Il presente contributo analizza il tema della nuova responsabilità civile dei sindaci, introdotta lo scorso marzo dalla legge 35/2025, e i dubbi interpretativi legati all’attuazione delle novità previste.
Il 12 aprile 2025 sono entrate in vigore le nuove regole sulla responsabilità civile dei sindaci (anche revisori), introdotte dalla legge 14 marzo 2025, n. 35, pubblicata in G.U. del 28 marzo 2025, che, nella dichiarata prospettiva di riequilibrare il rapporto tra i doveri di vigilanza e il rischio economico personale a cui sono esposti, hanno introdotto un tetto massimo di responsabilità, legando il quantum del risarcimento dei danni (per gli errori e le omissioni compiute) ai compensi previsti per il loro incarico, con esclusione della limitazione solo in caso di dolo.
Si tratta di una riforma da molti definita «storica», che introduce una marcata distinzione tra chi commette gli illeciti e chi è tenuto, nell’ambito del potere di vigilanza, a individuarli e segnalarli, al fine di evitare o mitigare i relativi effetti dannosi. E tuttavia, non sono mancate autorevoli voci critiche, che imputano al legislatore di aver creato, oggi, un ingiustificato squilibrio tra la posizione dei sindaci e quella di altre figure della governance societaria, tutt’ora esposte a una responsabilità illimitata. In particolare:
- gli amministratori non esecutivi, i quali (i) spesso, svolgono funzioni di mero controllo dell’operato degli amministratori esecutivi e il cui “agire informato” si manifesta solo nell’ambito delle funzioni collegiali; (ii) sono privi – a differenza dei sindaci – di qualunque potere ispettivo; (iii) non sono obbligati a rivestire quelle elevate qualifiche professionali richieste ai sindaci; (iv) in molti casi, percepiscono un compenso poco significativo, al pari di quello dei sindaci;
- gli amministratori indipendenti delle società quotate, obbligatori per legge e la cui presenza in consiglio di amministrazione ha una funzione essenzialmente di controllo;
- i componenti del consiglio di sorveglianza del sistema dualistico, a cui la legge affida larga parte dei compiti di controllo del collegio sindacale.
1. Le nuove disposizioni
Il testo del novellato art. 2407 c.c., al comma 2, prevede che i componenti del collegio sindacale e i sindaci revisori nello svolgimento del loro incarico saranno responsabili per eventuali danni loro imputabili – esclusi, come detto, i casi di dolo – soltanto nei limiti di un multiplo dei loro compensi annui, mentre il resto sarà imputabile esclusivamente ai componenti dell’organo di amministrazione. In particolare, si prevede che per i compensi fino a 10 mila euro annui, il risarcimento massimo potrà arrivare a 15 volte quella cifra; per quelli tra 10 mila e 50 mila euro annui il multiplo sarà 12 volte e per i compensi superiori a 50 mila euro annui il limite sarà di 10 volte. Nonostante la formulazione letterale (che riporta il “compenso annuo percepito”), è ragionevole interpretare la disposizione come riferita al compenso annuo deliberato dalla società in favore dei sindaci, a prescindere, dunque, dall’effettivo incasso da parte di questi ultimi. Così, peraltro, si esprimono le prime indicazioni della giurisprudenza. D’altronde, diversamente opinando, si giungerebbe a un esito paradossale, ovvero di escludere la responsabilità dei sindaci – o la stessa limitazione – nel caso in cui non avessero ancora materialmente percepito compensi, al momento del compimento della condotta dannosa. Nella quantificazione del compenso dovrebbero, altresì, rientrare i gettoni di presenza attribuiti ai componenti del collegio per la partecipazione alle riunioni degli organi sociali.
La riforma, inoltre, ha aggiunto un nuovo comma 4 all’art. 2407 c.c., che prevede un termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti dei sindaci (anche revisori): cinque anni decorrenti dal deposito della relazione ex art. 2429 c.c., concernente l’esercizio in cui si è verificato il danno. Tale termine sembra riguardare la sola azione sociale di responsabilità e non anche l’azione risarcitoria per i danni diretti subiti dai soci e dai terzi, per la quale può dirsi ferma la decorrenza del termine di prescrizione di cinque anni dal momento in cui è possibile (per il terzo) percepire la condotta illecita e il danno, alla luce di quanto statuito anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 115/2024 relativamente ai revisori legali.
2. I dubbi interpretativi
Fin dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, i commentatori hanno evidenziato una serie di dubbi interpretativi relativi all’applicazione della nuova disciplina.
In particolare, è stato osservato che nel nuovo testo dell’art. 2407 c.c. non si fa più riferimento alla responsabilità solidale dei sindaci con gli amministratori. Sicché si è ipotizzato il venir meno della solidarietà tra i componenti dell’organo di controllo e quelli dell’organo gestorio nel caso di azioni di responsabilità. Tuttavia, tale ipotesi sembra da escludersi, anche in ragione del combinato disposto degli artt. 1292, 2055 c.c. e art. 41 c.p., nonché, in chiave teleologica e sistematica, in considerazione dei doveri di tempestiva attivazione e di dotazione di adeguati assetti gravanti – direttamente o indirettamente ex artt. 2086, 2381, 2403 c.c. e 3 e 25-octies CCII – anche sugli organi di controllo. Tale conclusione sembra peraltro supportata da esigenze di ragionevolezza e uguaglianza tra i diversi sistemi di governance e con il revisore: consiglio di sorveglianza e comitato per il controllo sulla gestione così come l’art. 15 del D.Lgs. n. 39/2010.
Altra questione assai rilevante sollevata prontamente dagli operatori attiene alla entrata in vigore del nuovo testo normativo, in particolare ai fini dell’applicazione ai procedimenti in corso e alle condotte antecedenti alla data di entrata in vigore del novellato art. 2407 c.c.
Con riguardo al termine quinquennale di prescrizione dell’azione di responsabilità, decorrente dal deposito della relazione dei sindaci ex art. 2429 c.c. allegata al bilancio dell’esercizio in cui si è verificato il danno, gli interpreti e le prime pronunce di merito in materia sono concordi nel reputare che la novità si applichi solo alle condotte successive all’entrata in vigore del nuovo testo normativo e, quindi, a partire dai bilanci dell’esercizio 2024, trattandosi di disposizione che disciplina un istituto di diritto sostanziale e per la quale non è stata prevista dal legislatore alcuna disposizione che ne preveda l’applicabilità ai giudizi pendenti, cioè alle condotte anteriori all’entrata in vigore della riforma; sicché la retroattività va esclusa in ragione della previsione generale di cui all’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale.
Diversamente, sulla limitazione di responsabilità dei componenti del collegio sindacale delle società e dei sindaci revisori, non vi è univocità di opinioni, contrapponendosi due tesi:
- da un lato, l’orientamento di parte della dottrina e della più recente giurisprudenza (si v. Tribunale di Venezia, Sez. spec. impr., 7 luglio 2025, n. 3443), per il quale i limiti risarcitori introdotti non sarebbero applicabili ai giudizi in corso, sia in ragione della previsione generale di cui all’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, sia in considerazione del fatto che le norme sulla quantificazione del danno contribuiscono a determinare l’affidamento delle parti, che devono essere poste nelle condizioni di conoscere quali siano le conseguenze delle condotte violative degli obblighi derivanti da una funzione. Pertanto, reputare applicabile la nuova norma limitativa della responsabilità dei componenti dell’organo di controllo anche a tutte le condotte attuate in epoca antecedente all’entrata in vigore violerebbe l’affidamento delle parti e, in particolare, del soggetto danneggiato a ottenere l’integrale risarcimento a fronte di una condotta inadempiente del soggetto obbligato. Tutto ciò senza considerare che, ragionando diversamente, ci si dovrebbe anche interrogare sulle possibili ricadute della limitazione di responsabilità sui contratti di assicurazione stipulati dai sindaci nonché sui relativi premi pagati antecedentemente all’entrata in vigore della nuova disciplina, essendo forse possibile ipotizzare nella fattispecie una parziale mancanza di causa in concreto sopravvenuta del contratto di assicurazione.
- dall’altro lato, la prima pronuncia giurisprudenziale di merito in materia (si v. Tribunale di Bari, 24 aprile 2025 – Est. De Palma), che reputa il nuovo testo del comma 2 dell’art. 2407 c.c. applicabile anche ai fatti pregressi all’entrata in vigore della legge medesima, trattandosi di previsione lato sensu procedimentale, ovvero che indica al giudice soltanto un criterio di quantificazione del danno (e., un tetto massimo), senza incidere sulla permanenza del diritto stesso al risarcimento e limitando solo il quantum rispetto a soggetti comunque responsabili in solido con gli amministratori. Tale interpretazione, tuttavia, appare in contraddizione con il consolidato insegnamento per cui la distinzione tra norme civili sostanziali e norme processuali si fonda sul fatto che le prime regolano i diritti e i doveri delle parti in un rapporto giuridico, mentre le seconde disciplinano le modalità e le procedure attraverso cui tali diritti possono essere fatti valere in sede giudiziaria, con la conseguenza che le norme che pongono limiti alla responsabilità sono, per loro natura e funzione, norme di diritto sostanziale, definendo la portata dei diritti e degli obblighi che sorgono da un rapporto giuridico, sia esso di fonte contrattuale o legale.
Tale contrasto, tuttavia, è forse destinato a comporsi con un intervento del legislatore, dal momento che l’ordine del giorno G/1155/1/2 del 12 marzo 2025 (testo 2), “accolto” dalla Commissione Giustizia del Senato, ha impegnato il Governo a valutare l’opportunità di dettare una disciplina transitoria tesa all’applicazione della nuova disciplina ai giudizi pendenti e il Ddl. n. 1426 del 19 marzo 2025, di modifica del d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39, in materia di responsabilità dei revisori legali, ancora in corso di esame in Commissione Giustizia del Senato, all’art. 2 prevede per l’appunto che “La disciplina sulla responsabilità dei revisori legali […] e quella sulla responsabilità dei componenti del collegio sindacale, di cui al secondo comma dell’articolo 2407 del codice civile si applicano anche ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge”.
Inoltre, gli operatori si sono anche interrogati sul perimetro di applicazione della limitazione di responsabilità dei componenti del collegio sindacale delle società e dei sindaci revisori, reputando che, alla luce del combinato disposto dei comma 2 e 4 dell’art. 2407 c.c., tale limite andrebbe riferito a ogni singolo evento dannoso causato dal sindaco, sicché l’indicazione del tetto massimo non riguarderebbe cumulativamente tutte le condotte dannose, ma ciascuna delle condotte dalle quali deriva un danno (conf., sul punto, Circolare Assonime n. 18 del 24 luglio 2025).
Ulteriore questione dibattuta dagli operatori è se il limite risarcitorio dettato dal novellato art. 2407 c.c. sia applicabile pure al caso in cui il collegio sindacale eserciti anche le funzioni di Organismo di Vigilanza (OdV) ex D.lgs. n. 231/2001. Assonime reputa che il nuovo regime di cui all’art. 2407 c.c. sia applicabile ai componenti del collegio sindacale-ODV quando la responsabilità discende dall’inosservanza dei doveri tipici della funzione sindacale che originano da attività poste in essere in qualità di ODV (conf. ancora Circolare Assonime n. 18 del 24 luglio 2025).
Infine, sono stati sollevati dubbi anche sul criterio del compenso percepito quale base di calcolo del tetto al risarcimento, che – in effetti – non tiene conto dell’entità concreta del danno eventualmente arrecato, in contrasto con i principi generali della responsabilità civile. Senza poi considerare l’ipotesi in cui, in assenza di un compenso determinato a favore del sindaco, il giudice potrebbe (rectius: dovrebbe) procedere con una valutazione equitativa, con conseguenti margini di incertezza e discrezionalità nell’applicazione concreta della norma in commento.
3. Conclusioni
Alla luce di quanto sopra dedotto, si può concludere che la nuova disciplina, pur muovendo da un condivisibile principio ispiratore, ovvero rendere effettiva e più puntuale la correlazione tra funzioni (e doveri) e responsabilità dei componenti dei diversi organi che costituiscono la governance delle società, si è risolta, in concreto, in un intervento normativo che, non brillando certamente per chiarezza, determina – allo stato – una irragionevole disparità di trattamento tra posizioni omogenee o comunque molto vicine tra loro e rischia di indebolire i compiti di controllo su cui si fonda la stessa governance societaria, considerato pure che la limitazione di responsabilità di cui al secondo comma dell’art. 2407 c.c. si applica anche ai casi di colpa grave.