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Approfondimenti

Market Abuse: la nuova prospettiva Comunitaria in materia di sanzioni penali

11 Marzo 2015

Federico Callegaro, Cultore di Jus Commerciale, Università di Verona

Di cosa si parla in questo articolo

Con la Direttiva n. 2014/57/UE[1] la Comunità è intervenuta significativamente nella materia della sanzionabilità dei comportamenti illeciti fornendo indicazioni, meglio dire prescrivendo, in un ambito, quello penale[2], il quale per molti versi è sempre stato oggetto di mero richiamo, sollecitazione all’adozione di norme attraverso le quali meglio dissuadere gli interessati dal tenere detti comportamenti[3].

Tale intervento del Legislatore Comunitario[4] è riconducibile, anche, a quanto espresso dalla Commissione Europea relativamente alla necessità di implementare le politiche Europee anche mediante l’emanazione di disposizioni penali (criminal law)[5], partendo dall’assunto che la Comunità, ora, risulta disporre di adeguate basi di diritto per l’adozione di una direttiva in tal senso[6]. La Commissione Europea ha precisato[7] “the legal frame work under the Lisbon Treaty[8] provides fresh opportunities to develop EU criminal law. The legal framework notably allows the EU institutions and Member States to work together on a clear basis towards a coherent and consistent EU criminal law which at a same time effectively protects the rights of suspected and accused persons and victims and promotes the quality of justice”. Si osservi come gli Organi comunitari siano chiamati a svolgere tale compito in coordinamento con gli Stati Membri, pur senza ciò abdicare alle prerogative loro attribuite dal Trattato – in tal senso opera l’istituto dello emergency brake mediante il quale uno Stato Membro, nella fase propositiva di una direttiva, qualora ritenga che essa venga ad interessare aspetti fondamentali del loro sistema giudiziario penale può portare la questione alla competenza del Consiglio Europeo[9].

Le ragioni che hanno determinato l’emanazione di una Direttiva segnatamente per prevedere le tali sanzioni di natura penale, è chiarita dalla stessa Commissione[10] nei seguenti termini “Minimum rules on criminal offend and or criminal sanctions for market abuse are essential for ensuring the effectiveness of the EU policy on market integrity. Criminal sanctions demonstrate social disapproval of a qualitatively different nature compared to administrative sanctions or compensation mechanism under civil law. Common minimum rules on the definition of criminal offences also facilitate the cooperation of law enforcement and judicial authorities in the Union, especially considering that the offences are in many cases committed across borders”.

La ratio dell’obiettivo della Direttiva è chiaramente esplicitato nel Considerando 25, ove ci riferisce al garantire all’interno dell’Unione l’esistenza di sanzioni penali almeno per le condotte più gravi di abuso di mercato che, viene ritenuta, non possa essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri, bensì meglio raggiunto a livello di Unione in base al principio di sussidiarietà[11] sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea, in ottemperanza anche al principio di proporzionalità dallo stesso previsto[12].

L’art. 1 “stabilisce” le norme minime per le sanzioni penali applicabili all’abuso di informazioni privilegiate[13], alla comunicazione illecita di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato, al fine di assicurare l’integrità dei mercati finanziari all’interno dell’Unione e di rafforzare la protezione degli investitori e la fiducia in tali mercati[14].

La natura dianzi richiamata traspare chiaramente dai numerosi Considerando (32) e dal loro contenuto; in particolare si sottolinea:

– gli abusi di mercato (Considerando 1) ledono l’integrità dei mercati finanziari e compromettono la fiducia del pubblico nei valor mobiliari, negli strumenti derivati e negli indici di riferimento (benchamrk);

– nel richiamare come la Direttiva 2003/6 imponeva agli Stati membri di adottare le opportune misure amministrative o irrogare le opportune sanzioni amministrative a carico delle persone responsabili delle violazioni, facendo salvo il diritto di irrogare sanzioni penali, riporta (Considerando 2) gli esiti contenuti nella Relazione del Gruppo de Larosiere[15] quanto al raccomandare come un quadro solido in materia prudenziale e di condotta negli affari per il settore finanziario debba basarsi su regimi di vigilanza e sanzionatori forti[16]. La commissione, quindi, rileva la necessità “di un nuovo atto legislativo al fine di garantire norme minime comuni nell’Unione”.

– nel rilevare l’essenzialità di rafforzare il rispetto delle norme sugli abusi di mercato istituendo sanzioni penali, quale[17] che “forma più forte di disapprovazione sociale rispetto alle sanzioni amministrative”, con l’introduzione di sanzioni penali almeno per le forme gravi di abusi di mercato si stabiliscono confini chiari per i tipi di comportamenti che sono ritenuti particolarmente inaccettabili e si trasmette al pubblico e ai potenziali contravventori il messaggio che tali comportamenti sono considerati molto seriamente dalle autorità competenti.
Si osservi come la sanzione penale diviene l’elemento dissuasivo per comportamenti, quantomeno quelli più gravi, necessitato dal mancato raggiungimento di tale fine attraverso le sanzioni amministrative. Al successivo Considerando 16 viene precisata l’opportunità che la direttiva preveda “un livello minimo[18] per la pena detentiva massima”, al fine di assicurare che le sanzioni previste siano effettive e dissuasive[19];

– il Considerando 23 contiene alcuni significativi elementi applicativo – interpretativi: a) l’ambito di applicazione della direttiva è determinato in modo tale da integrare e garantire l’effettiva attuazione del regolamento n. 596/2014, b) le condotte illecite commesse con dolo dovrebbero essere punite conformemente alla presente direttiva almeno nei casi gravi, c) le sanzioni per le violazioni del regolamento n. 596/2014 non richiedono che sia comprovato il dolo o che gli illeciti siano qualificati come gravi, ne deriva come in sede di recepimento da parte della normativa nazionale gli Stati membri dovrebbero garantire che l’irrogazione di sanzioni penali per i reati ai sensi dalla presente direttiva e di sanzioni amministrative ai sensi del regolamento n. 596/2014 non violi il principio del ne bis in idem (infra).
Tale orientamento appare fondato sulla rilevazione sia di effetti distorsivi eclatanti[20] come pure comportamenti che appaiono, nella sostanza, costituire espressioni di modus operanti talvolta radicati e non adeguatamente contrastati – applicandosi il principio del non bis in idem[21] -;

– attenzione viene posta ad assicurare il principio del level playing field[22] sottolineando (Considerando 7), nel rilevare come la presenza di differenti approcci tra gli Stati membri rechino pregiudizio all’uniformità delle condizioni operative nel mercato interno e possano fornire un incentivo ad attuare abusi di mercato negli Stati membri che non prevedono sanzioni penali per tali reati[23]; si osservi come proprio tale difformità potrebbe spingere operatori senza scrupoli a scegliere trading venues o sedi della propria attività in ragione del regime sanzionatorio “più favorevole”[24]. Da qui il convincimento del Legislatore Comunitario per cui “l’irrogazione di sanzioni penali per gli abusi di mercato avrà un effetto dissuasivo maggiore sui potenziali contravventori” e “l’introduzione, da parte di tutti gli Stati membri, di sanzioni penali almeno per i reati gravi di abusi di mercato è pertanto essenziale per garantire l’attuazione efficace della politica dell’Unione in materia[25]. Già in precedenza era stato osservato[26] come “se il diritto comunitario deve essere uguale per tutti[27], è evidente che si deve impedire che alcuni Paesi membri, richiamandosi ad esigenze interne affermate come inderogabili, ma che nella realtà sono troppo spesso soltanto di comodo, riescano ad eludere le finalità comunitarie” , derivandone, in uno da altri aspetti “che nel campo delle sanzioni penali … è fatto divieto ai Paesi membri di creare nuove norme che, minacciando sanzioni penali, costituiscano «ostacoli» alla libera ed uniforme attuazione del diritto comunitario”.

– nei Considerando 8 e 11 viene precisato come agli Stati membri dovrebbe essere imposto di considerare come reati almeno i casi gravi: a) di abuso di mercato e b) di abuso di informazioni privilegiate, di manipolazione del mercato e di comunicazione illecita di informazioni privilegiate, per queste ultime “quando sono commesse dolosamente”. Si osservi come il Legislatore Comunitario ritenga necessario intervenire delineando gli istituti che devono essere qualificate penalmente rilevanti, pur (Considerando 14) chiarendo come la Direttiva non dovrebbe creare obblighi in relazione a casi concreti.

– attenzione viene posta anche alle persona giuridiche, in materia di sanzioni penali, che per il nostro ordinamento costituisce un novum e che, di conseguenza, dovrebbe trovare recepimento nei termini coerenti con il nostro Ordinamento (ove possibile atteso il principio della responsabilità personale). Viene sollecitata anche l’adozione di sanzioni non penali “o altre misure” che siano effettive, proporzionali e dissuasive portando, ad esempio, quelle previste dal Regolamento 596/2014[28].
Viene, non da ultimo, posto accenno; all’eventuale pubblicazione della “decisione finale” prevedendo l’applicazione, anche in questo caso, del principio di proporzionalità, oltre che dei “diritti fondamentali” e dei rischi per la solvibilità dei mercati finanziari e per le indagini in corso[29]. Il successivo Considerando 28 precisa come, in ogni caso, la direttiva non intende limitare la libertà di stampa o la libertà di espressione dei mezzi di comunicazione, in particolare per quanto riguarda la comunicazione di informazioni privilegiate[30].

La proporzionalità, inoltre, viene richiamata, in uno con la necessità[31], nel processo che il legislatore deve seguire per l’eventuale previsione di sanzioni penali per la violazione di previsioni normative, secondo un criterio che vede la “Criminal Law as a means of last resort [“ultima spiaggia”]”, atteso come le indagini svolte in base ad essa vengono ad avere, e l’irrogazione delle sanzioni che ne possono derivare hanno, un significativo impatto sui cittadini oltre che un “effetto stigmatizzante[32]”. In applicazione delle previsioni del Trattato di Lisbona, infatti, sottolinea la Commissione, viene richiesto di valutare se misure penali siano essenziali al raggiungimento di un’effettiva implementazione delle politiche europee. A tale ultimo fine, in particolare, il Legislatore deve preventivamente definire se il ricorrere a sanzioni amministrative ovvero civilistiche, non risulti sufficiente ad assicurarne il raggiungimento e, quindi, se solo quelle aventi natura penali costituiscano un mezzo più efficace.

Nel sottoparagrafo Tailoring the sanctions to the crime la Commissione sottolinea – peraltro diversamente non potrebbe atteso il dettato, e relativo spirito, della Carta – come nel sostenere l’effettività delle politiche comunitarie viene richiesto di porre particolare attenzione, a titolo di esempio non esaustivo, ad elementi quali il prevedere: a) tipologie di sanzioni diverse dalla privazione della libertà od economiche, nell’ottica di assicurare il più alto livello di efficacia, proporzionalità e dissuasione[33], così come il ricorso a misure “addizionali” quali la confisca[34], b) responsabilità penali, o diverse da quelle penali, nei confronti di persone “non fisiche”, in particolare avuto riferimento alle aree nelle quali queste hanno un ruolo di particolare importanza quali responsabili.

Si osserva, peraltro, come la Direttiva contenga anche la definizione di talune fattispecie senza rinviare espressamente agli specifici provvedimento legislativi “sostanziali”, né disponendo che, in caso di loro variazione / integrazione, in merito, le rispettive formulazioni verrebbero coerentemente adeguate. Ciò risulterebbe non solo utile, quanto piuttosto necessario, al fine di evitare disallineamenti normativi tra l’elemento sostanziale di riferimento della norma che regola la sanzionabilità del comportamento illecito e quest’ultima, senza considerare il rischio, non indifferente della non adeguata conoscibilità / comprensione /. Ciò dipende, peraltro, nella scelta del Legislatore Comunitario che, nel rivedere la materia ne ha anche mutato la struttura distinguendo tra l’Atto attraverso il quale definire il regime sanzionatorio, mediante la presente Direttiva(MAD), e lasciandone la formulazione dei relativi precetti al Regolamento (MAR)[35].

Le aree interessate

In tali aree gli Stati Membri sono tenuti ad assicurare che il mancato rispetto delle relative disposizioni sia sanzionato[36] attraverso efficaci, proporzionate e dissuasive sanzioni, rimanendo nella loro discrezionalità la scelta del relativo carattere, se penale ovvero amministrativo. Nel momento stesso in cui tale fine non viene raggiunto in tal modo raggiunto, si rende necessario che sia la Comunità a definire i livelli minimi di sanzione che dovranno essere recepito su base domestica nei singoli ordinamenti; qualora, quindi, debba interventre il legislatore europeo, sarà questi a determinare se sia sufficiente un regime sanzionatorio avente carattere amministrativo, procedendo ad una valutazione caso per caso nei termini dianzi considerati.

Quanto precede trova rilevanza, chiarisce la Commissione in quelle rilevanti aree di interesse dei settori economici per le quali occorre contrastare pratiche illegali in grado di produrre significativi danni e profitti illeciti, nell’ottica di tutelare il corretto svolgimento delle rispettive attività e tutelare gli interessi dei contribuenti (taxpayers)[37]. Tali vengono così identificate: a) settore finanziario, con riferimento alla manipolazione del mercato e l’insider trading[38], b) la lotte alle frodi in grado di pregiudicare gli interessi dell’Unione Europea, onde assicurare la medesima tutela dei contribuenti[39] in tutti gli Stati Membri[40], c) la protezione dell’Euro contro la contraffazione mediante norme penali, per assicurare la fiducia del pubblico nei mezzi di pagamento. La Commissione, inoltre, precisa che analizzerà come una normativa penale possa contribuire alla economic recovery, attraverso un adeguato contrasto alle illegali attività economiche ed alla criminalità finanziaria.

La medesima Comunicazione, inoltre nell’ottica di armonizzare le policy relative ad altre aree, anticipa come procederà con l’analisi dell’analogo ruolo che possa rivestire la normativa penale, portando alcuni esempi “indicativi” – e quindi da non intendersi, nello spirito della Comunicazione, limitativi dell’intervento che potrà essere spiegato -: (i) trasporto su gomma, (ii) protezione dei dati personali, relativamente alle ipotesi di grave illegittimità dei comportamenti, (iii) diritto dei consumatori, (iv) protezione dell’ambiente, (v) politica della pesca, (vi) mercato interno.

L’ambito oggettivo

La direttiva si applica agli strumenti finanziari:

a. ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato o per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione su un mercato regolamentato;

b. negoziati su un sistema multilaterale di negoziazione (MTF), ammessi alla negoziazione su un MTF o per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione al MTF. Si osservi come con tale formulazione si viene a coprire uno spettro più ampio di quello previsto per i mercati regolamentati, necessitata dalla diversa regolamentazione, in particolare quanto agli obblighi anche informativi, qui previsti perle transazioni;

c. negoziati su un sistema organizzato di negoziazione (OTF)[41];

d. non contemplati dalle precedenti lettere ed il cui prezzo o valore dipende dal prezzo o dal valore di, ovvero ha un effetto su, di uno di questi. La previsione espressamente include, precisandone la non esclusività dell’elencazione, i credit default swap e i contratti differenziali.

Trova applicazione, inoltre, alle condotte od operazioni, comprese le offerte, relative ad aste[42] o a piattaforme d’asta autorizzate come un mercato regolamentato di quote di emissioni o di altri prodotti oggetto d’asta correlati, anche quando i prodotti oggetto d’asta non sono strumenti finanziari, ai sensi del regolamento n. 1031/2010/UE[43].

Viene espressamente prevista, inoltre, l’applicazione delle disposizioni alle ipotesi di manipolazione del mercato (art. 5): a) ai contratti a pronti su merci che non sono prodotti energetici all’ingrosso, quando l’operazione, l’ordine di compravendita o altra condotta ha un effetto sul prezzo o sul valore degli strumenti finanziari dianzi citati, b) ai tipi di strumenti finanziari, compresi i contratti derivati o gli strumenti derivati[44] per il trasferimento del rischio di credito, se l’operazione, l’ordine di compravendita, l’offerta o altra condotta ha un effetto sul prezzo o sul valore di un contratto a pronti su merci, qualora il prezzo o il valore dipenda dal prezzo o dal valore di tali strumenti finanziari, c) a condotte attinenti a indici di riferimento (benchmark).

Quale previsione di chiusura, e finalizzata a ricomprendere ipotesi operative diverse da quelle “consuete” – al chiaro fine di prevenire che eventuali comportamenti elusivi quanto alle fattispecie previste e comprensivi di quelle che, riconducibili ad un genus predeterminato, ricorrono o possono in futuro ricorrere, sono da intendersi ricomprese qualsiasi operazione, ordine o altra condotta relativi agli strumenti finanziari sopra identificati, indipendentemente dal fatto che tale operazione, ordine o condotta avvenga in una sede di negoziazione (trading venue).

Non trova, viceversa applicazione:

i) alle negoziazioni di azioni proprie nell’ambito di programmi di riacquisto di azioni proprie, quando tali negoziazioni sono effettuate conformemente all’articolo 5, paragrafi 1, 2 e 3, del regolamento (UE) n. 596/2014[45];

ii) alle negoziazioni di valori mobiliari o strumenti collegati di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettere a) e b), del regolamento n 596/2014[46] per la stabilizzazione[47] di valori mobiliari, quando tali negoziazioni sono effettuate conformemente all’articolo 5, paragrafi 4 e 5, di tale regolamento;

iii) alle operazioni, agli ordini eseguiti o alle condotte attuate nell’ambito della politica monetaria, della politica dei cambi o nella gestione del debito pubblico conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 596/2014[48], alle operazioni, agli ordini eseguiti o alle condotte attuate conformemente al successivo paragrafo 2[49], alle attività nell’ambito della politica climatica dell’Unione[50] od alle attività nell’ambito della politica agricola comune o della politica comune della pesca dell’Unione[51].

Non trovano inoltre applicazione, alla negoziazione di valori mobiliari o strumenti collegati a fini di stabilizzazione dei valori mobiliari, i divieti previsti dagli artt. 14 e15[52] del Regolamento 596/2014 quando:

a) la stabilizzazione è effettuata per un periodo limitato;

b) sono comunicate e notificate le pertinenti informazioni in merito alla stabilizzazione all’autorità competente del luogo della sede di negoziazione, nei termini previsti dalla norma;

c) sono rispettati limiti adeguati in merito al prezzo; e

d) tale negoziazione è conforme alle condizioni di stabilizzazione previste dalle norme tecniche di regolamentazione[53].

Abuso di informazioni privilegiate

La Direttiva, ne disporre che l’abuso di informazioni privilegiate, la raccomandazione o l’induzione[54] di altri alla commissione di un abuso di informazioni privilegiate costituiscano reato almeno a) nei casi gravi e b) se commessi con dolo[55], delinea i termini e le condizioni delle relative fattispecie.

L’abuso di informazioni privilegiate[56] si ha quando una persona che ne sia in possesso le utilizzi acquisendo, o cedendo, per conto proprio o per conto di terzi, direttamente o indirettamente, gli strumenti finanziari cui tali informazioni si riferiscono. Già nella definizione permane l’intendimento del Legislatore comunitario di mantenere il più possibile oggettivamente ampio lo spettro di applicazione della fattispecie al fine di ridurre al minimo le forme di elusione, della tipologia border line, che costituiscono anch’esse un pericolo per gli interessi tutelati con le disposizioni in esame.

Scendendo più nel particulare viene precisato come a tale fattispecie si riconduca anche l’ipotesi di utilizzo di dette informazioni mediante l’annullamento o modifica di un ordine, concernente uno strumento finanziario al quale esse si riferiscono, inoltrato in un momento precedente all’acquisizione delle informazioni. In questo caso viene attribuito rilievo alla scelta di investimento [variativa], indipendentemente dal fatto che l’originaria di partenza fosse stata assunta libera da ogni illegittima influenza. Lo stesso dicasi, pure ipotesi espressamente prevista, la presentazione, modifica o ritiro di un’offerta da parte di taluno per conto proprio o di terzi in caso di asta di quote di emissioni od altri prodotti correlati[57]. Sarà in sede di valutazione del complessivo comportamento dell’agente determinare il contenuto di detto successivo comportamento (rinuncia alla vendita / acquisto, conversione della vendita in acquisto o viceversa, incremento o riduzione dell’investimento o disinvestimento), al fine della determinazione della sanzione da infliggere.

In materia di raccomandazioni, il ricorrere dell’ipotesi illecita è ricondotta ai seguenti comportamenti:

a) raccomandare od indurre altri a commettere un abuso di informazioni privilegiate, ove la persona sia in possesso di informazioni privilegiate. La formulazione della previsione induce a ritenere che, quest’ultima condizione riferita a chi raccomanda od induce, sottenda entrambi i comportamenti anche con riferimento alla condizione soggettiva, in capo all’agente, perché possa concretizzarsi i reato;

b) raccomandare od indurre terzi, sulla base delle informazioni privilegiate, ad acquistare o cedere strumenti finanziari cui esse si riferiscono;

c) raccomandare od indurre[58] terzi, sulla base di dette informazioni, ad annullare o modificare un ordine concernete uno strumento finanziario cui le informazioni si riferiscono.

Con riferimento all’induzione, per definirne la portata rispetto alla raccomandazione in ambito domestico, si riporta quanto espresso recentemente dalle S.U. della Corte di Cassazione[59]:

– il concetto di induzione, per la sua polivalenza semantica e per la sua connotazione eclettica, è spendibile certamente come “condotta – evento”, in quanto idoneo a descrivere sia comportamenti profondamente diversi tra loro, la cui specificazione non sempre è contenuta nelle singole fattispecie, sia il risultato dei medesimi comportamenti;

– la nozione di induzione, alla quale il legislatore fa ampio ricorso[60] come modello di condizionamento psichico[61], rimane contrassegnata, se isolatamente considerata, da margini di incertezza sul versante epistemologico prima ancora che su quello giuridico;

– la prospettiva è quella di pervenire ad un esito interpretativo che garantisca il principio di determinatezza, considerato che, in caso contrario, l’incriminazione affidata esclusivamente al concetto vago di induzione[62] si esporrebbe ad evidenti censure di illegittimità costituzionale[63];

– la nozione di induzione non va intesa in senso meramente naturalistico, ma ne va apprezzato il significato, senza porsi dal perimetro tracciato dal senso linguistico, anche e soprattutto sul versante normativo;

– l’induzione viene ad assumere, attraverso l’applicazione dei relativi coefficienti normativi[64], il preciso significato di alterazione del processo volitivo altrui, che, pur condizionato da un rapporto comunicativo non paritario[65], conserva, rispetto alla costrizione, più ampi margini decisionali.

I soggetti, destinatari della norma in quanto possessori di informazioni privilegiate, sono identificati nelle seguenti quattro categorie: a) in quanto membro di organi amministrativi, di direzione o di controllo dell’emittente o del partecipante al mercato delle quote di emissioni, b) in ragione della sua partecipazione al capitale dell’emittente o del partecipante al mercato delle quote di emissioni, c) in quanto avente accesso a tali informazioni nell’esercizio di un’attività lavorativa, di una professione ovvero di una funzione o ufficio, d) in ragione del suo coinvolgimento in attività delittuose. A tale elencazione viene aggiunta, anche, l’ipotesi in cui un soggetto ottenga dette informazioni in circostanze e per ragioni diverse da quelle citate, ma qualora sia a conoscenza del loro carattere privilegiato[66].

Un cenno merita l’atteggiamento di “favore” nei confronti delle PMI[67], ad esempio, in materia di comunicazione al pubblico di informazioni privilegiate, ai sensi dell’art. 17, comma 9, Regolamento 596/2014, nella parte in cui per gli emittenti i cui strumenti finanziari sono ammessi alla negoziazione su un mercato di crescita per le PMI, l’obbligo di pubblicazione può adempiersi attraverso sul sito Internet della sede di negoziazione, anziché sul proprio,qualora la sede di negoziazione offra tale possibilità agli emittenti che operano su quel mercato. Lo stesso dicasi, ai sensi del sesto comma del successivo art. 18, quanto all’esenzione dalla redazione di un elenco delle persone aventi accesso a informazioni privilegiate; in tale caso, peraltro, la deroga è subordinata alle seguenti condizioni: a) l’emittente adotta ogni misura ragionevole per assicurare che tutte le persone aventi accesso a informazioni privilegiate prendano atto degli obblighi giuridici e regolamentari che ciò comporta e siano a conoscenza delle sanzioni applicabili in caso di abuso di informazioni privilegiate e di comunicazione illecita di informazioni privilegiate; e b) l’emittente è in grado di fornire, su richiesta, all’autorità competente un elenco di persone aventi accesso a informazioni privilegiate[68].

È previsto (art. 6) che gli Stati Membri adottino le misure necessarie affinchè l’induzione, il favoreggiamento ed il concorso siano considerati reati quanto alle fattispecie qui richiamate, con l’eccezione dell’ipotesi in cui la persona che sfrutta la raccomandazione o l’induzione è a conoscenza del fatto che si basano su informazioni privilegiate. Lo stesso dicasi relativamente all’ipotesi del tentativo[69] il quale, viceversa, trova applicazione anche quest’ultima ipotesi (art. 3, par. 7). La previsione, inoltre, dispone come, anche in tali casi, trovi applicazione “mutatis mutandis” il par. 8 dell’art. 3 nella parte in cui esclude il ricorrere della fattispecie delittuosa – utilizzo delle informazioni privilegiate -, in capo ad un soggetto, per il solo fatto di possedere od aver posseduto informazioni privilegiate qualora la condotta, tenuta dal soggetto medesimo sia da qualificarsi legittima[70].

Comunicazione illecita di informazioni privilegiate

Anche in questo viene richiesto agli Stati Membri di prevedere quale fattispecie delittuosa la comunicazione illecita di informazioni privilegia almeno a) nei casi gravi e b) in presenza di dolo.

L’illecito consiste nella “condotta con la quale una persona in possesso di informazioni privilegiate comunica tali informazioni a qualsiasi persona, al di fuori del normale esercizio di un lavoro, della professione della funzione o dell’ufficio, ovvero al di fuori dei casi in cui la comunicazione può qualificarsi come sondaggio di mercato[71]”.

Per l’identificazione del soggetto destinatario della disposizione viene fatto espresso riferimento a quanto previsto, in merito, per l’ipotesi di abuso di informazioni privilegiate.

Viene altresì previsto come la raccomandazione, come pure l’induzione, ad abusare di tali informazioni costituisce parimenti comunicazione illecita qualora chi comunica è a conoscenza del fatto che la raccomandazioni o l’induzione si basano su informazioni privilegiate. Tale ipotesi potrebbe distinguersi in due distinte:

a) il destinatario della raccomandazione ovvero dell’induzione non è a conoscenza della natura dell’informazione e, quindi, andrebbe esente da responsabilità in quanto, in capo ad egli, non ricorrerebbe il presupposto soggettivo della conoscenza;

b) il destinatario è, viceversa, a conoscenza della natura dell’informazione. In questo caso trova applicazione, nei suoi confronti, la previsione sopra considerata salvo dimostrare che ricorra una sorta di accordo / compartecipazione tra i due, anche in tale fase, con le conseguenza, in capo ad entrambi ed a distinto titolo, che ne possono derivare.

L’articolo si chiude indicando come la sua applicazione debba essere applicata “compatibilmente con l’esigenza di tutelare la libertà di stampa e la libertà di espressione”.

Anche in questo caso trova applicazione la previsione dell’art. 6, quanto alle ipotesi di induzione, favoreggiamento e concorso, restando esclusa quella del tentativo – come comprensibile in ragione della natura e contenuto del relativo comportamento come identificati dalla Direttiva stessa -.

Manipolazione del Mercato

Anche in questo caso gli Stati Membri “adottano le misure necessarie” perché le ipotesi più gravi ed al ricorrere del dolo la fattispecie sia configurata reato.

Viene riportato il seguente elenco delle condotte costituenti manipolazione del mercato[72]:

a. conclusione di un’operazione, immissione di un ordine di compravendita o qualsiasi altra condotta che: i) fornisce segnali falsi o fuorvianti[73] relativi all’offerta, alla domanda o al prezzo di uno strumento finanziario o di un contratto a pronti su merci collegato, ii) fissa il prezzo di uno o più strumenti finanziari, o di un contratto a pronti su merci collegato, a un livello anomalo o artificiale.
A titolo di esclusione viene previsto il caso in cui le ragioni per le quali la condotta è stata tenuta siano legittime e che le relative operazioni od ordini di compravendita siano conformi alle prassi di mercato ammesse nella sede di negoziazione interessata – la formulazione della previsione appare legittimamente intendersi nel senso di coesistenza di entrambe le condizioni, perché l’esclusione operi -;

b. conclusione di un’operazione, immissione di un ordine di compravendita o il compimento di qualsiasi altra attività o condotta che attraverso l’uso di artifici o di ogni altro tipo di inganno o espediente, incide sul prezzo di uno o più strumenti finanziari o di un contratto a pronti su merci collegato. Si sottolinea come la norma faccia espresso riferimento, quale effetto, all’incidenza sul prezzo di mercato superando, nella sostanza, il principio dell’affidabilità (che parrebbe, in parte, essere presente nel primo comma dell’art. 185 del Testo Unico Finanza “concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari”;

c. divulgazione di informazione, attraverso i media, incluso internet, o con qualsiasi altro mezzo, che forniscono segnali falsi o fuorvianti riguardo all’offerta, alla domanda o al prezzo di uno strumento finanziario o di un contratto a pronti su merci collegato o che assicurano il prezzo di uno o più strumenti finanziari o di un contratto a pronti su merci collegato a un livello anomalo od “artificiosamente determinato”, quando ne consegue vantaggio o profitto[74] per colui che ha divulgato le informazioni ovvero per atti[75];

d. trasmissione di informazioni false o fuorvianti, o comunicazione di dati falsi o fuorvianti ovvero ogni altra condotta che influenza, manipolandolo, il calcolo di un indice di riferimento (benchmark).

Anche in questo caso trova applicazione la previsione dell’art. 6 “Induzione, favoreggiamento e concorso, e tentativo”.

Le Sanzioni

Viene distinto tra “sanzioni penali per le persone fisiche” e “Responsabilità delle persone giuridiche”, in applicazione della personalità della responsabilità penale[76].

Il Considerando 23 indica come gli Stati membri, nell’applicare la normativa nazionale di recepimento della presente direttiva, dovrebbero garantire che l’irrogazione di sanzioni penali per i reati ai sensi dalla presente direttiva e di sanzioni amministrative[77] ai sensi del regolamento (UE) n. 596/2014 non violi il principio del ne bis in idem[78]. È stato osservato[79] come tale istituto, originariamente confinato nei ristretti limiti di una dimensione territoriale nazionale, sia oggi divenuto un diritto fondamentale del cittadino europeo, dispiegando i suoi effetti nel territorio di tutti gli Stati membri dell’U.E., attesa la fonte primaria della Carta dei diritti fondamentali (art. 50), che concorre assieme alla previsione di altri diritti di pari rilevanza, a garantire la costruzione di un equo processo fondata sui principi di stabilità e certezza del diritto, nel rispetto del principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie. L’Autore richiama come la pronuncia della Corte EDU mantenga costante il principio per il quale, non potendo non rilevare la qualificazione dell’infrazione fornita dal diritto degli Stati membri, non spetti in nessun caso al giudice nazionale il compito di valutare la “natura penale” della prima sanzione, poiché è la sola Corte EDU a poter accertare la reale sostanza dell’infrazione, così, di fatto, estromettendo il giudice nazionale dall’esercizio di ogni potere qualificatorio[80].

Sul punto, per inquadrare lo stato dell’interpretazione applicativa nella materia qui considerata, può riferirsi alla recente pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo[81]:

– nel caso Consob – Grane Stevens (cit.) i Giudici di Strasburgo hanno ritenuto le sanzioni Consob solo nominalmente amministrative in quanto da considerarsi, a tutti gli effetti, come sanzioni penali principalmente in ragione della loro rilevante severità derivante sia dalla loro quantificazione per l’importo in concreto inflitto ed in astratto comminabile, sia di quelle accessorie collegate, sia infine in ragione delle loro ripercussioni complessive sugli interessi del condannato;

– sempre in tale occasione, quale rafforzamento di detta natura, ha contribuito lo scopo chiaramente repressivo e preventivo rintracciabile nella ratio della disciplina, che si salda con quello riparatorio dei pregiudizi di natura finanziaria cagionati dalla condotta. È stato inoltre ritenuto che l’elevato importo delle sanzioni inflitte le facciano rientrare, per la loro severità, nell’ambito della materia penale in quanto il carattere penale di un procedimento è subordinato al grado di severità della sanzione di cui è, a priori, passibile la persona interessata[82].

Nel documento Considerazioni (cit. in nota) della Corte si Cassazione, alle conclusioni, viene evidenziato come:

– il concetto fluido e sostanzialistico della “natura penale” di una disposizione interna, nei termini definiti della Corte Europea, pone problemi di compatibilità con il nostro sistema costituzionale (art. 25 Cost,) nei termini in cui la nozione di illecito penale risulta ancorata ad un criterio di stretta legalità formale combinandosi con la previsione dell’art. cod. pen. quanto alla necessaria formale ed espressa previsione di legge di un fatto come reato[83];

– da tali vincoli interni non appare sostenibile, prosegue il Documento, che il giudice nazionale possa, in applicazione dei principi convenzionali come declinati dalla Corte europea, ritenere “sostanzialmente” penale una disposizione qualificata come amministrativa dall’ordinamento interno, al fine di rilevare il divieto di doppio giudizio per il medesimo fatto;

– viene proposta una via d’uscita, definita “possibile”, nel riservare al legislatore nazionale che intenda mantenere il “doppio binario” sanzionatorio, costruire l’illecito amministrativo parallelo alla previsione penale in maniera tale da non superare la “soglia di tollerabilità” del livello di affllittività della sanzione.

La Direttiva, quanto alle persone fisiche, dispone che le “misure necessarie” che gli Stati Membri adottano ed aventi natura penale siano “effettive, proporzionate e dissuasive”, dovendo ricorrere tutte queste ultime non dovendo rimanere, quindi, nella sostanza e nella loto pratica applicazione meramente formali o comunque non irrogabili o, se irrogate, perdere le connotazioni espressamente previste dalla Direttiva stessa[84]. Con riferimento alle fattispecie di abuso di informazioni privilegiate e relativa raccomandazione od induzione (art. 5) nonché di manipolazione del mercato (art. 5) è disposto che la pena corrisponda alla reclusione per una durata massima non inferiore a quattro anni, ridotta a due anni per l’ipotesi di comunicazione illecita di informazioni privilegiate (art. 4).

Quanto alle persone giuridiche viene previsto “debbano rispondere[85]”, per i reati dianzi considerati (comprese le ipotesi di induzioni, favoreggiamento, concorso e tentativo), ove commessi a loro vantaggio[86] da qualsiasi persona che agisca individualmente, ovvero in quanto membro di un organo della stessa e che detenga una posizione apicale al suo interno in ragione: a) del potere di rappresentanza della persona giuridica, b) del potere di prendere decisioni per conto di quest’ultima, c) dell’esercizio del controllo al suo interno. Dalla formulazione della previsione si rileva come:

i) il detenere una posizione apicale costituisca una condizione necessitata per tutte le tipologie di persone. Tale impostazione, peraltro, appare alquanto limitante soprattutto per le ipotesi di aziende strutturate (esempio le società finanziarie) nell’ambito delle quali la rappresentanza della società può essere conferita, per il compimento di determinati atti connessi all’attività dagli stessi svolti, anche a dipendenti non apicali;

ii) le ragioni della posizione apicale sono alternative tra loro risultando sufficiente il ricorrere anche solo di una di esse.

Tale responsabilità è disposto venga prevista anche qualora la commissione del fatto illecito sia stata resa possibile dalla carenza di vigilanza o di controllo da parte di uno dei soggetti dianzi indicati e l’agente sia soggetto all’autorità di questi. La formulazione in lingua italiana riporta l’espressione “a proprio vantaggio” che, in tale contesto, potrebbe essere interpretata con riferimento al soggetto in posizione apicale (non condivisibile, salvo introdurre una ulteriore fattispecie di responsabilità per l’ente che contempli anche solo il vantaggio di detto soggetto fisico); ad evitare ogni dubbio soccorre la seguente formulazione della direttiva in lingua inglese “for the benefit of the legal person”.

Viene espressamente precisato come tale responsabilità non esclude l’esercizio dell’azione penale, ove ne ricorrano i presupposti, nei confronti delle persone fisiche ai sensi delle previsioni sopra richiamate. Una simile previsione, come comprensibile da ricondursi alle diversità che possono contraddistinguere i vari Ordinamento destinatari per l’applicazione della Direttiva, appare assumere comunque rilievo alla luce dei presupposti di efficacia e dissuasione che devono contraddistinguere, in uno con altri, l0intervento comunitaria e le disposizioni stesse in sede di applicazione da parte dei vari Stati Membri.

Particolare attenzione meritano le Sanzioni, previste dalla Direttiva per le persone giuridiche, anche qui espressamente “effettive, proporzionali e dissuasive” nella forma economica, aventi natura penale o meno, o di altra tipologia il cui elenco, contenuto all’art. 9, non appare da considerarsi esaustivo ancorchè, appaia definirne ambiti e termini. Si tratta di: a) esclusione dal godimento di contributi o sovvenzioni pubblici, b) interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un’attività d’impresa, c) assoggettamento a controllo giudiziario, d) provvedimenti giudiziari di liquidazione, e) chiusura temporanea o permanente dei locali usati per commettere il reato.

La Direttiva considera anche l’aspetto della competenza giurisdizionale, avuto riguardo alle ipotesi di commissione, in tutto od in parte, nel territorio di uno Stato Membro ovvero da un cittadino, di quest’ultimo, quantomeno qualora l’atto costituisca reato nel luogo in cui è stato commesso, disponendo che gli Stati Membri adottino misure necessarie a stabilire tale competenza.

Diversamente, ove la commissione avvenga al di fuori del proprio territorio e nelle seguenti ipotesi – diverse da quelle dianzi considerate -: a) l’autore del reato risiede abitualmente nel suo territorio, b) il reato è commesso a vantaggio do una persona giuridica che ha sede nel suo territorio , viene previsto l’obbligo in capo al singolo Stato Membro di informare la Commissione. Si osservi come l’applicazione di tale disposizione non risulta limitata all’ambito comunitario; anche in questo caso, comunque, la scelta potrebbe costituire un elemento, quantomeno valutativo, in grado di influire sul principio del level playing field (supra).

Di sicuro rilievo è la disposizione che impone, ai soggetti responsabili della formazione di giudici, magistrati delle procure, forze di polizia, personale giudiziario e personale delle autorità competenti coinvolte nei procedimenti penali e nelle indagini di provvedere a una formazione adeguata rispetto agli obiettivi della direttiva. La premessa iniziale dell’articolo fa salva l’indipendenza dell’autorità giudiziaria e le differenze nella sua organizzazione all’interno della UE che apparirebbe, peraltro, superflua ma che assume rilevante significato se si considera come, in particolare nei confronti dei giudici e procuratori, tale attività non dovrebbe contenere di “indirizzo” che, si pensi al caso domestico, spetta solamente nella sua funzione monofilattica, alle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione. Diverso dicasi, invece, per le altre istituzioni che necessitano al loro interno di un necessario coordinamento in termini sia operativi che di pianificazione soprattutto per le ipotesi in cui, sempre si consideri l’ambito domestico, dall’indagine iniziale possono evidenziarsi sia illeciti penali che amministrativi – caratterizzati, talvolta, da minimie differenze formali o sostanziali -. Mentre per questi ultimi può assumere rilievo l’attività di indirizzo di competenza della Autorità Comunitarie competenti, per i primi il riferimento – anche qui nell’ottica di assicurare il massimo livello di level playing field – quanto potrà indicare la Corte di Giustizia Europea ove chiamata a decidere in merito.

Conclusioni

Nella Comunicazione del 20.09.2011[87], quale esempio dello scopo di una normative penale comunitaria, viene rilevato come “as the financial crisis has shown, financial market rules are not always respected and applied sufficiently. This can seriously undermine confidence in the financial sector. Greater convergence between legal regimes in the Member States, including in criminal law, can help to prevent the risk of improper functioning of financial markets and assist the development of a level playing field within the internal market”.

Come l’esperienza, soprattutto domestica, insegna tale fine rischierebbe di non raggiungersi pienamente se l’obiettivo non comporta anche un’univoca ed uniforme interpretazione applicativa sia delle fattispecie sia degli elementi che, concorrenti tra loro e solo eventuali, la contraddistinguono e la vengono a determinare. A tale fine appare utile, in termini e competenze da meglio definire, il percorso legislativo in atto per la creazione di una Procura Europea ed, in particolare, la Risoluzione del Parlamento del 12 marzo 2014. Quanto precede anche per le illegittimità amministrative relativamente alle competenze della singola Autorità domestica, come pure per quelle dell’organo giurisdizionale avanti il quale, nei termini previsti dal singolo Ordinamento, può essere presentato ricorso da parte del soggetto vigilato in caso di Provvedimento ad egli sfavorevole.

Non da ultimo la stessa quantità degli interventori, e dei relativi interventi, nella fase di consultazione dimostra, da un lato, l’interesse che la materia assume in ambito comunitario e, dall’altro, l’incisività dell’intervento del Legislatore comunitario in un contesto che, forse, necessitava di un formale indirizzo anche per quegli aspetti più incisivi per una effettiva ed efficace enforceability delle disposizioni comunitarie.

In questo contesto, soprattutto con riferimento alle previsioni in materia di derivati, non appare un elemento di affermazione ed assicurazione di una reale completa ed efficace ricerca comune del level playing field, la dichiarazione[88] del Regno Unito, di cui all’articolo 4 del Protocollo n. 21, quanto alla sua non partecipazione all’adozione della relativa Direttiva ed al non esservi vincolata né soggetta alla sua applicazione[89], atteso come nel suo ambito insista il maggior mercato finanziario europeo (e non solo).[90]

 


[1] “Relativa alle sanzioni penali in caso di abusi di mercato (direttiva abusi di mercato)”, del 16 aprile 1014, in GU.CE. 12 giugno 2014, n. 173, il cui recepimento, da parte degli Stati Membri è fissato entro il 3 luglio 2016 – da considerare in uno con il Regolamento 596/2014, pubblicato in apri data ed in medesima GU.CE., infra, e con riferimento al quale l’ESMA ha rilasciato, il 15 luglio 2014, il Documento di Consultazione “Draft technical standards on the Market Abuse Regulation” -. Il documento ESMA (infra anche “Draft TS Esma”) prevede 5 Annex, per la cui entrata in vigore è necessario un Provvedimento della Commissione per il loro inserimento nel Regolamento citato (MAR) così distinti:

Annex IV contains the draft regulatory technical standards related to: (i) buy-back programmes and stabilisation measures, (ii) market soundings, and (iii) accepted market practices;

Annex V contains the draft implementing technical standards related to market sounding;

Annex VI contains the draft regulatory technical standards related to prevention and detection of market abuse;

Annex VII contains the draft implementing technical standards related to (i) disclosure of inside information and delay of disclosure of inside information, (ii) insider list, (iii) managers transactions;

Annex VIII contains the draft implementing technical standards related to investment recommendation or other information recommending or suggesting an investment strategy.

Si segnala, inoltre, come l’Autorità abbia rilasciato, il 3 febbraio 2015, lo “Esma’s technical advice on possible delegated acts concerning the Market Abuse Regulation”, (di cui ad un documento di consultazione del 15 luglio 2014) in esecuzione di un mandato della Commissione del 2 giugno 2014 (che segue uno precedente del 21 ottobre 2013).

[2] Fin da subito è stato sottolineato come, nel proporre tali norme, “the European Commission used new power under the Lisbon Treaty to enforce an EU policy through criminal sanctions”(Statement by Vice-President Reding and Commissioner Barnier on European Parliament’s vote to approve criminal sanctions for market abuse directive).

[3] Con ciò non costituendo elemento di un “sistema penale europeo” il quale, come osservato, al momento non ricorre “per l’assenza di norme penali, adottate dall’Unione Europea, dotate di una immediata incidenza nei sistemi penali nazionali o che costituiscono un sistema autosufficiente (e cioè che consentano l’applicazione di una sanzione, senza l’intermediazione dei sistemi penali nazionali)” (G. Grasso, Il Trattato di Lisbona e le nuove competenze penali dell’Unione Europea, pag. 2350).

L’intervento, nel suo complesso, stato salutato positivamente anche oltre oceano nel sottolinearsi come “the revision to the Market Abuse Directive and the newly proposed Marked Abuse Regulation, which are currently underway, will ensure regulation keep pace with market developments, strengthen the fight against market abuse across commodity and related derivative markets, reinforce the investigative and sanctioning powers of regulators, and reduce administrative burdens on small and medium-sized issuers” (Commodity Futures Trading Commission / U.S. Securities and Exchange Commission – Joint Report on International Swap Regulation, required by Section 719(c) of the Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act, January 31, 2012).

[4] Vi è chi a rilevato come sia segnata da contraddizioni la “storia” del rapporto tra diritto penale ed integrazione europea in quanto “il diritto penale europeo è caratterizzato, infatti, dall’incontro tra il principio di prevalenza del diritto comunitario e quello di riserva di legge del diritto penale, che determina un universo giuridico paradossale, composto per un verso da norme – quelle comunitarie – prevalenti, ma incompetenti e per altro verso da altre norme – quelle penali nazionali – competenti in via esclusiva, ma subordinate alle prime” (C. Sotis, Il trattato di Lisbona e le competenze penali dell’Unione Europea, in Cassazione Penale, Panorama Internazionale, n. 03, 2010, pag. 327).

[5] Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions, “Towards an EU Criminal Policy: Ensuring the effective implementation of EU policies through criminal law”, COM(2011) 573 final, 20.9.2011. Già il titolo del documento evidenzia sia l’orientamento della Commissione Europea a spingere verso un’uniformità in materia penale sia la funzione, attribuita a quest’ultima, di mezzo per un’effettiva implementazione (qui da intendersi per ampiezza e contenuti) della legislazione europea. Si richiama all’attenzione, a tale proposito, la seguente rilevazione contenuta nel seguente passo – paragrafo “the added value of EU criminal law” – “certainly, criminal law is a sensitive policy field where differences amongst the National systems remain substantial … EU can tackle gaps and shortcomings whenever EU action adds value …”, cui fa seguito l’effetto positivo che deriverebbe da una simile politica legislativa a livello comunitario “the adoption of EU criminallaw measures can help ensuring that criminals can neither hide behind borders nor abuse differences between National legal systems for criminal purposes”. Nell’ambito qui considerato, non da ultimo, si favorisce il mantenimento del level playing field principio che, come ormai in termini consolidati, costituisce uno degli elementi cardine di ogni intervento normativo in materia finanziaria.

A meglio comprendere lo spirito della Comunicazione si riporta quanto contenuto nelle conclusioni “this communication represents a first step in the Commission’s efforts to put in place a coherent and consistent EU Criminal Policy by setting out how the EU should use criminal law to ensure the effective implementation of EU policy”.

Vedasi anche il “Report from the Commission to the European Parliament and the Council – Protection of the European Union’s financial interests – Fight against fraud 2013 Annual Report”, 17.7.2014.

[6] “An EU Criminal Policy should have as overall goal to foster citizens’ confidence in the fact that they live in a Europe of freedom, security and justice, that EU law protecting their interests is fully implemented and enforced and that as the same time the EU will act in full respect of subsidiarityand proportionality and other basic Treaty principles”.

[7] Comunicazione del 20.09.2011 (cit.).

[8] Il cui art. 83(1) identifica i dieci cosiddetti “Crimini Comunitari” nei seguenti: terrorismo, tratta degli esseri umani e sfruttamento sessuale delle donne e dei minori, traffico illecito di stupefacenti, traffico illecito di armi, riciclaggio di denaro, corruzione, contraffazione di mezzi di pagamento, criminalità informatica e criminalità organizzata.

[9] Si richiama all’attenzione come il testo, nella versione in lingua italiana, dell’art. 83(3), sul punto, è il seguente “Qualora un membro del Consiglio ritenga che un progetto di direttiva di cui al paragrafo 1 o 2 incida su aspetti fondamentali del proprio ordinamento giuridico penale …”.

[10] “Directive on criminal sanctions for market abuse – Frequently Asked Questions – 4 February 2014.

[11] Viene osservato come nella formulazione lessicale del principio contenuto nell’art. 5 del TUE riveli la sua inequivocabile natura. Di criterio di ripartizione delle competenze, finalizzato all’individuazione del miglior livello di governo nell’ambito del quale collocare l’esercizio di un pubblico interesse, sottolineandosi la sua “evidente” valenza “essenzialmente negativa”, ponendosi quale limite all’espansione incontrollata delle competenze europee. A tale riguardo l’Autore richiama come il Bundesrat tedesco, con riferimento alla proposta di Direttiva abbia espresso parere negativi, proprio sotto il profilo della sussidiarietà, contestando le ragioni di merito che stanno alla base del relativo giudizio, lamentando una carenza dimostrativa in punto di indispensabilità delle norme penali in questo settore (A. Molinarolli, Spunti problematici in materia di sussidiarietà europea, in Diritto Penale Contemporaneo).

In materia di indispensabilità viene rilevato tale presupposto non possa essere confuso con, né sostituito dal, limite normativo di cui al par. 2 dell’art. 83 TUE nella parte in cui stabilisce quale unico requisito tassativo che le “norme minime” europee in materia penale riguardino un settore oggetto di misure di armonizzazione. Diversamente argomentando, ne fa derivare l’Autore, in qualsiasi settore in cui vi siano “misure di armonizzazione” sorgerebbe ipso ire anche una competenza penale europea, in palese violazione della volontà legislativa e dell’origine stessa di tale competenza, riconosciuta dalla stessa Corte di Giustizia nelle sentenze 2005 e 2007 (L. Picotti, Le basi giuridiche per l’introduzione di norme penali comuni relative ai reati oggetto della competenza della procura europea, medesima rivista, pag. 22).

[12] In materia penali è stato rilevato assistere ad un’esponenziale crescita di direttive comunitaria che impongono veri e propri obblighi di criminalizzazione, avvertendosi “incombente il rischio di una progressiva espropriazione del parlamento nazionale che vede sempre più ridotto il suo margine di apprezzamento nelle scelte di criminalizzazione”. L’Autore evidenzia come nello scenario UE l procedura legislativa ordinaria non fa del Parlamento europeo il luogo dell’iniziativa legislativa e della formazione della norma, ma il titolare di poteri meno pregnanti rispetto a quelle che caratterizzano la piena democraticità delle scelte decisionali dell’ordinamento italiano (M. Pellegrino, L’incidenza discendente del diritto UE sul sistema penale a margine della L. 24 dicembre 2012, n. 234, pag. 8, citando anche Palazzo, Europa e diritto penale: i nodi al pettine, in Dir. Pen. proc., 2011, pag. 657).

In occasione dell’adozione delle Direttiva sono state rese Dichiarazioni da parte di alcuni Stati Membri:

– (Austria, Bulgaria, Ungheria e Polonia): pur plaudendo agli sforzi compiuti per combattere l’abuso di informazioni privilegiate ed approvando l’adozione delle direttiva in parola, evidenziano talune perplessità “in quanto avrebbe dovuto essere preceduta da un’analisi della sua necessità ai fini dell’attuazione efficace di una politica dell’Unione”: a) è opinabile se la differenza negli ordinamenti giuridici e nelle tradizioni giuridiche degli Stati membri, tutelate dall’arto 67 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, siano state sufficientemente prese in considerazione, b) è temuto che la soglia di quattro anni di pena detentiva, anche per i casi gravi di abuso di informazi0oni privilegiate e di manipolazione del mercato, sia piuttosto alta rispetto ad altri reati gravi oggetto di armonizzazione a livello europeo – auspicando, nel contempo, che i livelli sanzionatori precedentemente approvati dal Consiglio e dal Parlamento saranno vengano rispettati in futuro con venendo, quindi, a costituire la Direttiva in parola un precedente -;

– (Lussemburgo) nel prendere atto che, in virtù dei protocollo 21 e 22, non vincolerà tutti gli Stati Membri, viene evidenziato il rischio di determinare una situazione in contrasto con la necessità di garantire l’attuazione efficace di una politica dell’Unione in un settore che è stato oggetto di misure di armonizzazione, richiesta dall’art. 83 del T.U.E. A tale proposito viene menzionata la dichiarazione 26 del Trattato di Lisbona [La conferenza dichiara che, qualora uno Stato membro scelga di non partecipare a una misura fondata sul titolo IV della parte terza del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il Consiglio avrà una discussione approfondita sulle conseguenze e gli effetti possibili della non partecipazione di detto Stato membro alla misura in questione].

(in Consiglio dell’Unione Europea, Fascicolo interistituzionale: 2011/0297(COD), 8261/14 ADD 1).

[13] Con riferimento a detto istituto l’Abi, intervenendo nel processo di Pubblica Consultazione, ha manifestato la sua riserva quanto all’ipotesi di adottare una singola definizione ritenendo come non possa essere “sufficiently broad to address the full scope of insider dealing” (disponibile sul sito Eurlex).

[14] La seconda parte della disposizione, nel definire le finalità, apparirebbe non già solamente identificare l’obiettivo che il Legislatore comunitario si è posto quanto piuttosto definire l’oggetto della tutela – in questo caso composito ed inscindibilmente interconnesso – quale identificazione di un ulteriore elemento, parametro, rafforzativo – di quello che potrebbe ricondursi al concetto di pericolo sociale – per la determinazione delle sanzioni, eventualmente maggiori che i singoli Stati membri intendessero applicare, così come dei termini di applicazione del principio di proporzionalità in sede di domestico recepimento.

[15] Del 25 febbraio 2009.

[16] La Relazione, inoltre, concludeva in merito che i regimi sanzionatori degli Stati membri erano in genere deboli ed eterogenei, rilevando in taluni casi sanzioni amministrative non appropriate ed in taluni casi assenza di quelle pecuniarie per le ipotesi di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato.

[17] Considerando n. 6.

[18] Fermo il diritto, per gli Stati membri, di adottare o mantenere norme di diritto penale più severe in materia di abusi di mercato (Considerando 20), come pure stabilire che la manipolazione del mercato commessa con colpa grave o negligenza costituisca reato.

[19] A tale proposito la Corte di Giustizia Europea ha precisato “Il problema, se una disposizione di diritto nazionale contenga una sanzione efficace, proporzionata e dissuasiva, dev’essere esaminato, in tutti i casi in cui sorge, tenendo conto del ruolo di detta norma nell’ordinamento giuridico complessivo, ivi compreso lo svolgimento della procedura e le peculiarità di quest’ultima dinanzi alle diverse autorità nazionali”. Si segnala, inoltre, come in tale occasione la Corte abbia precisato che “Il giudice di uno Stato membro è tenuto a dare applicazione ai precetti di una direttiva, senza adire preventivamente il giudice costituzionale nazionale, disapplicando una legge penale più favorevole adottata successivamente al reato, se e in quanto tale legge contrasti con la direttiva” (Cause riunite C-387/02, C-391/02 e C-403/02).

[20] Viene citato dalla stessa Direttiva il recente scandalo Euribor quale “grave caso di manipolazione di un indice di riferimento (benchmark), ha dimostrato che problemi e carenze importanti si ripercuotono seriamente sulla fiducia nei mercati e possono determinare perdite consistenti per gli investitori, nonché distorsioni dell’economia reale”.

[21] Considerando 23.

[22] La Comunicazione del 20.09.2011 (cit.) evidenzia come “today, many serious crimes, including violation of harmonized EU legislation, occur across borders. There is thus an incentive and possibility for criminals to choose the Member State with the most lenient sanctioning system in certain crime areas unless a degree of approximation of the natural laws prevents the existence of such “safe havens”“.

[23] Intervenendo nel procedimento di consultazione la FBE (Federazione Bancaria Europea) nell’incoraggiare “greater harmonisation in the field of market abuse, so a to avoid any gaps or loopholes resulting from differences in the implementation of the rules across the Member States”, richiama all’attenzione come “in today’s fragmented fading landscape, investors have much freedom about where to execute orders”, concludendo evidenzia che “differences in application legislation should remain as limited as possible in order to avoid any scope for regulatory arbitrage”.

[24] Accezione che, nella sostanza, rappresenta il minor livello, per quantità e qualità, delle sanzioni irrogabili a parità di comportamenti. Tale concetto appare trasparire dall’inciso (Considerando 7) per il quale “L’assenza di un regime comune di sanzioni penali nell’Unione offre l’opportunità agli autori di abusi di mercato di approfittare dei regimi meno rigorosi in alcuni Stati membri”.

Il Considerando 26, a tale proposito, nel richiamare come l’aumento dell’0attività transfrontaliera richieda una cooperazione efficiente ed efficace tra le varie Autorità nazionali, precisa che l’organizzazione e le competenze, di queste ultime, non dovrebbero costituire un ostacolo a tale fine. Sotto un certo punto di vista, quantomeno per le maggiori realtà comunitarie, in ambito bancario tale rischio appare limitato attesa la competenza, diretta, assunta dalla BCE nella supervisione delle varie entità – su base gruppo -, fase cui la vigilanza dei Mercati Finanziari non è ancora giunta.

[25] La Commissione per le libertà civili,a la giustizia e gli affari interni nel suo parere alla proposta legislativa aveva proposto l’inserimento, di seguito al testo originario, la seguente formulazione, “alla luce della crisi finanziaria, è divenuto evidente che la manipolazione del mercato può comportare danni estesi per la vita di milioni di persone. La mancanza di sanzioni penali armonizzate è stata vista, a ragione, dai cittadini come un elemento che ha creato un contesto di impunità nel quale i manipolatori del mercato possono prosperare, approfittando di un mercato senza frontiere e operando in giurisdizioni che non li perseguono, o che hanno quadri giuridici carenti per questo tipo di reati. Ciò crea, a sua volta, le condizioni per un’accentuata percezione sociale della corruzione e una corrispondente mancanza di fiducia nello Stato di diritto e nella legittimità nelle istituzioni. Inoltre l’irrogazione di sanzioni penali per i reati di abuso di mercato avrà un effetto dissuasivo sui potenziali contravventori” (in Parlamento Europeo, documento di seduta, A7-0344/2012, 19.10.2012).

Al di là del contenuto socio politico non vi è chi non rilevi come una simile formulazione, inserita nel considerando, avrebbe avuto, se integralmente recepita, una portata interpretativa forse maggiore quanto all’evidenziazione del pericolo sociale, avvertito dal Legislatore ricorrere nella Comunità, anche quale incisivo supporto all’adozione di severe misure dissuasive e repressive.

[26] R. Riz Nuovi profili sul rapporto tra diritto penale e diritto comunitario, Consiglio Superiore della Magistratura, Atti dell’incontro di studio, Lanciano 23-24 aprile 1987, pagg. 82 – 84.

[27] Fatte salve, richiama l’Autore, le eccezioni espressamente previste dalla normativa comunitaria.

[28] Del 16 aprile 2014 relativo agli abusi di mercato (regolamento sugli abusi di mercato) e che abroga la direttiva 2003/6/CE e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE.

[29] È legittimo ritenere, quanto a tali ultime due ipotesi, un discrimine non irrilevante atteso come, per questa la riservatezza è fondamentale all’accertamento dei fatti ed assicurare che gli stessi possano venire occultati o comunque ne sia reso più difficile l’accertamento mentre, quanto alla prima, appare rilevare il diritto in capo principalmente degli investitori, e dei “vari operatori”, a conoscere l’avvenuto ricorrere di fatti che possano incidere sulla consapevole scelta di investimento.

[30] L’attenzione a tali aspetti, da parte del Legislatore comunitario, si ritrova anche nel Regolamento 596/2014 il cui art. 34 (Pubblicazione delle decisioni) prevede come, tra le altre, qualora un’Autorità competente ritenga che la pubblicazione dell’identità della persona giuridica (il testo in lingua inglese parla di “legal person”) destinataria della decisione, così come di una persona fisica, sia sproporzionata – eseguita una valutazione per singolo caso sulla proporzionalità della pubblicazione stesa nonché sul rischio di compromettere un’indagine in corso ovvero la stabilità dei mercati finanziari – può, in termini, condizioni e modalità previste espressamente dalla disposizione regolamentare, rinviarla, pubblicarla in forma anonima, non procedervi.

[31] Comunicazione 29.09.2011 (cit.).

[32] Traduzione di “stigmatising effect” presente nel testo in lingua italiana della Comunicazione.

[33] Si osservi come, anche in qui, venga ribadito tale connotato che, non da ultimo, nella sostanza viene a giustificare il ricorso a misure sanzionatorie più drastiche atteso come (infra) le altre e diverse non sarebbero in grado, da sole o congiuntamente, a costituire adeguato deterrente al mancato rispetto della norma.

[34] Che già il nostro ordinamento conosce, anche nella forma cosiddetta “per equivalente”.

[35] Scelta ritenuta non comprensibile dal Comitato Economico e Sociale Europeo, in quanto opzione discutibile dato che tali norme potrebbero far sorgere molteplici difficoltà applicative che – diversamente a quanto accadrebbe con una direttiva – non potrebbero più essere risolte in sede di attuazione dagli Stati membri (parere in merito alla proposta di regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo all’abuso di informazioni privilegiate,e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato) – e in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente sanzioni penali per l’abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato par. 4,4, in GU.CE. C 181/64 del 21 giugno 2012). Si osservi come, presumibilmente, proprio il timore adotto dal Comitato ha indotto il Legislatore a scegliere, per gli aspetti definitori sostanziali, la via del Regolamento in quanto, diversamente, non si sarebbe assicurata l’applicazione dl principio level playing field, consentendo il mantenimento di diversità, in ambito comunitario, non già, pur limitate, in materia di sanzioni quanto, proprio, di definizione delle fattispecie penali.

[36] È stata sottolineata la necessità che il potere sanzionatorio rimanga in capo alle Autorità Nazionali nonché come “in order to analyse whether sanctions have a comparable effect, it is not sufficient to take into account the range of sanctions available by law. It must be considered whether sanctions are applied and enforced effectively and consistently” (Ministero Federale delle Finanze Tedesco, cit.)

[37] Si consideri come, in questo caso, in ragione dell’ampiezza del contesto di riferimento richiamato dalla Commissione il destinatario della tutela è quasi indistinto racchiudendo, nella sostanza indirettamente ed indirettamente, quelle che potremo definire sotto – categorie (si pensi alla lotta all’evasione fiscale, alle frodi a vario titolo, agli stessi mercati finanziari in senso lato).

[38] Richiamando la Comunicazione, un precedente documento della Commissione in tale materia “on reinforcing regimes in the financial sector” COM(2010) 716 Final of 8.12.2010, pag. 14.

[39] Così potendosi interpretare, forse in termini più ampi, ma comunque ragionevoli, l’espressione “to ensure that taxpayers’ money is protected” usata dalla Commissione.

[40] Facendo espresso riferimento ad un precedente intervento, Communication on the protection of the financial interests of the European Union by criminal law and by administrative investigation (COM(2011) 293, 25.5.2100, pag. 10).

[41] Anche in questo caso l’estensione della formulazione è “personalizzata” in ragione della regolamentazione applicabile alla specifica venue.

[42] La disposizione precisa, inoltre, che “Fatte salve le disposizioni specifiche relative alle offerte presentate nell’ambito di un’asta, le disposizioni della presente direttiva che fanno riferimento a ordini di compravendita si applicano a tali offerte”.

[43] “relativo ai tempi, alla gestione e ad altri aspetti della vendita all’asta delle quote di emissioni dei gas a effetto serra a norma della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità”.

[44] L’Esma ha sottolineato come “the different approaches to the interpretation of MiFID 1 across Member States mean that there is no commonly-adopted-application of the definition of derivative or derivative contract in the EU – there are significant problems in the implementation of EMIR caused by the non<harmonised classification of financial instruments as derivatives”. Al par. III Purpose, n. 9 del del Draft Guidelinea, relativamente a detta differemte applicazione, precisa come “these different interpretations may lead to an inconsistent application of MiFID, EMIR and potentially other directives and regulations that rely on MiFID definitions of financial instruments” – il riferimento alle disposizioni legislative in materia di market abuse appare legittimo – (Consultation paper Guidelines on the application of C6 and C7 of Annex 1 of MiFID).

In sede di intevento nella Consultazione il Ministero Federale della Finanza Tedesco ha precisato “we support the notion of extending the scope of MAD to financial instruments admitted to trading on MTFs in order to prohibit manipulative actions committed through certain instruments. A gradual leveling of playing fields between regulated markets and MTFs that would come along with such a measure also appears to be desirable. … According to supervisory experience many cases of market manipulation do occur in the sectors off the regulated markets”. Il Ministero, in tale occasione, richiama, da un lato, come in Germania il divieto di manipolazione del mercato già trova applicazione al cosiddetto “Freiverkehr” (segmento MTF della borsa tedesca) e, dall’altro, la necessità che l’adattamento alle PMI dei requisiti previsti per gli specifici mercati non pregiudichi la protezione degli investitori. (documento disponibile sul sito dell’EBA).

A tale differenziazione è stata manifestata una ferma opposizione supportata dalle seguenti motivazioni:

– “could create a false market in SME stocks with participants trading at prices which do not represent the true (perceived) value of the company because price sensitive information has not released;

– would not be practical for SMEs to retain inside information for long periods without leaks and or rumors circulating which could potentially lead abusive behavior; or

– could cause a market confidence issue, which could reduce liquidity provision in SME stocks (because of the increased potential for false markets, as mentioned above2

(Association for Financial Markets in Europe (AFME), The British Bankers’ Association (BBA), International Swaps and Derivatives Association (ISDA)– documento congiunto).

A quanto sopra si aggiunga quanto espresso, sempre in sede di consultazione, dalla FBE (cit.), la quale sottllineando un aspetto forse discutibile sotto l’aspetto sostanziale ritiene che “market abuse or market manipulation is more likely to occur with regard to smaller issuers, as it is easier to move less liquid markets” paventa un rischio che, quantomeno sotto l’aspetto probablistico, appare condivisibile “relaxation of these rules would therefore deteriorate investor protection, which is as such non acceptable and would rather discourage investors from trading in shares of smaller issuers”.

[45] Negoziazione di azioni proprie nei programmi di riacquisto di azioni proprie quando “a) tutti i dettagli del programma sono comunicati prima dell’inizio delle contrattazioni, b) le operazioni di compravendita sono comunicate all’autorità competente del luogo della sede di negoziazione a norma del paragrafo 3 come parte del programma di riacquisto di azioni proprie e successivamente comunicate al pubblico, c) sono rispettati limiti adeguati in ordine al prezzo e al quantitativo e d) è effettuata conformemente agli obiettivi di cui al paragrafo 2 [sotto riportati] e secondo le condizioni stabilite in materia di “Esenzione dalle attività di gestione monetaria e del debito pubblico nonché dalle attività relative alla politica climatica”. Viene previsto che il programma debba avere un “unico fine”, tra quelli previsti, per poter beneficiare dell’esenzione dei divieti in materia di “abuso di informazioni privilegiate e di comunicazione illecita di informazioni privilegiate” e di “manipolazione del mercato”: a) ridurre il capitale dell’emittente, b) soddisfare gli obblighi derivanti da strumenti di debito che siano convertibili in strumenti azionari, o c) adempiere agli obblighi derivanti da programmi di opzioni su azioni o altre assegnazioni di azioni ai dipendenti o ai membri degli organi di amministrazione o di controllo dell’emittente o di una società collegata.

L’esenzione è subordinata, inoltre, all’informativa da inviare al’autorità competente del luogo della sede di negoziazione in cui le azioni sono state ammesse alla negoziazione o sono negoziate, di tutte le operazioni relative al programma di riacquisto di azioni proprie, e quelle su strumenti finanziari concluse per conto proprio o per conto dei clienti, quanto ai gestori gli ordini immessi nei propri sistemi, per le imprese di investimento gli strumenti finanziari a) ammessi alla negoziazione o negoziati in una sede di negoziazione o per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione e b)il cui sottostante è uno strumento finanziario negoziato in una sede di negoziazione e c) il cui sottostane è un indice od un paniere composto di strumenti finanziari negoziati in una sede di negoziazione (queste ultime in quanto richiamati gli artt. 25, par. 1 e 2, e 26, par. 2 e 3, del regolamento (UE) n. 600/2014 i quali, ai sensi dell’art. 55 trovano applicazione dal 1° gennaio 2017).

[46] “a) «valori mobiliari»: i) le azioni e gli altri valori mobiliari equivalenti ad azioni: ii) le obbligazioni e le altre forme di titoli di credito; ovvero iii) i titoli di credito convertibili o scambiabili in azioni o in altri valori equivalenti ad azioni;

b) «strumenti collegati»: gli strumenti finanziari specificati di seguito, compresi gli strumenti finanziari non ammessi alla negoziazione o negoziati in una sede di negoziazione, o per i quali non è stata richiesta l’ammissione alla negoziazione in una sede di negoziazione: i) contratti o diritti di sottoscrizione, acquisizione o cessione di valori mobiliari; ii) strumenti finanziari derivati su valori mobiliari; iii) qualora i valori mobiliari siano strumenti di debito convertibili o scambiabili, i valori mobiliari in cui gli strumenti di debito possono essere convertiti o con i quali possono essere scambiati; iv) strumenti emessi o garantiti dall’emittente o dal garante dei valori mobiliari e il cui prezzo di mercato possa influenzare sensibilmente il prezzo dei valori mobiliari o viceversa; v) qualora i valori mobiliari siano valori mobiliari equivalenti ad azioni, le azioni rappresentate da tali valori mobiliari nonché tutti gli altri valori mobiliari equivalenti a dette azioni”.

[47] Il Draft TS ESMA definisce Ancillary stabilizationthe exercise of an overallotment facility or of a “Greenshoe option” by investment firms or credit institutions, in the context of a significant distribution of relevant securities, exclusively for facilitating stabilization activity” sottolineando come “Particular attention should be paid to the exercise of an overallotment facility by an investment firm or a credit institution for the purpose of stabilization when it results in a position not covered by the “Greenshoe option”. (par. II.2.4, n. 51).

[48] Uno Stato membro, i membri del SEBC, un ministero, un’agenzia o una società veicolo di uno o più Stati membri, o un soggetto che agisce per suo conto, nel caso di uno Stato membro a struttura federale, un membro che abbia posto in essere tale struttura federale.

[49] “… operazioni, ordini o condotte posti in essere dalla Commissione o da qualsiasi altro organismo ufficialmente designato, o da qualsiasi persona fisica o giuridica che agisca a suo nome, nella condotta della politica di gestione del debito pubblico.

… operazioni, ordini o condotte posti in essere da: a) l’Unione; b) una società veicolo di uno o più Stati membri; c) la Banca europea per gli investimenti; d) il Fondo europeo di stabilità finanziaria; e) il meccanismo europeo di stabilità; f) un’istituzione finanziaria internazionale, istituita da due o più Stati membri, allo scopo di mobilitare risorse e fornire assistenza finanziaria a beneficio dei suoi membri che stanno attraversando o sono minacciati da gravi difficoltà di finanziamento”.

[50] Attività di uno Stato membro, della Commissione o di qualsiasi altro organismo ufficialmente designato, o di qualsiasi persona fisica o giuridica che agisca a loro nome, relativa alle quote di emissioni e intrapresa nella condotta della politica climatica dell’Unione conformemente alla direttiva 2003/87/CE (del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità).

[51] Attività di uno Stato membro, della Commissione o di qualsiasi altro organismo ufficialmente designato, o di qualsiasi persona fisica o giuridica che agisca per loro conto, che sono intraprese nel perseguimento della politica agricola comune dell’Unione o della politica comune della pesca dell’Unione conformemente agli atti adottati o agli accordi internazionali conclusi a norma del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea).

[52] In materia di “di abuso di informazioni privilegiate e di comunicazione illecita di informazioni privilegiate” e “manipolazione del mercato”, infra.

[53] Ai sensi del par. 6.

[54] Da intendersi, anche per ragioni lessicali, di portata inferiore anche alla stessa istigazione atteso come, in ambito domestico, quest’ultima sia riconducibile al fatto diretto a suscitare od a rafforzare in altri il proposito criminoso di delinquere o di perpetrare il fatto illecito sena bisogno, nell’ipotesi prevista e regolata dall’art. 414 del codice penale, che l’istigazione sia accolta e che il fatto venga quindi commesso, a’ sensi del suo primo comma nella parte in cui recita “è punito, per il solo fatto dell’istigazione”. Anche nel caso dell’induzione comunitaria, peraltro, apparirebbero non ricorrere sia l’accoglimento che la commissione del reato oggetto di induzione.

[55] Si osservi come il Legislatore comunitario qui intervenga direttamente, ritenendo di non lasciare agli Stati Membri un’ampia discrezionalità, quando un illecito debba costituire reato. Mentre nel primo dei due caso un certo ambito di scelta viene “concesso”, quantomeno nella determinazione dei “casi più gravi”, per il secondo la determinazione è comunitaria quasi assumendosi, qui, come al ricorrere di tale elemento soggettivo l’offesa non possa che essere considerata tanto grave da venire sanzionata al “massimo” livello in quanto tale da pregiudicare gli stessi interessi comunitari (n un’ottica di level playing field sia quanto all’integrità del mercato che, non da ultimo, la tutela dell’investitore e della fiducia che questi deve poter riporre nel primo e nel sistema di cui costituisce elemento).

[56] Il Considerando n. 23, del Regolamento 596/2014 evidenzia come la caratteristica essenziale dell’abuso di informazioni privilegiate consiste nell’ottenere indebitamente, mediante informazioni privilegiate, un vantaggio a scapito di terzi che non sono a conoscenza di tali informazioni, mettendo così a repentaglio l’integrità dei mercati finanziari e la fiducia degli investitori.

[57] Ai sensi del Regolamento n. 1031/2010.

[58] Si evidenzia come, al suo Considerando n. 15, venga sottolineata la necessità a “che gli Stati membri prevedano che anche l’induzione, il favoreggiamento e il concorso nella commissione dei reati possano essere punibili”. Tale formulazione evidenzia, ulteriormente, la sostanziale sua differenza con la raccomandazione, quest’ultima ben definita nell’articolato della Direttiva stessa, derivandone la necessità di definirne il contorno della prima aliunde. Che si tratti, in ogni caso, di un comportamento di diverso livello, non necessariamente meno invasivo o pressante, lo si ricava, ad esempio, dal tenore dell’art. 8, comma 2, lettera b), nella parte in cui viene differenzia la raccomandazione di cancellare o modificare un ordine rispetto all’induzione ad effettuare la cancellazione o la modifica. Secondo un’interpreazione domestica di quest’ultima, essa apparirebbe forse più sostanziale ed invasiva nei termini in cui il comportamento dell’agente risulta più diretto nei confronti del destinatario e si manifesta in atti e comportamenti non limitantisi ad una “mera” indicazione di un suggerimento, pur se espressa da parte di un soggetto a ciò deputato professionalmente, ovvero rispetto al quale l’investitore nutra fiducia o vi faccia comunque affidamento. Sotto taluni versi si potrebbe, forse, ritenere che possano rientrare in detta ipotesi tutti quei comportamenti, direttamente riconducibili all’induzione, nonché quelli che, quantunque più prossimi alla raccomandazione non rispondano ai dettami della definizione che ne offre la norma comunitaria.

[59] Avuto riferimento, nel caso di specie, ad ipotesi di concussione – corruzione, n. 12228/14 del 24/10/2013 dep. 14/03/2014.

[60] Avuto riferimento alle previsioni normative richiamate dalla Corte per il caso di specie.

[61] È stato ritenuto, peraltro, chi è costretto od indotto a dare o promettere un0utilità in conseguenza dell’abuso della qualità o dei poteri da parte del pubblico ufficiale non deve necessariamente trovarsi in uno stato soggettivo di timore, potendo determinarsi al comportamento richiesto per mero calcolo economico (attuale o futuro) o per altra valutazione utilitaristica. La Corte prosegue precisando come l’indotto deve essere consapevole di dare o promettere il “non dovuto”, causa efficiente del risultato “costrizione o induzione” era ed è l’abuso di potere o della qualità rivestita (Cass. Pen., VI sezione, sentenza n. 1616 del 4/12/2012 – 21/02/2013, con riferimento ad un’ipotesi di concussione). Mutatis mutandis apparirebbe legittimo derivarne, tra le altre, come nell’ipotesi di abuso di mercato l’indotto sia responsabile solamente ove, compartecipando con l’agente, intenda avvantaggiarsi illegittimamente di una conoscenza, potremmo definire intermediata, in grado di alterare la sua “mera” posizione di investitore.

Tale compartecipazione, peraltro, non appare costituire un elemento costitutivo della fattispecie criminosa quanto all’agente potendo lo stesso delinquere anche evidenziando all’indotto vantaggi economici futuri senza palesare, o comunque far intendere, la ricorrenza del suo possesso di informazioni privilegiate.

La medesima Sezione della Corte nell’evidenziare come indurre connoti soltanto l’effetto e non connoti minimamente il modo in cui questo effetto venga raggiunto, e che violenza o minaccia o propaganda o inganno siano modi alternativi e a volte incompatibili fra loro, ma tutti percorribili per ottenere il medesimo risultano, – avuto riferimento, nel caso di specie, alle ipotesi di cui agli artt. 317 e 319 c.p. – chiarisce come l’induzione sia il fenomeno residuale perché comprende tutto quello che si realizza senza la costrizione facendo rientrare nell’induzione la condotta attraverso la quale si prospettino conseguenze sfavorevoli derivanti dalla legge o la promessa indebita di denaro o di altra utilità (Sentenza n. 3251 del 22/01/2013).

[62] Si osservi come la Suprema Corte ritenga comunque svolgere un approfondimento del significato del termine, astraendolo dalla base lessicale dalla quale rileva derivarne un mero “vago concetto”.

[63] Si evidenzia come sia stato sottolineato che il concetto fluido e sostanzialistico della “natura penale” di una disposizione interna voluto dalla Corte EDU, nonché dalla stessa CGUE ponga problemi di compatibilità con il nostro sistema costituzionale il quale, all’art. 25 della Carta, ancora la nozione di illecito penale ad un criterio di stretta legalità formale, combinandosi con l’art. 1 del codice penale in un sistema che stabilisce la riferibilità della qualificazione della norma come penale al fatto che essa sia formalmente ed espressamente prevista come reato dalla legge. Da tali vincoli normativi interni non appare sostenibile che il giudice nazionale possa, in applicazione dei principi convenzionali come declinati dalla Corte europea, ritenere “sostanzialmente” penale una disposizione qualificata come amministrativa, dall’ordinamento interno, al fine di rilevare il divieto del doppio giudizio per il medesimo fatto. Il fluttuante criterio interpretativo prescelto dalle Corti europee per definire la natura penale di un illecito potrebbe rendere “strutturale” il pericolo di incertezza del diritto per l’autorità giurisdizionale statale e per le stesse parti coinvolte nei procedimenti (“Considerazioni sul principio del ne bis in idem nella recente giurisprudenza Europea: la sentenza 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri contro Italia”, Corte di Cassazione del Ruolo e del Massimario – Settore Penale, Rel. N. 35/2014, 8 maggio 2014).

Viene evidenziata come sia difficile negare la fondatezza di una questione di legittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p., per contrasto con l’art. 117 co. 1 Cost. in riferimento all’art. 4 Prot. CEDU così come interpretato in Grande Stevens, nella parte in cui la disposizione impugnata non prevede che il giudice debba pronunciare sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere anche nell’ipotesi in cui l’imputato sia già stato giudicato per il medesimo fatto, con provvedimento ormai irrevocabile, in un procedimento che – seppur qualificato come amministrativo dal diritto italiano – debba ritenersi di natura penale ai sensi della Convenzione europea e dei suoi protocolli (F. Viganò, “Doppio binario sanzionatorio e ne bis in idem: verso una diretta applicazione dell’art. 50 della Carta?”, in Diritto Penale e Contemporaneo).

Analisi tutte, quelle sopra esposte, (ed infra) che in particolare con riferimento all’ipotesi di patteggiamento – come noto fondata e strutturata su elementi ed accordi che possono anche non ricomprendere la confisca prevista dalla norma penale, così come la tutela dei danneggiati in ambito di giudizio penale – comporterebbero l’esclusione di fatto della possibilità, ove ricorra l’ipotesi di illecito amministrativo “sostanzialmente riconducibile” come identificato e descritto dalla Corte europea, di applicare una sanzione che, non si dimentichi, costituisce un forte deterrente, soprattutto nell’istituto del “per equivalente”, alla commissione di simili illeciti, riducendo il carattere dissuasivo ed effettivo della sanzione che proprio la Direttiva 57/2014 sostiene e sollecita.

Non da ultimo, argomentando in ambito domestico, appare non comprensibile pienamente il concetto di sostanziale illecito penale, dal quale si origina una sanzione sostanzialmente penale che, non si dimentichi, verrebbe irrogata da un’Autorità non giudiziaria a fronte di un procedimento dalla stessa promosso e definito anche nel Provvedimento decisorio. Ci si troverebbe di fronte ad un paradosso giuridico sol se si pensi all’ipotesi in cui il “procedimento Consob” sia definito prima della pronuncia, definitiva, del Giudice Penale il quale, fronte dell’obbligatorietà dell’azioni che al relativo apparato incombe, verrebbe privato del relativo potere in regione, ed in forza, di un Provvedimento previsto e definito dall’Ordinamento avente natura amministrativa.

È stato sottolineato come alle regole della cognizione penale non possano equipararsi sic et simpliciter quelle proprie di una procedura amministrativa sanzionatoria non assistita dal medesimo quadro di principi e garanzie, se non a patto di sacrificare l’irretrattabilità dell’azione penale in favore dei quella avviata da un organo amministrativo, determinando in tal modo una violazione del principio costituzionale scolpito nell’art. 112 Cost. e dello stesso principio di soggezione alla legge di cui all’art. 101, comma 2, Cost., per l’effetto della disapplicazione di una norma penale sul cui carattere imperativo sarebbe destinato a prevalere, per la sua anteriorità, il definitivo accertamento, in altra e meno garantita sede di giudizio, di fatto illecito ritenuto “sostanzialmente” penale (G. De Amicis, op. cit.).

[64] Nel caso di specie costituiti dai parametri dell’abuso di qualità o di poteri da parte del pubblico funzionario e della prevista punibilità del soggetto privato.

[65] Per taluni versi, sotto l’aspetto concettuali, tale “non paritarietà” apparirebbe ricorrere anche nelle ipotesi di abuso di mercato, quantomeno in un’espressione di sudditanza psicologica del destinatario della pressione rispetto all’agente.

[66] L’ipotesi scolastica, ma non troppo, è quella della notizia carpita al bar, in treno ovvero per strada da parte di colui il quale, pur non essendo interlocutore diretto ma occasionale ascoltatore, a conoscenza del ruolo di chi sta parlando, rendendosi conto della rilevanza dell’informazione acquisita, la sfrutti per il proprio interesse.

[67] Acronimo domestico, in tale contesto, rispetto ai quello in lingua inglese (SME) presente nella Direttiva.

[68] Già in sede di consultazione si erano levate voci contrarie a tale scelta. L’Abi, da parte sua, aveva sottolineato come “small companies are just susceptible to market abuse as large ones . perhaps even more so – and investors are just as keen on transparency. Investor protection would decrease as a result of the proposal changes, and this would outweigh the benefit of reducing costs for issuers”. Il Ministero Federale Tedesco, a tale proposito, ha precisato “any potential measures reducing regulatory standards for SMEs need to be weighed against the effect they may have on the protection level especially retail investors are granted within the EU” (cit.).

La Consob, intervenendo nella consultazione, esprimeva la propria contraietà ad una simile scelta evidenziando come “it could detrimental to investors protection and market fairness” sollecitando, nell’ipotesi di mantenimento di tale orientamento, che “the criteria to be fulfilled by the SMEs as proposed for such an adapted regime could be further specified through delegated acts”.

Da tre Associazioni sono state proposte le seguenti variazioni alla definizione di tentativo di manipolazione del mercato “the entering into transactions or the issuing of orders to trade which knowingly: (a) attempt to secure, by a person acting in collaboration, the price of one or several financial instruments at an abnormal or artificial level, unless the person who entered into the transaction or issued the orders to trade establishes that his reasons for doing so are legitimate and that these transactions or orders to trade conform to accepted market practices on the regulated market or multilateral facility concerned; or (b) attempt to employ fictitious devices or any other form of deception or contrivance”. Richiamando, inoltre, come la MAD sia un effects-based regime sottolinea come “it is essential that ay formal test to identify attempted market abuse must be based around one’s original intentions” (AFME, BBA, ISDA, cit.).

[69] La previsione del tentativo ha suscitato, in sede di consultazione, vari interventi non particolarmente allineati con le scelte della Commissione. La Federazione Bancaria Europea nel richiamare come “the current definition of market manipulation, at least in the reading of most European banks and Member States, already, covers manipulative actions which do not result in market price changes”, evidenzia quale rischio non indifferente come “going further than this making even an attempt of market manipulation liable to prosecution, however, could cause considerable legal uncertainty”, concludendo come non sia accettabile la definizione, proposta dalla Commissione, di tentativo di manipolazione del mercato. In tale occasione essa sottolinea anche l’inversione dell’onere della prova, ribadendo come, invece, quest’ultimo debba rimanere a carico dell’Autorità quanto alla non conformità di un determinate comportamento, tenuto dall’agente, rispetto alle previsioni normative e regolamentari. La FBE, in linea a quanto precede, putnualizza come “trading patterns that fall within the unavoidable grey area should be considered legitimate until clear decision to the contrary has been made” [appare legittimo osservare, peraltro, come tale area talvolta viene a determinarsi, se non ricercarsi, attraverso la predisposizione di strumenti finanziari, prodotti in termini tali da non poterne definire chiaramente la rispettiva connotazione – anche in ragione della loro complessità strutturale -. In questi casi deve intervenire l’Autorità per, prontamente ed eventualmente anche su richiesta degli Operatori, collocarli opportunamente], anche nell’interesse degli operatori stessi per consentire loro, tra le altre, di adeguatamente adempiere agli obblighi informativi nei confronti degli investitori ].

Assosim, dal canto suo, nel non ritenere da prevedersi il tentativo di manipolazione del mercato, sottolinea come “introducing the crime of attempted manipulation may lead to punish behaviours that have not a concrete or potential aptitude to manipulate the prices of financial instruments because of the fact that distinguishing among unlawful attempts and ordinary business may be extremely hard in practice for intermediaries”. L’Associazione, peraltro, suggerisce di attribuire alla competenza di ciascuno Stato Membro la facoltà di introdurre tale fattispecie criminosa nel proprio ordinamento.

In tale ottica anche la Consob la quale motiva, principalmente, il proprio orientamento sul fatto (supra) che “this solution does not appear to be consistent with the MAD approach, that is effect-based and not intent-based. Assessing an attempt to manipulate the market would necessarily involve an evaluation of the “intent”. L’Autorità domestica suggerisce l’inserimento della seguente clausola “who employs other fictitious devices likely to give false or misleading signals a to supply of, demand for a price of financial instruments”, sottolineando come la sua applicazione non necessiterebbe l’esecuzione della transazione ovvero l’effettivo impartire dell’ordine – tale formulazione, peraltro, potrebbe comportare un’applicazione ad ipotesi che, potenzialmente, travalicano il tentativo nei termini contemplati dal diritto domestico -.

[70] Quanto alla qualificazione della condotta legittima la previsione della Direttiva fa espresso riferimento al disposto dell’art. 9 del Regolamento 596/2014.

[71] Nei termini previsti dal Regolamento596/2014, art. 11, par. da 8 a 11.

[72] In termini di coordinamento normativo non potrà non farsi riferimento, in sede di recepimento negli Ordinamenti domestici, delle previsioni contenute nel Regolamento 596/2014 ed, in particolare al contenuto nel suo Allegato I (i. indicatori di manipolazioni consistenti nel fornire indicazioni false o fuorvianti e nel fissare i prezzi, ii. Indicazioni di manipolazioni consistenti nell’utilizzazione di strumenti fittizi o di altri tipi di inganno e espediente).

[73] Esempio a tale proposito, quanto all’interpretazione applicativa domestica, è la Pronuncia della Corte d’Appello di Perugia (10.06.2010, disponibile sul Sito della Consob, resa in unico grado ai sensi dell’art. 95 T.U.F.), la quale ha precisato: in particolare:

i) la rilevanza dell’assenza di prova del fatto che le oscillazioni della quotazione del titolo siano state determinate dalla dichiarazioni rese dal soggetto, nonché la perdita reale dei Clienti in termini di “mark to market” derivanti da un’autonoma indagini in tal senso da parte dell’Autorità;

ii) non è sufficiente dare delle informazioni false o riferire voci e notizie false o fuorvianti per integrare l’illecito, previsto dall’art. 187-ter del T.U.F. essendo richiesto, anche, che rappresentino elementi che possano assumere rilevanza nella valutazioni concernenti le operazioni finanziarie non conformi al vero e tali da indurre gli interessati a porre in essere comportamenti (azioni o omissioni) che non avrebbero posta in essere qualora avessero avuto consapevolezza della falsità degli elementi suddetti. [tale argomentazione, peraltro, non considera l’elemento soggettivo in capo all’investitore, inteso quale singolo o gruppo di singoli non in possesso di elevato skill in materia i quali, proprio in quanto non in possesso di elementi e strumenti in grado di valutare la portata e la fondatezza delle dichiarazioni / considerazioni / esternazioni rese da taluni ed oggetto di vasta diffusione, possono essere portati a considerare la natura del soggetto che la rilascia (professionista riconosciuto esperto, esponente di intermediario di rilievo ovvero di Autorità, associazione di consumatori e/o investitori potendo assumere rilevanza, quindi, non solo l’assenza di prova del rapporto dichiarazione rispetto all’oscillazione del corso dello strumento finanziario quanto, anche in taluni casi soprattutto se tale oscillazione si sarebbe comunque verificata in assenza di dette dichiarazioni – i due approcci, pur avendo basi omologhe, sono differenti nella sostanza e possono portare a risultati difformi -].

iii) si deve osservare,non da ultimo, come la Corte abbia posto attenzione anche alla dovuta tutela dell’Autorità disponendo la cancellazione di determinate espressioni contenute negli scritti difensivi dell’opponente in quanto obiettivamente lesive della reputazione della stessa, non necessarie a fini difensivi e trasmodanti sotto l’aspetto del linguaggio. [quest’ultimo aspetto, non di scarso rilievo, appare già in linea con la libertà di stampa e di espressione (supra) prevista dalla Direttiva ma che, in ogni caso, non può portare a giustificare comportamenti e dichiarazioni lesive delle Autorità preposte al Controllo dei Mercati e dell’Attività Finanziaria in quanto, in particolare, costituenti esse un elemento imprescindibile della tutela dei Mercati e degli Investitori].

[74] Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha puntualizzato come vada riconosciuto come la nozione di profitto dipendente dal reato di manipolazione del mercato debba presentare i connotati dell’immediata derivazione e della concreta effettività, ma non coincida necessariamente, quanto alla posizione di un ente collettivo, con il solo profitto conseguito dall’autore del reato [diversi sono gli effetti quanto alle previsioni del d. lgs. 231/2001] potendo consistere anche in altri vantaggi di tipo economico che l’ente abbia consolidato e che siano dimostrati (Sez. Quinta, n. 25450/14 del 3/04-13/06/2014).

[75] La condizione, costituita dal vantaggio o profitto, è legittimo ritenere non debba essere inteso in senso strettamente economico finanziario quanto, piuttosto, qualsiasi vantaggio od utilità che deriva all’agente, direttamente od indirettamente – si pensi, ad esempio, ad un forte ribasso della quotazione al fine di poter acquistare azioni al fine di aumentare il proprio peso in occasione della “prossima” assemblea, procedendo con la loro vendita successivamente curando, al più di evitare una perdita economica -.

[76] Con riferimento alle sanzioni amministrative, ed altre misure amministrative, si rinvia a quanto previsto dall’art. 30 del Regolamento 596/2014.

[77] La stessa Commissione Europea sottolinea come “it is the purpose of the Commission to oblige Member States to have, in their national law, a ‘tool-box’ for both administrative and criminal sanctions, more harmonized than today”(in Directive on criminal sanctions for market abuse – Frequently Asked Questions – 4 February 2014).

La Consob, intervenendo nella consultazione, con riferimento alla determinazione di sanzioni minime (amministrative) ha precisato “would not endorse approaches based on minimum sanctions, even when linked to abusive profits, because they may not be proportionate; particularly considering that administrative sanctions apply also to unintentional conduct”.

[78] Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 4 del Protocollo n. 7: “Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è stato già assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge e alla procedura penale di tale Stato. … Non è autorizzata alcuna deroga al presente articolo ai sensi dell’art. 15 della Convenzione”.

[79] G. De Amicis, Ne Bis in Idem e “doppio binario” sanzionatorio: prime riflessioni sugli effetti della sentenza “Grande Stevens” nell’ordinamento Italiano, in Atti dell’incontro di studio del 23 giugno 2014, Corte Suprema di Cassazione, disponibile sul sito dell’Autorità.

[80] Ci si permette di considerare, attesa la nota litigiosità domestica, come si rischi di aggiungere un ulteriore grado di giudizio, agli attuali tre e, non da ultimo, per gli aspetti dichiarati di propria competenza della Corte EDU, di trovarsi di fronte ad un “doppio binario monofilattico”.

[81] Rifacendosi, principalmente, al documento “Considerazioni sul principio del ne bis in idem nella recente giurisprudenza Europea: la sentenza 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri contro Italia”, Corte di Cassazione del Ruolo e del Massimario – Settore Penale, Rel. N. 35/2014, 8 maggio 2014.

[82] Si osservi come tale principio potrebbe, indipendentemente dalla materia trattata ed espunto dalla “mera” applicazione del ne bis in idem, portare alla ridefinizione sostanziale di varie previsioni di illeciti qualificati, ad oggi, amministrativi che prevedono rilevanti sanzioni (sia sotto l’aspetto patrimoniale che limitazione di taluni diritti / facoltà) con ciò, in un’estrema applicazione interpretativa, incidendo sul relativo procedimento sia quanto all’impianto accusatorio, che alla relativa istruzione come, infine, alla valutazione delle prove, etc.

[83] Lo stretto ancoraggio alla qualificazione della fattispecie, come penale, appare sottendere la posizione della Corte di Cassazione, peraltro precedente al deposito della Pronuncia CEDU nella causa “Grande Stevens”, come sulla base del diritto vigente, l’azione penale non è improcedibile perché preclusa ai sensi dell’art. 649 c.p.p., in seguito alla irrogazione definitiva di una sanzione amministrativa per il medesimo fatto (I Sez., sentenza del 17.12.2013, n. 19915). nel richiamarla viene evidenziato come la Corte, muovendo dalla valorizzazione degli enunciati interpretativi della sentenza Akeberg Fransson, abbia ritenuta infondata la richiesta volta ad ottenere una declaratoria di improseguibilità dell’azione penale, osservando che il presupposto formale del divieto di un secondo giudizio e della preclusione della res iudicata è costituito dalla sentenza penale – di condanna o di proscioglimento – ovvero dal decreto penale divenuti irrevocabili, “atteso l’incontestabile tenore dell’art. 649, comma 1, cod. proc. pen.”, presupposto che, nel caso in esame, è stato ritenuto pacificamente carente (G. De Amicis, op. cit.).

A tale proposito si osservi come la Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni aveva suggerito l’inserimento dell’art. 8ter del seguente tenore “Gli Stati Membri garantiscono che, qualora sia stata già applicata una sanzione amministrativa, non sia applicabile una sanzione penale in relazione agli stessi fatti, nel caso in cui le sanzioni amministrative e penali siano della stessa natura”(doc. cit.).

In ambito tributario, inoltre, la Suprema Corte ha escluso che il concorso tra sanzione amministrativa tributaria e penale previste in caso di omesso versamento di ritenute, possa costituire una violazione del principio del ne bis in idem fissato dalla Convenzione dei diritti dell’uomo, sul rilievo che la prima non può essere considerata una sanzione avente natura penale e che l’omesso versamento – illecito amministrativo e l’omesso versamento – illecito penale, essendo caratterizzati da elementi costitutivi parzialmente divergenti, non si trovano in un rapporto di specialità, bensì di progressione illecita, con la conseguenza che al trasgressore devono essere applicate entrambe le sanzioni (G. De Amicis, op. cit.).

[84] Non si tralasci come, in assenza del ricorrere di tali caratteristiche, la sanzione perderebbe anche di effetto nei confronti dei terzi soggetti che, differenza dell’autore dell’illecito, hanno rispettato la norma, nei termini in cui fosse avvertito da costoro la scarsa forza della norma stessa e la sua, sostanziale, incoercibilità. Quanto precede, non da ultimo, assume maggiore rilievo qualora ciò avvenga non nell’ambito di un Ordinamento bensì con riferimento a diversi Ordinamenti pregiudicando la corretta applicazione del principio del playing level field a favore di uno rispetto all’altro.

[85] Il testo inglese recita: “can be held liable for offences”.

[86] Espressione che richiama quanto previsto,in ambito domestico, dal d.lgs. 231/2001 in materia di responsabilità degli Enti.

[87] COM(2011) 573 final, pag. 6.

[88] Consiglio dell’Unione Europea, Fascicolo interistituzionale: 2011/0297(COD), 8261/14 ADD 1, nota 3. Si evidenzia che anche la Danimarca

[89] Si osservi, peraltro, come la Financial Conduct Authority (FCA) nel suo Enforcement Annual Performance Account 2013/14, espressamente indichi “The new market Abuse Regulation (Regulation No. 596/2014) and Market Abuse Directive (Directive 2014/57/EU) will further strengthen the Market Abuse regime and bring more financial products within our regulatory scope and extend transparency and risk management to the derivatives market” (par. 25, pag. 10).

[90] Senza considerare, non da ultimo, come in ragione dell’avvenuto, a suo tempo, intervento spiegato dalla MiFID volto a consentire la trattazione di strumenti finanziari ammessi alla negoziazione su Mercati Regolamentati, ovvero MTF, anche al di fuori degli stessi, ci si potrebbe trovare di fronte alla possibilità, reale e non ipotetica, di transazioni eseguite e perfezionate, pur in ambito comunitario, su basi e regolamentazione sostanzialmente difformi ed, in particolare, non parimenti tutelanti per l’investitore anche con riferimento al suo diritto di poter effettuare la cosiddetta “consapevole scelta di investimento”.

Considerazioni che, in parte, risultano già anticipate nel giugno 2012 quando veniva osservato che “l’incertezza sull’adesione alle misure di armonizzazione (opt-in) da parte del Regno Unito rischia di compromettere l’esito conclusivo del negoziato. Laddove il Regno Unito non aderisse, la nuova Direttiva non troverebbe applicazione proprio con riguardo alla piazza finanziaria europea più importante, svuotando così di contenuto sostanziale l’obiettivo di armonizzazione. In tal caso, verrebbe meno l’interesse degli Stati membri a sostenere la MAD2” (C. Salini, Segretario Generale Consob, La riforma europea delle disciplina degli abusi di mercato: la posizione della Consob, intervento del 13 giugno 2012, avanti la 6° Commissione Finanze e Tesoro del Senato).

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