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Attualità

La Retail Investment Strategy della Commissione Europea

Le ricadute per intermediari, emittenti e risparmiatori retail

14 Luglio 2022

Dario Colonnello, Ufficio studi, Consob

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza la portata della Retail Investment Strategy della Commissione Europea sugli investimenti dei risparmiatori al dettaglio e l’interconnessione con il progetto della Capital Market Union.


1. Perché è fondamentale che i risparmiatori finanzino i progetti imprenditoriali?

[*]L’Unione Europea è tra le aree geografiche più opulente del pianeta, che presenta un tessuto produttivo sviluppato e, al contempo, consistenti volumi di risparmi privati.

Per garantire anche in futuro l’attuale livello di benessere è necessario che l’economia europea continui a crescere e a rimanere attore di primo piano a livello globale. Affinché ciò si verifichi, è necessario dunque sostenere il vero motore di ciascun sistema economico: le imprese. L’Unione Europea per tale motivo mira a favorire lo sviluppo e la competitività di queste ultime[1].

In tal senso, sempre più centrale nel dibattito accademico, economico e politico è l’individuazione di soluzioni al principale problema che affrontano le imprese nelle diverse fasi del proprio ciclo di vita: reperire le risorse finanziarie necessarie a dare concreta attuazione ai progetti imprenditoriali. Trovare adeguate risposte a tale problema è vitale anche per sostenere i livelli occupazionali e, più in generale, per lo sviluppo delle economie nazionali e dell’intera Unione Europea.

In ambito unionale, la difficoltà di reperimento di risorse finanziarie da parte delle imprese si sono amplificate nel corso degli ultimi anni, tra l’altro, in ragione del fatto che il modello banco-centrico europeo si è dimostrato non più in grado di finanziare adeguatamente le aziende[2].

Anche per fronteggiare la profonda crisi degli anni 2008/2009, a partire dal 2010 è stata introdotta la normativa prudenziale di Basilea; le banche, per rispettare le previsioni di tale normativa, si sono viste costrette a ridurre progressivamente l’erogazione del credito alle imprese, specie se caratterizzate da elevati livelli di rischiosità. Per molti Paesi europei, ciò ha reso quanto mai evidente la forte dipendenza delle aziende private dal settore bancario per il reperimento delle risorse finanziarie[3].

Nel corso degli anni più recenti, quindi, le crescenti difficoltà di accesso al credito bancario da parte delle imprese hanno reso necessario il sempre maggiore ricorso al mercato dei capitali da parte di queste ultime[4].

Anche per rispondere a tale crescente necessità, nel 2015 la Commissione Europea ha avviato il progetto della Capital Market Union (di seguito anche “CMU”), che, tra l’altro, vuole favorire l’investimento diretto da parte dei risparmiatori ai progetti imprenditoriali delle imprese[5].

Il progetto della CMU, più in dettaglio, vuole incoraggiare l’immissione diretta nell’economia reale delle ingenti disponibilità detenute dai risparmiatori retail. Il mancato conseguimento di tale obiettivo comporta perdite generalizzate per tutti gli attori in campo: emittenti (per i maggiori costi da sostenere per reperire le risorse finanziarie di cui necessitano), risparmiatori (per la minore redditività conseguibile dal patrimonio disponibile) ed intermediari (per i più ridotti margini commissionali). Le economie nazionali ed europea, nel loro complesso, poi, ne risentono in termini di minore competitività e produttività complessiva.

La realtà empirica mostra, però, che, per una serie di motivi, gli investitori al dettaglio sono generalmente poco attivi nel mercato finanziario e prediligono piuttosto detenere i risparmi sotto forma liquida in alternativa all’investimento immobiliare.

Superare le reticenze dei risparmiatori nell’investire direttamente nei progetti imprenditoriali delle imprese (attraverso, ad esempio, l’acquisto di azioni ed obbligazioni da queste emesse) è quindi un passaggio cruciale per la concreta realizzazione del progetto di CMU.

Uno dei principali ostacoli è però rappresentato dal rischio di mis-selling, ovvero dal rischio che il risparmiatore possa commettere errori di valutazione in ordine alla scelta delle soluzioni di investimento che riescano a rispondere adeguatamente alle proprie aspettative[6]. Tale rischio è tipicamente collegato alla presenza di asimmetrie informative, di costi di transazione e della differente possibilità di accesso ai mercati finanziari, fattori che pongono le imprese di investimento in una posizione di vantaggio rispetto ai propri clienti[7].

In proposito, a livello europeo, sono già state previste una pluralità di norme in materia di tutela degli investitori, volte, tra l’altro, proprio a cercare di contenere il rischio di mis-selling[8].

Alla luce dei più recenti accadimenti, però, tanto la disciplina vigente in materia di tutela degli investitori, che lo stesso progetto di CMU, si sono rivelate misure insufficienti. Una revisione del quadro complessivo è difatti divenuto sempre più evidente ed indifferibile a partire dal 2020: la crisi economica connessa alla pandemia da Covid-19 ha chiaramente messo in luce l’urgente necessità, da un lato, di pensare alla solvibilità e liquidità delle imprese e, dall’altro, di favorire una sempre maggiore partecipazione dei risparmiatori retail ai mercati finanziari[9].

Anche in ragione di ciò, la Commissione Europea ha posto in essere ulteriori iniziative, tra cui la c.d. Retail Investment Strategy (di seguito anche “strategia”), volta a far sì che l’Unione Europea divenga un luogo ancora più sicuro per gli individui, per risparmiare e per investire a lungo termine[10].

2. La Retail Investment Strategy della Commissione Europea

La Commissione ha inteso avviare la Retail Investment Strategy partendo dalla constatazione che, al momento, i consumatori europei non beneficiano a sufficienza dei vantaggi offerti dai mercati dei capitali, in particolare per il soddisfacimento delle sempre maggiori esigenze in ambito pensionistico[11].

La strategia sinora si è articolata in una pluralità di iniziative, tra cui alcune consultazioni e inviti a presentare contributi.

In merito, la consultazione realizzata nel 2021 ha fatto emergere la necessità di accrescere la fiducia del risparmiatore nei mercati di capitali, quale pre-requisito fondamentale per assicurare il corretto funzionamento della strategia[12].

Più in generale, gli esiti della menzionata consultazione hanno permesso di mettere a fuoco i principali limiti del quadro attuale[13]: un forte deterrente alla partecipazione dei risparmiatori retail ai mercati di capitale è oggi rappresentato dalla difficoltà di prendere decisioni adeguate in materia di investimenti.

Ciò è dovuto a livelli insufficienti di alfabetizzazione finanziaria (anche relativamente agli investimenti sostenibili) e all’insufficiente capacità di comprensione e confronto delle informazioni sui prodotti (a causa di informazioni eccessive o complesse e di norme incoerenti tra i diversi quadri giuridici) da parte degli investitori al dettaglio[14].

A ciò, poi, si unisce una scarsa affidabilità e qualità della consulenza in materia di investimenti fornita, dovuta alla struttura dei costi dei prodotti ed alle modalità di determinazione della remunerazione dei consulenti[15].

Nel complesso, l’obiettivo che si intende conseguire mediante la Retail Investment Strategy è dunque l’incremento della fiducia del risparmiatore; ciò richiede una sempre migliore tutela dei relativi interessi, che si realizza concretamente anche attraverso l’efficace funzionamento dei presidi normativamente previsti.

Al riguardo, gli esiti della consultazione del 2021 hanno fatto emerge, tra l’altro, che alcune regole esistenti, per come attualmente configurate, non riescono a prevenire efficacemente fenomeni di mis-selling[16].

Proprio a tal fine, nel febbraio 2022 la Commissione ha avviato un’ulteriore consultazione, conclusasi lo scorso mese di marzo 2022, con la volontà di sondare una nuova possibile configurazione delle regole di adeguatezza ed appropriatezza (previste nelle discipline MiFID e IDD)[17].

Ad oggi, gli esiti di tale consultazione non sono ancora pubblici; l’ESMA, tuttavia, ha evidenziato possibili problematiche che potrebbero realizzarsi nella fase applicativa della proposta avanzata[18].

Da ultimo, la Commissione ha lanciato un “invito a presentare contributi per una valutazione e una valutazione d’impatto condotte in parallelo”[19].

Tale invito è volto principalmente a salvaguardare la fiducia degli investitori al dettaglio nei mercati dei capitali, garantendone un’adeguata protezione[20].

Per affrontare efficacemente i problemi individuati, la Commissione potrebbe esaminare diverse possibili misure volte a generare impatti positivi in termini economici e sociali e in termini di riduzione degli oneri amministrativi e di maggiore rispetto dei diritti fondamentali – ai fini dell’accesso da parte dei cittadini alle opportunità del mercato unico[21].

3. Linee evolutive

Gli obiettivi della Retail Investment Strategy sono ambiziosi ed il loro concreto conseguimento risulterà indubbiamente condizionato anche dalle ulteriori iniziative che, in ambito europeo, saranno adottate a complemento.

Verosimilmente, la principale azione a cui si ricorrerà sarà la revisione del quadro normativo, con l’obiettivo di innalzare il livello di tutela per l’investitore al dettaglio. In proposito, appare condivisibile la posizione di chi ritiene che l’aggiornamento delle attuali norme sia realizzata favorendo l’equilibrio tra i contrapposti interessi di risparmiatori, emittenti e intermediari[22]. In tal modo si creerebbero le condizioni perché tutti gli attori in campo siano incentivati ad adoperarsi per favorire un sempre maggiore afflusso di risparmi privati nell’economia reale.

Il quadro per la protezione degli investitori dovrà peraltro essere ulteriormente affinato per adattarsi al crescente utilizzo di strumenti digitali da parte degli investitori al dettaglio, per gestire al meglio i rischi che ne derivano (anche per quanto riguarda l’influenza dei social media) e per sostenere lo sviluppo di strumenti digitali a vantaggio dei clienti al dettaglio (ad esempio, attraverso la finanza aperta)[23].

Per la realizzazione delle finalità della strategia – come anche sottolineato dalla Commissione[24] -, sarà poi sempre più indispensabile che le Istituzioni europee e nazionali continuino a porre in essere iniziative volte ad innalzare il livello di alfabetizzazione finanziaria, misura utile anche per contrastare sul nascere fenomeni di mis-selling.

Adeguati livelli di alfabetizzazione finanziaria sono difatti vitali per responsabilizzare i cittadini del fatto che il corretto investimento del patrimonio disponibile è essenziale per minimizzarne la perdita di potere d’acquisto dovuta, ad esempio, a fenomeni inflattivi. L’allocazione dei risparmi, poi, riveste una rilevante funzione sociale: accrescere la possibilità di collocamento dei prodotti finanziari emessi dalle imprese europee, consente non solo di finanziare più facilmente i relativi piani di sviluppo – anche in ottica ESG – ma, più in generale, contribuisce alla crescita occupazionale ed economica nazionale ed europea[25].

Per favorire una sempre maggiore afflusso di risparmi privati nell’economia reale sarebbe poi auspicabile che vengano realizzati e distribuiti prodotti che siano in maggior misura allineati alle aspettative ed alle esigenze dei risparmiatori retail in termini, ad esempio, di orizzonti temporali e di tolleranza al rischio.

Tendenzialmente, difatti, i risparmiatori retail, specie di età anagrafica avanzata, tendono ad essere caratterizzati da avversione al rischio e orizzonti temporali brevi. Viceversa, le imprese, specie se innovative, per soddisfare le proprie necessità finanziarie, tendono a emettere prodotti caratterizzati da alto rischio e orizzonti temporali lunghi – quali, ad esempio, azioni o titoli obbligazionari con diversi livelli di subordinazione[26].

In altri termini, per conseguire più agevolmente le finalità ultime della CMU e della retail investment strategy, l’industria dovrebbe intensificare gli sforzi per favorire l’ingegnerizzazione e la successiva commercializzazione di prodotti che riescano a contemperare le contrapposte esigenze di investitori ed imprese.

Da quanto sin qui argomentato, dunque, è possibile affermare che la Retail Investment Strategy rappresenta una strategia che travalica il mero ambito finanziario: il conseguimento dei relativi obbiettivi è centrale per accrescere la competitività del sistema finanziario e dell’economia europea. Favorire l’afflusso dei risparmi privati nell’economia reale è nell’interesse di tutti: cittadini, imprese e istituzioni.

  

Riferimenti bibliografici

Barbu T.C. e Străchinaru A.I., Capital Markets Union: Opportunities and Impact On The European Financial Market 2016 in Studies in Business and Economics no. 11(2)/2016 – 140 – DOI 10.1515/sbe-2016-0028

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Colonnello D., Rischio di mis-selling per il risparmiatore retail: strategie normative e prospettive in ambito europeo, Dialoghi di Diritto dell’Economia, Maggio 2022, reperibile all’indirizzo https://www.dirittobancario.it/wp-content/uploads/2022/05/2022-Colonello-Rischio-di-mis-selling.pdf

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Scolari M., Retail Investment Strategy: una rivoluzione copernicana per la consulenza finanziaria, Focusrisparmio.com, 6 aprile 2022, reperibile all’indirizzo https://www.focusrisparmio.com/news/retail-investment-strategy-una-rivoluzione-copernicana-per-la-consulenza-finanziaria.

 

[*] Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire unicamente all’autore e non coinvolgono l’istituzione di appartenenza (Consob).

[1] Si veda COMMISSIONE EUROPEA, Directorate-General for Structural Reform Support, Growth and business environment, 2020, pp. 3 e ss., reperibile all’indirizzo https://ec.europa.eu/reform-support/system/files/2021-03/ht0120284enn.pdf.

[2] Alcuni studi mostrano che il ricorso al mercato dei capitali da parte delle imprese e, in particolare di quelle di minori dimensioni, è ancora basso e si attesta su livelli nettamente inferiori rispetto ad altri contesti: le PMI europee, ad esempio, ricevono cinque volte meno finanziamenti dal mercato dei capitali rispetto alle PMI statunitensi. Si veda a Demary M., Hornik J. e Watfe G., Research Report SME financing in the EU: Moving beyond one-sizefits- all, IW-Report, No. 11/2016, Provided in Cooperation with: German Economic Institute (IW), Cologne, p. 6.

[3] Il fenomeno ha colpito soprattutto le PMI, sia in ragione della loro strutturale dipendenza dal canale bancario sia perché esse si caratterizzano, generalmente, per essere valutate con rating creditizi peggiori (dovuti, ad esempio, alla rischiosità del business, a track record inadeguati o a garanzie insufficienti) rispetto alle grandi imprese. Ciò si è verificato in particolare per le PMI localizzate negli Stati membri in cui la legislazione nazionale ed il livello di applicazione delle normative non è stato tale da agevolare lo sviluppo e la crescita dell’imprenditorialità.

Trovare adeguate soluzioni al problema che qui si sta affrontando è quindi centrale per favorire la crescita e lo sviluppo degli Stati Membri meno avanzati sotto il profilo economico e produttivo. La facilità di reperimento delle risorse finanziarie, unite al buon funzionamento del contesto istituzionale e ad una regolamentazione dei mercati concorrenziale, rappresentano difatti fattori che influenzano fortemente la scelta di localizzare le imprese in un determinato Paese.

Si veda Demary M., Hornik J. e Watfe G., op. cit, pp. 26-27 ; per chi voglia, Colonnello D., Iannaccone E.R., Mollo G., Onza M., Piccole e medie imprese e finanziamento del progetto imprenditoriale: una ricerca per un nuovo tipo di emittente, CONSOB, 2022, p. 16 e Capasso S. e Colonnello D., L’impresa. I costi dell’imprenditorialità nei paesi del Mediterraneo, in Rapporto sulle economie del Mediterraneo, a cura di P. Malanima, edito dall’Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo (ISSM-CNR), Edizione 2009, Il Mulino, pp. 219 e ss..

[4] La restrizione del credito è stata accentuata in special modo per le Piccole e Medie Imprese. Per una disamina più approfondita del tema si veda anche Colonnello D., Iannaccone E.R., Mollo G., Onza M., op. cit., p. 16 e Demary M., Hornik J. e Watfe G., op. cit, pp. 15 e ss.

[5] Per un approfondimento sul tema si veda anche Barbu T.C. e Străchinaru A.I., Capital Markets Union: Opportunities and Impact On The European Financial Market 2016 in Studies in Business and Economics no. 11(2)/2016 – 140 – DOI 10.1515/sbe-2016-0028, pp. 141 e ss..

[6] Franke G., Mosk T. e Schnebel E., Fair Retail Banking: How to Prevent Mis-selling by Banks, White Paper No. 39 SAFE: Sustainable Architecture for Finance in Europe Konstanzer Online-Publikations-System (KOPS), Goethe University, 2016, reperibile all’indirizzo http://nbn-resolving.de/urn:nbn:de:bsz:352-0-424172, pag. 4.

[7] Per ragioni di economia del lavoro la tematica del rischio di mis-selling in cui incorre il risparmiatore retail non sarà approfondita in questa sede. Per chi voglia, una disamina più articolata è contenuta in Colonnello D., Rischio di mis-selling per il risparmiatore retail: strategie normative e prospettive in ambito europeo, Dialoghi di Diritto dell’Economia, Maggio 2022, reperibile all’indirizzo https://www.dirittobancario.it/wp-content/uploads/2022/05/2022-Colonello-Rischio-di-mis-selling.pdf.

[8] L’attuale quadro si compone di una pluralità di discipline, tra le quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, MiFID II, IDD, PEPP, PRIIP, Direttiva OICVM, Direttiva AIFM e Solvency II.

[9] Per ulteriori dettagli si veda il Commissione Europea, Final Report of the High Level Forum on the Capital Markets Union, A new Vision for Europe’s capital markets, June 2020, reperibile all’indirizzo https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/business_economy_euro/growth_and_investment/documents/200610-cmu-high-level-forum-final-report_en.pdf.

[10] Per maggiori dettagli, si veda Commissione Europea, Targeted consultation on options to enhance the suitability and appropriateness assessments, 2022, disponibile all’indirizzo https://ec.europa.eu/info/consultations/finance-2022-suitability-appropriateness-assessments_en.

[11] Si veda Commissione Europea, “Invito a presentare contributi per una valutazione e una valutazione d’impatto condotte in parallelo”, Ref. Ares(2022)3391353 – 03/05/2022, disponibile all’indirizzo https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/13395-Retail-investment-new-package-of-measures-to-increase-consumer-participation-in-capital-markets_en.

[12] Se, infatti, non si riuscirà a canalizzare i flussi di risparmio degli investitori, specie retail, verso le imprese, l’intera strategia non sarà in grado di realizzare gli obiettivi per i quali è stata introdotta. Si veda Commissione Europea, Factual summary report Public consultation on an EU strategy for retail investors, Ref. Ares(2022)1435733, 25/02/2022, disponibile all’indirizzo https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/12755-Retail-Investment-Strategy/public-consultation_en.

[13] Si veda Commissione Europea, “Invito a presentare contributi per una valutazione e una valutazione d’impatto condotte in parallelo”, cit..

[14] Ibidem.

[15] Ibidem.

[16] Si veda Commissione Europea, “Invito a presentare contributi per una valutazione e una valutazione d’impatto condotte in parallelo”, cit. e Commissione Europea, Factual summary report Public consultation on an EU strategy for retail investors, cit..

[17] In maggiore dettaglio, la Commissione propone l’introduzione di una valutazione del tipo “one-size-fits-all” che travalichi gli attuali confini delle discipline MiFID e IDD. Il nuovo regime si comporrebbe di due diverse parti: una prima, inerente la valutazione delle caratteristiche e delle esigenze del cliente, da realizzarsi anche tramite un unico questionario standardizzato per tutti gli operatori di mercato; una seconda, rappresentata dalla strategia di asset allocation volta a identificare il rischio-rendimento appropriato per il risparmiatore rispetto al proprio profilo.

Per ulteriori dettagli, si veda Commissione Europea, Targeted consultation on options to enhance the suitability and appropriateness assessments, cit. e Scolari M., Retail Investment Strategy: una rivoluzione copernicana per la consulenza finanziaria, Focusrisparmio.com, 6 aprile 2022, reperibile all’indirizzo https://www.focusrisparmio.com/news/retail-investment-strategy-una-rivoluzione-copernicana-per-la-consulenza-finanziaria.

[18] Nel complesso, l’ESMA ha sottolineato che se fosse adottato il framework dalla Commissione così come proposto, sarebbe necessario fornire ai clienti specifiche linee guida ed informazioni sufficienti per facilitare la comprensione del nuovo regime; alle imprese di investimento andrebbe invece concesso un adeguato periodo di tempo per permettere l’adeguamento procedurale, organizzativo e informatico alle previsioni delle nuove regole. Si veda ESMA, 35-43-3112, Consultation on options to enhance the suitability and appropriateness assessments, 13 Aprile 2022, pp. 2 e ss. reperibile all’indirizzo https://www.esma.europa.eu/sites/default/files/library/esma35-43-3112_letter_to_ec_on_mifid_suitability_consultation.pdf.

[19] Si veda Commissione Europea, “Invito a presentare contributi per una valutazione e una valutazione d’impatto condotte in parallelo”, cit..

[20] A tal fine, è fondamentale creare le condizioni affinché gli investitori al dettaglio possano prendere decisioni di investimento in grado di soddisfare al meglio i propri vincoli personali, le proprie esigenze, i propri obiettivi e preferenze (anche in termini di sostenibilità) e garantire che siano trattati in modo equo. Oltre a ciò, risulta anche necessario adattare il quadro di protezione degli investitori ad un contesto sempre più digitale. Si veda Commissione Europea, “Invito a presentare contributi per una valutazione e una valutazione d’impatto condotte in parallelo”, cit..

[21] Ibidem.

[22] Franke G., Mosk T. e Schnebel E., op. cit., pag. 25.

[23] Si veda Commissione Europea, “Invito a presentare contributi per una valutazione e una valutazione d’impatto condotte in parallelo”, cit..

A titolo di esempio, l’investimento in cripto-attività e, in particolare, in cripto-valute, può esporre i risparmiatori a rischi rilevanti legati ad improvvise oscillazioni di prezzo ed alle caratteristiche dei sistemi di scambio e delle tecnologie sottostanti. Tali rischi, ove dovessero concretamente realizzarsi, potrebbero costituire un ulteriore fattore di disaffezione del risparmiatore retail alla partecipazione ai mercati. Alcune indagini svolte da CONSOB sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, infatti mostrano che tali fenomeni sono in costante crescita. Si veda CONSOB, Piano Strategico 2022-2024, reperibile all’indirizzo https://www.consob.it/web/area-pubblica/piano-strategico, pp. 2 e 4.

[24] Si veda Commissione Europea, “Invito a presentare contributi per una valutazione e una valutazione d’impatto condotte in parallelo”, cit..

[25] Franke G., Mosk T. e Schnebel E., op. cit., pag. 26.

[26] Per una disamina più approfondita del tema, per chi voglia, si veda anche Colonnello D., Iannaccone E.R., Mollo G., Onza M., op. cit., pp. 16 e ss..

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