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Approfondimenti

Manipolazione del tasso Euribor: contenzioso nazionale e rilievi comparatistici

11 Luglio 2018

Avv. Filippo Chiaves, Partner, Avv. Martina Di Sano, Associate, Dipartimento di Contenzioso e Arbitrati, Studio Legale Hogan Lovells

Di cosa si parla in questo articolo

Il contenzioso nazionale

A seguito delle decisioni con cui la Commissione Europea ha accertato l’illegittimità di un cartello tra alcune banche europee volto alla manipolazione del tasso Euribor[1] si è registrato un significativo incremento del contenzioso nazionale relativo ai contratti di finanziamento a tasso variabile.

Le pretese

La principale censura mossa dalla clientela nei confronti degli istituti di credito riguarda la pretesa nullità per contrarietà a norme imperative della clausola contrattualeche prevede l’utilizzo dell’Euribor quale parametro per la determinazione del tasso applicabile a mutui a tasso variabile, derivati, obbligazioni bancarie e corporate, e titoli di debito. Tale clausola sarebbe infatti in contrasto con il disposto di cui all’art. 2 della legge n. 287/1990 che vieta, a pena di nullità, “le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti”, inter alia, nel “fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali”.

In altri termini, viene fatta valere una sorta di nullità derivata, fondata sull’assunto che l’Euribor sia espressione di un accordo di cartello tra gli istituti di credito, e che dunque anche le relative clausole di indicizzazione contenute nei contratti stipulati a valle di tale accordo dovrebbero ritenersi nulle per violazione della normativa posta a tutela della concorrenza.

La posizione della giurisprudenza

A tal proposito, la giurisprudenza ha innanzitutto avuto modo di precisare che “il tasso finito praticato non è determinato dal solo Euribor ma da indice + spread”, con la conseguenza che appareinesatto affermare che l’Euribor è frutto di un accordo di cartello per “fissare direttamente o indirettamente i prezzi”, vietato dall’art. 2 della legge n. 287/1990[2].

È stato altresì osservato che, sebbene talune cautele presidino l’Euribor contro il rischio di manipolazioni ad opera di uno o più degli attori del mercato interbancario[3], la manipolazione del tasso è possibile, come dimostrato dalle indagini compiute dalla Commissione Europea sfociate nelle decisioni sopracitate.

Ciò precisato, i Tribunali di merito hanno chiarito le condizioni che devono sussistere ai fini dell’accoglimento delle domande di nullità proposte dagli utenti, rilevando che la nullità della clausola di determinazione degli interessi del contratto a valle non può affatto darsi per scontata ma presuppone che venga fornita la prova: a) dell’esistenza dell’intesa restrittiva; b) dell’illiceità della stessa mediante allegazione dell’accertamento, in sede amministrativa, dell’intesa anticoncorrenziale; e c) della connessione tra questa ed il contratto a valle.

Con precipuo riferimento a tale ultimo profilo, è stato sottolineato come spetti a parte attrice dimostrare che la banca convenuta abbia effettivamente partecipato all’intesa anticoncorrenziale e come, in ogni caso, la rilevanza delle decisioni dell’Antitrust europeo risulti circoscritta ai rapporti indicizzati all’Euribor che hanno avuto esecuzione durante il limitato periodo (2005-2008) in cui è stata accertata la manipolazione dei tassi.

In applicazione dei suesposti principi, i Tribunali di merito si sono mostrati particolarmente cauti nell’accogliere le pretese attoree. Nei casi che constano, infatti, le iniziative promosse dalla clientela sono state rigettate per difetto di prova (soprattutto prima della pubblicazione della decisione europea) ovvero in ipotesi di genericità delle contestazioni e/o irrilevanza dell’accertamento dell’illecito antitrust in relazione allo specifico rapporto bancario dedotto in giudizio (ove collocabile in un arco temporale non interessato dalla manipolazione dei tassi), nonché, infine, nei casi in cui la banca convenuta non era parte dell’intesa anticoncorrenziale[4].

Sulla base della disamina della casistica rilevante, si può dunque concludere che la giurisprudenza di merito abbia inteso arginare il filone di cause originato dalla nota decisione della Commissione Europea, ponendo limiti ben precisi all’accoglimento delle istanze di coloro che, una volta intravista la possibilità di ottenere la restituzione degli interessi pagati in eccesso, hanno sovente mosso contestazioni generiche, indeterminate, inconferenti e/o sfornite di prova.

In tale panorama, particolarmente interessante risulta altresì la posizione assunta dal Tribunale di Milano che, con le sentenze nn. 9708 e 9709 del 27 settembre 2017, ha rigettato le domande attoree di nullità delle clausole attinenti la pattuizione degli interessi mediante il richiamo all’indice Euribor, ritenendo che “i destinatari diretti delle norme antimonopolistiche” asseritamente “violate dal cartello posto in essere dalle banche” sono solo gli imprenditori commerciali del settore di riferimento e non anche i singoli utenti”; questi ultimi, infatti, “potrebbe(ro) trarre vantaggio in fatto, solo in via riflessa ed indiretta, dai generali benefici della libera concorrenza di mercato, ma non p(ossono) ritenersi direttamente investit(i) della legittimazione a dolersi di asserite violazioni poste in essere… da un gruppo di imprese … bancarie”. Pertanto, “ai fini della nullità delle clausole di richiamo all’interesse Euribor … non vi è alcuna possibilità per i singoli utenti … di effettuare un collegamento tra le (asserite) intese anticoncorrenziali tra gli imprenditori bancari e … l’invalidità dei contratti che a quelle intese facciano riferimento (ad esempio, proprio per la determinazione degli interessi)”. Infatti, “la sanzione della nullità” prevista dalla normativa antitrust “riguarda … esclusivamente le intese tra le imprese restrittive della libertà di concorrenza … e non si applica, invece, ai contratti … conclus(i) con terzi … sulla base di dette intese”. Inoltre, “poiché il diritto comunitario e quello nazionale nulla dispongono in ordine agli effetti dell’illecito anticoncorrenziale sui contratti conclusi dalle imprese con i clienti, il giudice può applicare ad essi solo le sanzioni eventualmente previste dal diritto interno” e, “al riguardo, l’ordinamento interno non prevede alcuna sanzione di nullità delle clausole di richiamo dell’indice Euribor”.

Anche tali pronunce si inseriscono nella sopra illustrata tendenza della giurisprudenza, che si è rivelata incline a contenere il dilagare dei contenziosi promossi dalla clientela nei confronti degli istituti di credito.

In tale scenario, devono tuttavia segnalarsi alcuni recenti provvedimenti che potrebbero preludere a pronunce sfavorevoli al ceto bancario.

Si tratta, in particolare, delle ordinanze emesse dai Tribunali di Padova, Nocera Inferiore e Pescara.

In particolare, con ordinanza del 6 giugno 2017, il Tribunale di Padova ha disposto la CTU al fine di rideterminare gli interessi su un mutuo “secondo il tasso di cui all’art. 117, comma 7, T.U.B., lett. a)”[5] applicato tenendo conto della sua natura sanzionatoria alla luce degli “effetti della decisione della Commissione Europea del 4.12.2013 dimessa dall’attrice”. Ciò, chiarendo, in ogni caso, come“la riscontrata violazione della normativa comunitaria potrebbe al più tradursi in una nullità per contrarietà a norme imperative della clausola del mutuo di cui è causa nel periodo nel quale si è realizzata la succitata condotta anticoncorrenziale, ferma rimanendo la legittimità del tasso Euribor negli altri periodi non oggetto degli accertamenti della Commissione Europea”.

Allo stesso modo, con ordinanza del 28 luglio 2017, il Tribunale di Nocera Inferiore ha rimesso la causa in istruttoria al fine di “verificare in concreto”, con riferimento alla “dedotta nullità relativa del contratto di mutuo fondiario”, gli effetti della decisione della Commissione Europea circa il cartello bancario “interferente con il contratto per cui è causa”, anticipando che sarebbe stato demandato al consulente tecnico il compito di scorporare le componenti passive pagate per il contratto di finanziamento a titolo di componente Euribor.

Da ultimo, anche il Tribunale di Pescara, con ordinanza del 13 febbraio 2018, ha rimesso la causa in istruttoria disponendo “la nuova convocazione del CTU affinché si verifichi l’eventuale riconducibilità temporale del contratto de quo agli effetti derivanti dalla decisione della Commissione UE in materia di tassi Euribor ed in ipotesi affermativa si applichi il tasso sostitutivo exart. 117 T.U.B.”.

Non resta dunque che attendere le pronunce che verranno emesse all’esito dei summenzionati giudizi per verificare quale sarà la posizione assunta dai Tribunali aditi.

Le pretese risarcitorie per condotta anticoncorrenziale

Per completezza, dopo aver delineato gli orientamenti giurisprudenziali in tema di nullità della clausola di pattuizione degli interessi indicizzati all’Euribor, occorre svolgere alcuni brevi cenni in merito alle domande risarcitorie proponibili ai sensi del D. Lgs. n. 3/2017 nei confronti delle banche ritenute responsabili della condotta anticoncorrenziale.

Sebbene la suddetta novella legislativa – che ha recepito in Italia la Direttiva 2014/104/UE -consenta l’avvio di azioni risarcitorie da parte di coloro che abbiano subito un danno a causa della violazione del diritto antitrust, oltre a sancire la natura di prova “privilegiata” delle decisioni dell’Autorità che accertano un’infrazione (art. 7) e prevedere una presunzione iuris tantum di esistenza del danno cagionato dall’illecito (art. 14, comma 2),[6] permangono significative difficoltà in relazione alla prova del danno e del nesso causale, nonché alla conseguente quantificazione dell’ammontare dovuto a titolo risarcitorio. Tutte criticità che, da un lato, sembrerebbero rappresentare un deterrente alla proposizione di domande di risarcimento dei presunti danni derivanti dall’intesa volta alla manipolazione dell’Euribor e, dall’altro lato, parrebbero rendere particolarmente arduo l’accoglimento di simili domande.

Sennonché, già prima dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 3/2017, il Tribunale di Sciacca aveva avuto modo di affermare che: “siccome la norma dettata dall’art. 2 della L. n. 287/90 è posta a presidio della tutela della correttezza del mercato, la nullità delle intese restrittive della concorrenza si colloca nel panorama normativo quale ipotesi speciale di nullità riferita agli accordi non concorrenziali e non ai contratti stipulati con i consumatori a valle di quegli accordi; di modo che già in generale è possibile sostenere che dalla declaratoria di nullità di una intesa tra imprese per lesione della libera concorrenza, emessa dalla Autorità Antitrust ai sensi dell’art. 2 della legge n. 287 del 1990, non discende automaticamente la nullità di tutti i contratti posti in essere dalle imprese aderenti all’intesa, i quali mantengono la loro validità e possono dar luogo solo ad azione di risarcimento danni nei confronti delle imprese da parte dei clienti” (cfr. Trib. Sciacca, 1 gennaio 2017).

Anche in considerazione delle recenti modifiche legislative, andrà dunque appurato se il rimedio risarcitorio verrà ad affiancarsi (o a sostituirsi) a quello della nullità, nonché quale sarà l’orientamento della giurisprudenza in merito al corretto strumento di tutela da azionare in tema di manipolazione dell’Euribor.

Considerazioni conclusive – In conclusione, alla luce del suesposto quadro normativo e giurisprudenziale,l’attuale panorama appare ancora incerto. Da un lato, infatti, i Tribunali hanno arginato il filone di cause promosse indiscriminatamente contro gli istituti di credito in seguito agli accertamenti effettuati in sede comunitaria, precisando le condizioni che debbono imprescindibilmente sussistere ai fini dell’accoglimento delle domande di nullità relativa dei contratti di finanziamento. Sono così stati posti dei limiti dell’incidenza dell’accertamento dell’intesa anticoncorrenziale sui rapporti bancari in essere.

D’altra parte, occorrerà attendere il prosieguo dei contenziosi pendenti (dinanzi ai Tribunali di Pescara, Padova e Nocera Inferiore o eventuali altri fori) per verificare se si registreranno eventuali precedenti sfavorevoli al ceto bancario.

Andrà infine accertato se, oltre alle azioni di nullità, si moltiplicheranno anche quelle risarcitorie ai sensi del D. Lgs. n. 3/2017 nonché, in ultima istanza, la posizione che sarà assunta sul punto dalla giurisprudenza.

Alcuni rilievi comparatistici

Premesso quanto sopra in merito alla casistica italiana, pare opportuno svolgere alcuni rilievi comparatistici inerenti il contenzioso concernente il tasso Euribor nei principali ordinamenti europei (segnatamente Francia, Regno Unito, Germania e Paesi Bassi), per poi concludere con brevi cenni sullaclass action attualmente pendente negli Stati Uniti.

Francia – Oltralpe non si registra un rilevante contenzioso bancario concernente la manipolazione del tasso Euribor. Constano, infatti, soltanto quattro giudizi, all’esito dei quali i giudici francesi hanno rigettato le domande di nullità della clausola di indicizzazione all’Euribor proposte dalla clientela (Corte di Appello di Nancy, 16 giugno 2014; Corte di Appello di Grenoble, 26 febbraio 2015, n. 13/05369; Corte di Appello di Parigi, 1 aprile 2016, n. 14/07833; Corte di Appello di Rouen, 7 marzo 2016, n. 16/00300).

Regno Unito – Anche nel Regno Unito le decisioni dell’autorità europea non hanno determinato l’insorgere di un nuovo filone di contenzioso bancario. In ogni caso, tali decisioni sono state richiamate nell’ambito di un’azione per inadempimento contrattuale in cui l’attore, pur non lamentando alcuna violazione del diritto antitrust, ha richiesto l’esibizione della documentazione relativa alle indagini svolte dalla Commissione Europea al fine di provare le proprie pretese (Marme Inversiones 2007 S.L v. The Royal Bank of Scotland e altri, 2014 Folio 1086, 2014 Folio 1474).

Germania – Non constano, allo stato, significativi contenziosi bancari originati dagli accertamenti effettuati in sede comunitaria. In ambito penale, a seguito del mandato di arresto europeo ottenuto dalla Gran Bretagna, l’Alta Corte Regionale di Francoforte ha negato l’estradizione di quattro banchieri coinvolti nello scandalo sulla manipolazione dell’Euribor ritenendo che i relativi reati fossero prescritti in base alle norme del diritto penale tedesco.

Paesi Bassi – Nel 2017, in Olanda è stata promossa un’azione collettiva contro alcuni istituti di credito (diversi da quelli coinvolti nel caso AT 39914 di cui sopra) al fine di sentir accertare e dichiarare la nullità dell’accordo di cartello e/o della pratica concordata asseritamente finalizzata alla manipolazione dell’Euribor in violazione dell’art. 101 TFUE.

Stati Uniti – Nel 2013, negli USA è stata promossa unaclass action incentrata sulla pretesa manipolazione del tasso Euribor. Si tratta di un’azione stand alone, ossia proposta in assenza di una previa decisione da parte dell’autorità antitrust. Le principali censure riguardano presunte violazioni della normativa posta a tutela della concorrenza e del Commodity Exchange Act, nonché inadempimento contrattuale e arricchimento senza causa. Nel 2018 gli attori hanno raggiunto un accordo transattivo con tre degli istituti di credito coinvolti per un importo complessivo superiore a 300 milioni di dollari. La causa prosegue invece nei confronti delle ulteriori banche coinvolte mentre altri convenuti sono stati estromessi dal giudizio per difetto di giurisdizione.

Sintesi sul panorama europeo e nordamericano – In conclusione, diversamente da quanto accaduto in Italia, in alcuni paesi europei quali Francia, Regno Unito e Germania non si registra (allo stato) un considerevole incremento del contenzioso bancario a seguito delle decisioni della Commissione Europea relative alla manipolazione dell’Euribor, mentre in altri, quali i Paesi Bassi, così come negli Stati Uniti, sono state avviate azioni collettive stand alone che prescindono dalle predette decisioni, pur collocandosi nel solco dello scandalo originato dalle indagini svolte in sede comunitaria.

 


[1] Decisioni del 4 dicembre 2013 e del 7 dicembre 2016 (caso AT 39914).

[2] Ed infatti, l’“Euribor indica il tasso di interesse medio applicato da un primario istituto di credito europeo ad altro primario istituto per operazioni di prestito a breve termine in Euro, con scadenza da una a tre settimane e da uno a dodici mesi. Il tasso viene rilevato (“fissato”) giornalmente dalla European Banking Federation (EBF), in base alle segnalazioni trasmesse entro le ore 11 (fuso dell’Europa centrale) all’agenzia Reuters da un insieme di oltre 50 banche, individuate tra quelle con il maggiore volume d’affari dell’area Euro. Ancorché rilevato da un organismo (EBF) riconducibile al sistema bancario europeo, su segnalazione delle principali banche, l’Euribor indica anzitutto, convenzionalmente, il rendimento di un impiego non garantito in Euro a breve termine risk free. Tale deve infatti ritenersi il prestito a un soggetto solvibile, o che deve presumersi tale, quale una primaria banca europea. Dato questo punto di riferimento, ogni altro prodotto bancario o finanziario in Euro, di pari durata, offerto che sia da una banca altro intermediario o diverso emittente – notoriamente all’Euribor sono indicizzati oltre a mutui a tasso variabile, derivati e obbligazioni bancarie, anche titoli di Stato (in Italia i CCT Eu) e obbligazioni corporate – definisce il proprio costo, e implicitamente la propria rischiosità, per differenza (spread) rispetto al tasso interbancario. Il tasso finito praticato non è dunque determinato dal solo Euribor, ma da indice + spread.Appare quindi inesatto affermare che Euribor sia frutto di un accordo di cartello, per fissare «direttamente o indirettamente i prezzi»” (si veda, tra le tante, Trib. Bologna 9 febbraio 2018).

[3] In particolare, poiché la segnalazione avviene su base volontaria, il tasso non viene rilevato se non partecipano almeno 12 banche (il campione risulterebbe scarsamente rappresentativo). Sono inoltre tagliati fuori dal computo il 15% dei valori più alti e più bassi.

[4] Sul punto, si vedano le seguenti pronunce: Trib. Bolzano 21 febbraio 2018, Trib. Bologna 9 febbraio 2018, Trib. Avellino 11 gennaio 2018, Trib. Milano 30 novembre 2017, Trib. Pisa 14 agosto 2017, App. Milano 29 marzo 2017, Trib. Sciacca 17 gennaio 2017, Trib. Castrovillari 3 gennaio 2017, Trib. Bologna 6 dicembre 2016, Trib. Monza 15 giugno 2016, Trib. Marsala 14 giugno 2016, Trib. Torino 27 aprile 2016, Trib. Latina 12 marzo 2016, Trib. Palermo, Sez. Spec. Imprese, 16 gennaio 2015, Trib. Udine 16 settembre 2013.

[5] E, dunque, con applicazione del “tasso nominale minimo e quello massimo, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive, dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti lo svolgimento dell’operazione” (cfr. art. 117, comma 7, T.U.B., lett a).

[6] Salva prova contraria dell’autore della violazione.

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