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Attualità

Le attività connesse e strumentali e le partecipazioni detenibili dai gestori del mercato nelle modifiche al regolamento mercati

26 Settembre 2019

Francesco Mocci, Studio Legale Zitiello Associati

Oltre che l’attività istituzionale di organizzazione e gestione di mercati regolamentati, sistemi multilaterali di negoziazione e sistemi organizzati di negoziazione, i gestori del mercato possono, a mente dell’art. 64, comma 4, del TUF, esercitare le attività connesse e strumentali individuate dalla Consob con apposito regolamento.

Nel mercato finanziario, per “attività connesse e strumentali” si intendono, rispettivamente, attività accessorie rispetto a quelle istituzionali che consentono di sviluppare l’attività core e attività che hanno carattere ausiliario. In particolare, si sostiene in dottrina che un’attività può ritenersi strumentale allorquando abbia natura servente rispetto ad un’attività principale, consentendo una maggiore efficienza e un migliore sviluppo della stessa attività principale. Un’attività può invece ritenersi connessa qualora, pur avendo natura diversa dall’attività core, possa essere esercitata “in connessione” a quest’ultima attraverso la struttura e le competenze utilizzate ai fini dell’attività principale stessa ([1]).

Così interpretato, il novero delle attività connesse appare estremamente ampio, a condizione peraltro che l’attività connessa non inserisca nel ciclo economico dell’intermediario un rischio che per natura e dimensioni possa comprometterne gli equilibri suoi propri ([2]).

L’Autorità ha dato attuazione alla previsione del Testo Unico con l’art. 4 del Regolamento del 28 dicembre 2017, n. 20249 (il “Regolamento Mercati”), che elenca sei tipologie, piuttosto precise, di attività esercitabili dai gestori di mercato in abbinamento con quella tipica: così scegliendo la via del numerus clausus.

In particolare, viene menzionata la “predisposizione, gestione e manutenzione di circuiti informativi per la visualizzazione e l’inserimento, da parte dei soggetti abilitati autorizzati alla negoziazione per conto proprio, all’esecuzione di ordini per conto dei clienti e alla ricezione e trasmissione di ordini, di condizioni di negoziazione di strumenti finanziari che non consentono la conclusione del contratto per il tramite del circuito stesso”: attraverso tali circuiti, i soggetti abilitati ai servizi di investimento esecutivi (banche e Sim, in primis) possono esporre le condizioni alle quali sono disposti a concludere operazioni di compravendita di strumenti finanziari, da perfezionare sulle sedi di negoziazione consentite.

Lo stesso art. 4 regola, in piena simmetria (almeno prima delle modifiche di cui si darà conto a breve) con la disciplina delle attività connesse e strumentali, anche la materia delle partecipazioni detenibili dai gestori del mercato.

Invero, i gestori possono assumere partecipazioni esclusivamente in società che svolgono in via esclusiva o principale le medesime attività esercitabili dai gestori stessi, con la sola aggiunta delle controparti centrali e dei depositari centrali.

Il parallelismo sembra sottintendere (almeno per chi scrive) l’intenzione del legislatore di circoscrivere le attività che i gestori dei mercati possono svolgere, sia direttamente, sia indirettamente per il tramite di società partecipate, in un’ottica di preservazione della “specialità” dei gestori.

La simmetria è stata però spezzata con le modifiche al Regolamento Mercati recentemente intervenute a mezzo della delibera Consob del 3 settembre 2019, n. 21028.

Invero, la Consob ha inserito, tra le società in cui i gestori del mercato possono assumere partecipazioni, le “società autorizzate al servizio di ricezione e trasmissione ordini la cui attività consista nella predisposizione e gestione di circuiti informativi per l’inserimento di condizioni di negoziazione di strumenti finanziari che non consentono la conclusione del contratto per il tramite del circuito stesso”.

Si tratta di una fattispecie diversa da quella (già citata) prevista nell’elenco delle attività connesse e strumentali: infatti, in quel caso ai circuiti informativi in questione possono accedere solo intermediari abilitati, mentre nel caso ora in esame l’inserimento delle condizioni di negoziazione può avvenire ad opera di chicchessia e, in particolare, di emittenti e investitori.

La modifica è stata giustificata dall’Autorità, durante la fase di consultazione che ha preceduto la pubblicazione della delibera, con l’esigenza di attrarre soggetti, finora attivi nel Regno Unito, che gestiscono piattaforme finalizzate a mettere in contatto le società che intendono reperire capitali con gli investitori istituzionali. A seguito della Brexit, infatti, tali operatori saranno alla ricerca di piazze finanziarie UE capaci di garantire il proseguimento di tale attività.

La proposta della Consob ha suscitato notevoli perplessità nel mercato.

Da una parte, è stata contestata la qualificazione in termini di “mediazione” (per la cui prestazione è necessaria l’autorizzazione alla ricezione e trasmissione di ordini) di tale attività effettuata dall’Autorità: la mediazione, infatti, è l’attività di messa in contatto di due investitori intenzionati a effettuare operazioni di compravendita di strumenti finanziari, uno dal lato della domanda e l’altro dal lato dell’offerta. Nel caso in esame, invece, si incrociano gli interessi degli emittenti con quelli degli investitori: tanto che è stato osservato che si configurerebbe un’ipotesi di prestazione del servizio di collocamento, per lo meno nell’accezione fatta propria dalla stessa Consob ([3]).

A chiusura della fase di consultazione, la Consob ha eliminato il riferimento alla mediazione, preferendo parlare di ricezione e trasmissione di ordini: ma le perplessità permangono intatte.

Dall’altra parte, in senso più sostanziale, si è obiettato che la scelta del regolatore italiano finisce per penalizzare gli intermediari abilitati e le Sim in particolare, che vedono comparire un nuovo inaspettato concorrente nella prestazione del servizio di ricezione e trasmissione ordini, nella forma della mediazione o meno.

Il gestore del mercato, infatti, esordisce nell’area dei servizi di investimento, seppure indirettamente e in uno spazio molto limitato, che dovrebbe rimanere riservato ad altri soggetti. E lo fa, si osserva, potendo usufruire di una posizione particolarmente privilegiata: è ragionevole supporre che un emittente interessato a quotarsi presso un mercato regolamentato (e quindi costretto per legge a interfacciarsi con un gestore del mercato) si rivolga a quest’ultimo (rectius, alla Sim da esso partecipata) anche per la fase precedente dell’esplorazione del mercato, con una tipica integrazione verticale e un’invasione in un settore contiguo che profuma di abuso di posizione dominante e che comunque appare in grado di distorcere in modo significativo la concorrenza tra gli intermediari.

La Consob ha ritenuto infondati questi e altri rilievi, insistendo sulla natura accessoria dell’attività di facilitazione dell’incontro tra società che intendono reperire capitali e investitori rispetto all’attività istituzionale del gestore del mercato, anch’essa, in ultima analisi, rivolta all’incontro tra emittenti e investitori.

Anche in questo caso, rimangono dei dubbi sulla scelta del regolatore: l’incontro tra chi cerca capitali e chi vuole investire risorse proprie è la quintessenza del mercato dei capitali, in cui sono attivi non solo i gestori del mercato ma anche gli intermediari abilitati, come banche e SIM. Così ragionando, si potrebbe giustificare qualsiasi sconfinamento nelle attività riservate a tali soggetti, financo consentendo ai gestori del mercato di prestare il servizio di collocamento: che in definitiva è anch’esso un’attività volta a consentire agli investitori di far affluire risorse finanziarie a beneficio degli emittenti strumenti finanziari.

Quello che è lecito aspettarsi, qualunque posizione si voglia assumere, è una concentrazione della (nuova) attività in capo al gestore del mercato (Borsa Italiana S.p.A., per prima) tramite una propria Sim partecipata e un ruolo marginale assegnato alle Sim “indipendenti”.

 

[1] Sul punto si rinvia a Fauceglia, Commento sub art. 10 del TUB, Commentario al Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, Giappichelli 2013, pag. 78; Ferro Luzzi, Lezioni di diritto bancario, Vol. I, pag. 135; Id., La connessione delle attività connesse delle banche, in Banca, borsa e tit. cred., 2001 I, 151; Minervini, Le attività non bancarie della Banca, in Bancaria, 11, 2000, p. 22.

[2] Ferro Luzzi, Lezioni di diritto bancario, Vol. I, pag. 139.

[3] Secondo cui il collocamento non è rappresentato solo dall’accordo tra emittente e intermediario distributore (come invece si ritiene in ambito europeo), ma anche dall’attività posta in essere dal distributore nei confronti dei clienti finali.

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