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Tesi di laurea

«Ius variandi» e contratti bancari. Ammissibilità della modifica unilaterale del contratto e recenti interventi legislativi.

1 Luglio 2013

Alessandro Pepe

L’obiettivo della ricerca è stato quello di indagare la nuova disciplina del ius variandi bancario introdotta con il d.lgs. n. 141/2010 e il d.l. n. 70/2011, conv. con modif. dalla l. n. 106/2011. Adottando un approccio problematico alla materia, tuttavia, non si è potuto fare a meno di soffermarsi sulle diverse questioni poste in linea generale dall’istituto, le quali da sole ne giustificherebbero uno studio monografico.

Constatato come in talune ipotesi sia lo stesso legislatore ad attribuire ad una delle parti il potere di modificare ex uno latere il divisato assetto contrattuale o a consentirne la pattuizione nell’ambito del regolamento stesso, ci si è interrogati sull’ammissibilità di una sua attribuzione convenzionale al di fuori delle ipotesi legislativamente previste, soprattutto in ragione dell’apparente collisione di tale ius con alcuni dei capisaldi della teoria generale del contratto (base consensuale dell’accordo; principio del vincolo contrattuale; requisito di determinatezza/determinabilità del contratto).

Scorrendo la letteratura in materia si è ricavato un quadro particolarmente composito, non ravvisandosi una posizione unanime, ma intravedendosi spiragli di apertura rispetto ad un meccanismo che, se correttamente ritagliato, può rivelarsi un utile strumento di gestione del rapporto contrattuale e degli interessi ad esso sottesi. La stessa S.C., del resto, tende a considerare legittime simili pattuizioni allorquando siano predeterminati anche i criteri di esercizio del potere di modifica pattiziamente attribuito ad una delle parti.

Verificata la teorica ammissibilità della pattuibilità del ius variandi e avvertendosi il rischio che questo possa tradursi in uno strumento di prevaricazione di una parte sull’altra, ci si è posti in un’ottica di tutela del contraente assoggettato all’esercizio del ius, interrogandosi sui limiti di ammissibilità dello stesso, sui possibili strumenti di controllo (la buona fede in executivis), nonché sulle ragioni che possano giustificarne la pattuizione (l’esigenza di flessibilità dei rapporti contrattuali nell’ambito dei contratti di durata e ad esecuzione differita, ove la pattuizione del ius consente alle parti di gestire utilmente il rapporto, evitando di ricorrere al suo scioglimento e regolando le ipotesi non disciplinate nell’ambito della risoluzione per eccessiva onerosità, ex art. 1467 c.c.).

Considerata la natura potenzialmente vessatoria di una simile pattuizione, si è focalizzata l’attenzione sulla disciplina dettata a tutela del consumatore e contenuta nel C.cons., analizzando in particolare le regole derogatorie poste con riferimento ai contratti aventi ad oggetto servizi finanziari.

Conclusa l’analisi di teoria generale, si è passati ad analizzare l’istituto del ius variandi nell’ambito dei contratti bancari. La scelta di questo settore, oltre ad essere stata occasionata dai recenti interventi legislativi, è stata dettata anche dal particolare interesse che il sistema bancario e finanziario suscita, soprattutto in una congiuntura economica di crisi come quella attuale; nonché dal rilievo dell’ineliminabile e naturale differenza di forza contrattuale intercorrente fra cliente ed istituto di credito.

Rilevato come il “ius variandi bancario” trovi le sue radici nella prassi contrattuale e constatata l’ampiezza con cui gli istituti di credito erano soliti riservarsi tale potere, ci si è innanzitutto interrogati sulle ragioni che, in seguito, hanno indotto il legislatore a riconoscere – nell’ambito di una legislazione tesa a riequilibrare le posizioni delle diverse parti contrattuali – la possibilità di convenire pattiziamente un simile potere, e soprattutto a regolamentarlo.

Accertate le diverse ragioni sostanziali atte a fondarne e giustificarne la pattuizione nell’ambito del mercato finanziario e creditizio, per lo più legate ad insopprimibili esigenze di ordine economico, connesse con la tutela della stabilità complessiva del sistema, la tutela del risparmio e l’accesso al credito, si è abbandonata l’iniziale diffidenza verso quello che appariva frutto dello strapotere contrattuale delle banche, mantenendo ferma l’opinione per cui la portata di un simile potere debba essere circoscritta in maniera tale da consentire, quantomeno, la sindacabilità delle scelte operate dai singoli istituti di credito.

Dopo aver ripercorso l’evoluzione normativa del ius variandi, si è analizzata la disciplina dettata dal novellato art. 118 t.u.b., evidenziandone le innovazioni e approfondendone i principali quesiti interpretativi (concernenti: oggetto, natura, presupposti, limiti e modalità di esercizio dell’ius); affrontando infine la vexata quaestio del mancato coordinamento tra la disciplina contenuta nel T.u.b. ed il C.cons., provvedimenti che ponendosi in evidente sovrapposizione, a causa del rapporto di specialità reciproca, generano incertezza circa la concreta regolamentazione del ius variandi nei contratti bancari conclusi con i consumatori.

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