinzione dei tali operazioni”.

Quindi, in caso di esercizio dell’opzione di cui sopra da parte dell’emittente, le garanzie sono esenti: (i) dall’imposta di registro, (ii) dall’imposta di bollo, (iii) dalle imposte ipotecarie catastali e (iv) dalla tassa sulle concessioni governative.

Con tale modifica il legislatore ha equiparato, sul fronte della imposizione indiretta, i finanziamenti bancari e le emissioni obbligazionarie o di titoli similari.

L’esercizio dell’opzione per l’imposizione sostitutiva deve essere effettuata dall’emittente nella deliberazione di emissione e l’assolvimento dell’imposta sostitutiva grava sugli intermediari finanziari ex art. 58 TUB (se presenti) o sulla società emittente (solidarietà passiva tra intermediari ed emittenti).

Considerata la modifica di cui sopra, si può ragionevolmente ipotizzare che potranno essere strutturate più agevolmente emissioni di minibond garantite dalla costituzione di portafogli di immobili oggetto di ipoteca.

Altro intervento di rilievo, introdotto dal Decreto Destinazione Italia sul fronte delle garanzie per l’emissione dei prestiti obbligazionari, è la modifica apportata all’art. 46 del TUB in materia di privilegi.

La norma in esame, prima della modifica, prevedeva la possibilità di garantire i finanziamenti a lungo termine erogati dalle banche mediante la costituzione di privilegio sui beni mobili destinati all’esercizio dell’impresa.

Il Decreto Destinazione Italia ha esteso l’ambito di applicazione di tale garanzia, che potrà essere costituita anche a favore dei sottoscrittori di obbligazioni (e titoli similari) a condizione che tali strumenti siano (i) sottoscritti esclusivamente da investitori qualificati e (ii) siano riservati alla circolazione soltanto presso tali investitori.

Il privilegio speciale dovrà essere costituito in forma scritta a pena di nullità e l’atto costitutivo dovrà indicare:

– i beni e i crediti sui quali viene costituito il privilegio;

– il sottoscrittore o i sottoscrittori delle obbligazioni, ovvero un loro rappresentante;

– le condizioni essenziali del prestito, tra cui gli elementi identificativi dell’emittente, l’ammontare complessivo dell’emissione, il valore nominale di ciascuno dei titoli, i diritti ad essi attribuiti, il rendimento del prestito, le modalità di rimborso e l’eventuale subordinazione dei diritti degli obbligazionisti a quelli degli altri creditori dell’emittente.

La modifica in esame, consentendo l’emissione di prestiti obbligazionari assistiti da privilegio speciale, dovrebbe rendere l’investimento in tali strumenti più sicuro per i sottoscrittori. La modifica consente all’impresa emittente di utilizzare, senza privarsene, i beni destinati al proprio processo produttivo per ottenere finanziamenti, estendendo un privilegio normalmente utilizzato per i beni immobili, anche ai beni mobili destinati all’esercizio dell’impresa (ad esempio i macchinari).

L’emittente potrà così utilizzare i beni destinati al proprio processo produttivo per ottenere finanziamenti, senza privarsi degli stessi.

Infatti, da un lato, le piccole e medie imprese spesso non posseggono beni immobili di particolare valore su cui costituire l’ipoteca e, dall’altro, lo spossessamento del bene previsto, ad esempio nel caso di pegno, risulta incompatibile con la necessità di servirsi del bene nel processo produttivo.

Oltre agli interventi di cui sopra in tema di garanzie “dirette” offerte dall’emittente, il Decreto Destinazione Italia, sempre al fine di agevolare la diffusione dei minibond, ha disposto che l’emittente può beneficiare di supporti “indiretti” comunque volti ad attenuare il rischio i capo ai sottoscrittori.

Con l’art. 12, comma 6 bis, del Decreto Destinazione Italia, è stato prevista la possibilità di intervento a garanzia delle emissioni di minibond del fondo di garanzia di cui all’art. 2, comma 100, lett. a), della l. 23 dicembre 1996, n. 662, che può intervenire nell’ambito del processo di emissione dei minibond sulla base di due differenti modalità:

(i) come garante diretto a favore di banche e di altri intermediari finanziari sottoscrittori degli strumenti finanziari;

(ii) come garante indiretto (contro-garante) cioè riassicurando le garanzie concesse all’emittente, nell’ambito di operazioni di emissione da un confidi.

Il fondo di garanzia delle PMI potrà concedere garanzie dirette anche a favore di società di gestione del risparmio che, in nome e per conto dei fondi comuni di investimento da esse gestiti, sottoscrivono obbligazioni o titoli similari emessi dalle PMI. La garanzia potrà essere concessa a fronte sia di singole operazioni di sottoscrizione di obbligazioni e titoli similari, sia di portafogli di operazioni.

La legge prevede che spetterà al Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, definire i requisiti e le caratteristiche delle operazioni ammissibili, le modalità di concessione della garanzia, i criteri di selezione, nonché l’ammontare massimo delle disponibilità finanziarie del Fondo da destinare alla copertura del rischio di emissione delle PMI.

La legge non prevede alcun termine entro cui devono essere adottate le misure di cui sopra da parte dei ministeri competenti, pertanto non resta che auspicare che gli interventi attuativi siano rapidi e efficaci.

6. Gli altri interventi del Decreto Destinazione Italia: le misure volte a consentire la creazione di un mercato di riferimento per i minibond

Mentre con il Decreto Crescita il legislatore ha focalizzato l’attenzione su interventi riformativi di natura civilistica e fiscale volti a rimuovere in più grossi ostacoli alla diffusione del ricorso al mercato di debito per il finanziamento alle imprese, con il Decreto Destinazione Italia, considerata la scarsa diffusione dei minibond, ha introdotto modifiche volte a favorire ed ad incrementare i soggetti acquirenti, a creare quindi le basi per la creazione di un vero mercato di riferimento per i minibond.

In quest’ottica, il Decreto Destinazione Italia, oltre ad introdurre la modifica fiscale per i fondi che investono in minibond di cui si è dato atto, ha apportato significative modifiche alla l. n. 130/1999 sulla cartolarizzazione.

All’art. 1 della legge sulla cartolarizzazione è stato aggiunto il comma 1 bis che prevede che la normativa in esame sia applicabile anche alle operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante la sottoscrizione e l’acquisto di obbligazioni e di titoli similari, esclusi comunque i titoli rappresentativi del capitale sociale, i titoli ibridi o convertibili da parte della società per la cartolarizzazione dei crediti emittenti i titoli.

Il Decreto Destinazione Italia ha, quindi, previsto che i titoli emessi nell’ambito di operazioni di cartolarizzazioni aventi adoggetto i minibond, anche se privi di rating e/o non destinati alla negoziazione in mercati regolamentati, e le quote di fondi che investono prevalentemente in tali strumenti costituiscono attivi idonei a copertura delle riserve tecniche delle imprese di assicurazione e sono compatibili con i limiti di investimento dei fondi pensione.

La finalità della norma è evidentemente quella di facilitare l’investimento da parte di assicurazioni e fondi pensione nei minibond cartolarizzati al fine di aumentare la liquidità di tali assets.

Le misure del Decreto Destinazione Italia circa le imprese di assicurazioni hanno già sortito i primi effetti.

Infatti, l’Ivass con comunicazione n. 51-14-000098 in data 23 gennaio 2014, ha anticipato una modifica degli artt. 17 e 23 del Regolamento n. 36/2011 (rispettivamente per le gestioni vita e danni) in conformità a quanto previsto dal Decreto Destinazione Italia.

L’Ivass ha precisato, innanzitutto, che le modifiche al Regolamento 36/2011 non saranno soggette a pubblica consultazione al fine di rispettare la tempistica stringente per l’attuazione imposta dal Decreto Destinazione Italia.

In particolare, la comunicazione Ivass prevede che nella lista degli attivi ammessi a copertura delle riserve tecniche per le gestioni vita e danni, verranno inserite due nuove classi di investimento:

  1. la A1.2d, comprendente i minibond di cui all’art. 32 del Decreto Crescita; l’investimento in tale nuova classe è ammesso entro il limite del 3% delle riserve tecniche da coprire. L’Ivass ha precisato che il titoli della nuova classe A1.2d sono ammissibili a copertura delle riserve tecniche anche se non negoziati in un mercato regolamentato e che per tali titoli non saranno previsti ulteriori requisiti legali legati alla anzianità di costituzione dell’impresa, alla certificazione del bilancio, né alla durata residua dell’obbligazione, come attualmente previsti nel regolamento per altre tipologie di obbligazioni;
  2. la classe A1.9 comprendente le operazioni di cartolarizzazione relative ai minibond. Anche l’investimento in tale nuova classe è ammesso entro il limite del 3% delle riserve tecniche da coprire.

Il Decreto Destinazione Italia ha, inoltre, inserito nella legge sulla cartolarizzazione l’art. 7 quater che prevede la possibilità di applicare le norme previste per l’emissione di obbligazioni bancarie garantite anche alle emissioni di obbligazioni collateralizzate da attivicostituiti da obbligazioni e titoli similari ossia da cambiali finanziarie.

Il Decreto prevede che il Ministero delle Finanze dovrà adottare misure disposizioni di attuazione dell’articolo in esame e dovrà prevedere, in particolare, i limiti applicabili a ciascun attivo cedibile, il rapporto massimo tra le obbligazioni oggetto di garanzia e le attività cedute e le caratteristiche della garanzia.

 

1

) Con la risoluzione n. 54/E del 3 marzo 2009, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che i titoli di debito emessi da società a responsabilità limitata si considerano “titoli similari” alle obbligazioni qualora dotati delle caratteristiche di cui all’art. 44, comma 2, lett. c), n. 2 del DPR 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui redditi – TUIR) TUIR che chiarisce cosa debba intendersi per “titoli similari alle obbligazioni” stabilendo che rientrino in questa definizione i titoli dotati delle seguenti caratteristiche: (i) sono emessi in massa; (ii) contengono l’obbligazione incondizionata di pagare alla scadenza una somma non inferiore a quella in essi indicata, con o senza la corresponsione di proventi periodici e (iii) non attribuiscano ai possessori alcun di diritto di partecipazione diretta o indiretta alla gestione o la controllo dell’emittente o dell’affare in relazione al quale siano emessi.


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2

) Cfr. art. 44, comma 2, lett. c), n. 2 del TUIR.


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3

L’art. 3, comma 6 del d.l. 24 aprile 2014, n. 66, dispone che la nuova ritenuta del 26% si applica “agli interessi, ai premi ed ad ogni altro provento di cui allart. 44 del testo unico della imposte sui redditi, di cui al decreto del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, divenuti esigibili e ai redditi diversi di cui allart. 67, comma 1, lettere da c-bis a c quinquies) del predetto testo unico realizzati a decorrere dal 1 luglio 2014.


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