La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12492 del 11 maggio 2025 (Pres. E. Scoditti, Rel. A. Dal Moro), si è pronunciata sulla prova del credito, in tema di conto corrente bancario, con specifico riferimento all’ipotesi di mancata contestazione del c.d. “saldaconto” prodotto dalla banca.
La Suprema Corte conferma il proprio orientamento, secondo cui «la mancata contestazione della documentazione prodotta a sostegno del credito da parte dell’opponente non è sufficiente a far ritenere il credito comprovato, occorrendo, affinché un fatto possa considerarsi pacifico, che esso sia esplicitamente ammesso o che la difesa sia stata impostata su circostanze incompatibili con il disconoscimento (…). Sicché occorrono, non il mero silenzio dell’opponente su uno o più documenti, bensì la sussistenza di atti e fatti obiettivi di concludenza e serietà tali da assurgere a indizi non equivoci idonei, in concorso con altri, a fondare il convincimento del giudice circa il fatto che il credito azionato sia pacifico in causa (Cass., 17 novembre 2003, n. 17371). In tal senso è da reputarsi idonea e sufficiente – ad escludere che il credito azionato in giudizio sia pacifico – la contestazione del medesimo operata dal debitore in sede di opposizione a decreto ingiuntivo (Cass., 7 maggio 2018, n. 10864)» (cfr. Cass., 21 dicembre 2018, n. 33355).
Nella fattispecie, la banca, al fine di provare la propria domanda, aveva depositato nel corso del giudizio di primo grado il c.d. saldaconto ai sensi dell’art. 50 TUB.
La Corte d’Appello aveva ritenuto che, in mancanza di contestazione e di elementi contrastanti, la documentazione prodotta costituisse piena prova dell’andamento del rapporto di conto corrente e del credito finale vantato dalla banca.
Il ricorrente proponeva quindi ricorso in Cassazione, denunciando l’insufficienza della documentazione probatoria, ai fini della completa ricostruzione dell’intero rapporto di conto corrente.