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Giurisprudenza

La validità della fideiussione – modello ABI: profili probatori

27 Novembre 2020

Avv. Alberto Debernardi, Studio Legale Civale Associati

Tribunale di Roma, 16 novembre 2020, n. 16003 – Pres. Pedrelli, Rel. De Lorenzo

Di cosa si parla in questo articolo

Il Tribunale di Roma, competente ai sensi dell’art. 33, comma 2, L. n. 287/1990, si è pronunciato in una controversia instaurata da un fideiussore (persona fisica) il quale ha chiesto la nullità di due fideiussioni sottoscritte con un banca, in quanto asseritamente rappresentanti contratti “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale.

Ricostruite le note vicende che hanno portato Banca d’Italia a pronunciarsi (Provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005) sul possibile contrasto tra lo schema contrattuale di fideiussione ominibus predisposto nel 2002 da ABI e l’art. 2. L. n. 287/1990 (il quale punisce con la nullità ad ogni effetto le intese tra imprese che abbiano per oggetto, o per effetto, quello di impedire, restringere o falsare in maniera consistente la concorrenza), il Tribunale di Roma ha in primo luogo evidenziato che “lo schema contrattuale “incriminato” non è stato di fatto adottato dall’associazione bancaria italiana ABI, la quale ha lasciato, quindi, libere le singole banche di adottare degli schemi di fideiussione tra loro diversificati e divergenti”.

Di conseguenza non è sufficiente per il fideiussore-attore limitarsi ad allegare la corrispondenza tra fideiussione concretamente sottoscritta e il preteso schema ABI, ma, diversamente, sarà necessario per l’attore fornire prova:

  • dell’esistenza di un illecito anticoncorrenziale;
  • della corrispondenza tra la fideiussione sottoscritta e quella risultante da tale illecito anticoncorrenziale;
  • della limitazione alla libera volontà del fideiussore.

In relazione a tale ultimo punto è lo stesso Tribunale di Roma ad affermare che anche quando la singola fideiussione sottoposta all’accertamento giudiziale sia speculare rispetto allo schema oggetto del Provvedimento di Banca d’Italia, non vi è certezza che nello stesso periodo in cui è stata prestata la garanzia fideiussoria vi fossero altre banche che offrivano condizioni più favorevoli, né che il fideiussore sia stato costretto alla sottoscrizione della fideiussione.

Per quanto attiene, diversamente, alla prova dell’esistenza di un illecito anticoncorrenziale, la sentenza afferma che il Provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 di Banca d’Italia non ha le caratteristiche per poter essere considerato prova (privilegiata) dell’esistenza di una intesa anticoncorrenziale.

Difatti, nell’affermare la qualità di prova privilegiata dei provvedimenti emessi (ora) dall’AGCM, la Cassazione (sentenza n. 13846/2019) si è pronunciata relativamente ad un provvedimento sanzionatorio giunto all’esito di un procedimento svoltosi nel contraddittorio tra l’Autorità, il soggetto passibile di sanzione ed ulteriori operatori del mercato.

Tale tipo di contraddittorio non ha certo preceduto il Provvedimento di Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005, essendo stato assunto dall’Autorità all’esito, unicamente, di un confronto con la sola ABI, senza la presenza di ulteriori operatori del mercato.

Il Tribunale capitolino giunge quindi ad affermare che il Provvedimento di Banca d’Italia, da solo considerato, sia un elemento insufficiente al fine di provare l’esistenza di un intesa anticoncorrenziale, tanto più se si considera che Banca d’Italia non ha mai neanche affermato l’esistenza di tale intesa anticoncorrenziale (bensì la mera esistenza di effetti anticoncorrenziali), con la conseguenza che è onere dell’attore allegare validi elementi a supporto della propria domanda.

 

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