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Approfondimenti

La nuova governance del prodotto e le regole in fase distributiva

28 Novembre 2016

Maria Giusy Naccarato, Managing Associate, Simmons & Simmons

Di cosa si parla in questo articolo
POG

Disegnare i prodotti finanziari per la categoria di clienti alla quale gli stessi saranno distribuiti. Questo è il leitmotiv del nuovo regime di governance dei prodotti finanziari e della relativa distribuzione introdotti dalla Direttiva 2014/65/UE (MiFID II).

La Direttiva MiFID II entrerà in vigore il 3 gennaio 2018 ma, nell’ottica di rafforzamento della protezione dell’investitore, come si dirà nel seguito, la CONSOB ha già sollecitato con una serie di interventi l’attenzione di emittenti e distributori su un modello di offerta di prodotti finanziari che privilegi le esigenze della clientela target, soprattutto quando il target sia costituito da clienti al dettaglio (c.d. retail).

In particolare, la MiFID II prevede (agli articoli 16 e 24) che un intermediario che realizzi (manufacturer) prodotti finanziari da offrire alla clientela adotti procedure e ponga in essere misure idonee ad assicurare che il cliente finale riceva un’offerta adatta alle proprie esigenze ed al proprio profilo.

Ai predetti fini, un manufacturer sarà tenuto:

  • ad adottare un processo di “approvazione” – ed operare in conformità al medesimo – per ciascun prodotto finanziario destinato all’offerta (e, dunque, prima che il prodotto sia commercializzato). Il processo di approvazione del prodotto dovrà precisare per ciascun prodotto finanziario il target di clientela alla quale lo stesso è destinato (mercato di riferimento), garantire che tutti i rischi attinenti a tale target siano stati analizzati e che la prevista strategia di distribuzione sia conforme al target stesso;
  • a monitorare su base on-going che il processo di approvazione sia attuato nel concreto e che i prodotti finanziari realizzati restino coerenti con le esigenze del target (ed al contempo che la strategia distributiva continui ad essere appropriata al mercato di riferimento). Al riguardo, l’organo di gestione dovrà avere un ruolo fondamentale nel processo di approvazione di ciascun prodotto;
  • a formulare test ad hoc che ipotizzino scenari avversi, rischi e possibili risultati per ciascun prodotto; e
  • a definire una struttura di costi/remunerazione che tenga conto delle caratteristiche del mercato di riferimento.

Nel medesimo contesto, un intermediario che operi come distributore di prodotti finanziari realizzati da altro soggetto dovrà:

  • porre in essere procedure di distribuzione dei prodotti finanziari che assicurino la coerenza dei prodotti stessi con il relativo target di clientela. Tali procedure si affiancheranno agli obblighi in tema di adeguatezza, appropriatezza, conflitti di interesse, incentivi etc. a cui gli intermediari sono tenuti a conformarsi ai sensi delle Direttive MiFID I[1] e della relativa normativa di attuazione;
  • assicurarsi che le predette procedure siano costantemente aggiornate e restino coerenti con i prodotti inclusi nel portafoglio di distribuzione;
  • garantire che l’organo di gestione dell’intermediario confermi che i prodotti finanziari inclusi nel portafoglio di distribuzione siano coerenti con il relativo mercato di riferimento. Al riguardo, deve ipotizzarsi una maggiore responsabilizzazione della funzione di compliance che dovrà supervisionare l’intero processo.

Da un punto di vista pratico, l’attuazione dei predetti processi, renderà necessario definire – anche dal punto di vista contrattuale – la giusta allocazione delle responsabilità tra manufacturer e distributore.

Per fare ciò, i contratti di distribuzione dovranno prevedere l’impegno del manufacturer a mettere a disposizione dei distributori tutte le necessarie informazioni sul prodotto finanziario e sul suo processo di approvazione, ivi incluso il relativo mercato di riferimento. Peraltro, anche per l’insistenza del regolatore nazionale, tali condotte sono già entrate nella corrente operatività degli emittenti/intermediari. Accade, infatti, che i distributori, per identificare eventuali caratteristiche di complessità del prodotto – secondo quanto previsto dalla Comunicazione CONSOB del 22 dicembre 2014 No. 0097996 – chiedano al manufacturer di fornire informazioni sul prodotto finanziario da distribuire secondo formati standard. E’ prassi comune che, in tali circostanze, il distributore si riservi in ogni caso di procedere ad una valutazione autonoma della complessità del prodotto stesso sulla base delle informazioni fornite dal manufacturer.

In ambito europeo, l’ESMA, autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati ha chiarito[2] che il nuovo modello di governance dei prodotti finanziari deve tradursi nell’adozione di politiche di governance diverse a seconda che si tratti di manufacturer o di distributore. E’ stato anche precisato che, nel caso in cui il manufacturer sia anche distributore dei prodotti stessi, gli obblighi di governance applicabili nella fase di produzione e di distribuzione dei prodotti finanziari si cumulino in capo al medesimo.

L’ESMA è intervenuta inoltre per precisare quanto segue:

  • la definizione del mercato di riferimento sarà più difficile, e richiederà maggiore attenzione in caso di prodotti non tradizionali (quali, a titolo esemplificativo, CoCo bond e prodotti strutturati con profili di rendimento complessi), mentre è ipotizzabile che il mercato di riferimento di prodotti di investimento, quali per esempio le azioni ordinarie, sarà definito con un minor livello di dettaglio;
  • l’analisi del mercato di riferimento ai fini della governance del prodotto è cosa diversa, e non sostituisce la valutazione di appropriatezza e/adeguatezza del prodotto finanziario al profilo dello specifico cliente, regola di condotta già dettata dalle Direttive MiFID I e dalla relativa normativa CONSOB di attuazione[3];
  • i distributori saranno tenuti ad informare periodicamente il manufacturer in relazione alla propria esperienza sul prodotto. Questo non significa che i distributori dovranno informare il manufacturer di ciascuna sottoscrizione del prodotto o di ogni volta in cui il prodotto sia stato venduto al target di clientela al quale è destinato secondo la relativa politica di governance. Il dovere di reporting dovrà piuttosto coprire, a titolo esemplificativo, le informazioni sul numero di sottoscrizione da parte di soggetti non rientranti nel mercato di riferimento, sulla tipologia di clienti sottoscrittori, sui reclami ricevuti o semplicemente sui feedback raccolti dai clienti in relazione ad uno specifico prodotto. I distributori dovranno impegnarsi a fornire al manufacturer le informazioni necessarie a verificare in via continuativa che lo specifico prodotto resti conforme ai bisogni, alle caratteristiche ed agli obiettivi del relativo mercato di riferimento;
  • non è escluso che alcuni prodotti possano essere distribuiti al di fuori del mercato di riferimento identificato dal manufacturer, a condizione che siano in ogni caso rispettate le regole in materia di appropriatezza e adeguatezza applicabili nella distribuzione di prodotti finanziari (responsabilità quest’ultima a carico del distributore). A tale riguardo, e’ chiaro che se il trend delle sottoscrizioni al di fuori del mercato di riferimento dovesse essere confermato, potrebbe essere necessario rivedere i confini del mercato stesso per estenderli a categorie di clienti originariamente non inclusi.

In ambito nazionale, anticipando in qualche modo le misure introdotte dalla MIFID II, si assiste ad una maggiore responsabilizzazione di emittenti e degli intermediari sia in fase di disegno che di distribuzione dei prodotti finanziari.

E’ da qualche anno, infatti, che la CONSOB si è concentrata sulla tutela degli investitori, in particolare dei clienti al dettaglio, soprattutto laddove i prodotti finanziari siano emessi e distribuiti da parte di intermediari ovvero qualora si caratterizzino per una intrinseca minore liquidità. In entrambi i casi, la CONSOB ha messo l’accento sulla necessità di ridurre le asimmetrie informative – che amplificano di fatto i rischi legati ad un prodotto finanziario proprio perché non consentono l’assunzione di decisioni di investimento consapevoli – e sul dovere dell’intermediario di comportarsi con correttezza e trasparenza per il perseguimento del miglior interesse della clientela.

In tale contesto, sulla scia di quanto già in parte anticipato con la Comunicazione CONSOB del 2 marzo 2009, no. 9019104 concernente “Il dovere dell’intermediario di comportarsi con correttezza e trasparenza in sede di distribuzione di prodotti finanziari illiquidi”, con la Comunicazione n. 0097996 del 22 dicembre 2014, in materia di “Distribuzione di prodotti finanziari complessi ai clienti retail”[4], l’Autorità ha sconsigliato la distribuzione alla clientela al dettaglio di alcuni prodotti caratterizzati da un alto profilo di complessità, e ribadito alcuni obblighi, già presenti nella normativa vigente, anche se in una forma più generale, ma trascurati nella corrente operatività.

In particolare, sulla base delle esperienze di vigilanza maturate dalla stessa, l’Autorità ha ritenuto che non siano “normalmente adatte alla clientela al dettaglio (c.d. retail)” i prodotti inclusi nei punti da i. a v. dell’elenco allegato alla comunicazione (tra i quali i prodotti finanziari derivanti da operazioni di cartolarizzazione di crediti (es. assets backed securities), gli strumenti convertibili a discrezione dell’emittente (es. contigent convertible notes), i prodotti finanziari strutturati, prodotti derivati non negoziati in trading venues (con finalità diverse da quelle di copertura) e prodotti finanziari credit linked. Con riferimento a tali prodotti, qualora l’intermediario scelga di non attenersi alla raccomandazione della CONSOB, la decisione dovrà essere presa, su base motivata, dai vertici aziendali. L’intermediario dovrà, inoltre, informare il cliente circa il fatto che la CONSOB ritiene in linea di principio quel prodotto inadeguato alla clientela al dettaglio.

Gli altri prodotti finanziari inclusi nei punti da vi. a xii. del medesimo elenco sono ritenuti a complessità molto elevata e la distribuzione dei medesimi alla clientela dettaglio richiederà in ogni caso una attenzione rafforzata (ed il rispetto, tra gli altri, dei presidi indicati dall’ESMA nelle relative Opinion[5] sui prodotti complessi e/o strutturati). Gli intermediari devono porre particolare attenzione alla prevenzione dei conflitti di interesse, agli incentivi al personale che possano accentuare i conflitti d’interesse del venditore nonché alla mappatura dei prodotti secondo metodi e sistemi avanzati che tengano conto di ogni possibile profilo di complessità nonché dei costi, all’utilizzo degli stessi metodi di valutazione e di simulazione usati a fini interni per la gestione dei rischi anche nelle informazioni da rendere alla clientela al dettaglio in fase di distribuzione.

L’elenco allegato alla predetta comunicazione CONSOB ha carattere meramente esemplificativo, restando a carico dell’intermediario effettuare attenta due diligence sui prodotti finanziari da offrire – il che comporta che ove all’esito di tale due diligence l’intermediario “accerti che in concreto il prodotto, incluso o meno nell’elenco, non possa mai soddisfare al meglio gli interessi dei propri clienti o che rispetto ad esso, manchino le informazioni sufficienti a valutarne le principali caratteristiche ed i rischi, eviterà di prestare consigli su quel prodotto o di venderlo […]”, il medesimo non potrà né essere consigliato né distribuito.

Con la predetta comunicazione, la CONSOB ha sostanzialmente richiamato il dovere degli intermediari di porre il criterio della coerenza tra i prodotti offerti e i profili della clientela alla base di tutto il processo di intermediazione, quindi non solo la fase finale della distribuzione ma anche quella iniziale della progettazione e della c.d. “ingegnerizzazione” dei prodotti – con ciò sostanzialmente anticipando, per come detto, alcune delle previsioni della MiFID II.

Da un punto di vista operativo, le raccomandazioni della CONSOB si traducono nella necessità di adottare policy e presidi ad hoc quali, a titolo esemplificativo, i seguenti:

  • predisporre una policy sulla governance del prodotto, che includa principi sulla progettazione del prodotto, il monitoraggio e la revisione su base continuativa;
  • revisionare le procedure interne degli intermediari al fine di (i) formalizzare test standard sul prodotto, (ii) definire I flussi informativi tra manufacturer e distributore; e (iii) identificare il mercato di riferimento (target client) per ciascun prodotto da distribuire;
  • sottoporre a revisione gli attuali contratti di distribuzione; e
  • aggiornare le policy e le procedure concernenti l’identificazione e la gestione dei conflitti di interesse, la profilatura della clientela, l’informativa alla clientela e la remunerazione.

Nello stesso contesto, si inserisce la recente Comunicazione CONSOB No. 0092492 del 18 ottobre 2016, concernente la distribuzione degli strumenti finanziari tramite una sede di negoziazione multilaterale. Con tale comunicazione, la CONSOB ha richiamato l’attenzione degli intermediari sull’adozione di sistemi e misure operative idonei a garantire che la distribuzione di strumenti finanziari a clienti al dettaglio soddisfi adeguati livelli di trasparenza ed efficienza, anche al fine di mitigare i rischi di comportamenti non in linea con il miglior interesse della clientela.

La CONSOB raccomanda, in particolare, (i) che i prodotti finanziari destinati alla distribuzione a clientela al dettaglio siano ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato o MTF (Multilateral Trading Facility); (ii) che sia data disclosure delle diverse componenti del prezzo di offerta dei prodotti finanziari; (iii) che ove i destinatari della raccomandazione si orientino in senso difforme dalle raccomandazioni CONSOB e, dunque, i prodotti finanziari da distribuire alla clientela al dettaglio non siano ammessi alla negoziazione su un mercato regolamento o MTF – gli stessi informino l’Autorità dei presidi adottati per garantire la liquidità o liquidabilità degli investimenti della clientela. ‎ E’ evidente che l’obiettivo di tale raccomandazione è rafforzare la tutela della clientela al dettaglio soprattutto laddove si tratti di prodotti finanziari offerti direttamente dallo stesso intermediario emittente (self-placement) – circostanza quest’ultima che potrebbe alterare il perseguimento del miglior interesse della clientela, unitamente agli obblighi derivanti dalle nuove previsioni in tema di capitale regolamentare (bail-in) che potrebbero influire sulla capacità degli emittenti/intermediari di garantire la liquidità di certi prodotti finanziari attraverso impegni al riacquisto (buy-back).

Gli stessi principi di tutela del cliente al dettaglio sono alla base della comunicazione CONSOB no. 0096857 del 29 ottobre 2016 contenente la “Raccomandazione recante linee guida in materia di inserimento e redazione delle “Avvertenze per l’Investitore” dei prospetti di offerta al pubblico e/o ammissione alle negoziazioni di strumenti finanziari” ed il documento di consultazione CONSOB del 9 maggio 2016 relativo ai “Principi guida sulle informazioni-chiave da fornire ai clienti al dettaglio nella distribuzione di prodotti finanziari”.

La prima comunicazione ha l’obiettivo di puntualizzare la funzione informativa delle “Avvertenze per l’Investitore” che, pur non essendo previste nella regolamentazione vigente in materia di Prospetto, servono ad evidenziare con immediatezza e chiarezza i profili di rischio relativi ad un investimento. Peraltro, la comunicazione si applica ai prospetti approvati dalla CONSOB, mentre resterebbero esclusi i prospetti approvati dalle autorità di vigilanza di altri Stati membri dell’Unione Europea e soggetti a procedura di riconoscimento ai fini dell’offerta in Italia. Per garantire lo stesso livello di informazione agli investitori, sarebbe auspicabile, al riguardo, un intervento uniforme in ambito europeo da parte delle Autorità di Vigilanza.

La bozza di comunicazione contenente raccomandazioni sulle informazioni-chiave da fornire ai clienti al dettaglio nella distribuzione di prodotti finanziari, anche sulla scia del Regolamento (UE) no. 1286/2014 (c.d. regolamento Prips), ha l’obiettivo, invece, di fornire indicazioni dell’Autorità per una rappresentazione più efficace delle informazioni chiave (c.d. KIID) relative ai prodotti finanziari. Ove approvata, la stessa costituirà un altro potenziale rimedio per mitigare il gap informativo tra emittenti/distributori e clienti.

Ancora una volta, la CONSOB si è mossa nel senso di promuovere l’educazione di emittenti ed intermediari per innalzare il livello di tutela degli investitori.



[1] Direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004 e Direttiva 2006/73/CE della Commissione del 10 agosto 2006.

[2] Si vedano, tra gli altri, il Documento di consultazione CP 2014/549, il Documento di discussione DP 2014/548, il Report Finale 2014/1569 ed il Documento di consultazione 2014/1570.

[3] Si vedano gli articoli da 39 a 42 del Regolamento adottato dalla CONSOB con delibera No. 16190 del 29 ottobre 2007.

[4] La CONSOB ha poi chiarito nell’ambito dei Q&A pubblicati il 23 giugno 2015, i) l’ambito di applicazione della Comunicazione citata nel testo; ii) i presidi raccomandati; iii) la lista dei prodotti connotati da un “elevato livello di complessità”; e iv) gli adempimenti degli intermediari.

[5] ESMA opinion su “MiFID practices for firms selling complex products” pubblicata il 7 febbraio 2014 e “Good practices for product governance arrangements” pubblicata il 27 marzo 2014.

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