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Approfondimenti

La disciplina di trasparenza delle dilazioni di pagamento con i consumatori

14 Novembre 2022

Paolo Pompei, Consulenza Legale, Banco BPM

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza la disciplina della “Trasparenza” applicabile alle “dilazioni di pagamento”, come sancita nel Titolo VI, del Testo unico bancario, nell’ambito della disciplina del Credito ai Consumatori e del Credito Immobiliare ai Consumatori, mettendone in luce la farraginosità e l’inadeguatezza; una questione poco approfondita da Dottrina e Giurisprudenza.


1. Premessa

Come noto, nel Titolo VI del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (D.Lgs. n. 385/1993, di seguito il TUB), coesistono varie Discipline di Trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti[1], che – di volta in volta – si rendono specificamente applicabili alle operazioni creditizie con i Consumatori; tra queste Discipline ne vengono qui in rilievo due:

  1. quella – di tipo più generale – dedicata al Credito ai Consumatori, contenuta nel Capo II del Titolo VI, articoli da 121 a 126, integralmente modificata dal D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141, in attuazione della Direttiva 2008/48/CE, qui di seguito per brevità indicata come Disciplina CCD[2];
  2. quella – di tipo più specifico – dedicata al Credito Immobiliare ai Consumatori, contenuta nel Capo I-bis del medesimo Titolo VI, articoli da 120-quinquies a 120-noviedecies, introdotta ex novo dal D.Lgs. 21 aprile 2016, n. 72, in attuazione della Direttiva 2014/17/UE, qui di seguito per brevità indicata come Disciplina MCD[3].

Per le specificità delle due Discipline sono tuttavia verificabili degli ambiti di operatività nei quali, pur agendo il Cliente in qualità di Consumatore, l’operazione creditizia potrebbe non rientrare nell’ambito applicativo né dell’una, né dell’altra, restando pertanto soggetta alle regole generali stabilite nel Capo I del Titolo VI, del TUB, articoli da 115 a 120-quater, del Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005), e del codice civile[4].

Ciò posto, di cui si dirà meglio in seguito, è da porre subito in evidenza che, in entrambe le Discipline CCD e MCD, viene enunciata una definizione (artt. 120-quinquies, comma 1, lett. c, e 121, comma 1, lett. c), molto ampia della categoria dei Contratti di Credito cui le rispettive Discipline si rendono applicabili, definizione che include – in entrambe le Discipline – anche le Dilazioni di Pagamento accordate ai Consumatori, considerate quindi a tutti gli effetti Contratti di Credito.

E’ quindi possibile affermare che nell’ambito delle rispettive Discipline CCD e MCD, tutte le Dilazioni di Pagamento – con l’eccezione di alcune tipologie di cui si dirà – sono soggette alle medesime regole cui sono soggetti i Contratti di Credito “in senso stretto”, ossia quelli di finanziamento vero e proprio.

Di seguito vengono esposte alcune considerazioni critiche sulla vigente Disciplina di Trasparenza delle Dilazioni di Pagamento che sembra, a chi scrive, inutilmente farraginosa e complessa, al punto tale da rendere persino difficile comprendere, di volta in volta, quale sia quella correttamente applicabile.

2. Precisazione sul significato di “dilazione

Preliminarmente si ritiene di dover evidenziare che il termine “dilazione non sembra propriamente giuridico; nel codice civile si trova utilizzato in poche norme, tra queste si ricordano l’art. 1244, in tema di “compensazione”, dove si stabilisce che “La dilazione concessa gratuitamente dal creditore non è di ostacolo alla compensazione”; si ricordano altresì gli artt. 1519 (vendita), 1732 (contratto di commissione), 1742 (contratto di agenzia), con riferimento espresso alle “dilazioni del pagamento del prezzo” e pochi altri articoli del codice, nel significato di differimento, o spostamento in avanti di un termine precedentemente fissato per l’effettuazione di una qualche attività.

Nel linguaggio comune “dilazione” assume in effetti il significato di spostamento in avanti del termine per l’esecuzione di qualcosa, di metodo di pagamento differito, o a rate, quindi di differimento, moratoria, sospensione, proroga, rinvio, ma anche di rinegoziazione, rimodulazione, “piano di rientro”, senza che sia possibile, almeno così sembra, individuare un preciso significato, che sia proprio e distintivo, di ognuno di questi termini, che cadono quindi spesso in sinonimia, essendo utilizzati indifferentemente l’uno dall’altro; si vuole così evidenziare che, sebbene nelle Discipline CCD e MCD la Dilazione di Pagamento sia parificata ai Contratti di Credito, il termine “dilazione” non assurge a nomen juris, ossia resta privo di una ben precisa qualificazione giuridica, con tratti distintivi specifici[5].

Su un piano puramente lessicale, nell’ambito della Disciplina CCD, non giova neppure il fatto che il Legislatore abbia utilizzato il termine “dilazione” sia in relazione alle Dilazioni di Pagamento di cui ci si occupa, sia in relazione alla “dilazione del prezzo di vendita di beni o servizi”, menzionata all’art. 122, comma 5, dove si trova precisato che: “I venditori di beni e servizi possono concludere contratti di credito nella sola forma della dilazione del prezzo con esclusione del pagamento degli interessi e di altri oneri ”, ossia in relazione a quella che potrebbe essere più comunemente definita “vendita a rate”.

Nella previgente disciplina intitolata Credito al Consumo, come introdotta dall’art. 18, e ss., della legge 19 febbraio 1992, n. 142, in recepimento delle direttive 87/102/CEE e 90/88/CEE e, di lì a poco, integralmente trasfusa nel TUB, era stato stabilito che: “ […] si definisce credito al consumo la concessione nell’esercizio di una attività commerciale o professionale di credito sotto forma di dilazione di pagamento o di prestito o di analoga facilitazione finanziaria (finanziamento) a favore di una persona fisica (consumatore) […][6]; tuttavia, come evidenziato da autorevole Dottrina[7], la detta disciplina del Credito al Consumo, laddove utilizzava la definizione di “dilazione di pagamento”, faceva riferimento – si direbbe: esclusivamente – alla vendita a rate di beni di consumo.

Ciò di cui qui ci si occupa sono però le previsioni di cui all’art. 122, comma 1, lett. i) e comma 4, i quali precisano che:

  • le “dilazioni di pagamento di un debito preesistente concesse gratuitamente dal finanziatore” non sono soggette alla CCD (art. 122 comma 1, lett. i);
  • le Dilazioni di Pagamento e le “altre modalità agevolate di rimborso di un debito preesistente, concordate tra le parti a seguito di un inadempimento del consumatore” sono soggette soltanto parzialmente alla CCD (art. 122 comma 4).

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la decisione 8 dicembre 2016, n. 127 “Inkasso GmbH”, ha confermato che: “30 Occorre rilevare che la nozione di «contratto di credito», definita da detta disposizione, è particolarmente ampia e comprende accordi, quale quello contestato nel procedimento principale, che prevedono la rateizzazione dei rimborsi di un debito esistente”.

Si assume quindi, come premessa di metodo, che – nello specifico ambito che qui ci occupa – l’espressione Dilazione di Pagamento (di seguito, per brevità, anche soltanto Dilazione) possa indicare un qualunque accordo o contratto – evidentemente “atipico” – mediante il quale la Banca concede al debitore-Consumatore di usufruire di “modalità agevolate di rimborso di un debito preesistente”, mediante la concessione di un periodo di rimborso più lungo[8].

3. Normativa di riferimento

Oltre alle due Direttive Europee summenzionate, CCD e MCD, nella specifica materia vengono in rilievo le seguenti normative:

  • Decreto Legislativo 1° settembre 1993, n. 385, “Testo unico delle Leggi in materia bancaria e creditizia” (TUB): artt. 120-quinquies, comma 1, lettera c); 120-sexies, comma 1, lettera g); 121, comma 1, lettera c); 122, comma 1, lettera i); comma 4 e comma 5; 124, comma 7, lettera c);
  • Decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze 3 febbraio 2011, n. 117, “Determinazioni in materia di credito ai consumatori” (il DM 117/2011), art. 2, comma 3, e art. 5, comma 3;
  • Provvedimento della Banca d’Italia del 29 luglio 2009 in materia di “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti” (di seguito, la Trasparenza), con particolare riferimento alle Sezioni VI-bis e VII.

Si rimanda anche alla consultazione dei seguenti documenti:

  • Comunicazione della Banca d’Italia relativa al Provvedimento del 29 luglio 2009, “Domande frequenti sul Provvedimento del 29 luglio 2009 e successive integrazioni” (di seguito, le FAQ sulla Trasparenza), con particolare riferimento ai Parr. 10.1.12 – 10.1.15;
  • Comunicazione del’Associazione Bancaria Italiana del 3 agosto 2017, Prot. 1642, “Approfondimenti in tema di corretta applicazione della disciplina sul credito immobiliare ai consumatori”, con allegate “FAQ sul Capo I-bis, Titolo VI, del TUB in materia di credito immobiliare ai consumatori”, con particolare riferimento ai quesiti n. 3 e n. 4; con la precisazione che esse rappresentano una sintesi elaborata dall’ABI degli orientamenti emersi nel corso di interlocuzioni con il MEF (di seguito, le FAQ ABI-MEF).

4. Considerazioni

Entrando ora più nel dettaglio della complessa normativa di riferimento – risultante dalla lettura combinata delle due Discipline MCD e CCD, dal DM 117/ 2011, dalla Trasparenza – nonché dalla prassi interpretativa menzionata (FAQ sulla Trasparenza e FAQ ABI-MEF) – allo scopo di rendere maggiormente chiaro, per quanto possibile, il rapporto intercorrente tra le due Discipline si evidenzia in estrema sintesi quanto segue:

  • la Disciplina CCD risulta applicabile a tutti i Contratti di Credito con i quali: “[…] un finanziatore concede o si impegna a concedere a un consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra facilitazione finanziaria” (art. 121, comma 1, lett. c, TUB), ma – ai limitati fini di quel che qui rileva – con le seguenti eccezioni, elencate nell’art. 122, comma 1, TUB:

a) finanziamenti di importo […] superiore a 75.000 euro […];

e) finanziamenti destinati all’acquisto o alla conservazione di un diritto di proprietà su un terreno o su un immobile edificato o progettato;

f) finanziamenti garantiti da ipoteca su beni immobili […];

h) finanziamenti concessi in base a un accordo raggiunto dinanzi all’autorità giudiziaria o a un’altra autorità prevista dalla legge;

i) dilazioni del pagamento di un debito preesistente concesse gratuitamente dal finanziatore […]”.

Queste operazioni NON sono quindi soggette alla Disciplina CCD. Inoltre:

  • la Disciplina MCD risulta applicabile a tutti i Contratti di Credito con i quali: […] un finanziatore concede o si impegna a concedere a un consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra facilitazione finanziaria, quando il credito è garantito da un’ipoteca sul diritto di proprietà o su altro diritto reale avente a oggetto beni immobili residenziali o è finalizzato all’acquisto o alla conservazione del diritto di proprietà su un terreno o su un immobile edificato o progettato” (art. 120-quinquies, comma 1, lett. c, TUB);
  • l’art. 122, comma 1-bis, TUB, (in ambito CCD), specifica inoltre che:

1-bis. In deroga a quanto previsto al comma 1, lettera a), il presente capo si applica ai contratti di credito non garantiti finalizzati alla ristrutturazione di un immobile residenziale, anche se il finanziamento ha un importo superiore a 75.000 euro”; questo comma è stato inserito dal D.Lgs. n. 72/2016, che ha introdotto la Disciplina MCD, e deve essere letto “in coordinamento” con la corrispondente previsione contenuta nell’art. 120-sexies, TUB, la quale stabilisce che le disposizioni in materia di MCD: “[…] si applicano ai contratti di credito, comunque denominati, a eccezione dei seguenti casi: […] h) contratti di credito non garantiti finalizzati alla ristrutturazione di un bene immobile residenziale”; queste due disposizioni stabiliscono quindi che se il finanziamento non è garantito da ipoteca immobiliare, ma è finalizzato alla ristrutturazione di un immobile residenziale, sarà soggetto alla CCD (e non alla MCD), anche se di importo superiore a 75.000 Euro.

In considerazione di quanto sopra, è possibile affermare, in altre parole, che:

  • i Contratti di Credito concessi ad un Consumatore, garantiti da un’ipoteca sul diritto di proprietà o su altro diritto reale avente a oggetto beni immobili residenziali, o – anche se non garantiti da ipoteca – comunque finalizzati all’acquisto o alla conservazione del diritto di proprietà su un terreno o su un immobile edificato o progettato, sono soggetti senza limiti di importo alla Disciplina MCD;
  • i Contratti di Credito concessi ad un Consumatore, non garantiti da un’ipoteca su beni immobili o comunque non destinati all’acquisto o alla conservazione del diritto di proprietà su un terreno o su un immobile edificato o progettato, sono soggetti alla Disciplina CCD se il finanziamento è di importo inferiore a 75.000 Euro;
  • tuttavia, i Contratti di Credito concessi ad un Consumatore, non garantiti, ma finalizzati alla ristrutturazione di un immobile residenziale, sono soggetti alla Disciplina CCD anche se il finanziamento è di importo superiore a 75.000 Euro.

Per le Dilazioni di Pagamento sono inoltre previste regole particolari:

  • in primo luogo, si ritiene che il limite dei 75.000 Euro, al di sopra del quale non si applica la CCD, per come letteralmente formulato, riguardi soltanto i “finanziamenti” in senso stretto (art. 122, comma 1, lett. a), non i Contratti di Credito in genere, quindi non riguarderebbe le Dilazioni di Pagamento, atteso che queste, come si dirà anche di seguito, non si sostanzierebbero in veri e propri “finanziamenti”;
  • l’art. 122, comma 1, lett. i), TUB, esclude dall’ambito applicativo della CCD le: “dilazioni del pagamento di un debito preesistente concesse gratuitamente dal finanziatore”;
  • da notare che l’elemento dirimente che viene qui in rilievo è – letteralmente – quello che la Dilazione di Pagamento sia concessa “gratuitamente”;
  • l’art. 122, comma 4, TUB, stabilisce che: “Alle dilazioni del pagamento e alle altre modalità agevolate di rimborso di un debito preesistente, concordate tra le parti a seguito di un inadempimento del consumatore, non si applicano gli articoli 124, comma 5, 124-bis, 125-ter, 125-quinquies, 125-septies nei casi stabiliti dal CICR”; questa previsione stabilisce quindi l’applicazione di un Regime Semplificato [9] (consistente cioè in una applicazione – o disapplicazione – parziale della CCD), ad alcuni tipi di Dilazione;
  • da notare che l’elemento dirimente che viene qui in rilievo è – letteralmente – quello che la Dilazione di Pagamento sia concordata “a seguito di un inadempimento del consumatore”;
  • il Regime Semplificato deriva direttamente dalla previsione enunciata all’articolo 2, Par. 6, della Direttiva 2008/48/CE[10];
  • in attuazione di tale previsione, l’art. 2, comma 3, del DM 117/2011[11], ha precisato che: “La deroga prevista dall’art. 122, comma 4, del TUB si applica alle dilazioni del pagamento e alle altre modalità agevolate di rimborso di un debito preesistente, concordate tra le parti a seguito di un inadempimento del consumatore, quando ricorrono entrambe le seguenti condizioni:
    • l’accordo tra le parti offre al consumatore maggiori probabilità di evitare procedimenti giudiziari relativi all’inadempimento;
    • le condizioni dell’accordo non sono meno favorevoli per il consumatore rispetto a quelle del contratto di credito iniziale”;
    • da notare che uno degli elementi dirimenti che vengono qui in rilievo è – letteralmente – quello che le condizioni dell’accordo non siano “meno favorevoli” rispetto a quelle del Contratto di Credito iniziale;
    • la Banca d’Italia ha precisato che se il tasso di interesse del contratto iniziale non viene modificato, le condizioni non sono “meno favorevoli” per il Consumatore (FAQ sulla Trasparenza1.13).

Quanto sin qui detto porta a dover affermare che tutti gli altri tipi di Dilazione che si possono realizzare tra la Banca e un Consumatore, in quanto non concesse “gratuitamente”, e/o “non conseguenti ad un inadempimento del Consumatore”, e/o in cui le condizioni dell’accordo (di Dilazione), siano “meno favorevoli” per il Consumatore rispetto a quelle del Contratto di Credito iniziale, debbano essere integralmente soggette alla Disciplina CCD.

In tal senso sembrano deporre alcune considerazioni svolte dalla Banca d’Italia nelle menzionate FAQ sulla Trasparenza.

In questo documento – pubblicato successivamente all’introduzione della CCD, ma precedentemente all’introduzione della MCD – venne infatti inizialmente specificato (al Par. 10.1.5 “Piani di Rientro”), che il Regime Semplificato previsto dall’art. 122, comma 4, del TUB, si sarebbe dovuto applicare anche a: “ i piani di rientro: a) volti al ripianamento dell’esposizione derivante da un mutuo di durata superiore a 5 anni ”, ossia ad operazioni di finanziamento che erano escluse dall’ambito applicativo della CCD.

Il dubbio interpretativo sottoposto alla Banca d’Italia all’indomani dell’introduzione della Disciplina CCD si poneva evidentemente in relazione ad un debito preesistente da dilazionare derivante da un rapporto di credito originariamente “non soggetto” alla Disciplina CCD (mutuo di durata superiore a 5 anni); in ragione di ciò, il fatto che quest’ultima Disciplina si rendesse applicabile in un momento successivo – e in sede di Dilazione del Pagamento – poteva risultare opinabile.

La risposta fornita dalla Banca d’Italia – oltre a dimostrare l’ampiezza del concetto di Dilazione di Pagamento (nel quale evidentemente rientrano anche i “Piani di Rientro”) – era stata argomentata sul dato di fatto che la previsione di cui all’art. 122, comma 4, TUB, pur essendo enunciata in ambito CCD, è testualmente (e genericamente), riferita alle “dilazioni del pagamento e alle altre modalità agevolate di rimborso di un debito preesistente, concordate tra le parti a seguito di un inadempimento del consumatore”, senza quindi specificare (ossia, senza “pretendere”), che il “debito preesistente” da dilazionare dovesse necessariamente essere stato originato da un’operazione a sua volta soggetta alla CCD; sicché la previsione dell’art. 122, comma 4, TUB, doveva essere ritenuta applicabile a tutte le Dilazioni di Pagamento accordate ad un Consumatore, indipendentemente dalla “genesi” e dalla tipologia del debito preesistente da dilazionare.

Ciò posto – e del resto del tutto condivisibile, in quanto direttamente desumibile dal tenore letterale della norma – si ritiene tuttavia opportuno riportare testualmente la spiegazione fornita dalla Banca d’Italia, forse non particolarmente chiara da un punto di vista lessicale:

Sebbene i mutui ultraquinquennali siano esclusi dal campo di applicazione della disciplina sul credito ai consumatori, si osserva che, poiché la norma richiamata mira a riservare un trattamento di favore alle dilazioni di pagamento vantaggiose per il consumatore, sarebbe irragionevole limitarne l’applicazione alle sole ipotesi in cui il contratto originario ricada nella disciplina del credito ai consumatori; ne conseguirebbe, infatti, l’applicabilità dei più stringenti obblighi previsti dal regime ordinario dei contratti di credito proprio alle dilazioni che – benché vantaggiose – si riferiscono a un finanziamento comunque escluso dal campo di applicazione di tale disciplina”.

L’assunto di partenza è quello che la previsione del Regime Semplificato di cui all’art. 122, comma 4, TUB, costituisce: “un trattamento di favore alle dilazioni di pagamento vantaggiose per il consumatore”; il prosieguo della spiegazione: “[…] sarebbe irragionevole limitarne l’applicazione […]”, vuole evidenziare che, laddove – in ipotesi – si volesse escludere l’applicazione del Regime Semplificato alle Dilazioni dei debiti nascenti da operazioni “non soggette” alla Disciplina CCD, la conseguenza – l’unica possibile e paradossale – sarebbe quella di dover ritenere che a queste Dilazioni si dovrebbe applicare la Disciplina CCD nella sua interezza.

Il passaggio in tal senso dirimente è quello in cui la Banca d’Italia paventava: “[…] l’applicabilità dei più stringenti obblighi previsti dal regime ordinario dei contratti di credito proprio alle dilazioni […]”; in questo passaggio sembra si sia voluto affermare che, siccome nella Disciplina CCD, le Dilazioni di Pagamento sono Contratti di Credito, se non si applica il Regime Semplificato allora alle Dilazioni in discorso si dovrebbe applicare “integralmente” la Disciplina CCD ossia, quello che sarebbe il “regime ordinario dei contratti di credito” ai Consumatori.

Detta in altre parole, la risposta al quesito sembra essere stata la seguente: la Disciplina CCD non distingue tra (i) Dilazioni di debiti preesistenti “originariamente soggetti” alla CCD e(ii) Dilazioni di debiti preesistenti “originariamente esclusi” dalla CCD; in effetti si parla “soltanto” di Dilazioni di pagamento di debiti preesistenti accordate ad un Consumatore, che – in quanto tali – sono sempre soggette alla Disciplina CCD. In applicazione della Disciplina medesima si tratta soltanto di distinguere tra le Dilazioni di Pagamento che sono: (i) integralmente soggette alla Disciplina; (ii) soltanto parzialmente soggette (Regime Semplificato di cui all’art. 124, comma 2, TUB), oppure; (iii) integralmente escluse dall’ambito applicativo della Disciplina stessa (all’epoca, soltanto quelle “concesse gratuitamente dal finanziatore”; oggi, anche quelle soggette alla MCD). Nel caso specifico dei “Piani di Rientro” di mutui ultraquinquennali “originariamente esclusi” dall’ambito applicativo della Disciplina CCD, la Banca d’Italia ritenne che essi dovessero essere sottoposti al Regime Semplificato.

In occasione di un aggiornamento alle FAQ sulla Trasparenza pubblicato in data 1° febbraio 2013, la Banca d’Italia ebbe ulteriormente a precisare che: “La dilazione di pagamento rientra nella definizione di contratto di credito (art. 121, comma 1, lett. c, TUB)” (così nella FAQ 10.1.12) ed inoltre che:

I ‘finanziamenti concessi in base a un accordo raggiunto dinanzi all’autorità giudiziaria o un’altra autorità prevista dalla legge’ restano esclusi dall’ambito di applicazione della disciplina sul credito ai consumatori anche quando assumono la forma di dilazioni di pagamento” (FAQ sulla Trasparenza 10.1.12).

Quindi le Dilazioni di Pagamento concluse “in base a un accordo raggiunto dinanzi all’autorità giudiziaria o a un’altra autorità prevista dalla leggerestano escluse dall’ambito applicativo della CCD.

In questo aggiornamento delle FAQ sulla Trasparenza la Banca d’Italia rispose inoltre al quesito: “[…] se una dilazione di pagamento che prevede la corresponsione di soli interessi – applicati sul periodo di dilazione – in misura non superiore a quella prevista nel contratto di credito originario, rientri nell’ipotesi di “dilazioni gratuite” di cui all’art. 122, comma 1, lett. i), del TUB)”.

La risposta della Banca d’Italia fu che:

L’applicazione di interessi nel periodo di dilazione fa venire meno la gratuità della dilazione. Pertanto, nel caso in cui la dilazione sia concessa a seguito di inadempimento del cliente e alle condizioni sopra descritte, potrà eventualmente applicarsi il regime semplificato di cui al comma 4 dell’art. 122 del TUB. La circostanza che il tasso rimanga invariato integra uno dei requisiti previsti dalla nota (1) della sez. VII, par. 4.2.3, delle disposizioni, in quanto le condizioni dell’accordo non sono meno favorevoli per il consumatore rispetto a quelle del credito iniziale” (FAQ sulla Trasparenza 10.1.13) [12].

E’ significativo rilevare – per quanto riguarda il concetto di “gratuità” della Dilazione che – secondo la Banca d’Italia – “L’applicazione di interessi nel periodo di dilazione fa venire meno la gratuità della dilazione”; pertanto una Dilazione potrebbe essere definita “gratuita” – e in quanto tale esclusa dall’ambito applicativo della CCD – soltanto se nel periodo di Dilazione non vengono applicati interessi nei confronti del Consumatore.

A ben vedere tale affermazione rende sufficientemente chiaro (soltanto) che una “classica” Dilazione che preveda la sospensione del pagamento della quota capitale delle rate, ferma restando però la debenza della quota interessi alle scadenze originarie, si dovrebbe ritenere “non gratuita” (ossia, “onerosa”), e quindi soggetta: o (i) al Regime Semplificato oppure (ii) ai “più stringenti obblighi previsti dal regime ordinario dei contratti di credito” (ossia integralmente soggetta alla Disciplina CCD), a seconda del ricorrere o meno delle altre circostante caratterizzanti, dovendosi necessariamente escludere soltanto la “disapplicazione” integrale della Disciplina CCD ai sensi dell’art. 122, comma , lett. i).

Tuttavia, il criterio discretivo utilizzato dalla Banca d’Italia inerente l’applicazione (o meno) di interessi nel periodo di dilazione, condurrebbe a dover ritenere di tipo “non gratuito” anche quelle operazioni di sospensione “totale” del pagamento delle rate (sia per la quota capitale che per la quota interessi), con “traslazione” delle rate stesse “in coda” al piano di ammortamento, oppure con il pagamento degli interessi maturati durante il periodo di sospensione in quote di pari importo aggiuntive alle rate residue ancora da rimborsare, di cui si dirà infra (par. 5), perché si dovrebbe ragionevolmente sostenere che anche in questo tipo di sospensione si verifichi “l’applicazione di interessi nel periodo di dilazione”.

In considerazione della definizione data dalla Banca d’Italia, sembra possibile sostenere con certezza che dovrebbe essere considerata certamente “gratuita” soltanto quella Dilazione di Pagamento che preveda una sospensione pura e semplice dei pagamenti per un periodo di tempo determinato, durante il quale viene meno il diritto della Banca creditrice di percepire interessi sul credito residuo.

Tale conclusione del resto può dirsi confermata – a posteriori – dalla già richiamata decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 8 dicembre 2016, n. 127 “Inkasso GmbH”, con la quale è stato affermato che:

26 […], il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), della direttiva 2008/48 debba essere interpretato nel senso che un accordo di rateizzazione di un credito, stipulato, in seguito all’insolvenza del consumatore, tra questi e il creditore […], è considerato «senza spese», ai sensi di tale disposizione, quando, con tale accordo, il consumatore s’impegna a restituire l’importo totale del credito e a pagare gli interessi e le spese che avrebbe dovuto sostenere in base alla normativa nazionale in assenza di detto accordo. […] 34 Sebbene la direttiva 2008/48 non definisca specificatamente la nozione di «spese», va rilevato che, secondo […] tale direttiva, il costo totale del credito per il consumatore designa tutti i costi che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il creditore è a conoscenza […] 37 Di conseguenza, qualora con un accordo che prevede nuove condizioni di pagamento di un debito esistente, il consumatore s’impegni non soltanto a rimborsare l’importo totale del credito ma anche a pagare interessi o spese che non erano state previste nel contratto iniziale in base al quale era stato accordato il credito insoluto, un simile accordo non può essere considerato «senza spese», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), della direttiva 2008/48”.

Infine, per quel che qui rileva, sempre in questo aggiornamento del 2013 delle FAQ sulla Trasparenza, venne fornita risposta anche al seguente quesito: “ [..] se rientri nella disciplina del credito ai consumatori l’eventuale differimento della data di scadenza della singola rata richiesta dal cliente in assenza di inadempimento o l’eventuale dilazione di pagamento attuata, sempre in assenza di inadempimento, a seguito di accordi privatistici aventi a oggetto la moratoria per il pagamento delle rate di un finanziamento. […]”.

La risposta fornita dalla Banca d’Italia fu la seguente: “Si premette che la nozione di “dilazione di pagamento” rilevante ai fini dell’applicazione della disciplina sul credito ai consumatori non presuppone l’esistenza di un inadempimento già verificatosi da parte del consumatore. L’eventuale inadempimento rileva solamente al fine di giustificare la deroga prevista dall’art. 122, comma 4, del Testo Unico Bancario. Pertanto, una dilazione concessa su richiesta del cliente pur in assenza di un suo inadempimento sarà esclusa dalla disciplina sul credito al consumo, al pari di qualsiasi altra dilazione, solamente ove sia concessa gratuitamente”. (FAQ sulla Trasparenza, 10.1.15).

Da notare quindi che, una Dilazione richiesta dal Consumatore in assenza di un suo inadempimento, ma concessa dalla Banca non “gratuitamente”, non potrà essere soggetta al Regime Semplificato previsto dall’art. 122, comma 4, TUB, ma dovrà essere assoggettata per intero alla Disciplina CCD.

Nel 2016 entra in vigore la Disciplina MCD, nell’ambito della quale l’art. 120-quinquies, comma 1, lett. c), TUB, stabilisce che : “«contratto di credito» indica un contratto di credito con cui un finanziatore concede o si impegna a concedere a un consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra facilitazione finanziaria, quando il credito è garantito da un’ipoteca sul diritto di proprietà o su altro diritto reale avente a oggetto beni immobili residenziali o è finalizzato all’acquisto o alla conservazione del diritto di proprietà su un terreno o su un immobile edificato o progettato”.

La norma sembrerebbe quindi attrarre immediatamente nell’ambito dei Contratti di Credito – e quindi delle operazioni soggette alla MCD – anche le Dilazioni di Pagamento: “[…] quando il credito è garantito da un’ipoteca […]”.

Il che consentirebbe immediatamente di ritenere che – laddove venga accordata una Dilazione di Pagamento in relazione ad un Contratto di Credito originariamente soggetto alla MCD, tale Dilazione sarebbe a sua volta un Contratto di Credito soggetto alla MCD; il che sembrerebbe persino logico: una volta soggetto alla MCD il contratto di finanziamento originario, sarà soggetta alla MCD anche la Dilazione di Pagamento che – in relazione allo stesso – dovesse essere successivamente pattuita.

Tuttavia, il successivo art. 120-sexies, comma 1, lett. g), stabilisce che: “1. Le disposizioni del presente capo si applicano ai contratti di credito, comunque denominati, a eccezione dei seguenti casi: […] g) contratti di credito relativi alla dilazione, senza spese, del pagamento di un debito esistente, se non comportano l’iscrizione di un’ipoteca”.

Da notare che gli elementi dirimenti che vengono qui in rilievo sono – letteralmente – quelli che la Dilazione sia “senza spese” e che non comporti “l’iscrizione di un’ipoteca”.

A chi scrive non appare del tutto chiaro il rapporto che intercorre tra: (i) la definizione di Contratto di Credito di cui all’art. 120-quinquies, comma 1, lett. c), secondo la quale una Dilazione di Pagamento, se concessa ad un Consumatore e garantita da ipoteca su bene immobile residenziale, rientra nella definizione di Contratto di Credito soggetto alla MCD; e (ii) l’eccezione di cui all’art. 120-sexies, comma 1, lett. g), secondo la quale la Disciplina MCD non si applica ai “contratti di credito relativi alla dilazione, senza spese, del pagamento di un debito esistente, se non comportano l’iscrizione di un’ipoteca”.

La lettura di tale norma – da effettuare naturalmente in stretta correlazione con la previsione del precedente art. 120-quinquies, comma 1, lett. c) – sembra circoscrivere l’ambito applicativo di quest’ultima, ma introducendo un dubbio interpretativo proprio in relazione alla possibile Dilazione di un debito preesistente derivante da un’operazione MCD.

Il principio desumibile con certezza sembra infatti essere soltanto quello che se la Dilazione (ad esempio, di un credito chirografario), comporta l’iscrizione ex novo di un’ipoteca (perché, come talvolta accade, si vuole acquisire una garanzia reale), su un bene immobile residenziale, allora tale Dilazione sarà soggetta alla MCD; viceversa, nel caso in cui il debito preesistente da dilazionare sia derivante da un’operazione MCD, essendo (solitamente) l’operazione stessa già garantita da un’ipoteca, la Dilazione del relativo debito non dovrebbe comportare l’iscrizione di una (nuova) ipoteca, pertanto questa stessa Dilazione, se “senza spese”, sembrerebbe da non assoggettare alla MCD; con la conseguenza però – questa forse paradossale – di poter restare soggetta, in tutto o in parte, alla CCD; ciò si ritiene in quanto si tratterebbe pur sempre di una Dilazione di un debito esistente, accordata ad un Consumatore, per la quale occorrerebbe verificare, di volta in volta, se essa sia concessa “gratuitamente” – nel senso indicato dalla Banca d’Italia – e/o conseguente ad “un inadempimento”, oppure no.

Detto in altre parole, sembra che la Dilazione di Pagamento di un debito preesistente, derivante da un’operazione di finanziamento originariamente soggetta alla MCD, che non comporti l’iscrizione di una (nuova) ipoteca, sarà soggetta alla Disciplina MCD ove concessa dal finanziatore “con spese”; non sarà soggetta alla MCD se concessa “senza spese”, ma in questo caso potrebbe essere integralmente soggetta alla CCD se non sia concessa “gratuitamente” o non sia conseguente ad “un inadempimento”, oppure parzialmente soggetta alla CCD ove sia conseguente ad “un inadempimento” e siano verificate le condizioni previste dall’art. 2, comma 3, del DM 117/2011 (tra le quali, quella che le condizioni dell’accordo non siano “meno favorevoli” rispetto a quelle del Contratto di Credito iniziale).

Il quadro sin qui delineato, anche alla luce dell’introduzione – successiva alla CCD – della Disciplina MCD, e dei complessi “rapporti” tra le due Discipline, non sembra possa essere revocato in dubbio neppure dalla lettura delle FAQ ABI-MEF, e in particolare, per quel che qui rileva, delle FAQ n. 3 e 4.

La FAQ N. 3, con specifico riferimento alle “moratorie disciplinate ex lege o con accordo tra Associazioni di categoria e Autorità pubbliche”, e accenno esplicito al “Fondo di Solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa” di cui all’art. 2, comma 475 e ss., L. 244/2007, era volta a chiarire se queste operazioni fossero escluse dall’ambito applicativo della MCD, trattandosi di operazioni in cui: “la concessione della sospensione non è rimessa alla discrezionalità del finanziatore, il quale è tenuto a concederla ove ne ricorrano i presupposti e il consumatore ne faccia richiesta[13].

Il quesito quindi non era incentrato sul fatto se queste “moratorie” fossero, o no, Dilazioni di Pagamento, ma sulla possibilità di configurarle quali: “contratti di credito, individuati dalla legge, relativi a prestiti concessi a un pubblico ristretto, con finalità di interesse generale, che non prevedono il pagamento di interessi o prevedono tassi inferiori a quelli prevalenti sul mercato oppure ad altre condizioni più favorevoli per il consumatore rispetto a quelle prevalenti sul mercato e a tassi debitori non superiori a quelli prevalenti sul mercato ” esclusi dall’ambito applicativo della MCD dall’art. 120-sexies, comma 1, lett. c), TUB, in maniera peraltro speculare all’analoga esclusione operata – dall’ambito della CCD – dalla previsione di cui all’art. 122, comma 1, lett. n).

La risposta del MEF è stata nel senso che il presupposto dell’eccezione di cui all’art. 120-sexies, comma 1, lett. c), TUB, risiede nel fatto che vi sia la “concessione di un prestito” con determinate caratteristiche, laddove viceversa: “La moratoria consiste nella sospensione […] della scadenza delle obbligazioni aventi ad oggetto il pagamento delle rate volte a rimborsare un credito precedentemente concesso”; per evidenziare quindi che: “Nel caso delle moratorie manca dunque l’elemento della concessione del credito […]”, ed evidenziando infine che: “[…] dette misure, consistenti nella sospensione del pagamento delle rate volte a rimborsare il credito precedentemente erogato, non integrano un contratto di credito come definito ai sensi dell’articolo 120-quinquies, comma 1, lettera c), del TUB”.

Se – da una parte – può ritenersi condivisibile l’affermazione che nelle “moratorie” in discorso sia mancante l’elemento della “concessione del credito”, per arrivare poi – valorizzando tale aspetto – ad escludere che ricorra la fattispecie derogatoria di cui all’art. 120-sexies, comma 1, lett. c), TUB, dall’altra però la risposta (ma in realtà: il quesito formulato), non sembra tener conto della “possibilità” che queste “moratorie” siano riconducibili a delle Dilazioni di Pagamento, equivalenza che in realtà sembra già insita nella stessa definizione di “moratoria” che si trova nella risposta (“La moratoria consiste nella sospensione […] della scadenza delle obbligazioni aventi ad oggetto il pagamento delle rate volte a rimborsare un credito precedentemente concesso”), definizione che sembra di per sé già idonea e sufficiente a collocare a pieno titolo le “moratorie” oggetto del quesito entro la categoria delle Dilazioni di Pagamento e – conseguentemente – entro la categoria dei Contratti di Credito, secondo la “Definizione” datane nell’art. 120-quinquies, comma 1, lett. c).

Il che conduce a ritenere del tutto non condivisibile la conclusione che: “[…] dette misure, consistenti nella sospensione del pagamento delle rate volte a rimborsare il credito precedentemente erogato, non integrano un contratto di credito come definito ai sensi dell’articolo 120-quinquies, comma 1, lettera c), del TUB ”, sembrando piuttosto vero il contrario – ossia che dette misure integrano una Dilazione di Pagamento e quindi un vero e proprio Contratto di Credito – in coerenza peraltro con quanto venne a suo tempo specificato – sia pure in relazione alla Disciplina CCD – nelle FAQ sulla Trasparenza, Par. 10.1.15, di cui si è già detto.

Sempre nell’ambito delle FAQ ABI-MEF, la FAQ n. 4, ha per oggetto – almeno da un punto di vista testuale – le “rinegoziazioni” ed in particolare quelle che prevedono modifiche alle condizioni economiche (cambiamento del tasso) e/o, la modifica della durata dell’ammortamento (con allungamento del termine)[14].

Posto che, secondo quanto sin qui detto, nella Dilazione di Pagamento è sempre presente (si direbbe: “per definizione”), una modifica/allungamento della durata dell’ammortamento (e talvolta può ricorrere anche una modificazione delle condizioni economiche), con il che – come già detto – potrebbe essere difficile, almeno in alcuni casi, porre una netta linea di demarcazione tra ciò che è “rinegoziazione” e ciò che è Dilazione di Pagamento, si potrebbe affermare che una Dilazione di Pagamento integra sempre una “rinegoziazione” delle condizioni contrattuali, mentre non è vero il contrario, perché una “rinegoziazione” non sempre si sostanzia in una Dilazione di Pagamento.

Anche in questo caso purtroppo il quesito posto sembra incentrato su un argomento diverso da quello che qui viene in rilievo (ossia quello se – in queste “rinegoziazioni” – possa ricorrere, o meno, una Dilazione di Pagamento); il quesito invece si concentra sul tema della “novazione” di cui all’art. 1230, cod. civ., per concludere che se la “rinegoziazione” si sostanzia in una “novazione”, si avrà un nuovo contratto di credito, soggetto alla MCD, senza però nulla dire riguardo al caso – che sembra decisamente più frequente e rilevante – in cui la “rinegoziazione” consista soltanto in “modificazioni accessorie” di per sé non idonee a costituire “novazione”, ma che ben potrebbero integrare una vera e propria Dilazione di Pagamento.

In conclusione, le suddette due FAQ non sembrano apportare un contributo chiarificatore.

Resta così da evidenziare quanto disposto invece nella Trasparenza.

Nella Sez. VI-bis, relativa alla MCD, si ritiene degno di nota quanto stabilito nel Par. 8 “Inadempimento del consumatore”, in attuazione degli Orientamenti dell’Autorità Bancaria Europea su morosità e pignoramenti del 19 agosto 2015.

In tale sede, tra l’altro, è previsto che tra le varie iniziative che il finanziatore deve assumere “[…] per venire incontro alle esigenze dei consumatori in difficoltà nel rispettare i termini di pagamento […]”, si possano prevedere: “2) la modifica delle condizioni del contratto di credito, che possono includere: a) l’estensione della durata del contratto; b) la modifica della tipologia del credito; ad esempio, un contratto che prevede il rimborso contestuale, con ciascuna rata, di capitale e interessi può essere modificato convenendo, per un arco temporale predefinito, il solo pagamento degli interessi; c) il differimento totale o parziale del pagamento delle rate; d) la rinegoziazione del tasso di interesse; e) la sospensione temporanea del pagamento delle rate

A chi scrive sorprende constatare come tutte le operazioni descritte (tranne quella di cui alla lettera d, relativa alla rinegoziazione del tasso di interesse, per le ragioni sin qui dette), appaiano riconducibili de plano al novero delle Dilazioni di Pagamento, ma l’utilizzo di questa categoria concettuale è stato – si direbbe: accuratamente – evitato, mentre – sempre a chi scrive – sarebbe sembrato maggiormente “coerente” con il quadro normativo descritto affermare che: “Il finanziatore, per venire incontro alle esigenze dei consumatori in difficoltà nel rispettare i termini di pagamento può accordare dilazioni di pagamento volte a modificare le condizioni del contratto di credito, consistenti ad esempio: a) nell’estensione della durata del contratto; b) nella modifica della tipologia del credito; ad esempio, un contratto che prevede il rimborso contestuale, con ciascuna rata, di capitale e interessi può essere modificato convenendo, per un arco temporale predefinito, il solo pagamento degli interessi; c) nel differimento totale o parziale del pagamento delle rate; d) nella rinegoziazione del tasso di interesse; e) nella sospensione temporanea del pagamento delle rate”.

Nella Sez. VII, relativa alla CCD, viene innanzitutto in rilievo il Par. 4.2 “Informazioni precontrattuali”, il quale – in attuazione della delega attribuita alla Banca d’Italia dall’art. 124, comma 7, TUB [15] – stabilisce che:

4.2.1 Disposizioni di carattere generale. Il finanziatore fornisce al consumatore, prima che questi sia vincolato da un contratto di credito o da una proposta irrevocabile, le informazioni necessarie per consentirgli il confronto tra le diverse offerte di credito sul mercato, così che possa prendere una decisione informata e consapevole in merito alla conclusione del contratto di credito. In particolare: […] il paragrafo 4.2.3 contiene regole specifiche relative ad alcune tipologie di apertura di credito in conto corrente e dilazione di pagamento […]

Il finanziatore assolve agli obblighi di fornire le informazioni precontrattuali al consumatore attraverso il documento denominato “Informazioni europee di base sul credito ai consumatori” o altro documento, conformemente a quanto stabilito dai paragrafi 4.2.2 e 4.2.3. Tali documenti contengono, alternativamente:

a) le condizioni offerte alla generalità della clientela, se queste non sono personalizzabili;

b) nei casi diversi da quelli previsti dalla lettera a), le condizioni offerte al singolo consumatore, tenendo conto delle informazioni o delle preferenze specifiche eventualmente manifestate”.

Il successivo Par. 4.2.3 “Aperture di credito in conto corrente e dilazioni di pagamento” – che si applica alle “dilazioni di pagamento non gratuite e altre modalità agevolate di rimborso di un credito preesistente, concordate tra le parti a seguito di un inadempimento del consumatore”, stabilisce una articolata serie di oneri informativi precontrattuali a carico del finanziatore che possono essere forniti al Consumatore alternativamente:

i) attraverso il documento standard denominato “Informazioni europee di base sul credito ai consumatori”, redatto in conformità del modello previsto nell’Allegato 4D. Attraverso questo documento sono altresì soddisfatti gli obblighi informativi previsti dagli articoli 67-quater, commi 1 e 2, 67-quinquies, 67-sexies, 67-septies e 67-octies del Codice del Consumo;

ii) attraverso un documento, diverso da quello indicato sub i), redatto nel rispetto dei criteri generali previsti dalla sezione I, paragrafo 1.4 (in caso di uso di tecniche di comunicazione a distanza, dovranno essere altresì fornite le ulteriori informazioni previste dagli articoli 67-quater, commi 1 e 2, 67-quinquies, 67-sexies, 67-septies e 67-octies del Codice del Consumo);

iii) limitatamente alle aperture di credito in conto corrente, includendole nel foglio informativo e nel documento di sintesi del conto corrente secondo quanto previsto dalla sezione II e dall’Allegato 4A (in questo caso, in deroga al paragrafo 6 della sezione II, il documento di sintesi è fornito al consumatore obbligatoriamente e gratuitamente prima che egli sia vincolato dal contratto o da una proposta irrevocabile) […][16].

Come peraltro noto, alla Trasparenza è allegato – tra gli altri – l’Allegato 4D, costituente il modello delle “Informazioni europee sul credito ai consumatori per aperture di credito in conto corrente e dilazioni di pagamento”.

5. Alcune operatività che costituiscono “dilazioni di pagamento” con i Consumatori

Si è cercato, fin qui, di fornire una plausibile definizione di Dilazione di Pagamento, posto che la stessa sembra essere stata data per ovvia e presupposta dal Legislatore; si è posto in evidenza come nella CCD sia stato stabilito che le Dilazioni di Pagamento (qualunque cosa esse siano), sono Contratti di Credito, in quanto tali soggette – in tutto o in parte, a seconda dei casi – alla stessa Disciplina CCD, restandone del tutto escluse soltanto quelle “concesse gratuitamente dal finanziatore”; si è cercato di porre in evidenza la “nebulosità” del requisito della “gratuità” – decisamente meglio chiarito dalla CGUE, facendo riferimento al “costo totale del credito” – e si è cercato altresì di illustrare la difficoltà di un “regolamento dei confini” tra le due Discipline CCD e MCD, con particolare riferimento alle Dilazioni di Pagamento di debiti originati da Contratti di Credito MCD, che sembrerebbero prevalentemente – ma non sicuramente – da assoggettare alla Disciplina CCD.

In considerazione di quanto sopra esposto e della latitudine della definizione di Dilazione di Pagamento, chi scrive ritiene che – ad esempio – costituiscano Dilazioni di Pagamento tutte le operazioni di sospensione, o moratoria, disciplinate ex lege (ad es., dal “Fondo di solidarietà per i mutui per la prima casa”, o da misure emergenziali adottate a seguito di eventi catastrofici, quali terremoti ed alluvioni), o previste da “Accordi di sistema” tra l’ABI e le Associazioni dei Consumatori, in relazione a Contratti di Credito oggi tipicamente soggetti alla MCD.

Inoltre, in considerazione del fatto che tali operazioni si sostanziano – di norma – nella sottoscrizione di accordi modificativi di tipo “oneroso”, le stesse non possono rientrare nell’ambito della norma derogativa di cui all’art. 122, comma 1, lett. i); conseguentemente le stesse – ancorché concesse “senza spese” – dovrebbero essere soggette al vaglio della regola enunciata dal medesimo art. 122, comma 4, ed essere eventualmente assoggettate, in tutto o in parte, alla CCD.

Si citano a mero titolo di esempio le “modalità” di sospensione del pagamento delle rate previste nel “Documento tecnico” (Par. 2. Caratteristiche dell’intervento), allegato all’Accordo tra l’ABI e le Associazioni dei consumatori del 18 dicembre 2009, conosciuto come “Piano Famiglie”, dove venne precisato che:

Nel periodo di sospensione maturano gli interessi contrattuali pattuiti che possono essere rimborsati dal cliente secondo le seguenti modalità: (i) sospensione della sola quota capitale. La quota interessi viene rimborsata alle scadenze originarie; (ii) sospensione dell’ammortamento per quota interessi e quota capitale e applicazione del tasso contrattuale al debito residuo. In tal caso gli interessi maturati nel periodo di sospensione vengono rimborsati (senza applicazione di ulteriori interessi), a partire dal pagamento della prima rata successiva alla ripresa dell’ammortamento, con pagamenti periodici (aggiuntivi rispetto alle rate in scadenza e con pari periodicità) per una durata che sarà definita dalla banca sulla base degli elementi forniti dal mutuatario. Ripresa del processo di ammortamento al termine del periodo di sospensione e corrispondente allungamento del piano di rimborso per una durata pari al periodo di sospensione”.

Lo stesso è a dirsi di quella descritta nell’Accordo ABI – Associazioni dei Consumatori del 21 aprile 2020, nel quale (Par. 2) si legge: “Sospensione della quota capitale del finanziamento di cui al paragrafo 1, per una durata non superiore a 12 mesi (anche attraverso più sospensioni per periodi di durata inferiore a 12 mesi, purché la somma della durata dei periodi delle sospensioni complessivamente non sia superiore a 12 mesi), su richiesta dell’intestatario del finanziamento […] La quota interessi, calcolata al tasso contrattuale sul debito residuo (inteso come la parte di debito in termine di quota capitale complessiva erogata dalla banca al netto di quanto rimborsato) al momento della sospensione, viene rimborsata alle scadenze originarie […] La ripresa del processo di ammortamento avviene al termine del periodo di sospensione o della richiesta di riavvio da parte del cliente con il corrispondente allungamento del piano di ammortamento per una durata pari al periodo di sospensione”; ed infine nell’Accordo ABI – Associazioni dei Consumatori del 16 dicembre 2020, dove il concetto è stato testualmente ribadito.

Ancora può esser menzionata la sospensione prevista dal “Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa”, istituito dall’art. 2, comma 475 e ss., della Legge n. 244/2007, per il quale è stabilito che: “Per i contratti di mutuo riferiti all’acquisto di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale del mutuatario, questi può chiedere la sospensione del pagamento delle rate per non più di due volte e per un periodo massimo complessivo non superiore a diciotto mesi nel corso dell’esecuzione del contratto. In tal caso, la durata del contratto di mutuo e quella delle garanzie per esso prestate è prorogata di un periodo eguale alla durata della sospensione. Al termine della sospensione, il pagamento delle rate riprende secondo gli importi e con la periodicità originariamente previsti dal contratto […]” (comma 476).

6. Conclusioni

Tutte le Dilazioni di Pagamento concesse ad un Consumatore – indipendentemente dalla disciplina applicabile al Contratto di Credito originario e dall’importo (sia del credito originario, sia del debito residuo oggetto della Dilazione), devono essere vagliate alla luce di quanto stabilito dalla Disciplina CCD e – ma in via soltanto residuale – dalla Disciplina MCD.

Dalla lettura combinata delle due Discipline risultano in qualche modo individuabili almeno i seguenti diversi tipi di Dilazione di Pagamento, con l’applicazione di regimi diversi, in particolare:

1 Dilazioni di pagamento concesse in base a un accordo raggiunto dinanzi all’Autorità Giudiziaria o a un’altra Autorità prevista dalla legge Non sono soggette alla CCD ai sensi dell’art. 122, comma 1, lett. h), TUB e dei chiarimenti forniti dalla Banca d’Italia (FAQ sulla Trasparenza 10.1.12)
2 Dilazioni del pagamento di un debito preesistente concesse gratuitamente dal finanziatore Non sono soggette alla CCD ai sensi dell’art. 122, comma 1, lett. i), TUB
3 Dilazioni di pagamento e altre modalità di agevolate di rimborso di un debito preesistente, concordate tra le parti a seguito di inadempimento del Consumatore, in cui ricorrono entrambe le seguenti condizioni:

1) maggiori probabilità di evitare procedimenti giudiziari;

2) le condizioni non sono meno favorevoli per il Consumatore rispetto a quelle del contratto iniziale

Sono soggette ad un Regime Semplificato, ossia ad esse si applicano soltanto alcune disposizioni della CCD, indicate dall’art. 122,  comma 4, TUB
4 Dilazioni del pagamento di un debito esistente che comportano l’iscrizione di un’ipoteca Sono soggette alla MCD
5 Dilazioni di Pagamento “senza iscrizione di un’ipoteca” ma “con spese”: “[…] quando il credito è garantito da un’ipoteca sul diritto di proprietà o su altro diritto reale avente a oggetto beni immobili residenziali o è finalizzato all’acquisto o alla conservazione del diritto di proprietà su un terreno o su un immobile edificato o progettato Sono soggette alla MCD
6 Tutte le altre Dilazioni di Pagamento di un debito preesistente Sono integralmente soggette alla CCD

 

Le Dilazioni di tipo 1 e 2 sembrano di scarsa ricorrenza nella prassi e comunque non sono soggette alla CCD. Non è tuttavia chiaro se le stesse, pur pacificamente sottratte all’ambito applicativo della CCD, finiscano poi per dover essere assoggettate alla disciplina “generale” della Trasparenza, con ciò intendendosi quella del Capo I, del Titolo VI del TUB e della Sezione II della Trasparenza; in un’ottica di massima prudenza e tutela del Consumatore la risposta dovrebbe essere affermativa.

La maggior parte delle Dilazioni dovrebbe essere conseguente a un inadempimento del Consumatore, pertanto riconducibili al tipo 3, quando le condizioni non sono meno favorevoli rispetto a quelle del contratto iniziale (con conseguente applicazione parziale della CCD), oppure al tipo 6, in tutti gli altri casi (con applicazione integrale della CCD).

Secondo quanto precisato dall’art. 124, comma 1, TUB, e dalla Trasparenza, Sez. VII, Par. 4.2.3, il finanziatore dovrebbe predisporre e consegnare al Consumatore il documento denominato “Informazioni europee di base sul credito ai consumatori” (IEBCC o SECCI), per tutte le Dilazioni che risultino soggette, in tutto o in parte, alla CCD, ossia, secondo quanto sin qui detto, alle Dilazioni di tipo 3 e di tipo 6.

La produzione del documento stesso resterebbe quindi esclusa soltanto per quelle Dilazioni integralmente non soggette alla CCD, ossia per le tipologie 1 e 2, per le quali dovrebbe allora – prudenzialmente – essere predisposto il Documento di Sintesi, nonché 4 e 5, per le quali dovrebbe con ogni evidenza essere predisposto il PIES.

Per quanto riguarda il Regime Semplificato stabilito per le Dilazioni di tipo 3 dall’art. 122, comma 4, TUB, esso implica che la CCD debba essere applicata parzialmente, in particolare risulta esclusa l’applicazione delle seguenti norme:

  • 124, comma 5, TUB, relativo all’obbligo di fornire al Consumatore “chiarimenti adeguati” (cfr la Trasparenza, Sez. VII, Par. 4.2.2.2 “Assistenza al consumatore”);
  • 124-bis, TUB, relativo alla verifica del merito creditizio (cfr la Trasparenza, Sez. VII, Par. 4.3 “Valutazione del merito creditizio del consumatore”);
  • 125-ter, TUB, relativo al “diritto di recesso” del Consumatore;
  • 125-quinquies, TUB, relativo all’inadempimento del fornitore dei beni o dei servizi, nei contratti di credito collegati;
  • 125-septies, TUB, relativo alla cessione dei crediti (cfr la Trasparenza, Sez. VII, Par. 5.3);

Per quanto specificamente riguarda l’aspetto contrattuale, l’unica differenza tra una Dilazione di tipo 3 (parzialmente soggetta alla CCD) e una Dilazione di tipo 6 (integralmente soggetta alla CCD), è la previsione relativa al “diritto di recesso” (rectius: di ripensamento), del Consumatore (da riportare sul IEBCC o SECCI), che deve essere necessariamente riconosciuto al Consumatore nelle Dilazioni di tipo 6, mentre non è imposto per le Dilazioni di tipo 3.

Data la complessità della materia in discorso e in considerazione delle difficoltà connesse all’accertamento dei requisiti enunciati dall’art. 2, comma 3, del DM 117/2011 (in ordine alle maggiori probabilità di evitare procedimenti giudiziari e alla opinabilità del fatto che le condizioni della Dilazione non siano meno favorevoli per il Consumatore rispetto a quelle del contratto iniziale), nonché all’onerosità dell’esercizio richiesto per dare ad ogni Dilazione la giusta collocazione, bene farebbero le Banche – in un’ottica di massima prudenza – a trattare tutte le Dilazioni di Pagamento con i Consumatori quali Dilazioni di tipo 6, assoggettandole integralmente alla CCD, o di tipo 5, assoggettandole integralmente alla MCD.

E meglio farebbe il Regolatore europeo – sempreché Egli effettivamente intendesse dare vita al mostro giuridico che si è cercato di descrivere (ma ciò manet alta mente repostum) – a rimettere mani alla materia per stabilire un regime veramente ed effettivamente semplificato in materia di Trasparenza delle Dilazioni di Pagamento con i Consumatori, perché quello vigente sembra piuttosto lontano dall’esserlo.

 

[1] F. Civale, La nuova disciplina del credito immobiliare ai consumatori, in questa Rivista, novembre 2016, aveva segnalato il fenomeno della “scissione parziale della disciplina della trasparenza bancaria”, evidenziando che: “In termini sistematici occorre notare come la normativa di trasparenza bancaria sia oggi strutturata in quattro (sotto) regimi rappresentati da:

  1. le norme applicabili alle operazioni e servizi bancari e finanziari (Titolo VI, Capo I del TUB);
  2. le norme applicabili solo ai contratti di credito immobiliare ai consumatori (Titolo VI, Capo I bis del TUB);
  3. le norme applicabili solo ai contratti di credito di consumatori (Titolo VI, Capo II del TUB);
  4. le norme applicabili solo ai servizi di pagamento in moneta scritturale (Titolo VI, Capo II bis del TUB).

La chiave di volta del regime articolato di trasparenza bancaria è rappresentata dall’art. 115, comma 3, del TUB in base al quale, differentemente rispetto al passato, la disciplina relativa a ciascuno dei quattro (sotto) regimi sopra individuati è di per sé autonoma ed autosufficiente. In particolare, le norme applicabili alle operazioni e servizi bancari e finanziari (Titolo VI, Capo I del TUB) si applicano ai contratti di credito immobiliare ai consumatori (disciplinati nel Titolo VI, Capo I bis del TUB) ai contratti di credito ai consumatori (disciplinati nel Titolo VI, Capo II del TUB) ed ai servizi di pagamento in moneta scritturale (disciplinati nel Titolo VI, Capo II bis del TUB) solo ove “espressamente richiamate”.

A questi “quattro (sotto) regimi” si è poi aggiunto ad opera del D.Lgs. 15 marzo 2017, n. 37, quello disciplinato nel Capo II-ter del medesimo Titolo VI, del TUB, , artt. 126-decies e ss., relativo ai “conti di pagamento” offerti a, o sottoscritti da Consumatori.

[2] L’acronimo CCD sta per Consumer Credit Directive ed indica quindi a rigore soltanto la Direttiva 2008/48/CE, ma qui per semplicità di esposizione con Disciplina CCD o anche soltanto con CCD, si indica non soltanto la Direttiva, ma tutta la disciplina del Credito ai Consumatori di cui al Capo II, del Titolo VI, del TUB.

[3] L’acronimo MCD sta per Mortgage Credit Directive ed indica quindi a rigore soltanto la Direttiva 2014/17/UE, ma qui per semplicità di esposizione con Disciplina MCD o anche soltanto con MCD, si indica  non soltanto la Direttiva, ma tutta la disciplina del Credito Immobiliare ai Consumatori di cui al Capo I-bis, del Titolo VI, del TUB.

[4] Si pensi ad esempio ad un qualunque finanziamento di importo superiore a 75.000 Euro, concesso ad un Consumatore, non garantito da ipoteca immobiliare, oppure garantito da ipoteca su bene immobile “non residenziale” (ad es. un locale commerciale), e che non sia finalizzato all’acquisto o alla conservazione del diritto di proprietà su un terreno o su un immobile edificato o progettato, o alla ristrutturazione di un immobile residenziale; un tale finanziamento non sarà soggetto (nel senso che non dovrà essere necessariamente assoggettato), né alla CCD, né alla MCD.

[5] Diversamente potrebbe dirsi in ambito tributario, dove l’articolo 19, del DPR 29 settembre 1973, n. 602, inizialmente rubricato “Prolungata rateazione dei debiti d’imposta”, assunse poi – dopo molti rimaneggiamenti – la nuova rubrica di “Dilazione del pagamento”, giungendo dopo ulteriori innumerevoli modifiche a stabilire che: “L’agente della riscossione, su richiesta del contribuente che dichiara di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà, concede la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo, con esclusione dei diritti di notifica, fino ad un massimo di settantadue rate mensili. Nel caso in cui le somme iscritte a ruolo sono di importo superiore a 60.000 euro, la dilazione può essere concessa se il contribuente documenta la temporanea situazione di obiettiva difficoltà”.

[6] La precedente intitolazione Credito al Consumo sembrava circoscrivere l’attenzione del Legislatore all’“oggetto” delle operazioni disciplinate – ossia le operazioni di finanziamento finalizzate all’acquisto di beni di consumo, mentre la attuale intitolazione Credito ai Consumatori è sembrata significativa della nuova attenzione rivolta dal Legislatore al “soggetto” tutelato – ossia al Consumatore nel momento in cui assume un finanziamento – non soltanto per l’acquisto di beni di consumo.

[7] G. Carriero, Il credito al consumo, Quaderni di ricerca giuridica della consulenza legale della Banca d’Italia, numero 48, ottobre 1998, p. 28-30, evidenziava che: “Detto questo, la nozione di credito al consumo prescelta dal legislatore italiano insiste (art. 121, co. 1, T.U.) sulla “concessione, nell’esercizio di un’attività commerciale o professionale, di credito sotto forma di dilazione di pagamento, di finanziamento o di altra analoga facilitazione finanziaria a favore di una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta (consumatore)”. Prescindendo dal lessico vagamente pubblicistico, “concessione” di credito, da un lato, e vendita a rate (dilazione di pagamento) dall’altro, rappresentano gli elementi identificativi della fattispecie legale […] Il ventaglio di ipotesi negoziali direttamente o indirettamente riconducibili alla riportata fattispecie legale “credito al consumo” appare, sul piano oggettivo, ampio e variegato. A questa, invero, appartengono tanto la più elementare e risalente figura della specie, rappresentata dalla vendita a rate con riserva della proprietà (sussumibile nel “credito sotto forma di dilazione di pagamento”) quanto ogni contratto di credito avente causa di finanziamento per l’acquisto di beni o la prestazione di servizi di consumo […]”.

[8] Si potrebbe pertanto affermare che un accordo modificativo di un contratto di finanziamento mediante il quale, ferma restando la durata del rimborso, venga modificato “soltanto” il tasso di interesse applicato (ad es.: da variabile a fisso, o viceversa), oppure la periodicità di rateizzazione (ad es.; da trimestrale a mensile), non costituisca, nel senso qui in discorso, una Dilazione di Pagamento.

[9] La definizione di Regime Semplificato è utilizzata dalla Banca d’Italia nelle FAQ sulla Trasparenza 10.1.13.

[10] L’art. 2, Par. 6, della Delibera CCD stabilisce (nella versione in lingua italiana) che: “Gli Stati membri possono stabilire che soltanto gli articoli da 1 a 4, gli articoli 6, 7 e 9, l’articolo 10, paragrafo 1, l’articolo 10, paragrafo 2, lettere da a) a i), l) e r), l’articolo 10, paragrafo 4, l’articolo 11, l’articolo 13, l’articolo 16 e gli articoli da 18 a 32 si applichino ai contratti di credito che prevedono che il creditore e il consumatore stabiliscano di comune accordo le modalità del pagamento dilazionato o del rimborso, in caso di inadempimento del consumatore già in relazione al contratto di credito iniziale, nel caso in cui: a) tali accordi offrano maggiori probabilità di evitare procedimenti giudiziali relativi al suddetto inadempimento; e b) il consumatore non sia in tal modo sottoposto a condizioni meno favorevoli di quelle del contratto di credito iniziale”.

[11] Si tratta di un Decreto Ministeriale adottato in via d’urgenza dal Ministro dell’Economia e delle finanze, nella qualità di Presidente del CICR, ai sensi dell’art. 3, comma 2, TUB.

[12] Si evidenzia soltanto che quanto previsto nella richiamata nota 1, della Sez. VII, Par. 4.2.3, della Trasparenza è esattamente quanto stabilito dall’art. 2, comma 3, del DM 117/2011.

[13] Si riporta il testo del quesito: “3. Ferme restando le esclusioni previste dall’art. 120-sexies, comma 1, lettera c), del TUB, si chiede di confermare che le moratorie disciplinate ex lege o con accordo tra Associazioni di categoria e Autorità pubbliche (ad esempio, sospensione ex articolo 1, comma 475 e ss., della Legge n. 244 del 2007 ovvero Ordinanza della Protezione Civile n. 388/2016, emanata a seguito del terremoto del Centro Italia) sono escluse dal capo I-bis del Titolo VI del TUB in quanto la concessione della sospensione non è rimessa alla discrezionalità del finanziatore, il quale è tenuto a concederla ove ne ricorrano i presupposti e il consumatore ne faccia richiesta ”.

[14] Si riporta il testo del quesito: “4. Con riferimento alle rinegoziazioni, si chiede conferma che sono escluse dall’ambito di applicazione della disciplina in esame, le rinegoziazioni che:

  • prevedono modifiche alle condizioni economiche (quali ad esempio la modifica del tasso d’interesse da fisso a variabile o viceversa);
  • prevedono la modifica della durata dell’ammortamento.

L’allungamento del termine e il cambiamento del tasso costituirebbero modificazioni accessorie dell’obbligazione che non sono in genere sufficienti ad integrare la novazione oggettiva dell’obbligazione stessa (articolo 1231 c.c.)”.

[15] Si riporta il testo di Legge: “7. La Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, detta disposizioni di attuazione del presente articolo, con riferimento a:

a) il contenuto, i criteri di redazione, le modalità di messa a disposizione delle informazioni precontrattuali; […]

c) gli obblighi specifici o derogatori da osservare nei casi di: […]; dilazioni di pagamento non gratuite e altre modalità agevolate di rimborso di un credito preesistente, concordate tra le parti a seguito di un inadempimento del consumatore; […]”.

[16] Peraltro non è del tutto chiaro come alcune delle informazioni richieste per le “dilazioni di pagamento non gratuite e altre modalità agevolate di rimborso di un credito preesistente, concordate tra le parti a seguito di un inadempimento del consumatore”, potrebbero essere fornite nella fase genetica dell’operazione mediante il Foglio Informativo e il Documento di Sintesi del conto corrente.

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