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Giurisprudenza

Leasing: il Tribunale di Bologna conferma il superamento della tradizionale impostazione dicotomica

1 Ottobre 2015

Avv. Francesco Concio, Senior Associate, La Scala Studio Legale

Tribunale di Bologna, 30 luglio 2015, n. 2393

Di cosa si parla in questo articolo

La sentenza in commento si unisce alla cordata di provvedimenti intervenuti in materia di leasing nel corso degli ultimi anni, contribuendo così a ridisegnare il perimetro delle criticità legate al contratto di locazione finanziaria, i cui parametri identificativi appaiono oggi più marcati e maggiormente definiti nel delineare una figura contrattuale autonoma, caratterizzata da una funzione finanziaria unitaria, analoga a quella del contratto di mutuo.

Rispetto agli iniziali tentativi di ricondurre il leasing a categorie giuridiche distanti dalla funzione propria del contratto, infatti, l’ultima giurisprudenza di merito ed alcuni recenti obiter dictum di quella di legittimità (cfr. ex multis: Cass. civ., Sez. I, 09.04.2003, n. 5552; Cass. civ., Sez. I, 01.03.2010, n. 4862), propendono oggi per la specialità del contratto di locazione finanziaria e per la sua autonomia.

In tale contesto, in mancanza di una disciplina legislativa organica, è stato dunque affermato che, al posto dell’articolo 1526 cod. civ., dovrebbe trovare applicazione l’articolo 1548, co. I., cod. civ., il quale, come noto, prevede espressamente che nei contratti di durata, “l’effetto della risoluzione non si estende alla prestazioni già eseguite”.

In definitiva, condividendo la su esposta impostazione sistematica – complice anche una più complessa attività di negoziazione standardizzata, per quel che riguarda l’aspetto contenutistico e sostanziale delle pattuizioni – in caso di risoluzione del contratto di leasing per inadempimento dell’utilizzatore, la concedente avrebbe diritto: (i) di conseguire la restituzione del bene; (ii) di trattenere i canoni già percepiti; (iii) di ottenere il pagamento di quelli scaduti, e rimasti impagati alla data di risoluzione del contratto; (iv) di ottenere il pagamento dei canoni futuri attualizzati, detratto il prezzo ricavato dalla nuova allocazione del bene sul mercato (cfr. ex multis: Trib. Bologna, sentenza del 26.02.2013; Trib. Bologna, 24.10.2013; Trib. Bologna, 08.05.2014; Trib. Bologna, sentenza del 12.06.2014; Trib. Bologna, sentenza del 10.09.2014; Trib. Bologna, sentenza del 05.12.2014; Trib. Bologna, sentenza del 12.01.2015).

La corrente giurisprudenziale qui invocata è confortata sia dal tenore dell’articolo 13 della convenzione di Ottawa (ratificata con L. 259/1993 di esecuzione della convenzione UNIDROIT sul leasing finanziario internazionale: cfr. G.U. n. 178 del 31.07.1993 – Suppl. Ordinario n. 67) – applicabile ai soli rapporti di locazione finanziaria che intercorrono tra operatori economici internazionali, ma comunque rilevante trattandosi dell’unica norma tendenzialmente organica – sia dall’art. 72 quater della Legge Fallimentare, introdotto dall’art. 59 del D. Lgs., 9 gennaio 2006, n. 5.

Proprio l’articolo 72 quater L.F., peraltro, deve “ritenersi norma di carattere generale applicabile a tutti i contratti di scambio in cui il trasferimento della proprietà si verifica in un momento successivo a quello di formazione del consenso, e rispetto al quale l’art. 73 comma 2, si pone quale regola eccezionale” (cfr. Trib. Bologna, sentenza del 10.09.2014, Dr.ssa M.A. Chesi).

Ragion per cui, oggi possiamo senz’altro affermare che parte della giurisprudenza di merito, tra cui quella del foro felsineo, è riuscita a prendere le distanze dalla tralatizia concettualizzazione tipica del contratto di locazione finanziaria, superando così la dicotomia leasing traslativo e di godimento, e ritenendo dominante la sola componente finanziaria del contratto.

In perfetta soluzione di continuità con il su esposto orientamento, si pone anche la più recente sentenza del Tribunale di Bologna.

In questi termini, infatti, si è espresso nuovamente il giudice petroniano: “In effetti l’art. 72 quater della legge fallimentare, oltre a considerare in maniera unitaria il contratto di leasing, senza operare alcun richiamo alle due figure tradizionali, disciplina le modalità con le quali è consentito al curatore sciogliersi dal contratto medesimo in modo diverso ed autonomo rispetto a quanto previsto dall’art. 73 per lo scioglimento del contratto di vendita con riserva di proprietà nell’ambito del quale si richiama l’art. 1526 c.c. agli effetti della risoluzione. Anche la più recente giurisprudenza di merito ha fatto leva su tali considerazioni per abbandonare la distinzione tra leasing traslativo e finanziario (vedi da ultimo Trib. Udine, 10.2.2012) non soltanto in ambito fallimentare, rilevando come la disciplina pattizia debba prevalere sull’art. 1526 c.c., dettata in tema di vendita con riserva di proprietà, costituendo la locazione finanziaria una distinta tipologia contrattuale caratterizzata dalla causa di finanziamento (Trib. Treviso, 19.1.2012)” (cfr. Trib. Bologna, sentenza 27.07/30.07.2015, n. 2393).

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