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Giurisprudenza

L’ “insolvenza” e la segnalazione a sofferenza presso la Centrale dei rischi della Banca d’Italia

8 Febbraio 2021

Giuseppe Spataro

Cassazione Civile, Sez. I, 15 dicembre 2020, n. 28635 – Pres. Geneovese, Rel. Falabella

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di Cassazione, con la pronuncia in oggetto, sottolinea come, ai fini della segnalazione a sofferenza, la nozione di “insolvenza” non si identifichi con quella propria fallimentare, bensì si concretizzi in una “valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come deficitaria, ovvero come di grave difficoltà economica, senza, quindi, alcun riferimento al concetto di incapienza o irrecuperabilità”.

Si deve dunque trattare di una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione d’insolvenza.

È evidente, afferma la Corte, che nell’apprezzamento da compiersi circa l’esistenza di una sofferenza, ai fini della verifica circa la legittimità della segnalazione presso la Centrale rischi, entri sicuramente in gioco la cd. “consistenza patrimoniale” del debitore.

Sul punto, risulta significativo quanto già affermato da questa Corte riguardo all’insolvenza volta a giustificare la dichiarazione di fallimento.

Occorre ricordare come il concetto di “situazione di sofferenza” sia contigua a quella di insolvenza fallimentare, rappresentandone, in buona sostanza, una espressione attenuata. La giurisprudenza di legittimità, infatti, ha definito tale situazione prendendo le mosse da una “nozione levior rispetto a quella dell’insolvenza fallimentare” (cfr. Cass. 25 gennaio 2017, n. 1931).

Avendo dunque riguardo alla situazione di insolvenza, è da osservare come il dato di un assai marcato sbilanciamento tra l’attivo e il passivo patrimoniale accertati, pur se non fornisce la prova della detta insolvenza, potendo comunque essere superato dalla prospettiva di un favorevole andamento futuro degli affari, o da eventuali ricapitalizzazioni dell’impresa, nondimeno deve essere attentamente valutato, poiché l’eventuale eccedenza del passivo sull’attivo patrimoniale costituisce, pur sempre, uno dei tipici fatti esteriori che, alla luce dell’articolo 5 della L. Fall.,si mostrano rivelatori dell’impotenza dell’imprenditore a soddisfare le proprie obbligazioni. Sarebbe, dunque, incongruo ritenere che una situazione di insufficienza patrimoniale rilevi ai soli fini dell’insolvenza e non ai fini della meno grave situazione di sofferenza.

Una diversa conclusione non può trarsi da quanto disposto della circolare n. 139 della Banca d’Italia sulla Centrale dei rischi, recante istruzioni per gli intermediari finanziari.

Tale circolare deve essere infatti letta nella continuità logica. Infatti, al concetto di “sofferenze” deve esser ricondotta “l’intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dall’azienda”. Ed in aggiunta, “si prescinde, pertanto, dall’esistenza di eventuali garanzie (reali o personali) poste a presidio dei crediti”.

In conclusione, rigettando i ricorsi proposti, la Corte di Cassazione arriva a statuire il principio per cui “il senso della disposizione ricavabile da tale chiave di lettura è che, proprio in quanto la segnalazione a sofferenza non richiede una previsione di perdita, non rileva che una perdita possa essere astrattamente esclusa dalla presenza di garanzie reali o personali. Il che non significa affatto che l’intermediario, nel valutare se procedere o meno alla segnalazione, debba prescindere dal dato della riduzione del patrimonio del debitore”.

 

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