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Approfondimenti

La nuova Convenzione contro le doppie imposizioni Emirati Arabi Uniti-Arabia Saudita e profili d’interesse in prospettiva italiana

20 Maggio 2019

Pietro Paolo Rampino, Vice Presidente, Joint Italian Arab Chamber of Commerce (JIACC); Roberto Scalia, Presidente Commissione fiscalità JIACC, Professore a contratto di diritto tributario, Università di Bergamo

Di cosa si parla in questo articolo

1. Introduzione – 2. I sistemi fiscali interni dei due Stati – 3. Il contesto giuridico “regionale”: il GCC – 4. Ruolo dei documenti enucleati in sede OCSE nella interpretazione della Convenzione – 5. Entrata in vigore e interpretazione – 6. Ambito soggettivo e oggettivo – 7. Reddito d’impresa e stabile organizzazione – 8. Tassazione dei redditi e plusvalenze su beni immobili – 9. Dividendi, interessi, canoni e capital gains – 10. Redditi diversi – 11. Eliminazione della doppia imposizione

 

1. Introduzione

Per circa mezzo secolo, dalla data della fondazione dei sei Stati del Golfo sino a qualche anno addietro, il tema della fiscalità nella regione del Golfo è stato trascurato dai più.

La circostanza che le ricche finanze di questi Stati si siano potuto adagiare, per lungo tempo, sulle abbondanti risorse naturali ha comportato una, pressoché generalizzata, sottovalutazione del tema. Atteggiamento, questo, censurato a più riprese, nell’ultimo decennio, da parte del Fondo Monetario Internazionale (FMI).

Proprio il FMI ha svolto un ruolo propulsivo determinante nella introduzione della VAT nel GCC[1] (ad oggi nei soli Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Bahrain) la cui applicazione in scenari “intracomunitari”[2] impone un sistema di scambio d’informazioni, al momento in fase di completamento, che sia efficace anche e soprattutto dal punto di vista tecnico.

In questa prospettiva appare evidente quale sia stata la motivazione principale che ha portato al compimento di un importantissimo passo in avanti, a metà 2018, con la stipula della prima Convenzione contro le doppie imposizioni fra due Stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo, gli UAE e il KSA. Questi due Stati sono quelli che, verosimilmente, implementeranno per primi la disciplina delle operazioni VAT intracomunitarie[3] che si applicherà, in una prima fase, solo negli scenari bilaterali KSA-UAE.

L’Italia ha stipulato con entrambi gli Stati una Convenzione contro le doppie imposizioni[4] ed è interessante verificare, da una comparazione delle disposizioni convenzionali dei tre trattati, quali situazioni siano disciplinate in maniera conforme e quali, invece, siano trattate in maniera diseguale.

2. I sistemi fiscali interni dei due Stati

Sebbene, dal punto di vista normativo le leggi d’imposta relative alla imposizione sui redditi manifestino delle evidenti similitudini, il sistema fiscale dei due Stati differisce per struttura e modalità organizzative delle rispettive amministrazioni finanziarie.

Questa circostanza ha un impatto determinante sulla stessa applicazione delle imposte dacché l’assenza di una Amministrazione Finanziaria federale negli UAE (che, si ricorda, è uno Stato federale) ha portato ad un sistema nel quale vigono delle imposte sui redditi a livello statale ma sono, di fatto, inattuate (ad eccezioni di quelle vigenti nel settore energetico e bancario).

Diversa la situazione in Arabia Saudita dove l’imposizione sui redditi delle imprese trova concreta applicazione anche di fuori dei settori bancario ed energetico[5].

Proprio il settore energetico – in linea peraltro con la treaty policy dei due Stati – viene escluso dall’applicazione del trattato che attribuisce la tassazione dei redditi derivanti dalla esplorazione ed estrazione delle risorse naturali al solo Stato nel quale dette risorse hanno la loro fonte[6].

Una peculiarità di questo trattato, a differenza di altre Convenzioni stipulate dai due Stati è data dal ruolo della Sharia che ne condiziona l’architrave costituzionale e, a cascata, il sistema normativo e quello fiscale. Coerentemente, l’ambito applicativo della Convenzione viene esteso anche alla Zakat, prelievo della cui natura tributaria si può dubitare ma che, nel sistema di finanza pubblica dei due Stati (e, in particolar modo di quello saudita), rappresenta un pilastro.

3. Il contesto giuridico “regionale”: il GCC

Al fine di poter affrontare compiutamente l’analisi della Convenzione contro le doppie imposizioni fra USE e KSA (da qui in avanti la “Convenzione Arabia Saudita-EAU”) è opportuno illustrare il contesto giuridico nel quale detta Convenzione si innesta.

EAU e Arabia Saudita fanno parte, insieme a Bahrain, Kuwait, Oman e Qatar, del Cooperation Council for the Arab States of the Gulf (GCC), una organizzazione di carattere regionale che si ispira, in larga parte, alla Unione Europea.

Sono, infatti garantiti dalla Carta istitutiva del GCC (del 1981) alcuni principi fondamentali, sui quali si basa l’Economic Agreement (del 2001) che consolida i principi di non-discriminazione, la clausola della nazione più favorita e le libertà di stabilimento, circolazione delle merci, delle persone, di stabilimento e di prestazione dei servizi[7].

A nostri fini è opportuno soffermarsi sull’art. 3, par. 1, n. 8 dell’Economic Agreement, che si occupa delle ‘economic activities’, prevede una norma in tema di ‘tax treatment’ che, chiaramente, non rappresenta una “attività” e, come è stato osservato in altra sede, tale disposizione deve essere interpretata nel senso che all’interno del GCC, debba essere assicurato il medesimo trattamento, senza differenziazione o discriminazione, anche in ambito fiscale[8].

4. Ruolo dei documenti enucleati in sede OCSE nella interpretazione della Convenzione

Arabia Saudita ed EAU non sono stati membri dell’OCSE e il treaty network di entrambi gli Stati si conforma, per alcuni temi del tutto al Modello UN.

Ciononostante, è opportuno segnalare che gli EAU hanno apposto alcune riserve al Commentario al Modello OCSE, riserve che trovano espressione anche nel trattato in esame.

Entrambi gli Stati, peraltro, hanno siglato ilMultilateral Instrument (“MLI”) dell’OCSE[9] e, circostanza di assoluto rilievo ai fini interpretativi, il deposito degli strumenti di ratifica, segue di qualche mese la stipula della Convenzione[10].

Ciononostante, è opportuno segnalare che il MLI non si applica alla Convenzione in esame dal momento che gli UAE (che hanno firmato il MLI appena un mese prima della stipula della Convenzione in esame) non hanno incluso il trattato stipulato con l’Arabia Saudita fra i “covered tax agreements”.

Si può, quindi, immaginare che in futuro, il MLI potrà essere impiegato al fine di poter ritrarre una volontà dei due Stati contraenti emergente dalla inclusione (o, all’opposto, dalla esclusione) di talune fattispecie all’interno della Convenzione.

5. Entrata in vigore e interpretazione

La Convenzione entrerà in vigore il primo giorno del secondo mese successivo a quello dell’ultima notifica della ratifica da parte dei due Stati[11], applicandosi alle ritenute alla fonte effettuate dal (e alle imposte periodiche il cui periodo d’imposta inizi il) primo gennaio dell’anno successivo a quello di entrata in vigore della Convenzione[12].

L’interpretazione della Convenzione deve rispettare i canoni ermeneutici stabiliti pattiziamente, trascurando quelli dettati dalla Convenzione di Vienna del 1969[13]. Al di la delle definizioni contenute nei vari articoli (cfr., in particolare, gli artt. 3, 5, 6, 10, 11 e 12) la Convenzione prevede, in conformità al Modello OCSE che l’interpretazione della Convenzione debba essere effettuata alla luce delle norme tributarie interne interne dello Stato che applica la Convenzione, a meno che il contesto non richieda una diversa interpretazione[14].

Dal punto di vista del rapporto fra disciplina antielusiva interna e applicazione del trattato – essendo il trattato preordinato a eliminare la doppia imposizione ma anche la doppia non-imposizione[15] – il trattato non pregiudica l’applicazione delle norme antielusive interne dei due Stati[16], così come, peraltro, è previsto anche negli scenari bilaterali che interessano l’Italia e ciascuno dei due Stati[17]. I due Stati contraenti hanno anche previsto che qualora uno degli obiettivi principali sia stato quello fruire dei benefici convenzioni in relazione ad un dato elemento di reddito, a meno che la fruizione dei benefici convenzionali non sia coerente con gli obiettivi del trattato[18].

6. Ambito soggettivo e oggettivo

Secondo la formula impiegata nel Modello OCSE, la Convenzione si applica alle “persone” che sono “residenti” di uno o di entrambi gli Stati contraenti[19].

Nella definizione di “persona” (شخص) rientrano sia le persone fisiche che le società (شركة)[20], nozione quest’ultima che ricomprende le persone che abbiano personalità giuridica e qualsiasi altro ente che sia trattato come una persona ai fini delle imposte sui redditi[21]. Questa disposizione consente di includere nell’ambito di applicazione del trattato anche le società di persone che godono di personalità giuridica secondo il diritto di entrambi gli Stati e sono assoggettati ad imposta come enti dotati di autonoma soggettività ai fini fiscali. Tale impostazione consente di delineare un quadro, a primo acchito, omogeneo e armonico nella interpretazione delle fattispecie triangolari, posto che anche il trattato Arabia Saudita-Italia include nella definizione di “persona” le società di persone[22].

Sono considerati “residenti di uno Stato contraente” (مقيم في دولة متعاقدة) le persone che siano assoggettate ad imposta in detto Stato in ragione del domicilio, residenza, luogo di costituzione e ogni altro criterio di natura analoga[23] nonché gli enti, come i fondi sovrani, che sono generalmente esentati o esclusi da tassazione per scopi religiosi, caritatevoli, educativi o scientifici ovvero con finalità previdenziali[24]. I conflitti di doppia residenza sono risolti, tanto per le persone fisiche quanto per le società ed enti in conformità alle regole previste dal Modello OCSE.

Con la finalità di non scoraggiare gli investimenti effettuati attraverso le banche centrali e società a partecipazione governativa totalitaria, la Convenzione dispone che tali investimenti siano esentati da tassazione nello Stato dove viene effettuato l’investimento. Pari esenzione si applica sulle plusvalenze derivanti dalla cessione o disposizione di questi investimenti[25].

La Convenzione si applica alle imposte sul redito e sul patrimonio includendo quelle che saranno istituite anche dopo la convenzione[26] e elencando, fra quelle attualmente vigenti, in particolare, dal lato saudita, la Zakat (الزكاة) e la imposta sui redditi (ضريبةالدخل) mentre per quanto riguarda la normativa emiratina, le sole imposte sui redditi.

La Zakat è contemplata anche all’interno della Convenzione Arabia Saudita-Italia[27].

7. Reddito d’impresa e stabile organizzazione

La nozione di reddito d’impresa, a differenza di quanto previsto tanto nei Modelli di Convenzione UN e OCSE e nei trattati stipulati con l’Italia, è definito all’interno della Convenzione.

L’allocazione della potestà impositiva in relazione ai redditi d’impresa si basa sulla sistematica del Modello UN, prevedendo la tassazione di detti redditi esclusivamente nello Stato di residenza dell’impresa a meno che detta impresa non svolga la propria attività nell’altro Stato contraente, per il tramite di una stabile organizzazione ivi situata[28] e nella misura in cui i redditi possano essere attribuiti (i) alla stabile organizzazione ovvero (i) a vendite effettuate nello Stato di beni della stessa natura o di natura simile a quelli ceduti attraverso la stabile organizzazione o (iii) altre attività svolte in detto Stato della stessa natura o di natura similare a quelle svolte dalla stabile organizzazione.

La portata della disposizione è evidentemente più ampia di quella adottata in ambito OCSE[29] e contemplata nei trattati stipulati di questi due Stati con l’Italia ove la tassazione nello Stato della fonte è limitata ai soli redditi attribuibili alla stabile organizzazione[30].

La definizione di stabile organizzazione (المنشأة الدائمة) si conforma a quella del Modello OCSE e, in alcune parti, al Modello UN, secondo la prassi convenzionale di entrambi gli Stati contraenti.

La nozione di stabile organizzazione include anche (i) i cantieri[31], laddove la durata ecceda i sei mesi[32] e (ii) la prestazione di servizi, anche di consulenza, svolta da personale dipendente o altro personale appositamente destinato a realizzare quel progetto, per la stessa impresa od altra associata, laddove tale progetto si prolunghi per un lasso di tempo che ecceda i 183 giorni all’interno di un arco temporale di 12 mesi che inizino o finiscano all’interno dell’anno solare[33].

Tale formulazione, conforme alla prassi UN, è presente nel trattato stipulato fra Italia e Arabia Saudita[34], non anche in quello Italia-EAU nel quale è stata adottata una clausola conforme al Modello OCSE, con durata del cantiere limitata, tuttavia, a nove mesi[35].

La lista di fattispecie escluse, di natura preparatoria o ausiliaria, dalla nozione di stabile organizzazione è conforme al Modello OCSE e la Convenzione prevede anche una anti-fragmentation rule conforme a quella contenuta nel Modello OCSE vigente. L’esclusione non opera, in particolare, nel caso in cui la stessa o altra impresa correlata svolga la propria attività nella “sede di affari” ovvero, in quello Stato contraente quella sede rappresenti una stabile organizzazione dell’impresa o altra associata o l’aggregazione o combinazione delle attività svolte per lo stesso progetto o progetti correlati non abbia natura preparatoria od ausiliaria.

Anche la clausola della stabile organizzazione “da agente” echeggia le recenti modifiche intervenute in sede OCSE. In particolare, si configura in ogni caso la presenza di una stabile organizzazione, nel caso di un agente indipendente, qualora il contratto stipulato dall’agente che goda del potere di concludere contratti a noma dell’impresa (o normalmente svolga un ruolo centrale nella conclusione dei contratti) e questi contratti vengano recepiti senza sostanziali modifiche da parte del preponente estero nel cui nome il contratto sia concluso o, pur non avendo questi poteri, detenga nel primo Stato un magazzino di beni dal quale normalmente i beni siano importati da parte per conto del preponente estero[36].

8. Tassazione dei redditi e plusvalenze su beni immobili

La Convenzione in esame, così come del resto quelle che i due Stati hanno stipulato con l’Italia, disciplina la tassazione dei redditi derivanti da beni immobili in senso conforme a quanto prevede il Modello OCSE (nella versione post 1997, ovvero limitando la portata della regola allocativa ai soli scenari bilaterali), disponendo che la potestà impositiva dello Stato del situs non è limitata dal trattato[37].

Regola che trova applicazione anche nel caso dei redditi derivanti da beni immobili delle imprese[38] e nel caso di plusvalenze sui beni immobili[39]. Interessante notare che le due Convenzioni stipulate dall’Italia con i due Stati arabi, sebbene improntate ad un bilateral reach nell’articolo 6, abbiano portata non limitata agli scenari bilaterali, nel caso dell’art. 13, in relazione alle plusvalenze immobiliari.

Analizzando la Convenzione fra i due Stati arabi alla luce di quelle stipulate dagli stessi due Stati con l’Italia, si può notare che quella Arabia Saudita-Italia preveda anche una regola ad hoc sulle c.d. società immobiliari (quelle il cui valore derivi, direttamente o indirettamente, principalmente da proprietà immobiliari), disponendo che su tali plusvalenze la potestà impositiva del lo Stato del situs non sia limitata.

9. Dividendi, interessi, canoni e capital gains

Dal punto di vista definitorio, è noto che taluni Stati arabi, per prassi convenzionale, non inseriscano nei trattati l’espressione “interessi”, per non evocare il concetto di riba, vietato dalla legge coranica.

La Convenzione fa riferimento ai “redditi derivanti da crediti” (income from debt claims), in senso conforme a quanto previsto anche nel trattato stipulato dall’Italia con l’Arabia Saudita[40] e la definizione di “dividendo” è conforme a quella prevista nel Modello OCSE[41].

Le norme relative alla tassazione di dividendi e canoni prevedono che lo Stato della fonte possa effettuare delle limitate ritenute convenzionali sui pagamenti in uscita, mentre quelle relative alla tassazione degli interessi riconoscono l’esclusiva potestà impositiva dello Stato di residenza del percettore.

Le limitate ritenute convenzionali previste nei tre trattati sono sintetizzate nella tabella in calce.

 

Trattato

 

Dividendi

 

 

Interessi

 

Canoni

 

Conv. AS-UAE

 

 

5%

 

 

 

10%

 

Conv. AS-Italia

 

 

5% o 10%

 

5%

 

10%

 

Conv. Italia-EAU

 

 

5% o 15%

 

 

10%

 

La regola allocativa relativa alle plusvalenze – ad accezione delle plusvalenza relative e bani immobili, sulle quali cfr supra al par. 6 – è diversa a seconda dell’asset ceduto.

Le plusvalenza relative alla cessione di proprietà mobiliari relative ad una stabile organizzazione situata nell’altro Stato contraente sono tassabili, così come prevede il Modello OCSE, nell’altro Stato contraente[42].

Qualora si tratti di plusvalenze su partecipazioni in società non quotate residenti nell’altro Stato contraente, detto Stato potrà esercitare la propria potestà impositiva senza limitazioni[43] analogamente a quanto previsto nella Convenzione fra Arabia Saudita e Italia[44]. In tutti gli altri casi, ovvero di plusvalenze su partecipazioni in società quotate e su qualsiasi altroasset, l’art. 13(5) della Convenzione stabilisce la potestà impositiva esclusiva dello Stato di residenza[45].

10. Redditi diversi

La disciplina dei redditi diversi della Convenzione in annotazione è conforme a quella prevista dalle due Convenzioni stipulate dall’Italia.

In particolare, la Convenzione Arabia Saudita/EAU prevede una regola residuale conforme al Modello OCSE e UN, disponendo che i redditi diversi da quelli considerati nei precedenti articoli della Convenzione, siano tassabili esclusivamente nello Stato di residenza del percettore[46].

La potestà impositiva dello Stato della fonte non subisce limitazioni nel caso in cui il soggetto che invoca l’applicazione della Convenzione che ritrae un reddito (diverso da un reddito da bene immobile come definito all’art. 6) svolga nell’altro Stato contraente una attività per il tramite di una stabile organizzazione e l’asset al quale è collegato detto reddito sia effettivamente connesso con detta stabile organizzazione.

11. Eliminazione della doppia imposizione

L’eliminazione della doppia imposizione è prevista mediante la detrazione delle imposte assolte all’estero dalle imposte dovute nello Stato di residenza nei limiti dell’imposta dovuta nello Stato di residenza[47].

Una disposizione ad hoc è prevista per la Zakat prevedendo che le regole preposte alla eliminazione della doppia imposizione non possano incidere sul meccanismo di riscossione della Zakat[48].

Il tema della eliminazione della doppia imposizione in scenari triangolari, impone il confronto anche con le Convenzioni stipulate dall’Italia. Mentre la Convenzione stipulata con gli EAU prevede l’accreditamento delle imposte estere, senza alcun meccanismo volto ad incentivare (o non disincentivare) gli investimenti “in entrata” negli EAU, la Convenzione con l’Arabia Saudita prevede che laddove l’imposta sui redditi d’impresa sia esentata o ridotta per un periodo di tempo limitato in conformità con le leggi d’incentivo degli investimenti, tale imposta esentata o ridotta si considererà assolta ai fini della Convenzione.[49] Bene precisare che questa clausola, senz’altro favorevole per le imprese italiane operanti in Arabia Saudita, ha, tuttavia, una durata limitata ai primi 10 anni di vigenza della Convenzione ed è, quindi destinata ad operare sino al 2020.



[1] La VAT rappresenta il primo tributo con matrice sovranazionale, trattandosi di tributo definito e la cui introduzione, a livello nazionale, è stata concordata a livello pattizio con un trattato internazionale (il “trattato sulla VAT”) con l’obiettivo di sviluppare gli obiettivi del GCC. Tributo, poi, recepito da ciascun singolo Stato membro con una propria legge che deve, tuttavia, rispettare i principi e le regole base poste del trattato sulla VAT.

[2] Sui quali si cfr. H. R. Hull, R. Scalia, GCC VAT – International Goods, in International VAT Monitor, 2018, p. 50 e ss. e H. R. Hull, R. Scalia, GCC VAT – International Services, in International VAT Monitor, 2018, p. 90 e ss.

[3] È utile osservare che la disciplina delle operazioni intracomunitarie è stata sterilizzata, nella fase di prima implementazione della VAT, mediante una disciplina transitoria (tema sul quale sia consentito rinviare a R. Scalia, VAT in the United Arab Emirates, Saudi Arabia and Bahrain – Transitional Rules, in International VAT Monitor, 2019, p. 22 e ss.) che si applica secondo termini e modalità differenti a seconda del singolo Stato membro, ma con il tratto comune di prevedere l’avvio del sistema delle operazioni intracomunitarie in concomitanza con l’implementazione del sistema di scambio d’informazioni previsto dal Trattato GCC sulla VAT.

[4] A distanza di circa venti anni l’una dall’altra.

[5] Oggetto di recenti modifiche, sulle quali cfr. R. Scalia, S. Alsultan, Arabia Saudita: modifiche all’imposizione sui redditi nel settore del gas naturale, in Diritto Bancario (rivista on-line), 9.7.2018.

[6] Art. 29(1), Convenzione Arabia Saudita-EAU, in senso conforme alla Position on Article 5, par. 3 Commentario al Modello OCSE (2017), par. 14.5 espressa dagli EAU. Nello scenario bilaterale Italia-EAU, cfr. Protocollo i..

[7] Su questi aspetti si veda R. Scalia, A Tax Law Perspective of the ‘Cooperation Council for the Arab States of the Gulf’ (the ‘GCC’), in Intertax, 2007, pp. 68-77.

[8] R. Scalia, A Tax Law cit., p. 75.

[9] Il KSA in data 18.9.2018 e gli UAE in data 27.6.2018.

[10] Siglata a Jeddah (KSA), in data 23.5.2018 (7.9.1439 H).

[11] Art. 30(1), Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[12] Art. 30(2)(a) e (b), Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[13] Solo l’Arabia Saudita ha aderito alla Convenzione, nel 2013 ma, ad oggi, non l’ha ancora ratificata. Resta fermo che i principi generali incorporati nella Convenzione di Vienna hanno portata non limitata agli Stati firmatari della Convenzione.

[14] Art. 3(2), Convenzione Arabia Saudita-EAU in senso conforme alla Convenzione Arabia Saudita-Italia (art. 3, par. 2) ma non a quella Italia-EAU.

[15] Cfr. Preambolo alla Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[16] Art. 29(2), Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[17] Cfr. Protocollo 15 alla Convenzione Arabia Saudita-Italia.

[18] Art. 29(3), Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[19] Art. 1 Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[20] Art. 3(1)(d) Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[21] Art. 3(1)(e) Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[22] Si cfr. il Protocollo 2. Alla Convenzione Arabia Saudita-Italia.

[23] Art. 4(1)(a) Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[24] Art. 4(1)(b) Convenzione Arabia Saudita-EAU. Disposizione sostanzialmente conforme a quella prevista nel Protocollo 3, alla Convenzione Arabia Saudita-Italia e

[25] Art. 27 Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[26] Art. 2(4) Convenzione Arabia Saudita-EAU con formula di chiusura conforme a quella del Modello OCSE.

[27] Art. 2(3)(b) Convenzione Arabia Saudita-Italia.

[28] Art. 7(1) Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[29] Il par. 6 del Commentario all’art. 7, par. 1 del Modello UN (2017) conferma che “[c]lauses (b) and (c) mean that the United Nations Model Convention amplifies the corresponding Article in the OECD Model Convention by including a limited force of attraction rule. This allows the country in which the permanent establishment is located to tax not only the profits attributable to that permanent establishment but other profits of the enterprise derived in that country to the extent allowed under the Article”.

[30] Si vedano gli artt. 7(1) della Convenzione Italia-EAU e l’art. 7(1) della Convenzione Arabia Saudita-Italia.

[31] Facendovi rientrare anche I lavori di “supervisione”.

[32] Art. 5(3)(a) Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[33] Art. 5(3)(b) Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[34] Art. 5(2)(g) e (h) Convenzione Arabia Saudita-Italia.

[35] Articolo 5(2)(g) Convenzione Italia-EAU.

[36] Art. 5(6)(a) e (b) Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[37] Cfr. Art. 6(1) Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[38] Cfr. Art. 6(4) Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[39] Cfr. Art. 13(1) Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[40] Cfr. Art. 11 Convenzione Arabia Saudita-EAU a differenze dell’art. 11 Convenzione Italia-EAU.

[41] Sia consentito il rinvio a R. Scalia, Dividendi, interessi e canoni, in C. Sacchetto (a cura di), Principi di diritto tributario europeo e internazionale, Torino, 2016, pp. 248-251.

[42] Art. 13(2) Convenzione Arabia Saudita-Italia.

[43] Art. 13(4) Convenzione Arabia Saudita-Italia.

[44] Art. 13(5) Convenzione Arabia Saudita-Italia che si applica in relazione a tutte le partecipazioni (in società quotate e non quotate) nel caso in cui, in ogni caso, la partecipazione sia almeno pari al 25% del capitale sociale. La convenzione Italia-EAU, al contrario, non prevede tale disposizione.

[45] Art. 13(4) e (5) Convenzione Arabia Saudita-Italia.

[46] Art. 22(1) Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[47] Art. 24 Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[48] Art. 24(2) Convenzione Arabia Saudita-EAU.

[49] Art. 24(4) Convenzione Arabia Saudita-Italia.

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