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Giurisprudenza

La promessa usuraria. Costi eventuali e momento della verifica. Sulla sentenza del Tribunale di Torino del 27 aprile 2016, Est. Dott. Enrico Astuni

9 Maggio 2016

Dario Nardone e Fabrizio Cappelluti

Tribunale di Torino, 27 aprile 2016 – dott. Astuni

Di cosa si parla in questo articolo

Premessa

Nell’attuale dibattuto tema dell’usura pattizia e, nello specifico, della promessa usuraria, si segnalano arresti giudiziari caratterizzati da certa originalità o, quanto meno, contro corrente rispetto alla recente prevalente giurisprudenza.

Quest’ultima è concorde nel ritenere, da un lato, che la valutazione usuraria debba tener conto di tutti i costi legati all’erogazione del credito (ad eccezione di imposte e tasse); dall’altro, che il momento valutativo debba coincidere con quello del perfezionamento negoziale, essendo sufficiente che tali costi, benché non verificatisi, siano stati semplicemente promessi[1].

In contraddizione con il pensiero comune circa la collocazione temporale del vaglio usurario, spicca, per profusione motivazionale, il Tribunale di Torino, con sentenza del 27.04.2016, Estensore Dott. Enrico Astuni (edita su questa Rivista e scaricabile al link indicato tra i contenuti correlati).

La decisione, muovendo da premesse assolutamente condivisibili in ordine alla onnicomprensività, nel TAEG ai fini usura, di tutti i costi, anche eventuali o condizionati, collegati alla erogazione del credito a prescindere dal nomen juris (es: mora, clausole penali e di estinzione anticipata), conclude per ritenere che l’impianto normativo del Legislatore antiusura, anche per motivi storici, non consente di “comminare la nullità del contratto e muovere l’apparato sanzionatorio penale anche di fronte a scenari di superamento del tasso soglia semplicemente possibili, perché subordinati al realizzarsi di “condizioni” ancora non verificatesi né certe, quali un ritardo nel pagamento che determini applicazione di interessi di mora in misura tale da determinare il superamento della soglia”, ovvero, per continuare il parallelo, il pagamento di una penale per estinzione anticipata o per risoluzione da inadempimento.

Insomma, secondo il Giudicante, tutti i costi eventuali promessi (mora, estinzione anticipata, clausole penali o costi da risoluzione per inadempimento), qualora non concretamente verificatisi e dunque corrisposti, non debbono essere computati nel TAEG ai fini usura; diversamente, la promessa usuraria ex contractu si concretizzerebbe in tutta la sua rilevanza penale e civile nell’ipotesi in cui involga il solo interesse corrispettivo, in quanto è “debito certo, sia pure a esigibilità differita, e ha un suo effettivo impatto economico sul costo del credito”.

La promessa usuraria involge sempre e comunque tutti i costi potenziali ed eventuali promessi in contratto

Ad avviso di chi scrive, le ultime conclusioni dell’estensore appaiono di dubbia condivisibilità e prestano il fianco a censure di vario profilo[2].

A costo di apparire retorici, è opportuno ricordare la distinzione tra reati di danno e reati di pericolo: i primi offendono il bene giuridico protetto dalla norma penale, i secondi si limitano a metterlo in pericolo.

Ebbene l’usura è tipico reato di pericolo[3] ove il bene protetto non è solo il patrimonio individuale, ma anche e soprattutto il corretto svolgimento del mercato creditizio[4].

In ragione di siffatta natura, l’usura oggettiva si consuma con la semplice messa in pericolo del bene tutelato, ovvero con la pattuizione usuraria: è cioè sufficiente che la promessa usuraria venga trasfusa nella clausola contenuta nel contratto, che diventa usurario al medesimo momento della sottoscrizione[5].

Può ben dirsi che il perfezionamento negoziale e la consumazione del reato di usura si producono simultaneamente: in dottrina si sostiene pacificamente che l’usura sia un reato-contratto[6].

Procedendo da tali premesse, ne consegue che la effettiva corresponsione del costo usurario (mora, o compenso d’estinzione anticipata, o clausola penale, o clausola di risoluzione per inadempimento), ovvero il danno, è un elemento non necessario per la configurazione del reato d’usura, già perpetrato con l’esposizione al pericolo del bene tutelato[7].

Ora, il punto focale della questione è dato dal fatto che le conseguenze sanzionatorie penali ex art. 644 c.p., e civili ex art. 1815, 2° comma, c.c. per il quale “Se sono convenutiinteressiusurari laclausola è nulla e non sono dovuti interessi[8]”, si producono appunto dal momento perfezionativo del reato d’usura, che, come detto, coincide con quello genetico del contratto di mutuo contenente la promessa di pagare il costo usurario.

E’ dunque evidente che l’operatore giuridico, al fine di vagliare l’usurarietà del finanziamento, dovrà compiere un giudizio di natura prognostica, riportandosi ex ante al momento della pattuizione usuraria.

Ebbene, se, come indubbio, le conseguenze penali e civili del reato sono normativamente ancorate, storicamente, al momento della pattuizione usuraria e, eziologicamente, all’evento della messa in pericolo del mercato del credito o dell’interesse del singolo, e non all’evento della effettiva dazione del costo usurario, è di conseguenza concettualmente erroneo e normativamente mortificante subordinare tali conseguenze al successivo evento del pagamento di detto costo o, cosa ancor più grave, escluderle poiché tale pagamento non possa più storicamente verificarsi al momento della contestazione: insomma, si tradirebbe il giudizio ex ante, voluto dall’impianto normativo e ribadito puntualmente in via nomofilattica, con quello erroneo ex post, dando rilievo, nonostante la contraria voluntas legis, alla verificazione del danno anziché alla esposizione al pericolo avvenuta già con la pattuizione usuraria.

La principale criticità dell’argomentazione adoperata dal Tribunale torinese, laddove, per i costi eventuali, vorrebbe postergare la rilevanza penale (e sanzionatoria civile ex art. 1815, 2° comma, c.c.) dal momento della pattuizione a quello della verificazione effettiva del costo, poggia proprio su questo equivoco: snatura l’usura quale reato di pericolo per convertirlo in un reato di danno.

V’è inoltre da dire che, nella visuale prospettica del giudizio prognostico ex ante, la distinzione tra costi certi, da un alto, e costi incerti o sottoposti a condizione dall’altro, è effimera: difatti, al momento del perfezionamento negoziale, non è possibile conoscere con certezza se il mutuo si svolgerà secondo il percorso fisiologico attraverso la ordinaria corresponsione degli interessi corrispettivi, ovvero se prenderà altre strade, patologiche o previamente estintive rispetto alla sua naturale esecuzione.

Sicché anche il pagamento degli interessi corrispettivi, al momento della prognosi, è incerto nel suo verificarsi, benché costituisca l’oggetto dell’obbligazione principale gravante sulla parte finanziata.

Si pensi alle ipotesi, certamente improbabili, ma possibili se consentite in contratto, in cui il mutuatario intenda estinguere il mutuo[9] o la banca risolverlo il giorno dopo la sua contrazione; in tali casi, potendo accadere che il mutuo abbia immediatamente una esecuzione divergente dalla fisiologia, nella visuale prognostica ex antegli interessi corrispettivi non sono più un costo certo.

Peraltro, anche il pagamento dei medesimi interessi corrispettivi potrebbe, al pari degli altri costi c.d. eventuali, essere subordinato al verificarsi di determinate condizioni.

E’ il caso dei mutui condizionati o a stato di avanzamento lavori, in cui la o le erogazioni possono essere non contestuali al perfezionamento negoziale ma subordinate al verificarsi di talune successive condizioni poste dall’istituto mutuante: ciò comporta che anche il pagamento degli interessi corrispettivi è subordinato alla erogazione e quindi anche al verificarsi della condizione.

Idemdicasi per i mutui che prevedano un’erogazione della somma contestualmente costituita in deposito cauzionale, che sarà svincolata all’adempimento di determinate condizioni imposte dalla banca.

Ebbene, in tali fattispecie, qualora venisse pattuito già in contratto un tasso di interesse corrispettivo oltre soglia, se ne dovrebbe dedurre, secondo il pensiero dell’estensore torinese, che, fino al momento del verificarsi della condizione o dello svincolo, il contratto non sarebbe usurario perché non verrebbe a realizzarsi il presupposto del pagamento degli interessi corrispettivi.

Insomma, ci troveremmo davanti ad un contratto ictu oculi pattiziamente usurario (perché l’usura è un reato-contratto), che però non sarebbe ritenuto usurario.

E’ evidente che le suddette conclusioni sono inaccettabili e che ai fini usura la distinzione tra costi certi, incerti o condizionati è effimera ed arbitraria.

Una volta che sia stato contrattualizzato un costo usurario (che siano interessi corrispettivi, o moratori, o qualsiasi altro costo collegato alla erogazione del credito come l’estinzione anticipata o le penali da inadempimento), l’esposizione al pericolo del bene tutelato è avvenuta e l’usura si è perfezionata, dal momento che la clausola negoziale “pericolosa” ha posto in essere le condizioni di fatto perché il danno scongiurato possa successivamente concretizzarsi.

Sotto altro profilo, l’interpretazione data dall’estensore finirebbe, in un certo senso, per incentivare la parte finanziata ad essere inadempiente al fine di pagare il costo della mora o dell’inadempimento e di contestare, di conseguenza, il verificarsi della condizione usuraria; il tutto per reclamare la gratuità del mutuo.

Non è accettabile, in uno stato di diritto, che la normativa antiusura, favorendo un comportamento biasimevole quale l’inadempimento, divenga quasi strumento di lucro dell’usurato anziché di tutela.

Parimenti dicasi per il caso dell’estinzione anticipata: lo smaliziato potrebbe approfittare della clausola prevedente il compenso per l’estinzione anticipata al fine di esercitarla e contestare, a quel punto, la usurarietà del mutuo per vedersi restituire tutti gli interessi pagati.

Se non bastasse, l’interpretazione data dall’estensore verrebbe, ancora paradossalmente, a spostare l’imputabilità dell’azione criminosa del reato d’usura dall’agente alla persona offesa, poiché si richiederebbe un comportamento di quest’ultimo (es.: inadempimento e pagamento del costo; esercizio dell’estinzione anticipata) al fine della consumazione del reato.

Ma le implicazioni potrebbero essere ancora più perverse.

Dando per buona la decisione torinese, dovrebbe concludersi che due contratti identici possano essere definiti l’uno lecito e l’altro pattiziamente usurario a seconda che si verifichi il pagamento del costo ab origineincerto; ne deriverebbe che l’usura, reato da accertare al momento della pattuizione, sia sottoposto alla condizione sospensiva del verificarsi del costo eventuale: perciò il medesimo contratto sarebbe al contempo usurario e lecito, con l’esito lasciato “in sospeso” ad un riscontro futuro del concretizzarsi o meno di una determinata circostanza.

Francamente, agli scriventi tutto ciò appare non condivisibile.

Essendo pacifico che sia il momento della pattuizione quello che rileva ai fini dell’indagine sull’usurarietà, non può che giungersi alla seguente conclusione: il contratto o è usurario ab origine, o non lo è: tertium non datur.

Nel vaglio ex antedeve procedersi come prospettato dalla sentenza del Tribunale di Udine, richiamata dalla decisione in commento, ovvero valutando i possibili scenari che tale pattuizione può generare, compreso il worst case, anche se rappresentato da un’ipotesi solo eventuale e potenziale, anche se non verificatasi o non più verificabile concretamente al momento della contestazione o dell’azione legale che denunzi l’usura.

La protezione è assoluta e non subordinata ad un mancato esercizio della facoltà di estinzione anticipata o al mancato verificarsi di eventi risolutivi; siffatta pretesa subordinazione è contraria al chiarissimo dettato normativo, ai granitici principi nomofilattici e alla ratio legis, ed anzi con essi confligge[10].

In conclusione, si rivela piuttosto debole il richiamo effettuato dall’estensore alla matrice storica della legge di interpretazione autentica a sostegno delle proprie motivazioni.

Del pari, sembra non calzante il parallelo che il Giudicante effettua tra verifica usuraria del mutuo e quella delle aperture di credito: a meno che siano stati pattuiti tassi oltre soglia, in queste ultime il vaglio usurario è focalizzato quasi interamente sull’usura sopravvenuta durante lo svolgimento del rapporto, trimestre per trimestre: giocoforza il riscontro qui va effettuato ex post, dovendosi verificare la liceità di poste debitorie (interessi, costi ed accordato) realmente e concretamente applicate dall’istituto di credito nel corso del rapporto.

In estrema sintesi: poiché la legge punisce (anche) la sola promessa di pagare costi usurari, al fine di ritenere consumato il reato d’usura è sufficiente la semplice stipula della clausola senza necessità che il fatto ivi ipotizzato si concretizzi, ovvero senza la necessità che il mutuatario ne paghi il costo convenuto.

Consumandosi il reato d’usura al momento della pattuizione, è da tale momento che necessariamente si producono gli effetti sanzionatori penali e civili, e segnatamente la non debenza di interessi e costi legati all’erogazione del credito, ad eccezione di imposte e tasse.

Trattandosi di promessa usuraria da valutarsi con giudizio prognostico ex ante al momento della pattuizione del finanziamento, è sufficiente la sola potenzialità che il costo usurario si verifichi sulla scorta delle condizioni contrattuali, a nulla rilevando che detto costo, al momento della contestazione o dell’azione legale, non possa più verificarsi: pertanto, ai fini del vaglio usurario, è lecito calcolare il TAEG del finanziamento nella ipotesi che la clausola usuraria si verifichi in un determinato momento storico consentito dal contratto e quindi anche nel possibile worst case.

 


[1] Tribunale di Benevento, sent. 30.12.2015, Est. Genovese; Tribunale Collegiale di Pescara, Pres. Fortieri, ord. del 28.11.2014; Tribunale Collegiale di Bari, ord. del 01.12.2014, Pres. Magaletti; Tribunale di Bari, ord. del 19.10.2015; Tribunale di Bari, ord. del 27.11.2015, Pres. Pasculli; Tribunale di Bari ord. del 24.08.2015, Pres. Pasculli; Tribunale di Bari, ord. 24.08.2015; Tribunale di Bari, ord. del 30.12.2015, Est. Magaletti, Tribunale collegiale di Ascoli Piceno, ord. del 13.10.2015, Pres. Pocci; Tribunale di Chieti, ord. del 27.01.2016, Est. Romandini; Trib. di Massa, ord. del 23.03.2016, Pres. Ermellini. Nella vicenda esaminata dalla nota Cass. Civ. Sez. I, 09-01-2013, n. 350, il mutuo è usurario solo perché contempla la pattuizione di interessi moratori usurari, che, naturalmente, al momento della pattuizione, costituiscono la fase patologica eventuale e futura del contratto di mutuo; non occorre attendere che la fase patologica si concretizzi né che la mora venga pagata: è sufficiente solo verificare, con un giudizioex ante,che, per tale fase, il mutuatario abbia promesso di pagare alla banca un costo usurario.

[2] Già nella seguente sede s’è sinteticamente preso le distanze da siffatte argomentazioni: NARDONE E CAPPELLUTI, Brevi spunti sulla promessa usuraria nell’estinzione anticipata del finanziamento, dicembre 2015, in www.assoctu.it, www.altalex.com, www.studiolegalenardone.it, alla nota n. 6, in relazione a Trib. Torino, ord. 20 giugno 2015, Est. Enrico Astuni.

[3] FRESCURA, L’accertamento dell’usura nei finanziamenti bancari, 18.03.2010, in www.altalex.com, “Si sottolinea cheil contratto è usuraio anche quando il tasso annuo (effettivo e globale), è solo potenzialmente usuraio, poiché il reato di usura è un reato di pericolo (non è necessario che si verifichi un danno reale, in quanto viene punita non tanto un’azione specifica (incassare interessi usurari), ma la predisposizione dello strumento (il contratto, il semplice atto giuridico), per commettere ciò che il legislatore considera un grave danno per l’intera economia: pretendere e/o incassare interessi superiori al limite di legge oppure sproporzionati (usura)”; FIORELLA Appunti sulla struttura del delitto di usura in “Mercato del credito ed usura”, Giuffrè 2002, pag. 232 e MANCUSO Disposizioni anti-usura: progresso o involuzione? In www.jei.it 1997; NAVAZIO ne Le usure – Mercato illecito del danaro e tutela delle vittime, cit.; Cacucci 2008, pag.126, ha precisato che si tratterebbe di fattispecie di reato dipericolo presunto nel caso di usura oggettiva e di pericolo concreto nel caso di usura soggettiva.

[4] Cfr. Cass. Pen., Sez. II, 18.03.03, n. 20148. In dottrina cfr. MARCELLI, L’usura della legge e l’usura della Banca d’Italia: nella mora riemerge il simulacro dell’omogeneità, 2014, in www.assoctu.it e in www.dirittobancario.it.; FRESCURA, L’accertamento dell’usura nei finanziamenti bancari, 18.03.2010, cit., ove, nello stesso senso, indica la seguente bibliografia: CATANIA Usura, profili penali e civili, Utet 2006 pagg. 27 – 30; NAVAZIO in Le usure – Mercato illecito del danaro e tutela delle vittime, cit.; Cacucci 2008, pag. 123; CRISTOFANO Usura: la tutela civile e penale dei danneggiati, Cedam 2001 pag. 104; (per una disamina dei rapporti tra “bene tutelato” dalla norma penale e contratti cfr. LEONCINI Reato e contratto nei loro reciproci rapporti, Giuffrè 2006).

[5] Per PAGLIUSO, Disciplina dell’usura e rescissione del contratto, Rubettino editore, 2003, 138), in caso di usura “il contratto nasce già gratuito. Ed è questa la ragione per cui non mutano le modalità temporali di restituzione del capitale, perché esse continuano a trovare la fonte nell’originario contratto di mutuo, nato gratuito”.

[6] FRESCURA, L’accertamento dell’usura nei finanziamenti bancari, 18.03.2010, cit, “Considerato l’elenco dei tipi di finanziamenti potenzialmente usurari, risulta evidente che l’usura è un “reato-contratto”, non certo un “reato in contratto”, ciò significa che l’usura non è un reato che si commette “attraverso” un contratto di per sé lecito, come ad esempio nel caso della truffa. Il reato di usura sussisterà in quanto esiste un contratto usurario: la legge, sia penale che civile, punisce il semplice fatto (giuridico) della conclusione (stipula) del contratto con cui si chiedono interessi usurari, cioè dei corrispettivi per il finanziamento concesso. Questi corrispettivi, considerate anche le commissioni, le remunerazioni a qualsiasi titolo e le spese connesse (escluse solo imposte e tasse), sono (o possono essere) usurari quando complessivamente sono (o possono essere) superiori al limite di legge (tasso soglia) oppure inferiori, ma sproporzionati rispetto alla controprestazione e considerati i tassi medi”. Cfr. anche i richiami bibliografici ivi indicati alla nota 21.

[7] Si ritiene che tali affermazioni abbiano nel complesso normativo e nomofilattico un valore quasi dogmatico: per la Suprema Corte “Il reato di usura si configura come reato a schema duplice e, quindi, esso si perfeziona con la sola accettazione della promessa degli interessi o degli altri vantaggi usurari, ove alla promessa non sia seguita effettiva dazione degli stessi, ovvero, nella diversa ipotesi in cui la dazione sia stata effettuata, con l’integrale adempimento dell’obbligazione usuraria” (Cass. Pen. sez. II, 2 dicembre 2014, n. 50397); è notissima la Cass. Civ. Sez. I, 09-01-2013, n. 350, la quale ha precisato che “ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p., e dell’art. 1815 c.c., comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori”. Ancor più recentemente, “quando la promessa del corrispettivo, in tutto o in parte, non viene mantenuta, il reato si perfeziona con la sola accettazione dell’obbligazione rimasta inadempiuta (v. Cass. Sez. II, Sent. n. 37693/2014 Rv. 260782; Sez. II, Sent. n. 33871/2010 Rv. 248132; Sez. F, Sent. n. 32362/2010 Rv. 248142; Sez. II, Sent. n. 26553/2007 Rv. 237169; Sez. II, Sent. n. 11837/2003 Rv. 228381)” (Cass. Pen. II sez., 8 ottobre 2015, n. 40380). Ai sensi dell’art. 644 c.p., 1°comma: “Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 643, si fa dare o promettere…”. L’art. 1, comma 1 del D.L. 394/00 di interpretazione autentica dell’art. 644 c.p. dispone che “Ai fini dell’applicazione dell’articolo 644 del codice penale e dell’articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”. Il Testo della relazione governativa di presentazione al Parlamento del Decreto Legge 394/2000, convertito poi in Legge 28 febbraio 2001 n. 24, contiene un’ulteriore esplicitazione della volontà del Legislatore:”L’articolato fornisce al comma 1 l’interpretazione autentica dell’art. 644 C.P. e dell’art. 1815 comma secondo c.c.. Viene chiarito che quando in un contratto di prestito sia convenuto il tasso di interesse (sia esso corrispettivo, compensativo o moratorio) il momento al quale riferirsi per verificare l’eventuale usurarietà sotto il profilo sia penale che civile è quello della conclusione del contratto a nulla rilevando il pagamento degli interessi”.

[8] Come già sostenuto nel richiamato lavoro a nostra firma Brevi spunti sulla promessa usuraria nell’estinzione anticipata del finanziamento, è utile ricordare che la novella del ‘96, e segnatamente l’art. 2 della L. 108/96, ha ampliato la nozione di “interesse” adoperata dagli art. 644 c.p.c. e 1815, 2° comma, cc., dovendo essa intendersi quale costo complessivo del credito espresso nel TAEG, dal quale vanno espunte solo le imposte e tasse da riversare alla P.A.; cfr. ivi, con riferimenti dottrinari e giurisprudenziali.

[9] Tribunale di Bari, ord. del 19.10.2015, in relazione alla commissione per l’estinzione anticipata: “Per quanto attiene a quest’ultima commissione, deve rilevarsi che, sebbene sia determinata in misura percentuale sul capitale residuo, ai fini dell’accertamento dell’usurarietà del mutuo il calcolo deve essere operato con riferimento al capitale concesso a mutuo dovendosi aver riguardo al momento in cui le condizioni vengono pattuite, così come prescrive la legge, considerato che in ipotesi ben può accadere che l’estinzione anticipata venga richiesta a distanza di qualche giorno”.

[10] Per MARCELLI, L’usura e la mora come strumento di abuso della posizione del creditore: nella sanzione dell’art. 1815, comma 2° c.c., non vi è distinzione fra interessi corrispettivi e interessi di mora; la giurisprudenza viene gradualmente tracimando gli argini posticci posti dalla Banca d’Italia. Prime note di commento all’Ordinanza del Trib. di Massa, Giudice Rel. Dott. D. Provenzano, 23/03/16, aprile 2016, in www.assoctu.it, “la l. 108/96 è volta ad assicurare una copertura completa dall’usura, estesa in ogni direzione, dai costi immediati a quelli procrastinati, da quelli ricorrenti a quelli occasionali’. Nella circostanza si richiama quanto stabilito dalla Cassazione Penale: ‘il limite stabilito dalla legge non può essere aggirato con una distinzione delle somme dovute dal cliente alla banca in causali diverse (cfr. Cass. Pen. n. 46669/11, n. 12028/10), ricordando che ‘le circolari o direttive, ove illegittime e in violazione di legge, non hanno efficacia vincolante per gli istituti bancari sottoposti alla vigilanza della Banca d’Italia, neppure quale mezzo di interpretazione’ (Cfr. Cass. Pen. n. 46669/11)”.

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