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Attualità

La Corte di Giustizia UE si pronuncia sulla validità ed opponibilità della clausola di proroga della giurisdizione inserita in un prospetto di emissione obbligazionaria nei confronti dei sottoscrittori sul mercato secondario

11 Luglio 2016

Avv. Francesco Maruffi, Partner Simmons & Simmons LLP, Dipartimento Litigation

Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sez. I, 20 aprile 2016, C-366/13

Di cosa si parla in questo articolo

Il caso portato all’esame della Corte di Giustizia è di particolare interesse non tanto e non solo per il tema di indagine – quello relativo alle clausole attributive di giurisdizione, c.d. clausole di proroga di competenza – quanto, soprattutto, per il contesto negoziale di riferimento, quello dei prospetti informativi pubblicati dalla società emittente titoli obbligazionari.

La fattispecie ha visto il coinvolgimento di Commerzbank AG, nota banca d’affari tedesca, che aveva lanciato un programma di emissione di titoli obbligazionari indicizzati (“Credit Linked Note Programme”) il cui prospetto informativo, prevedeva una clausola attributiva di competenza esclusiva (rectius di giurisdizione) in favore delle corti inglesi per qualsiasi controversia derivante dei titoli o ad essi connessa. I titoli in questione venivano acquistati da un intermediario finanziario con sede a Londra e, successivamente, ceduti ad una società di diritto italiano. Quest’ultima, a seguito della notifica del default relativo ai predetti titoli, conveniva in giudizio, tra gli altri, avanti il Tribunale di Milano, Commerzbank AG, la quale eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice Italiano in forza della clausola di proroga contenuta nel prospetto informativo. Seguiva la proposizione di ricorso per regolamento di giurisdizione avanti la Corte Suprema di Cassazione che sospendeva il giudizio, sottoponendo alla Corte di Giustizia, talune questioni pregiudiziali, tra cui anche quella relativa alla validità ed opponibilità di siffatta clausola alla luce di quanto previsto dall’art. 23 del Regolamento 44/2001.

La Cassazione ha chiesto, in primo luogo, alla Corte di Giustizia di chiarire se la clausola di proroga della giurisdizione, soddisfi i requisiti di forma previsti dal citato articolo 23, quando essa sia contenuta in un prospetto di emissione di titoli obbligazionari redatto dall’emittente di tali titoli; in secondo luogo, se tale clausola sia opponibile al terzo che ha acquistato tali titoli presso un intermediario finanziario; e, in terzo luogo, in caso di risposta negativa ai primi due quesiti, se la clausola in parola corrisponda a un uso vigente nel settore del commercio internazionale, ai sensi di detto articolo 23, paragrafo 1, lettera c).

Con riguardo al primo aspetto la Corte di Giustizia, come noto, ha avuto occasione di affermare che nel caso di clausola di proroga della giurisdizione inserita in documenti unilateralmente predisposti, quali ad esempio le condizioni generali di vendita, il requisito della “forma scritta” di cui all’art. 23 del Regolamento 44/2001 s’intende rispettato solo nel caso in cui il contratto di vendita contenga un richiamo espresso a tali condizioni. La Corte, infatti, ha puntualizzato che il richiamo dell’art. 23 ai casi in cui le parti “abbiano attribuito la competenza” lascia intendere la necessità che la clausola di proroga sia stata oggetto del consenso degli interessati.

A tal proposito, la Corte di Giustizia ha statuito che se la clausola di proroga è contenuta in un prospetto di emissione di titoli predisposto unilateralmente, la forma scritta è integrata (e quindi il requisito sub lett. a) dell’art. 23 risulta soddisfatto “se il contratto firmato tra le parti al momento dell’emissione dei titoli sul mercato primario menziona l’accettazione di tale clausola ovvero contiene rinvio espresso al suddetto prospetto” (circostanza che, secondo la Corte, dovrà verificare il giudice del rinvio).

Altro interessante tema d’indagine preso in esame dalla Corte è quello della potenziale opponibilità della clausola di proroga non soltanto nei confronti del primo sottoscrittore dei titoli, ma pure verso qualsiasi successivo acquirente delle obbligazioni, che non abbia espressamente dato il proprio consenso alla medesima ed abbia successivamente promosso un’azione di responsabilità contro l’emittente.

In particolare, con riferimento all’opponibilità verso il terzo, che abbia acquistato i titoli dal sottoscrittore (senza dare il proprio consenso alla clausola) la Corte conclude in senso affermativo, purché peraltro ricorrano le seguenti condizioni (il cui accertamento è ancora una volta, demandato al giudice del rinvio): (i) che la clausola sia valida nel rapporto tra l’emittente e l’intermediario finanziario; (ii) che il terzo, sottoscrivendo sul mercato secondario i titoli sia subentrato all’intermediario nei diritti e negli obblighi discendenti da tali titoli ai sensi del diritto nazionale applicabile; (iii) che il terzo abbia avuto la possibilità di conoscere il prospetto contenente detta clausola (ad es. perché messo a disposizione del pubblico sul sito internet della Borsa – nel caso di specie si trattava della Borsa di Dublino);

Un’ultima, ma non meno importante, considerazione, va fatta con riguardo al requisito sub lett. c) dell’art. 23 e cioè alla necessità, ai fini della validità ed opponibilità della clausola (e in via alternativa rispetto alla forma scritta ed alla sussistenza dei sopra menzionati requisiti di opponibilità), che essa corrisponda alla forma ammessa dagli usi nel commercio internazionale. Una prima indicazione che la Corte fornisce a tal proposito è che un simile accertamento compete al giudice nazionale, mentre “spetta […] alla Corte [europea] indicare a detto giudice gli elementi oggettivi e necessari ai fini di tale valutazione”.

Ebbene, a questo fine secondo la Corte non è corretto fare riferimento alla legge di uno degli Stati contraenti, né tantomeno al commercio internazionale in generale, ma piuttosto occorre verificare se l’utilizzo della clausola corrisponda ad un comportamento generalmente seguito dagli operatori nel settore commerciale in cui i contraenti svolgono la loro attività. Il criterio decisivo resta, quindi, quello di accertare “se il comportamento di cui trattasi sia generalmente e regolarmente osservato dagli operatori” in quello specifico settore.

L’affermazione di un “uso” non può fare presumere che le parti di un contratto ne fossero a conoscenza. Al riguardo, la Corte precisa che la conoscenza effettiva (o presunta) da parte dei contrenti debba essere attestata mediante prova che costoro avevano in precedenza allacciato rapporti commerciali tra loro o con altre parti operanti nel settore considerato; oppure che un determinato comportamento (in tale settore) è abbastanza noto, perché generalmente e regolarmente osservato in sede di stipula di un certo tipo di contratti da poter essere considerato prassi consolidata ;

In conclusione, qualora un emittente titoli obbligazionari inserisca (in via unilaterale) all’interno del regolamento di emissione contenuto nel prospetto informativo, una clausola che attribuisca la competenza a decidere sulle controversie scaturenti dai medesimi titoli a favore di giudici di un determinato Stato, tale clausola potrà ritenersi valida nel contratto con il sottoscrittore soltanto se l’accordo la menzioni o la richiami, mentre la stessa potrà essere opponibile anche a terzi successivi acquirenti solamente se questi erano in grado di conoscerla, perché risultava da atti oggetto di pubblicazione e, quindi, facilmente rinvenibili (o comunque conoscibili), e soltanto se l’acquisto da parte loro abbia comportato il subentro nei diritti e negli obblighi del primo sottoscrittore.

In via alternativa, la validità ed opponibilità della clausola di proroga può affermarsi dimostrando, nel singolo caso concreto, l’esistenza di una prassi consolidata nell’uso di simili previsioni da parte degli attori che occupano generalmente quel settore del mercato, così da presumere (in virtù dell’esistenza di un comportamento generalmente seguito da tutti gli operatori) il consenso di colui al quale tale clausola venga opposta.

Nel caso di specie, l’azione promossa nei confronti, tra gli altri, di Commerzbank, era di natura contrattuale, ma senza dubbio la sentenza della Corte di Giustizia si presenta di grande interesse sotto il profilo della sua porta applicativa. Basti pensare, infatti, che sulla base dell’interpretazione, offerta dalla Corte di Giustizia, dell’art. 23 del Regolamento n. 44/2001, oggi sostituito dall’art. 25 del Regolamento n. 1215/2012, anche il sottoscrittore italiano (non retail) di titoli, acquistati sul mercato secondario, potrebbe trovarsi vincolato all’osservanza di una clausola di proroga della giurisdizione in favore di giudici di altro Stato. Ciò sul mero presupposto che l’inserimento di tali clausole all’interno dei prospetti informativi predisposti dall’emittente costituisca una prassi di quello specifico settore di mercato generalmente praticata e la cui conoscenza pertanto è lecito presumere anche da parte del terzo sottoscrittore. 

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