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La capitalizzazione degli interessi fra legge di stabilità e decreto sulla competitività

24 Luglio 2014

Fabrizio Maimeri, Professore Ordinario di Diritto del Mercato Finanziario, Università G. Marconi di Roma

1. Quando si pensa che l’anatocismo abbia ormai esaurito le sue capacità dialettiche, che su di esso si sia detto tutto o quasi, ecco che ritorna, sorprendentemente, a rivendicare un ruolo di protagonista sulle scene (giudiziarie e non) che vedono quotidianamente impegnati banche e clienti.

Sostituita all’uso la delibera del CICR quale fondamento della deroga al divieto dell’anatocismo per banche e finanziarie (anche se questo compito con l’«alta vigilanza» non c’entra gran ché) ed eliminata la disposizione che intendeva risolvere le situazioni pregresse tramite l’intervento della Corte costituzionale (la quale aveva ravvisato un eccesso di delega per questa norma – “salva-banche”, uno slogan molto usato nel tormentone anatocismo – e quindi salvato il contenzioso fra banche-clienti per i contratti in essere e l’anatocismo maturato prima dell’entrata in vogare della menzionata delibera del CICR); imposta la pari periodicità nella capitalizzazione degli interessi sia attivi sia passivi (e cancellata così una prassi che prestava il fianco a critiche mediaticamente accattivanti: quando le banche gli interessi li devono riscuotere, lo fanno ogni tre mesi; quando devono pagarli, lo fanno ogni anno); risolta, da Cassazione, legislatore, Corte costituzionale (attori spesso impegnati in questa vicenda) la questione della decorrenza del dies a quo per l’applicazione della prescrizione alle pretese di indebito a seguito dell’applicazione illegittima dell’anatocismo; tutto ciò acquisito sembrava proprio che, dopo quasi quindici anni, si potesse aprire un periodo di relativa certezza di regole, che consentisse a tutti gli interessati di metabolizzare quel molto che era successo e di delineare un quadro stabile della situazione.

Anzi, era anche stata autorevolmente elaborata, argomentata e giustificata la tesi per cui di anatocismo nelle operazioni in conto corrente non era il caso di parlarne per mancanza dei presupposti1: non ha avuto il successo che meritava, ma comunque pareva potesse fornire qualche spiraglio per una risoluzione della questione in via definitiva.

Quando insomma tutto sembrava congiurare per una stabilizzazione della vicenda, quasi un esaurimento delle capacità dialettiche del fenomeno “anatocismo”, ecco che le cose sono andate diversamente e nel giro di poco più di sei mesi si sono registrati due interventi legislativi volti l’uno a eliminare la capitalizzazione e l’altro a ripristinarla, sia pure entro limiti più ristretti. Non si saprebbe agevolmente spiegare un siffatto atteggiamento del Parlamento a un cittadino europeo che lo chiedesse, ma tant’è, si tratta di un’altra manifestazione di schizofrenia di cui le cronache legislative non sono avare. Ciò detto, forse il criterio più efficace da seguire è quello di mettere a confronto le tre formulazioni del comma 2 dell’art. 120 TUB di cui occorre occuparsi, quella iniziale, quella inserita nella legge di stabilità 2014 e quella introdotta dal decreto competitività: due sedes materiae, come ognun potrà rilevare, in cui quasi tutto si può andare a cercare, ma non una disposizione sulla capitalizzazione degli interessi (che si diceva a proposito di schizofrenia legislativa?)2. Di qui la tabella che segue.

Art. 120 T.U.B. Art. 1, comma 629, Legge n. 147/2013
(legge di stabilità 2014)
Art. 31, d.l. 24 giugno 2014, n. 91
2. Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori. 629. All’articolo 120 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993. n. 385, il comma 2 è sostituito dal seguente:
“2. Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che:
a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori;
b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possono produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale.
1. Il comma 2 dell’art. 120 del decreto legislativo 1°settembre 1993, n. 385, è sostituito dal seguente:
“2. Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione, con periodicità non inferiore a un anno, di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni disciplinate ai sensi del presente Titolo. Nei contratti regolati in conto corrente o in conto di pagamento è assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nell’addebito e nell’accredito degli interessi, che sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, comunque, al termine del rapporto per cui sono dovuti interessi; per i contratti conclusi nel corso dell’anno il conteggio degli interessi è comunque effettuato il 31 dicembre.
2. Fino all’entrata in vigore della delibera del CICR prevista dal comma 2 dell’art. 120 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, continua ad applicarsi la delibera del CICR del 9 febbraio 2000, recante “Modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria (art. 120, comma 2 del Testo Unico bancario, come modificato dall’art. 25 del d.lgs. 342/99)”, fermo restando quanto stabilito dal comma 3 del presente articolo.
3. La periodicità di cui al comma 2 dell’art. 120 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, si applica comunque ai contratti conclusi dopo che sono decorsi due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge (rectius d.l.)e quelli conclusi nei due mesi successivi sono adeguati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con l’introduzione di clausole conformi alla predetta periodicità, ai sensi dell’articolo 118 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.

 

2. Prima di procedere al commento delle disposizioni ora riprodotte, si vuole ricordare che la disposizione della legge di stabilità riporta la situazione a quella registratasi all’indomani del revirement della Cassazione del 1999, quando cioè la S.C. si accorse, re melius perpensa, dopo quarant’anni e una cospicua serie di precedenti uniformi, che l’uso contrario di cui all’art. 1283 c.c. non era normativo ma contrattuale e quindi la deroga al divieto di anatocismo per le banche non era più legittima. L’anatocismo divenne quindi, da un giorno all’altro, pratica illegale e foriera di danni per la clientela a far data dall’entrata in vigore dell’art. 1283 c.c. (cioè del codice civile), trattandosi di nuova interpretazione della corte di legittimità e quindi valevole ex tunc. Oggi la situazione sarebbe la stessa, ove l’anatocismo dovesse considerarsi eliminato e comunque dovesse esserlo, sia pure con la differenza che, trattandosi di un disposto normativo, esso decorrerebbe dalla sua entrata in vigore e non avrebbe l’efficacia di una sentenza interpretativa.

All’epoca, molti commentatori segnalarono come una simile statuizione avrebbe condotto l’Italia fuori dalle pratiche uniformemente conosciute e applicate nel mondo occidentale (e oltre), perché la capitalizzazione degli interessi è prassi diffusa e comune a tutte le banche, sicché la posizione della Cassazione, se non si fosse corretta, avrebbe attentato al la parità concorrenziale (il level playing field), avrebbe cioè posto le banche italiane (e le filiali di banche estere operanti in Italia), in una situazione di svantaggio competitivo rispetto al resto della UE (reverse discrimination). Fu in primo luogo questa considerazione a spingere il Governo a inserire nel decreto delegato di riforma del TUB (che era in quei mesi in corso di elaborazione: il d.lgs. n. 342/1991) il comma 2 dell’art. 120, proprio per la necessità di fare presto ed evitare soluzioni di continuità nella pratica della capitalizzazione degli interessi. Ci si chiede se siffatta valutazione sia venuta meno ovvero se vi siano elementi obiettivi che spingano il legislatore a modificare questa impostazione e a procedere esattamente nel senso che nel 1999 appariva impercorribile.

Ora, avendo riguardo alla formulazione della legge di stabilità, la ratio di quest’ultima è quella di eliminare dall’ordinamento l’anatocismo e ciò lo si deduce proprio dalla modifica dell’incipit del nuovo comma 2, là dove si incarica il CICR di stabilire modalità e criteri non più per la «produzione di interessi sugli interessi», bensì per la «produzione di interessi»: al di là della difficoltà di immaginare cosa voglia in concreto dire fissare criteri per la produzione degli interessi che, essendo frutti civili, maturano giornalmente sul capitale, questa sembra essere la manifestazione più evidente della volontà legislativa di abrogare l’anatocismo (di qui le preoccupazioni sul level playing field di cui sopra).

Questo elemento costituisce verosimilmente il fondamento dell’affermazione, presente nel dossier della Camera dei Deputati3, nel quale, descrivendo i contenuti della legge di stabilità, si dice, a proposito del comma 629, che «la nuova formulazione mira a introdurre il divieto di anatocismo nell’ordinamento bancario».

Se dunque si può convenire sulla finalità dell’intervento, sulle modalità con il quale è stato confezionato non poche appaiono le perplessità, a cominciare dalla stranezza di attribuire al CICR la definizione delle modalità di una capitalizzazione semplice e comunque di conferirgli il potere di disciplinare un fenomeno (l’anatocismo) che si vuole eliminare. La strada più breve e più chiara per perseguire l’obiettivo sarebbe stata quella di abrogare semplicemente il comma 2 dell’art. 120 TUB, togliendo così il fondamento alla legittimità del passaggio di interessi a capitale.

Proprio questa volontà di eliminare «l’odioso fenomeno dell’anatocismo bancario»4 è stata alla base dei molti segnali di soddisfazione che hanno seguito l’apparizione della disposizione in esame, anche se questi “festeggiamenti” non sono stati disgiunti da perplessità applicative5.

3. Cercando tuttavia di fornire una qualche valutazione di merito – trattandosi di norme recentissime e di scarsa comprensibilità, si avverte che qualche notizia l’autore l’ha rintracciato in siti internet, mancando a oggi, a quanto consta, riflessioni o commenti su riviste, cartacee o informatiche –, è da osservare che la nuova lett. b) del comma 2 dell’art. 120 TUB sembra mantenere in vita, sia pure per una sola volta, la capitalizzazione, dal momento che testualmente si riferisce a interessi «capitalizzati», cioè che si sono trasformati in capitale. Sembrerebbe infatti che nel rapporto di conto si sia verificata una capitalizzazione, ma che dopo, vale a dire «nelle successive operazioni di capitalizzazione» (quelle dei trimestri seguenti, sembra doversi intendere), non possono prodursi «ulteriori» interessi composti. Ammesso che sia questa l’interpretazione di un così criptico passaggio normativo6, ne sfugge il senso (perché una volta sola e non mai?), mentre ne è di immediata comprensione la complessità contabile7.

Occorre infatti affiancare al conto capitale un conto interessi, al fine di tenere separati nel tempo i due saldi e ciò, ovviamente, sia per i rapporti a credito sia per quelli a debito per la banca. Una conseguenza certa è quindi la profonda modifica del sistema contabile e di software delle banche, con costi che non è difficile prevedere su quali soggetti vengano a scaricarsi. Si immagini un deposito: chi impedisce al depositante, all’indomani della contabilizzazione separata, di trasferire gli interessi sul conto capitale, in modo che essi, di fatto, tornino a divenire, per l’appunto, capitale? E allora a che servono i due conti? E per contro: in un’operazione di fido in conto corrente, avendo due saldi da farsi rimborsare, che sorte darà la banca alla rimessa accreditata? L’imputerà prima al capitale e poi agli interessi, come consente l’art. 1194 c.c.? E se la rimessa è superiore agli interessi addebitati, darà due imputazioni contabili a fronte di un’unica rimessa?

4. Queste osservazioni, in primo luogo, lasciano aperto il problema dell’applicabilità del precetto anche ai mutui. A dire il vero, almeno secondo una tesi, non vi sarebbe nulla da capitalizzare nel mutuo, a meno di non estendere atecnicamente il termine alle ipotesi di rate scadute e non pagate sui quali si formano interessi che attengono però non alle rate (composte di capitale e interessi) bensì al debito globale che incombe sul mutuatario e che è un mero debito pecuniario, ormai distaccato dall’obbligazione che l’ha generato. Ciò del resto è comprovato anche dall’art. 3 della delibera CICR del 2000, laddove si dispone che, in caso di inadempimento all’obbligo di pagare le rate alle scadenze temporali predefinite, sono dovuti, se contrattualmente convenuti, gli interessi a decorrere dalla scadenza sull’importo «complessivamente dovuto» (e, dunque, anche sulla rata o parte di rata che comprende interessi corrispettivi); su tali interessi invece non è consentita la capitalizzazione periodica8. Occorre però ricordare che con l’avvento del testo unico bancario è stata abrogata e non riproposta la disposizione – contenuta nel r.d. n. 646/1905 (art. 38 t.u. sul credito fondiario) ed analogamente ripresa all’art. 14, comma 2, del d.P.R. n. 7/1976 – per cui continuavano a maturare interessi sulle rate insolute9, disposizione che fondava positivamente la valutazione del debito di rata come unicum10.In relazione a questo quadro in evoluzione (in cui però c’è pur sempre il disposto di una delibera del CICR integrativa di una norma primaria), si perviene alla decisione, un po’ apodittica per la verità quanto a motivazione, per cui «il divieto di anatocismo si applica anche ai contratti di mutuo, a nulla rilevando che, in base al piano di ammortamento, le singole rate di rimborso del prestito comprendano capitale e interessi»11.

In questo rinnovato contesto, al di là della delibera del CICR e dell’utilizzo dei termini «interessi periodicamente capitalizzati», non è escluso che la nuova disposizione in commento possa trovare applicazione anche per i mutui, con la conseguenza che gli interessi di mora che maturano sulle rate scadute, possono essere applicati solo alla quota capitale delle singole rate e, come ora, non sono suscettibili di alcuna forma di capitalizzazione.

5. In secondo luogo, le stesse osservazioni, cui si aggiungono quelle di cui al paragrafo precedente, aiutano ad affrontare e risolvere un’altra questione interpretativa della norma in esame, legata alla entrata in vigore della stessa.

Subito dopo l’emanazione della disposizione, si era diffuso l’orientamento di una immediata applicabilità del divieto, dal momento che essa, trattandosi di norma imperativa, «prevale – sia perché posteriore, sia perché contenuta in una fonte gerarchicamente sovraordinata – su quella attualmente dettata dalla Deliberazione del C.I.C.R. in data 9 febbraio 2000. (…) Tutte queste disposizioni devono ritenersi tacitamente abrogate a decorrere dal 1° gennaio 2014, anche prima quindi che venga emanata la nuova deliberazione del C.I.C.R. cui fa riferimento il novellato art. 120, comma 2, t.u.b. (deliberazione il cui rilievo si esaurisce nel profilo della “trasparenza”, cui è intitolato l’intero titolo VI del testo unico bancario, in cui è inserito l’art. 120 in commento; ma la cui mancata emanazione non può in ogni caso pregiudicare l’applicazione di una norma imperativa come quella in esame). (…) I contratti di finanziamento bancario devono essere quindi tempestivamente adeguati, a partire dal 1° gennaio 2014, affinché risulti chiaro che in nessun caso gli interessi dovuti in base alle previsioni contrattuali o per legge possono produrre ulteriori interessi (con conseguente prevalenza sulle diverse previsioni eventualmente contenute nei capitolati e condizioni generali di contratto)»12.

Questa tesi, a parte la sua difficile percorribilità in concreto a causa dell’esiguità del tempo a disposizione per modificare i contratti13, in realtà non valutava del tutto appropriatamente vuoi l’esistenza, nella norma in esame, di un esplicito rinvio ad una delibera del CICR, vuoi il contenuto della disposizione stessa, la quale invero presenta «un contenuto non sufficientemente delineato dal legislatore primario, con la conseguenza di riconoscere alla delibera del CICR un ruolo non secondario nel completamento del precetto normativo»14. Da un lato, quindi, il rinvio alla delibera CICR rappresenta l’ulteriore conferma di quella normativa “delegificata”, che prevede, per il suo completarsi, l’intervento necessario delle autorità amministrative che riempia di contenuto i principi esposti nella norma primaria15, anche quando essi appaiano a prima vista sufficienti e self explaning; dall’altro, esso nel caso di specie si presenta come particolarmente necessario ai fini del completamento della disposizione, a cagione delle diverse interpretazioni che il testo consente e delle difficoltà applicative che lo stesso suscita.

E in effetti lo stesso Consiglio del Notariato, prefigurando come presupposto inespresso che la clausola in parola si applichi ai mutui (probabilmente perché solo in questo caso si dà luogo a un interesse professionale della categoria), oltre ad elaborare le due alternative interpretative sopra esposte (interessi moratori calcolati sulla quota capitale delle rate scadute e non pagate; divieto di interessi ma solo dopo una prima capitalizzazione), ne postula ancora una terza, che fa leva sulla sottile distinzione dottrinaria fra anatocismo (produzione di interessi sugli interessi ai sensi dell’art. 1283 c.c.) e capitalizzazione (applicazione della disciplina stabilita per l’obbligazione del capitale all’obbligazione degli interessi), di modo che «è come se la nuova lettera b) dell’art. 120 TUB avesse stabilito come limite invalicabile per la futura delibera CICR, che gli interessi che scadono periodicamente vengono assimilati, quanto al trattamento giuridico, al capitale, il quale peraltro sarebbe infruttifero, in conformità alla deroga dell’art. 1282, comma 1, c.c. (“i crediti… di somme di denaro producono interessi di pieno diritto… salvo che la legge o il titolo dispongano diversamente”). Il che probabilmente spiegherebbe la previsione secondo cui “gli interessi ulteriori… sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale”»16.

Verrebbe da dire “chi più ne ha più ne metta” tanto è oscura e suscettibile di diverse valutazioni l’applicazione del divieto di anatocismo contenuto nella norma di legge in esame, sicché non solo per principi di esegesi istituzionale della c.d. “legislazione integrata”, ma proprio per dare interpretazioni sicure è necessario l’intervento del CICR, prima della cui delibera non può considerarsi entrata in vigore la norma primaria: si condivide la tesi per cui «occorrerà attendere (…) per la piena operatività della nuova norma, la delibera del CICR che al di là dell’aspetto formale di provvedere alla sostituzione della vecchia delibera del 2000, sul piano sostanziale potrà sciogliere ogni dubbio interpretativo, tanto nell’ipotesi in cui presenti un contenuto sostanzialmente riproduttivo della precedente delibera (…) quanto nell’ipotesi in cui sia portatrice di un contenuto completamente nuovo (…) con cui venga riscritta ex novo la disciplina dell’anatocismo bancario»17.

6. Un aspetto che non si ritiene debba revocarsi in dubbio ma che vale la pena sottolineare è che quanto si sta fin qui esponendo ha riguardo esclusivamente agli interessi, debitori o creditori, calcolati sul conto corrente e (seguendo un certo orientamento giurisprudenziale) sui mutui. Ciò vuol dire che l’addebito delle competenze, delle commissioni e quant’altro, finora casualmente, per comodità e in omaggio a nessuna prescrizione vincolante, coincidente con il momento di liquidazione e registrazione degli interessi, seguirà, potrà seguire, dopo l’eliminazione dell’anatocismo, una periodicità concordata fra le parti ma ovviamente in sé autonoma.

Si vedrà fra breve come questo rilievo diverrà importante alla luce dell’altra modifica che si passerà a illustrare, dopo aver riepilogato le conclusioni (provvisorie e in attesa comunque della delibera del CICR) cui si è ritenuto possibile giungere:

a) sulle operazioni regolate in conto corrente, ribadita la pari periodicità del conteggio degli interessi, è prevista una prima capitalizzazione (si ignora perché non sia stata vietata anche quella), dalla quale deriva un saldo;

b) nel periodo successivo, su questo saldo maturano interessi, i quali, essendo il primo saldo formato da capitale e interesse, non può che costituire nel suo complesso il montante sul quale calcolare gli interessi maturati;

c) questi interessi però non passeranno a capitale, ma verranno iscritti in un apposito conto a lateredel conto corrente, che rappresenta invece il capitale sul quale calcolare gli interessi;

d) se si ritiene che i principi ispiratori di questo meccanismo siano estensibili anche ai mutui, ciò significherà che sulle rate scadute e non pagate gli interessi moratori (che già non si capitalizzavano) debbono essere conteggiati sulla sola quota di capitale presente in dette rate;

e) la previsione di un rinvio alla delibera del CICR e la difficoltà a trovare un univoco significato alla disposizione primaria, fa sì che questa possa essere operativa solo dopo che sia stata emanata la menzionata delibera, applicandosi fino ad allora il meccanismo anatocistico secondo quanto stabilito dall’altra deliberazione del Comitato in data 9 febbraio 2000.

Sono passati vari mesi dalla pubblicazione in Gazzetta della legge di stabilità senza che si siano avuti segnali di una qualunque attività del CICR (bozze, documenti di consultazione e così via); ciò induceva a pensare che neppure per il Comitato appariva agevole svolgere il compito di interprete di una norma oscura, quasi che un intervento dell’Autorità di vigilanza dovesse scontare una revisione del testo primario, che lo rendesse almeno comprensibile18.

Ecco allora che il Governo, cogliendo l’occasione, ancora una volta, di un decreto-legge di tutt’altro contenuto, sostituisce di nuovo il comma 2 dell’art. 120 TUB (con l’art. 31, comma 1 del d.l. n. 91/2014) e, nella sostanza, inserisce di nuovo nell’ordinamento la capitalizzazione.

Anche qui la conferma dell’intento “restauratorio” sta nell’incipit del comma dove torna la dizione originaria, secondo la quale il Comitato è incaricato di stabilire le modalità e i criteri per la «produzione di interessi sugli interessi», anziché per la «produzione di interessi».

Tuttavia questa norma è stata caratterizzata da due elementi che vale la pena sottolineare. Il primo è che il Governo, che l’ha inserita nel d.l., stenta a riconoscerne la paternità: il decreto è sulla competitività e quindi di competenza del Ministro dello Sviluppo economico, che però ne ha imputata la responsabilità al collega dell’economia 19; “fonti” di quest’ultimo dicastero avrebbero sottolineato la natura “mostruosa” di simili decreti, affermando peraltro che la norma in questione «viene da Bankitalia e dipartimento del Tesoro, un favore clamoroso su pressione delle banche»20.

Il secondo elemento, lo si è già accennato, è la percezione del provvedimento in esame come un “regalo” alle banche (appunto come una norma “salva banche”, secondo uno slogan evergreen), che avrebbe vanificato, ribaltandola, una conquista della clientela, qual era l’abolizione della capitalizzazione21. Il rappresentante della Banca d’Italia, a latere dell’Audizione innanzi alle competenti Commissioni del Senato resa il 9 luglio 2014, avrebbe affermato22 che «qualsiasi paese che non abbia una legislazione islamica accetta l’applicazione degli interessi composti, nessuna economia di mercato può funzionare senzaquesto meccanismo»23, affermazioni che probabilmente rappresentano un modo diverso di ribadire quanto dal 1999 si va dicendo, cioè che l’anatocismo è prassi in tutti i paesi industrializzati e che è opportuno che l’Italia non si distacchi da essi, creando uno ius singulare foriero solo di difficoltà di mercato. Così, qualche commentatore ha raccolto, tra chi grida le ragioni di ostilità al provvedimento, anche il sussurro di chi ricorda che la norma sull’anatocismo «prevede il pagamento degli interessi sugli interessi, sia attivi che passivi. In sostanza, non si tratterebbe di una prassi da considerarsi esclusivamente “a vantaggio” degli istituti di credito, che vi sono parimenti sottoposti quando si tratta di spesare, ad esempio, depositi o emissioni obbligazionarie. Il provvedimento potrebbe così subire degli “aggiustamenti” nei dettagli tecnici, ma restare in vigore durante il passaggio in Commissione»24.

Tuttavia: è vero che la capitalizzazione costituisce una mera regola di matematica finanziaria (quel regime di interesse composto che, ad esempio lo Stato applica tranquillamente sui Bot) i cui effetti sul tasso di interesse sono quantificabili matematicamente (tasso x%capitalizzato = tasso x + y% non capitalizzato: del resto, l’ISC serve proprio a far conoscere all’affidato il tasso di interesse capitalizzato); è vero che ad ogni aggiustamento normativo seguirà un conseguente aggiustamento finanziario nei tassi applicati in base a formule note, sicché il vantaggio per la clientela è ben definito e determinabile; è vero che, come si è dimostrato, la versione del comma 2 dell’art. 120 di cui alla legge di stabilità abbisogna di interventi di legislazione primaria che lo mettano in grado di fornire indicazioni chiare almeno al CICR; è indubitabile però che il “cambiare le carte in tavola” dopo appena sei mesi non può non avere il suo peso nel dibattito politico, in un clima non favorevole agli interessi delle banche o, almeno, a quelli che vengono considerati tali dai cittadini.

Lo “scaricabarile” sulla stessa paternità della disposizione25 e la convinzione che si tratti di un “regalo” alle banche, cioè ancora una volta di una vittoria delle lobby corporative sull’interesse generale26, rendono particolarmente complicato già il semplice mantenimento della disposizione nel corso dei lavori di conversione27, tanto che essa sarebbe stata bocciata in Commissione bilancio28. Ciò per dire che le considerazioni che seguono sono intrinsecamente provvisorie e le proposte di modifica che si tratteggeranno probabilmente vellitarie.

8. Venendo al contenuto della disposizione, è evidente che la novità rispetto al passato (oltre alla “riabilitazione” della capitalizzazione) consiste nel periodo minimo di capitalizzazione, individuato nell’anno solare. Il CICR, nella delibera del febbraio 2000 tuttora vigente, lasciava libere le parti di individuare contrattualmente il periodo di capitalizzazione, fermo l’obbligo della pari periodicità fra interessi attivi e passivi nelle operazioni in conto corrente, mentre il d.l. impedisce che possano essere stabilite capitalizzazioni infrannuali. Tanto che per un rapporto in conto corrente stipulato durante l’anno, la prima capitalizzazione si avrà al 31 dicembre. Si tratta di una disposizione non di trasparenza, bensì di carattere riequilibratore del rapporto banca-cliente, dal momento che il legislatore ritiene maggiormente equo risparmiare al cliente correntista periodi di capitalizzazione inferiori all’anno e lo impone con una norma di chiaro stampo dirigistico.

A questo riguardo va ripresa, sia pure sotto altra angolazione, l’osservazione già svolta al § 2, cioè che la materia della trasparenza, considerata di ordine pubblico e quindi imperativa, si impone pure agli operatori comunitari in Italia, con la conseguenza che anche le filiali nazionali di banche comunitarie sono obbligate a questa periodicità forzata, che non esiste nei Paesi di origine; speculare differenza di trattamento si registra per le filiali di banche italiane che operano in Paesi comunitari, dove possono prevedere liberamente i periodi di capitalizzazione. Insomma: la modifica legislativa in commento presenta profili di incidenza sulla parità di trattamento degli operatori comunitari e delle operazioni da essi posti in essere.

Può poi non essere del tutto sicuro che all’affidato “convenga” vedersi addebitato in un sol colpo a fine anno tutti gli interessi e che quindi l’effetto riequilibratore della disposizione sia effettivamente raggiunto. Forse lasciare al CICR – se non alle parti – una maggiore flessibilità nello stabilire la periodicità di capitalizzazione non avrebbe guastato. La disposizione in esame si applica peraltro solo ai contratti regolati in conto corrente o ai conti di pagamento, con la conseguenza che per tutti gli altri rapporti (a cominciare dai depositi) non vi è alcun vincolo di legge alla individuazione del periodo di capitalizzazione degli interessi maturati.

È vero che, teoricamente, gli interessi potrebbero scritturarsi, come oggi, trimestralmente e portarli a capitale annualmente, ma ciò vorrebbe dire attivare quel conto interessi che si affianca al conto corrente e che si è visto costituire uno degli ostacoli operativi più importanti della soluzione fatta propria dalla legge di stabilità 2014. Ove quindi si immagini una capitalizzazione/scritturazione annuale dell’importo degli interessi, appare quasi inevitabile (come anticipato al § 6) disgiungere – ribaltando la prassi attuale e consolidata – il momento dell’addebito degli interessi da quello dell’addebito delle altre spese e commissioni inerenti al rapporto, le quali, verosimilmente, potranno essere addebitate volta a volta che vengono sostenute ovvero essere mantenute a periodicità trimestrale.

9. Forse proprio nell’intento di evitare quelle difformità interpretative circa i tempi di entrata in vigore della normativa evidenziatesi con riguardo all’intervento operato dalla legge di stabilità 2014 (§ 5), quello in esame presenta una complessa e dettagliata regolamentazione transitoria, alla quale anzitutto si evince che il rinnovato comma 2 dell’art. 120 TUB avrà vigore solo successivamente alla emanazione della delibera del CICR, depotenziando così che si ponga anche per questa modifica il rischio di una operatività immediata. Il comma 2 del predetto art. 31, infatti, espressamente dispone che, «fino all’entrata in vigore della delibera del CICR prevista dal comma 2 dell’articolo 120 TUB, continua ad applicarsi la delibera del CICR del 9 febbraio 2000, recante “Modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria”».

Ciò chiarito, al fine di comprendere la disciplina transitoria del nuovo comma 2 dell’art. 120 TUB, è necessario individuare il momento di entrata in vigore del d.l., indicato, dall’art. 35, nel «giorno successivo aquello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana», vale a dire il 25 giugno 2014.

Una volta accertato questo dies a quo, la regolamentazione in esame può così riassumersi:

a) la periodicità annuale (o quella superiore eventualmente prevista dal CICR per talune operazioni) si applica ai contratti conclusi dopo due mesi a far data dal 25 giugno 2014;

b) i contratti conclusi nel periodo di due mesi di cui alla precedente lettera e i contratti in corso alla data del 25 giugno 201429devono essere adeguati entro sei mesi dallo stesso 25 giugno 2014, «con l’introduzione di clausole conformi alla predetta periodicità, ai sensi dell’articolo 118 del TUB».

La previsione sub a) merita qualche attenzione. Essa infatti prevede che per i contratti successivi al 25 giugno 2014 trovi applicazione tout court la nuova periodicità; tuttavia tale nuova periodicità postula, per dirsi compiutamente entrata in vigore, la delibera del CICR che per la data richiamata potrebbe non essere disponibile (ed è probabile che non lo sia, a meno che il CICR non decida di lavorare “a scatola chiusa” sul d.l. a prescindere dai lavori parlamentari di conversione e dal loro esito, lavori che, per l’appunto, debbono concludersi in contemporanea con i due mesi previsti dalla disposizione in esame). È evidente la finalità pragmatica del legislatore: evitare che si stipulino un gran numero di contratti in conto corrente, suscettibili poi di aggiornamento; individuare il termine del 25 agosto a questo fine, termine a decorrere dal quale è bandita, per i nuovi contratti, ogni periodicità infrannuale di capitalizzazione. È anche però certa la stranezza di imporre alle banche di muoversi senza avere disponibile il pronunciamento del CICR: del resto, se la delibera del 2000 rimane in vigore fin quando non viene sostituita da altra delibera, perché prima che ciò avvengo si deve disapplicare (al buio) quella delibera per i contratti nuovi?

Si ritiene che la regolamentazione, proprio in virtù dell’affermazione di perdurante validità della delibera oggi in vigore, acquisterebbe maggior coerenza se il dies a quo coincidesse con la data della pubblicazione della delibera in Gazzetta Ufficiale, perché solo allora possono scattare gli adempimenti necessari per adeguare alla complessiva disciplina l’operatività dei nuovi contratti e quella dei contratti in essere.

Ciò detto in funzione di più coerente disciplina, va anche precisato che la capitalizzazione, intesa come momento nel quale scritturare gli interessi a capitale, è rimandata, in via di fatto, al 31 dicembre 2014, data per la quale si ritiene che la normativa sia stata completata e le banche saranno quindi in grado di gestire la nuova situazione contabile. Quel che invece “stona” è l’obbligo per le banche di rivedere al buio i testi contrattuali che devono proporre ai clienti dal 28 agosto 2014.

Al netto dell’involontario velleitarismo di cui si è detto, questo profilo meriterebbe un affinamento in sede di conversione del provvedimento (se conversione per l’art. 31 vi sarà).

10Per quanto riguarda le modalità con le quali pervenire all’adeguamento dei contratti in essere, è lo stesso legislatore che richiamalo iusvariandidi cui all’art. 118 TUB, in modo un po’ diverso, ma simile, da quanto accadde a suo tempo per l’introduzione della commissione sull’accordato o della rinnovata commissione sul massimo scoperto (art. 2-bisdel d.l n. 185/2008, convertito con legge n. 2/2009). Il comma 3 dell’ora menzionato articolo disponeva infatti che l’obbligo di adeguamento «costituisce giustificato motivo agli effetti dell’art. 118, comma 1, TUB». Qui invece si dice che l’adeguamento dei contratti avverrà «ai sensi dell’art. 118» TUB.

Il richiamo all’esperienza trascorsa si impone perché, avendo le banche seguito la procedura di cui allo ius variandi, si sono viste poi contestare questa scelta poiché la necessità di adeguamento costituisce sì un giustificato motivo ex lege, ma non è stata ritenuta sufficiente a superare l’altro presupposto per la percorribilità della procedura in questione, cioè che la modifica non sia da considerarsi nuova rispetto alla precedente condizione.

È vero infatti che la formulazione adottata dal legislatore, attribuendo la qualifica di “giustificato motivo” alla novella legislativa, ha aperto «la strada alla modifica unilaterale del rapporto», fermo restando però che lo iusvariandi di cui all’art. 118 è «utilizzabile solo per le modifiche di una clausola preesistente, ma non per l’introduzione di una nuova clausola. (…) Ebbene, dall’esame della documentazione ed, in particolare, dal tenore letterale della modifica operata dalla banca, appare che nella specie quest’ultima ha inteso introdurre una clausola nuova (…). Il che rende illegittima la variazione unilaterale nel caso in esame»30. Forse è proprio per evitare una simile soluzione (che, pur nel suo rigore giuridico, di fatto rende impossibile l’adeguamento in contratti di massa), che il legislatore ha scelto una formulazione che dovrebbe mettere al sicuro da simili interpretazioni, poiché autorizzare l’adeguamento ai sensi dell’art. 118 TUB vuol dire autorizzare le banche a utilizzare la procedura ivi stabilita nel suo complesso, facendo a meno di scrutinare l’esistenza di un giustificato motivo o la mancanza di “novità” della clausola che si va a introdurre. Senza contare poi che in questo caso la clausola di individuazione sia dell’anatocismo sia della periodicità prescelta è presente per legge nei contratti e quindi la prefigurata modifica non è davvero introduzione di clausola nuova, bensì cambiamento di una esistente.

 

1 P. Ferro-Luzzi, Dell’anatocismo, del conto corrente bancario e di tante cose poco commendevoli, in Riv. dir. priv., 2000, 201; Id., Una nuova fattispecie giurisprudenziale: «l’anatocismo bancario»; postulati e conseguenze, inGiur. comm., 2001, I, 5: U. Morera, Anatocismo bancario ed errori di prospettiva: nonostante la cassazione, c’è luce in fondo al tunnel, in Giust. civ., 2005, I, 1841.

2 Non del tutto oggettiva sembra perciò l’osservazione di R. De Vincenzo (Attenzione il dl 91 del 24/6/14, il cui oggetto è completamente diverso, all’interno è stato reintrodotto l’Anatocismo bancario! [sic], in www.usurabancaria.com), il quale osserva che “in questo decreto d’urgenza [competitività] avente per oggetto tutt’altro, è stato reintrodotto l’anatocismo!!!”, omettendo però di ricordare che è accaduta la stessa cosa con la disposizione che intendeva eliminarlo. Quando lo si toglie il luogo non conta, quando lo si reinserisce invece rileva, tanto che, prosegue De Vincenzo, «facciamo appello in primis, al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, e poi ai Presidenti delle Camere e Presidente del Consiglio, unitamente a tutte le forze politiche» affinché l’art. 31 sia eliminato.

3 Camera dei Deputati, XVII Legislatura, Documentazione per l’esame di progetti di legge, A.C. 1865-A, Dossier n. 95/2 del 19/12/2013. Meno puntuale il commento posto alla seduta del 31 gennaio 2014, che si limita a una parafrasi della norma approvata.

4 Anatocismo vittoria per AssoTutela, in www.ventonuovo.eu. Negli stessi termini Anatocismo bancario, finalmente non si può più generare, in www.consumerismo.it.

5 Di «linguaggio involuto» parla Interessi maturati senza frutti. Azzerato l’anatocismo bancario, in www.notiziariofinanziario.com; «la penna del legislatore, come sovente accade, non è stata particolarmente pulita», scrive M. Mazzola, La nuova disciplina dell’anatocismo bancario nella legge di stabilità: prime note, in www.dirittobancario.it; di «incertezza del linguaggio» si parla in Banca, abolito l’anatocismo: niente più interessi su interessi, in www.laleggepertutti.it.

6 Sembrerebbe muoversi sulla stessa lunghezza d’onda esposta nel testo, ma forse con un rigore ancora maggiore (neppure la prima capitalizzazione dovrebbe essere ammessa?) chi osserva: «secondo il dato letterale, nel momento in cui l’interesse viene capitalizzato (secondo quanto si legge nella prima parte del periodo), quelle che originariamente sono due poste distinte – interesse da un lato e capitale dall’altro – diventano un’unica posta, ossia capitale. All’esito ditale fusione la quota parte di interesse trasformata in capitale non deve produrre interessi. La quota parte di capitale (anch’essa fusa con gli interessi) è invece produttiva di interessi. È evidente che, nella pratica, il contenuto della norma non è attuabile, è come dire che dopo avere fatto il pane si possa ancora distinguere l’acqua dalla farina, alla fine si avrà solo un gran pasticcio!»: così : F. Leo, Annunciato emendamento sullo stop all’anatocismo degli interessi bancari; perplessità sulla formulazione della modifica all’art. 120 TUB, in www.kipling90.com. Negli stessi termini si esprime Novità in tema di anatocismo: modificato l’art. 120 T.U.B., in www.studiodipietro.eu. E.M. Corigliano, Gli interessi periodicamente capitalizzati non possono più produrre ulteriori interessi, in www.expartecreditoris.it.«Risulta difficile (…) comprendere come una volta che gli interessi siano stati capitalizzati, il calcolo della sorte capitale possa prescindere da questi ultimi, sterilizzandoli in modo da renderli infruttuoso»: così M. Mazzola, La nuova disciplina dell’anatocismo bancario, cit.

«Si crea, in buona sostanza, un “monte interessi” da liquidazione periodica di interessi che non si capitalizza e che, dunque, non va assolutamente mescolato con il capitale principale, il quale ha la sua sola origine nel prestito della banca legittimamente produttivo di frutti, liquidabili periodicamente, una sola volta. Ovviamente il saldo del conto viene dato dalla somma del capitale con il monte interessi»: Legge di stabilità 2014: tutte le novità in fatto di anatocismo, in http://sistemapartners.wordpress.com. Nello stesso senso A. Tanza, Anatocismo bancario: le novità introdotte dalla Legge di Stabilità 2014, in www.altalex.com.

7 «Va tuttavia rilevato che l’effettiva attuazione della norma pone delle difficoltà per gli operatori, i quali dovranno tenere distinti due fattori – interesse da un lato e capitale dall’altro – che prima diventano un’unica posta (il capitale), per poi poter essere separati e costituire due autonome basi per il calcolo degli interessi per il periodo successivo»: C. Prencipe, Nuova formulazione dell’art. 120 TUB: interessi calcolati sulla sola quota capitale, in http://iusletter.com.

8 «È nulla, in quanto vìola il divieto di anatocismo di cui all’art. 1283 c.c., la clausola di un contratto di mutuo che preveda la capitalizzazione degli interessi di mora»: così Trib. Milano, 17 febbraio 2007, in Rep. Foro it., 2009, voce Mutuo, n. 26.

9 Proprio questo principio positivo era stato richiamato per giustificare l’applicazione di interessi sull’intero e complessivo debito rappresentato dalle rate scadute e non pagate: «In caso di ritardato pagamento di una rata di mutuo, gli interessi moratori vanno calcolati sull’intera rata, inclusa la parte di essa che costituisce interesse corrispettivo, senza che con ciò possa ritenersi violato il divieto di anatocismo di cui all’art. 1283 c.c., attesa la natura fondiaria del credito e il disposto dell’art. 38 r.d. n. 646/1905»: Trib. Napoli, 8 giugno 2001, in Banca, borsa, tit. cred., 2003, II, 90.

10 C.M. Tardivo, Il credito fondiario nella nuova legge bancaria(5), Milano, 2003, pp. 220-221.

11 Cass., 11 gennaio 2013, n. 603, in Foro it., 2014, I, 128. Afferma in motivazione: «la corte d’appello esclude, nella specie, l’esistenza di anatocismo: non vi sarebbero illegittime forme di capitalizzazione degli interessi, trattandosi di contratto di finanziamento, nel quale la restituzione di singole rate di mutuo costituirebbe l’adempimento di un’unica obbligazione, determinata fin dall’inizio sia nel capitale che negli interessi, secondo il piano di ammortamento contrattualmente stabilito. L’argomentazione non ha pregio: a nulla rileva l’eventuale “ammortamento” comprendente capitale ed interessi. In qualsiasi contratto di mutuo o finanziamento, è sempre possibile distinguere capitale ed interessi corrispettivi. Il divieto di produzione di interessi su interessi è fissato dall’art. 1283 c.c., ai sensi del quale è ammesso soltanto dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla scadenza degli interessi stessi (sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi) salvo usi contrari (ma dovrà trattarsi di usi normativi, e non negoziali o interpretativi)». Come si vede, alcun riferimento alla delibera CICR sopra richiamata.

12 Questo il pensiero del notaio G. Petrelli, Rassegna delle recenti novità normative di interesse notarile, secondo semestre 2013, pp. 32-33, nel sito www.gaetanopetrelli.it.

13 Adempimento peraltro, ad avviso di chi scrive, forse superfluo di fronte a un divieto di anatocismo, che, in forza della sua imperatività, in ogni caso travolgerebbe le clausole difformi, ancorché non cancellate.

14 Così il Consiglio Nazionale del Notariato, Ufficio Studi, quesito n. 80-2014/C.

15 Si è in presenza di «quella “legislazione integrata”, in cui la legge affida a fonti diverse il compito di completare l’innovazione da essa prodotta, rinviando ad una normativa in assenza della quale la legge è, oltre che inapplicabile, incompleta, quanto meno nel senso che gli istituti in essa disciplinati mancano di elementi essenziali per la definizione di alcune delle loro caratteristiche più rilevanti»: Consiglio Nazionale del Notariato, quesito cit.

16 Consiglio Nazionale del Notariato, quesito cit.

17 Consiglio Nazionale del Notariato, quesito cit.

18 «Da ultimo il Cicr, per non far danno alle banche, ha indugiato per quasi sei mesi nell’applicazione dell’art. 120 Tub, come modificato dalla c.d. legge di stabilità, attendendo la norma salva banche. Anche la Banca d’Italia fece passare più di un anno per l’applicazione della legge 108 del 7 marzo 1996, entrata di fatto in vigore il 1° aprile 1997, guadagnandosi dalla Cassazione Penale la definizione di ente che ha aggirato la norma sull’usura»: A. Tanza, Trasparenza bancaria: nuove confusioni sul calcolo degli interessi, in www.ilfattoquotidiuano.it del 30 giugno 2014.

19 Anatocismo bancario: ma non era finito nel cassetto?, in www.ilmessaggero.it del 1° luglio 2014.

20 C. Di Foggia, Interessi sugli interessi, lo scaricabarile del regalo alle banche, in www.ilfattoquotidiano.it del 2 luglio 2014, dove è attribuita al presidente della Commissione Bilancio della Camera l’affermazione per cui si tratterebbe di «una polpetta avvelenata della burocrazia», affermazione peraltro ripresa e confermata da Anatocismo, presentati diversi emendamenti. Boccia (Pd): “una beffa”, in www.repubblica.it/economia del 10 luglio 2014.

21 Di regalo alle banche si parla in www.articolotre.com e di “sbalordimento” dei consumatori www.ilsalvagente.it del 2 luglio 2014.

22 Il condizionale è d’obbligo, perché nel testo depositato dell’audizione e disponibile sul sito www.bancaditalia.it, non v’è alcun cenno al tema dell’anatocismo.

23 Parole riportate in G. Balestrieri, Anatocismo, l’ora della verità. Assist di Bankitalia a Renzi: “Solo nei Paesi islamici non esiste”, in www.repubblica.it/economia del 9 luglio 2014.

24 Anatocismo, presentati diversi emendamenti, cit.

25 Secondo l’articolo di G. Balestrieri cit. alla nota precedente, l’Adusbef avrebbe sottolineato che il governo non solo ha reintrodotto l’anatocismo, «ma si è anche permesso di giocare allo scaricabarile sulla pelle di utenti, consumatori, piccole e medie imprese e delle famiglie, già strozzate ed asfissiate da tassi di interesse molto elevati e ben superiori alla media Ue».

26 «Ancora una volta, la legge dimostra da quale parte preferisce stare…» chiosa ironico Il governo reintroduce l’anatocismo con decreto legge: sostegno alle banche, in www.laleggepertutti.it del 26 giugno 2014.

27 Informa R. Ricciardi, Bond e scaglioni per salvare il fotovoltaico. Anatocismo, valanga di richieste di stop, in www.repubblica.it/economia del 14 luglio 2014 che «sono molti gli emendamenti che puntano alla soppressione dell’articolo. Vengono firmati praticamente da tutte le forse politiche». Quello del M5S lo si ritrova in www.beppegrillo.it, 10 luglio 2014.

28 «La Commissione Bilancio del Senato boccia la reintroduzione dell’anatocismo, il pagamento degli interessi sugli interessi, previsto dal decreto legge sulla competitività: “Non risulta scongiurato il rischio di effetti finanziari negativi per le Pa, in relazione a contratti da queste stipulati, derivanti dall’articolo 31, che introduce un nuovo meccanismo di decorrenza degli interessi sugli interessi maturati (cosiddetto “anatocismo”)»: così Dl competitività, la Commissione Bilancio boccia l’anatocismo, in www.repubblica.it/economia del 16 luglio 2014.

E comunque, quand’anche la disposizione resistesse e la capitalizzazione fosse ripristinata, «con gli strumenti usuali del diritto e della legalità sanciti dalla Costituzione, calpestati dai Governi di turno, che sembrano anche perseguitati da avverse fortune [nell’articolo sono ricordati i provvedimenti “salva banche” approvati dai Governi e bocciati dalla Consulta] quando, per favorire gli esclusivi interessi dei banchieri premiano le stesse banche per aver strozzato e saccheggiato ogni giorno famiglie ed imprese, anche stavolta Adusbef ritiene di avere ottime ragioni giuridiche e morali, per smontare i sofismi giuridici che reintroducono l’anatocismo usurario nei contratti bancari, per stringere ancora di più il cappio al collo delle famiglie e piccole imprese già strangolate ed asfissiate»: così E. Lannutti, Adusbef: “Con Renzi torna l’anatocismo bancario”, in www.ilcittadinoonline.it, 26 giugno 2014. Incalza www.helpconsumatori.it puntualizzando che l’Adusbef, «che usa parole molto critiche nei confronti del provvedimento – “come tutti i governi che lo hanno preceduto dal 1999, il Governo di Matteo Renzi non poteva sottrarsi al ruolo di fedele cameriere dei banchieri” – ha già annunciato che impugnerà il decreto per illegittimità costituzionale».

In ogni caso, www.repubblica.it/economia del 24 luglio 2014 (R. Ricciardi, Competitività, salta la norma sull’anatocismo) dà notizia del fatto che le Commissioni Industria e Ambiente del Senato hanno votato la soppressione dell’art. 31 in materia di capitalizzazione degli interessi. Rimane l’aula ma i tempi stretti di conversione, oltre al clima politico che il voto della Commissione ha manifestato, nondepongono a favore dell’approvazione della disposizione contenuta nel d.l. in conversione.

29 Il secondo periodo del comma 3 dell’art. 31 in esame per la verità ha una formulazione un po’ ambigua. Esso infatti recita come segue: «i contratti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e quelli conclusi nei due mesi successivi sono adeguati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto». Si ritiene che l’utilizzo dei due termini (errato il primo e corretto il secondo) sia una mera svista e che il primo termine non possa essere interpretato come “legge di conversione del presente decreto”, come pure – secondo quanto detto nel testo – sarebbe opportuno.

30 Così Collegio ABF di Napoli, decisione n. 192 del 2 aprile 2010, in www.abf.it.


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