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Giurisprudenza

Limiti all’estensione al “prime rate” maggiorato dell’invalidità della clausola di interessi ultralegali con rinvio agli usi su piazza

10 Marzo 2016

Dott. Gabriele Magrini, Dottore di ricerca in diritto pubblico dell’economia, Sapienza Università di Roma

Cassazione Civile, Sez. I, 05 febbraio 2016, n. 2314 – Pres. Di Palma S., Rel. Lamorgese A. P.

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Con la sentenza in commento la Suprema Corte definisce il regime probatorio ai fini dell’estensione dell’invalidità parziale di una clausola del contratto di conto corrente all’intera clausola, stabilendo che ai fini della trasmissione del vizio all’intera disposizione contrattuale, è richiesta la prova che le parti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte affetta da nullità, così come previsto dall’art. 1419 del cod. civ.

In particolare i giudici di legittimità, confermando il consolidato orientamento sul punto, rilevano come i giudici di merito abbiano fatto corretta applicazione del principio di conservazione del contratto, secondo il quale, quando la nullità investe singole clausole o anche parti di clausole, l’estensione degli effetti della nullità all’intero contratto o anche all’intera clausola deve essere provata rigorosamente dalla parte interessata, che all’uopo è tenuta a dimostrare che la parte colpita da invalidità non ha un’esistenza autonoma, né persegue un risultato distinto, ma è in correlazione inscindibile con il resto, nel senso che le parti non avrebbero concluso il contrato senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità.

Nel caso di specie, i ricorrenti invocavano l’estensione dell’invalidità della clausola relativa alla determinazione degli interessi secondo le condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza e già dichiarata dal giudice di merito, anche alla parte della clausola che determinava gli interessi con riferimento al prime rate ABI maggiorato di cinque punti.

La Suprema Corte, rilevando che la valutazione dell’essenzialità della singola clausola costituisce apprezzamento riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità se non per vizi logici o giuridici della motivazione, perviene a respingere il ricorso ritenendo che il giudice d’appello abbia fatto corretta applicazione del principio di conservazione del contratto, riconoscendo alla disposizione contrattuale una propria autonoma validità, distinta dalle altre previsioni della clausola impugnata.

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