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Ius variandi ed interessi usurari nell’apertura di credito in conto corrente

5 Novembre 2014

Vincenzo Farina, Professore Associato di Diritto Privato presso l’Università del Salento

SOMMARIO: 1– La generale rilevanza del momento della pattuizione ai fini della verifica dell’usurarietà degli interessi. 2- Il sistema di rilevazione del tasso soglia per l’apertura di credito in conto corrente. 3- L’incongruenza di un’interpretazione estensiva del d.l. 29.12.2000 n. 394 ed il problema della variazione non pattuita. 4- L’inadeguatezza di una valutazione dell’usurarietà al momento della pattuizione in ipotesi di ius variandi previsto in contratto.

 

1- Una questione di apprezzabile rilevanza pratica nella ricostruzione giudiziaria del rapporto di conto corrente è rappresentata dallo sforamento del tasso soglia antiusura1 nel corso del rapporto di apertura di credito in conto corrente, a seguito di (legittimo) esercizio dello ius variandi2 in aumento del tasso da parte della banca.

Il legislatore, dopo l’emanazione della normativa antiusura (l. 7. 3. 1996, n. 108), che ha totalmente innovato la disciplina prevista precedentemente dall’art. 644 c.p., accogliendo le pressanti richieste provenienti dal settore creditizio ed in particolare dall’A.B.I., ha emanato il d.l. 29.12.2000, n. 394, convertito con modifiche nella l. 28.2.2001, n. 24. All’art. 1, 1° co., il legislatore ha previsto che ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815, 2° co., c.c. si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento.

Il provvedimento trova la sua genesi nella qualificazione in termini di «usurarietà sopravvenuta» degli interessi sui mutui conclusi prima della l. 7.3.1996, n. 108, il cui saggio di interesse avesse successivamente sforato la soglia per una diminuzione dell’andamento del costo del danaro3.

Successivamente però la giurisprudenza ha affermato che la normativa di interpretazione autentica della l. 7.3.1996, n. 108, che ha fissato la valutazione della natura usuraria dei tassi d’interesse al momento della convenzione e non a quello della dazione, trova applicazione non solo ai rapporti di mutuo, come poteva desumersi dal richiamo all’art. 1815 c.c., ma a tutte le fattispecie negoziali che possano contenere la pattuizione d’interessi usurari4, con l’unica eccezione che il rapporto contrattuale si sia esaurito anteriormente alla data di entrata in vigore della l. 7.3.1996, n. 1085.

È accaduto così che anche per l’apertura di credito in conto corrente e per operazioni similari, il momento dell’individuazione della soglia antiusura è stato riportato alla data dell’originaria pattuizione, senza tenere conto delle successive variazioni operate nel corso del rapporto da parte delle banche.

2- L’esegesi della novella interpretativa da parte della giurisprudenza non pare tenere nella dovuta considerazione i sistemi di rilevazione del tasso soglia, che sono ben differenti tra le classi di operazioni nell’ambito delle quali viene ascritto il mutuo e quelle in cui è ricondotta l’apertura di credito. Si è verificato anche in questo caso un sostanziale scollamento tra le pronunce dei giudici, anche di legittimità, e le modalità di rilevazione adottate dalla Banca d’Italia, talvolta pur pervicacemente in violazione del chiaro enunciato dell’art. 644 c.p.6.

All’uopo occorre evidenziare che il sistema di rilevazione della «soglia», al di sopra del quale l’interesse è da ritenere sempre usurario ai sensi dell’art. 2, ult. co., l. n. 108/1996, è tutto da sempre incentrato, per i mutui ed operazioni similari, sul momento della pattuizione. Di contro, per l’apertura di credito (nonché per finanziamenti per anticipi su crediti e documenti, sconto di portafoglio commerciale, per factoring e per credito revolving) il riferimento per la base di calcolo continuano ad essere le «competenze di pertinenza del trimestre»7.

Nel primo caso rileva il momento della stipulazione del contratto, sia pur risalente nel tempo, nel secondo caso, in cui l’interesse è sovente destinato a mutare nel corso del tempo per decisione unilaterale da parte dell’istituto finanziatore, assume un ruolo centrale, ai fini della qualificazione della usurarietà degli interessi, il tasso effettivamente praticato dall’istituto di credito nel trimestre immediatamente precedente, senza tenere in alcun cale quello originariamente pattuito.

L’estendere a tutte le fattispecie negoziali, che possano contenere la pattuizione d’interessi usurari, la valutazione al momento della conclusione dell’accordo sul punto comporta ancora una volta il rischio (e la sostanziale ingiustizia) di comparazione tra classi di grandezza disomogenea (interesse «pattuito» o «promesso» e interesse nel corso del rapporto «praticato»), che prima dell’avvento della normativa interpretativa della legge antiusura si era verificata per i mutui e per prestiti in genere8.

3- L’incongruenza di un’interpretazione, per così dire, estensiva del d.l. 29.12.2000, n. 394, per come all’apparenza propugnata dalla giurisprudenza, diviene ancora più palpabile sol che si consideri che trattasi, tra l’altro, di rapporti in relazione ai quali è consentito per legge alla banca l’esercizio nel corso del rapporto dello ius variandi (art. 118 t.u.b.).

Una volta pretermessa la rilevanza del tasso «praticato» nel corso del rapporto in luogo di quello «pattuito», rischia di non essere oggetto di alcuna valutazione in sede penale e civile un significativo incremento del tasso (quello «praticato» appunto) successivamente alla conclusione del contratto di apertura di credito, normalmente di durata indeterminata. Operandosi «la valutazione della natura usuraia dei tassi d’interesse al momento della convenzione e non a quello della dazione»9, il mutamento del tasso intervenuto nel corso del rapporto, a seguito di consapevole e volontario esercizio di tale potere da parte della banca, non sarà suscettibile di valutazione alcuna sotto il profilo della ricorrenza dell’usura, che continuerà a commisurarsi con riguardo al tasso originariamente «pattuito».

Tangibile riprova di tale incongruenza la si può rinvenire in quella giurisprudenza di merito che ha fatto piena applicazione dell’esclusiva ed escludente rilevanza del momento della pattuizione. Si è giunti così ad ritenere10, con riguardo ai rapporti tra ius variandi ed usura, la non configurabilità della violazione della disciplina di cui all’art. 644 c.p. allorchè «ricorrano da parte della banca “addebiti unilateralmente eseguiti al di fuori dei patti contrattuali». Nel caso concreto, le variazioni sfavorevoli dei tassi di interesse passivo erano state operate dalla Banca in mancanza, nel contratto, di una specifica pattuizione di ius variandi. In ragione di ciò, il Tribunale ha ritenuto che, costituendo le variazioni operate oggetto di un’unilaterale pretesa della banca, indebita ex art. 2033 c.c. e non anche di una convenzione o una promessa da esaminare ex lege 108\1996, non potessero essere valutate ai fini dello sforamento della soglia usuraria. In tal guisa, si apre la via ad una facile elusione della disciplina antiusura, se è vero che sarebbe sufficiente per la banca “praticare”, al di fuori di ogni pattuizione, degli addebiti da variazione in aumento e, per l’effetto, sforare la soglia senza incorrere in sanzione alcuna, ma tutt’al più correndo il remoto rischio di una eccezione di nullità con riguardo all’addebito degli interessi da parte di un cliente sempre sotto la scure della revoca ad nutum dell’affidamento e dell’imposizione di un rientro immediato.

L’opzione ermeneutica sopra esposta suona di chiara elusione dell’art. 644 c.p. nella misura in cui consente, con una mera annotazione sul conto della somma dovuta a titolo di variazione di saggio interesse non pattuita, di non incorrere nelle sanzioni previste dalla norma. Sta di fatto che se è pur vero che la norma di interpretazione autentica (D.L. 29 dicembre 2000, n. 394) impone che la valutazione dell’usurarietà degli interessi vada operata con riguardo al «momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento», è pure vero che quegli interessi risultano dovuti dal cliente dal momento della loro “annotazione” sul conto in assenza di impugnazione della medesima. Ciò accade in virtù della previsione di cui all’art. 1832 c.c. in tema di conto corrente ordinario, per come richiamato dall’art. 1857 c.c., che impone al cliente un onere di contestazione. L’approvazione del conto ex art. 1832 c.c. rende incontestabili dunque, qualora non siano impugnati, i fatti documentati dalle annotazioni e comporta ex se il riconoscimento del debito e la promessa di pagamento da parte del correntista, pur non impedendo, come è noto, la (sola) formulazione di censure concernenti la validità ed efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti11.

Se così è, l’approvazione (tacita o espressa dell’“estratto conto”), genera il sorgere dell’obbligazione del correntista, sia che si ritenga integrato in conseguenza un accordo con effetti novativi tra banca e cliente12, sia che gli si assegni una natura latu sensu confessoria13 e, comunque, ricognitiva14 del debito verso la banca. In ragione di ciò, al fine di evitare che la fattispecie sia sottratta alla valutazione del giudice penale e di quello civile, ben può soccorrere la previsione, pur contenuta nella stessa disciplina di interpretazione autentica (D.L. 29 dicembre 2000, n. 394), che individua come rilevante la promessa o la pattuizione «a qualunque titolo» essa intervenga. In quest’ambito ben può essere ricondotta l’approvazione dell’estratto di conto corrente e dell’addebito sul medesimo della somma per interessi computata in base al nuovo tasso risultante dalla variazione in aumento. Per conseguenza, la valutazione dell’usurarietà andrà fatta alla data dell’approvazione o della mancata contestazione nel termine pattuito o in quello determinato in forza dell’art. 1832 c.c., senza che vi sia spazio per immunità di sorta.

4- Su questa scia si può giungere a soluzione analoga con riguardo alla diversa ipotesi in cui in contratto, come generalmente accade, sia riconosciuto alla banca il potere di modifica del tasso nel rispetto della previsione di cui all’art. 118 T.U.B.

La sostanziale ingiustizia del confronto con il tasso «praticato» diviene anche in questo caso immediatamente percepibile qualora si tenga presente che l’omessa valutazione del momento dell’applicazione del diverso (rispetto a quello pattuito) ed usuraio tasso potrebbe legittimare un’arbitraria elevazione da parte della banca del medesimo nel corso del rapporto attraverso lo strumento appunto dello ius variandi. Ma ove pure si volesse sperare che simili comportamenti opportunistici non siano mai tenuti dalle banche, non pare peregrino ipotizzare una non convenienza da parte delle medesime ad esercitare il potere di variazione in diminuzione per tutti quei contratti, di cui si è detto, conclusi antecedentemente alla variazione al ribasso dei tassi, allorché la misura degli interessi (attivi per la banca) risulti rispettosa del limite stabilito dalla legge al momento della pattuizione. Ciò è ancor più probabile che accada con riguardo a quella fascia di clientela, meno appetibile per la concorrenza (e perciò stesso più a rischio di usura), che non ha interesse a recedere da un contratto senza essere sicura di poterne stipulare un altro, che continui a sopperire alle sue esigenze di liquidità.

La estrema valorizzazione del momento dell’accordo ha portato, peraltro, a risultati aberranti, in chiara violazione della ratio dell’incriminazione posta a base della disciplina, di cui all’art. 644 c.p. Alla luce delle considerazioni che precedono, riteniamo che il pur consolidato orientamento della Suprema Corte, di cui si è detto, possa essere messo in discussione o, per meglio dire, diversamente interpretato per un plurimo ordine di ragioni.

Già la stessa scelta di obbiettivare15 il concetto di interesse usurario attraverso la rilevazione di un «tasso effettivo globale medio» per operazioni della stessa natura è indicativo di un’intenzione del legislatore che guarda al fenomeno non solo sotto il profilo dell’atto, ma anche dal punto di vista del rapporto. Insuperabili indici, poi, di tale consapevole scelta, si ricavano dallo stesso dettato normativo della l. n. 108/1996, che all’art. 1, come già rilevato, sanziona in via autonoma il comportamento di chi si «fa dare» interessi o altri vantaggi usurari, facendo poi decorrere il termine prescrizionale del novellato reato di usura dal giorno dell’ultima riscossione sia degli interessi che del capitale (art. 11)16. Conseguentemente deve ritenersi l’esistenza di una norma imperativa che vieti non solo la promessa, ma anche l’esazione di interessi superiori al tasso soglia, a prescindere dalla legittimità della previsione contrattuale, che li abbia a suo tempo previsti (prima o dopo l’entrata in vigore della l. n. 108/1996 poco importa) e che, nello stesso tempo, imponga un «prezzo» massimo di «vendita» del danaro.

A ciò aggiungasi che la disciplina di cui alla legge n. 108/1996, quale norma penale parzialmente in bianco17, è integrata e completata, nel suo carattere imperativo di fattispecie incriminatrice, proprio dalle Istruzioni della Banca d’Italia, di cui si è detto e che, con riguardo alle rilevazioni dei tassi soglia per l’operazione di apertura di credito, individuano come termine di riferimento per il calcolo non già l’interesse «pattuito», ma l’interesse «praticato». Se così è, riesce difficile comprendere come, una volta rilevata dalla Banca d’Italia la soglia sulla base del tasso «praticato» tre mesi prima, lo sforamento con riguardo ad operazioni che registrano modificazioni del tasso nel corso del rapporto su iniziativa della banca debba essere verificato confrontando il tasso originariamente pattuito in sede di conclusioni con quello «praticato» a quell’epoca, se mai risalente a diversi anni prima.

Chi scrive non ignora il rilievo secondo cui la l. 28.2.2001 n. 24, di interpretazione autentica della l. 7.3.1996, n. 108, prescinde dalla qualificazione del rapporto in cui siano convenuti interessi usurari e il generale richiamo all’art. 644 c.p. ne estenda il campo di applicazione a tutte le fattispecie negoziali in concreto penalmente sanzionate18. Ma proprio il dato testuale dell’art. 1, 1° co., d.l. 394/2000 pare poter autorizzare un diverso tipo di confronto se è vero che «si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge» non solo «nel momento in cui essi sono promessi», ma anche in quello in cui sono «comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento».

La lettera della legge fa riferimento dunque in termini ampi al tempo in cui gli interessi sono a «qualunque titolo» promessi o convenuti, sicché non si comprende la ragione per cui, nell’ipotesi che tale (nuovo) vincolo obbligatorio per il cliente sorga nel corso del rapporto, non si debba temporalmente fare riferimento a quel momento e non a quello della conclusione del contratto ai fini del raffronto con il tasso soglia.

Nel caso che ci occupa gli interessi, che il cliente sarà tenuto a pagare a seguito dell’esercizio di un potere di «modifica unilaterale delle condizioni contrattuali» previsto per legge, trovano la loro ragion d’essere in un «titolo» negoziale. Invero o sono l’effetto di un negozio giuridico unilaterale, posto in essere dalla banca, senza che abbia alcun rilievo una sua eventuale manifestazione di volontà al riguardo, o sono il frutto di una convenzione sorta a seguito dell’accettazione di una «proposta di modifica unilaterale del contratto» formulata dalla banca e tacitamente accettata dal cliente ex art. 118, 2° co., t.u.b. nella sua nuova formulazione19. Nell’un caso e nell’altro si può sostenere che il cliente si sia (nuovamente e diversamente) obbligato nei confronti della banca in relazione alla prestazione degli interessi. La comparazione dovrà pertanto intervenire tra gli interessi in tal guisa «pattuiti» o «promessi» alla data di assunzione del «nuovo» obbligo ed il tasso rilevato con riguardo agli interessi «praticati» nel trimestre antecedente, senza che possa assumere alcun rilievo l’accordo originario.

Diversamente opinando, non parrebbe azzardato ipotizzare la ricorrenza di una palese disparità di trattamento, valutabile ex art. 3 Cost., tra situazioni in cui il rischio usura pare identico: il debitore sarebbe tutelato per la categoria di operazioni, di cui si è detto, solo se l’interesse sia usurario con riguardo al momento della pattuizione, non già quando divenga tale nel corso del rapporto per unilaterale iniziativa della banca.

 

1 Nell’individuazione di tale soglia si registra di recente una significativa modifica ad opera dell’art. 8, 5° co., lett. d, d.l. 13.5.2011, n. 70 (cd. «decreto sviluppo») con riguardo all’art. 2, 4° co., l. 7.3.1996, n. 108, ove le parole «aumentato della metà» sono sostituite dalle seguenti: «aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali».

2 L’art. 118 t.u.b. è stato di recente integralmente riformulato dall’art. 4, d.lg. 13.8.2010, n. 141. Sulla riforma cfr. Pagliantini, La nuova disciplina del cd. ius variandi nei contratti bancari: prime note critiche, in www.personaemercato.it, 4. 2010, p. 289 ss.; Gambini, Ius variandi bancario e finanziario tra tolleranza e reazione del cliente, in Banca borsa, tit. cred., 2012, p. 415 ss.; Sartori, Sul potere unilaterale di modificazione del rapporto contrattuale: riflessioni in margine all’art. 118 T.U.B., in. Dolmetta, Sciarrone Alibrandi (a cura di), Ius variandi bancario. Sviluppi normativi e diritto applicato, Milano, 2012, p. 127 ss.; Tavormina, Ius variandi e contratti bancari, in Giur. comm., 2013, pp. 309-328 Sull’argomento v. anche, senza pretese di completezza: Capobianco, Contratto di mutuo bancario e ius variandi, in Studi in onore di Ugo Majello, I, Napoli, 2005, p.289 ss.; Sirena, Lo ius variandi della banca dopo il c.d. Decreto legge sulla competitività (n. 223 del 2006), in Banca borsa tit. cred., 2007, I, p. 269 ss.; Id., Le modificazioni unilaterali, in Tratt. Roppo, III, Milano, 2006, p. 141 ss.; Santoni, Lo jus variandi delle banche nella disciplina della l. 248 del 2006, in Banca borsa tit. cred., 2007, I, p. 249 ss.; Morera, Contratti bancari (disciplina generale), ivi, 2008, I, p. 168 ss.; Mirone, Le “fonti private” del diritto bancario: concorrenza, trasparenza e autonomia privata nella (nuova) regolamentazione dei contratti bancari, in Le fonti private del diritto commerciale, a cura di Di Cataldo e Sanfilippo, Milano, 2008, 133 ss.; Pietrunti, «Jius variandi» e trasparenza nella prassi bancaria dopo il riconoscimento legislativo, in Contratto e impresa, 1996, p. 205 ss.; La Rocca, Il potere della banca di modificare unilateralmente i contratti: esigenze sostanziali e principi civilistici, in Banca impresa, 1997, p. 55; Gaggero, La modificazione unilaterale dei contratti bancari, Padova, 1999, p. 394.

3 In senso favorevole all’ammissibilità dell’usurarietà sopravvenuta, cfr. Trib. Napoli, 20.7.1999, in Notariato, 2000, p. 257, con nota di V. Farina, La costituzionalità della normativa antiusura; e in Giur. it., 2000, p. 955, con nota di Pandolfini, Sopravvenuta usurarietà del tasso di interesse e tutela civilistica dell’usura: incertezze e questioni di legittimità costituzionale. Per la giurisprudenza di legittimità v. Cass., 22 aprile 2000, n. 5286, in Giur. it., 2000, p. 1665; in Foro it., 2000, I, p. 2180; in Contr., 2000, p. 688, con nota di Maniaci, La nuova normativa in materia di usura ed i rapporti negoziali in corso; in Giust. civ., 2000, I, p. 1634; in Corr. giur., 2000, p. 878, con nota di Gioia, La disciplina degli interessi divenuti usurari: una soluzione che fa discutere; e in Arch. civ., 2000, p. 111; Cass., 17 novembre 2000, n. 14899, in Banca borsa tit. cred., 2000, II, p. 621, con nota di Dolmetta, Le prime sentenze della cassazione civile in materia di usura ex lege n. 108/1996; in Riv. dir. comm., 2000, II, p. 331; in Foro it., 2001, I, 80, con nota di Al. Palmieri, Tassi usurari e introduzione della soglia variabile: ancora una risposta interlocutoria; e ivi, p. 918, con nota di Scoditti, Mutui a tasso fisso: inserzione automatica di clausole o integrazione giudiziale del contratto?; in Corr. giur., 2001, p. 43, con nota di Gioia, Usura: il punto della situazione; in Giur. it., 2001, p. 311, con nota di Spano, Tassi usurari, mutui a tasso fisso, contratto aleatorio e riflessi sulle operazioni di cartolarizzazione dei crediti; e ivi, p. 678, nota di Tucci, Usura e autonomia privata nella giurisprudenza della Corte di cassazione; in Contr., 2001, p. 151, con nota di Maniaci, Contratti in corso ed usurarietà c.d. sopravvenuta; in Arch. civ., 2001, p. 3; in Nuova giur. comm., 2001, I, p. 129, con nota di Spangaro, Tassi di interesse divenuti usurari alla luce della l. n. 108/1996: nullità sopravvenuta o inefficacia?; in Impresa, 2000, p. 1942, con nota di Cappiello, Sanino e Montonese, Tre commenti in tema di «usura sopravvenuta»; in Giornale dir. amm., 2001, p. 355 con nota di Borrello, Mutui bancari e usura; in Vita not., 2001, p. 103, con nota di Putti, I mutui usurari e la rilevabilità d’ufficio della nullità; in Resp. comunicazione impresa, 2000, p. 607, con nota di Farolfi, Tassi usurari e mutui bancari: è ancora possibile un’«armonia degli opposti»?; e in Fallimento, 2001, p. 1313, con nota di Petraglia, Anatocismo ed usura nei contratti a medio e lungo termine. Inmotivazione ivi si afferma: «Premesso che una pattuizione di interessi intervenuta prima dell’entrata in vigore della legge 108/1996 non può, stante il principio dell’art. 25, 2° co., Cost., essere ritenuta penalmente rilevante sol perché detti interessi risultino superiori alla soglia fissata, questa Corte ha osservato che, pur dovendosi ritenere in via di principio che il giudizio di validità vada condotto alla stregua della normativa in vigore al momento della conclusione del contratto, tuttavia, verificandosi un concorso tra autoregolamentazione pattizia ed autoregolamentazione normativa, diviene insostenibile la tesi che subordina l’applicabilità dell’art. 1419, 2° co., c.c. all’anteriorità della legge rispetto al contratto, perché l’inserimento ex art. 1339 c.c. del nuovo tasso incontra l’unico limite che si tratti di prestazioni non ancora eseguite, in tutto od in parte».

4 Vedi da ultimo, tra le numerose pronunce di merito, Trib. Salerno, sez. I, 22 luglio 2013, in Infoutet, 2013. In sede penale, di recente, Cass. pen., 16 gennaio 2013, n. 8353, in Infoutet, 2013.

5 Cass., 12 luglio 2007, n. 15621, in Rep. Foro it., 2007, Usura, c. 9; conf. Cass., 12 novembre 2008, n. 27009, in Infoutet; Cass., 22 aprile 2010, n. 9532, in Giust. civ. mass., 2010, n. 582. Deve però rilevarsi che tutte le pronunce in questione riguardano casi in cui le «pattuizioni» erano «anteriori all’entrata in vigore della stessa legge».

6 È quello che è avvenuto con la commissione di massimo scoperto, che non è stata mai conteggiata dalla B.I ai fini del fissazione della soglia. La giurisprudenza ha di contro riconosciuto il suo pacifico rientrare nel computo del TEG in quanto «costo del credito»: «Nella determinazione del tasso di interesse, ai fini di verificare se sia stato posto in essere il delitto di usura, occorre tener conto, ove il rapporto finanziario rilevante sia con un istituto di credito, di tutti gli oneri imposti all’utente in connessione con l’utilizzazione del credito, e quindi anche della “commissione di massimo scoperto”, che è costo indiscutibilmente legato all’erogazione del credito» (Cass. pen., 14 maggio 2010, n. 28743, in CED Cassazione, 2010; conf. Cass. pen., 19 febbraio 2010, n. 12028, ivi).

7 Ora la normativa di riferimento è costituita dalle Istruzioni della Banca d’Italia «per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura» del 12.8.2009, reperibile sul sito dell’Istituto. Si legge testualmente al par. C2, 11, ove si individua la base di calcolo dei dati da segnalare: «Sono assoggettati alla rilevazione: a) per le operazioni rientranti nelle Cat. 1, Cat. 2, Cat. 5 e Cat. 9 (aperture di credito in c/c, finanziamenti per anticipi su crediti e documenti e sconto di portafoglio commerciale, factoring e credito revolving), tutti i rapporti di finanziamento intrattenuti nel trimestre di riferimento (ancorché estinti nel corso del trimestre)». Mentre per le altre categorie di operazioni, ivi compresi il mutuo, vengono tenuti in considerazione esclusivamente «i nuovi rapporti di finanziamento accesi nel periodo di riferimento», precisandosi poi in nt. 9 che «I finanziamenti si intendono accesi all’atto della stipula del contratto». Al par. C.3 è previsto che la metodologia di calcolo del TEG varia a seconda delle diverse categorie di operazioni individuate. In particolare, per le operazioni ricondotte alle Cat. 1, Cat. 2, Cat. 5 e Cat. 9 (aperture di credito in c/c, finanziamenti per anticipi su crediti e documenti, sconto di portafoglio commerciale, factoring e credito revolving), «gli interessi sono dati dalle competenze di pertinenza del trimestre di riferimento, ivi incluse quelle derivanti da maggiorazioni di tasso applicate in occasione di sconfinamenti rispetto al fido accordato…». Di contro per le altre categorie di operazioni, tra cui il mutuo (cat. C.7), il sistema di calcolo, in analogia a quanto previsto dal decreto del Ministro del Tesoro dell’ 8.7.1992 per il calcolo del TAEG (abrogato dal d.m. 3.2.2011), viene fissato alla data di «accensione del rapporto di finanziamento».

8 Sia consentito al riguardo il rinvio a V. Farina, Gli interessi «usurari» alla luce del d.l. 29 dicembre 2000, n. 394, convertito in legge 28 febbraio 2001, n. 24, in Notariato, 2001, p. 316 ss.

9 Cass., 12. Luglio 2007, n. 15621, cit.

10 Trib. Pescara, 23 novembre 2005in Giur. mer., 2006, p. 1660, con nota di ROCCHIO, La rilevanza dell’accordo ai fini del giudizio di usurarietà.

11 Pacifica la giurisprudenza sul punto. Tra le tante, Cass., 26 maggio 2011, n. 11626, in Obbl. contr., 2011, 10, 700, con nota di Gennari. La S.C. ribadisce la distinzione tra decadenza ex art. 1832 c.c. e contestazione del rapporto sottostante alla operazione di conto corrente registrata, significando che – anche rispetto al secondo aspetto – l’operato della banca può essere tacitamente ratificato dal correntista. In senso conforme: Cass., 14 febbraio 2011, n. 3574, in Infoutet, 2011; Cass., 19 marzo 2007, n. 6514, ivi, 2007.

12 Martorano, voce Conto corrente, in Enc. giur., IX, Milano, 1961, p. 664; Inzitari, Gli effetti dell’approvazione del conto corrente bancario e impugnativa delle singole partite (in nota a Cass., 7 settembre 1984, n. 4788) in Giur. it., 1985, I, 1, c. 1090.

13 In questi sensi la dottrina prevalente e la giurisprudenza. Per tutti Molle, I contratti bancari, in Tratt. di dir. civ. e comm., dir. da Cicu e Messineo, Milano, 1981, p. 557. In termini, cfr.: Trib. Tolmezzo, 28 giugno 1956, in Rep. giust. civ., 1957, voce Conto corrente, n. 3; App. Roma, 15 gennaio 1955, ivi, voce cit., 1955, n. 3; Cass. ,18 maggio 1996, n. 4605, in Contratti, 1996, p. 610; Trib. Borgomanero, 30 dicembre 2006, in NovaraIUS.it, 2007.

14 Così Trib. Milano, 6 giugno 1984, in Banca, borsa, tit. cred., 1986, II, p. 510.

15 Di tale scelta vi è più che cospicua traccia nei lavori preparatori, nel corso dei quali l’innovazione fu giustificata al fine di: «indicare criteri oggettivi per l’individuazione del reato» (2a commissione giustizia del Senato, seduta del 14.9.1995, interv. Senese); «fornire agli operatori del settore un ben preciso punto di riferimento» (Commiss. Sen., cit., seduta del 24.1.1996, interv. Bechelli). Ritiene che l’oggettivazione operata dalla legge n. 108/1996 finisca con lo stravolgere il reato di usura, potendo difettare nel caso concreto una situazione di iniquità, Masciandaro, La nuova legge antiusura: l’analisi economica, in Usura, economia, società e istituzioni. Una riflessione a più voci, Torino, 1997, p. 50 s.

16 Pacifica la giurisprudenza della Suprema Corte sul punto. Per tutte v. Cass. pen., 19 giugno 2009, n. 42322, in CED Cassazione, 2009.

17 Così Cass. pen., 19 febbraio 2010, n. 12028, in Foro it., 2010, II, 382, con nota di Di Landro, La Cassazione penale include la commissione di massimo scoperto nel tasso d’interesse usurario: la legge n. 2/2009, le questioni intertemporali e un’inedita ricostruzione dell’elemento soggettivo. Puntualmente si rileva in motivazione: «In sostanza la legge ha previsto una procedura amministrativa volta a rilevare in modo oggettivo il livello medio dei tassi d’interesse praticato dalle banche e dagli altri intermediari finanziari autorizzati, ancorando il disvalore sociale collegato al concetto di usura al superamento di tale livello-soglia, aumentato della metà. Di conseguenza la norma di cui all’art. 644 c.p. si presenta come una norma penale parzialmente in bianco, in quanto per determinare il contenuto concreto del precetto penale è necessario fare riferimento ai risultati di una complessa procedura amministrativa».

18 Cass., 12 luglio 2007, n. 15621, cit.

19 Sulla configurabilità delle due ipotesi secondo la vecchia e la nuova versione dell’art. 118 t.u.b., cfr. Pagliantini, La nuova disciplina del cd. ius variandi, cit., p. 294 s.

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