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Dossier

Indennizzo equo per il finanziatore in caso di rimborso anticipato del finanziamento

A proposito di ABF Napoli, n. 5318/2013

14 Giugno 2015

Gianluca Bona

Massima.

In ipotesi di estinzione anticipata di un rapporto di finanziamento a tempo determinato, gli effetti di una clausola contrattuale che attribuiscal finanziatore il diritto a un «compenso massimo» dell’1% sul capitale residuo sono mitigati dall’art. 125-sexies, comma 2,TUB, che condiziona tale «equo indennizzo» alla circostanza che esso risulti oggettivamente giustificato, in dipendenza di «eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato del credito». Qualora l’intermediario non alleghi alcun dettaglio dei costi eventualmente sostenuti per l’estinzione anticipata del finanziamento, ogni addebito a titolo di «penale dianticipata estinzione» deve essere considerato illegittimo, con conseguente diritto del cliente alla ripetizione di quanto indebitamente versato atale titolo.

 

Commento.

La decisione n. 5318 del 22 ottobre 2013 del Collegio di Napoli dell’Arbitro Bancario Finanziario, oggetto di questo breve commento, risulta particolarmente innovativa per quanto riguarda le conseguenze della disciplina di cui all’art. 125-sexies t.u.b., come introdotto dall’art. 1, comma 1, d.lgs. 13 agosto 2010 n. 141, sulle previsioni contrattuali aventi ad oggetto l’indennizzo in favore del finanziatore in caso di estinzione anticipata del finanziamento.

In particolare la pronuncia del Collegio ABF di Napoli nega che il diritto all’indennizzo al finanziatore, quand’anche previsto contrattualmente ed entro i limiti massimi di legge, debba essere riconosciuto automaticamente, ritenendo ed in ciò innovando rispetto a quanto sino ad oggi si è sempre affermato, che tale diritto sia invece condizionato alla dimostrazione, da parte del finanziatore stesso, dei costi sostenuti in conseguenza dell’esercizio del rimborso anticipato.

L’art. 125-sexies t.u.b., infatti, dopo aver stabilito, al primo comma, il diritto del consumatore all’estinzione anticipata ‘..in qualsiasi momento, in tutto o in parte..’ di quanto dovuto al finanziatore e l’ulteriore diritto ‘..ad una riduzione del costo totale del credito, pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto..’, prevede, al secondo comma, il diritto per il finanziatore ‘..ad un indennizzo equo..’.

Precedentemente il legislatore era intervenuto nella materia delle penali contrattuali per estinzione anticipata di mutui immobiliari, con il decreto Bersani n. 7 del 2007, convertito dalla legge 40/2007, prevedendo la nullità delle penali per i contratti di mutuo stipulati successivamente elimiti massimi all’importo delle penali in misura percentuale sull’importo residuo da rimborsare per i mutui precedentemente stipulati (con percentuali differenti a seconda della tipologia di mutuo, se a tasso fisso o variabile, nonché a seconda del momento in cui veniva chiesta l’estinzione anticipata)[1].

Per quanto riguardava i finanziamenti rimaneva la possibilità di pattuire penali per il caso di estinzione anticipata, con il massimo dell’1% rispetto al debito residuo quale equo indennizzo in favore del finanziatore.

La qualificazione in termini di indennizzo del corrispettivo in questione risultava coerente con una prospettazione in termini di ristoro del pregiudizio derivante al finanziatore dal rimborso anticipato del finanziamento, pregiudizio derivante al finanziatore per la perdita degli interessi corrispettivi pattuiti sulle rate a scadere.

L’interesse contrattuale del finanziatore, infatti, non è quello di ricevere il mero rimborso della somma finanziata, rischio che evidentemente viene meno una volta che il consumatore abbia estinto anticipatamente il proprio debito rispetto alla scadenza originariamente prevista, ma è anche quello di ottenere il guadagno rappresentato dall’importo degli interessi corrispettivi, nella misura originariamente pattuita tra le parti.

Su tale guadagno il finanziatore faceva affidamento ed invece, con il rimborso anticipato, otterrà la restituzione del capitale e gli interessi unicamente sulle rate sino a quel momento scadute, perdendo la possibilità di ottenere gli interessi corrispettivi inizialmente pattuiti sulle rate a scadere.

Il pregiudizio si pone dunque non in termini di danno emergente, ma di lucro cessante per il finanziatore derivante dalla circostanza dell’avvenuto rimborso anticipato del finanziamento.

Trattandosi di pregiudizio sommamente difficile da dimostrare in concreto, anche considerando la possibilità di riutilizzo delle somme rimborsate (seppur a tassi di interesse nel frattempo variati), risulta opportuna e coerente una predeterminazione all’inizio del rapporto di tale pregiudizio in termini di indennizzo o, come in uso nella prassi terminologica, in termini di penale per l’estinzione anticipata.

Il consumatore, recedendo anticipatamente dal rapporto, esercita un diritto previsto contrattualmente, oltre che dalla legge, motivo per il quale il richiamo all’istituto della penale, così come noto nel nostro ordinamento e disciplinato all’art. 1382 cod. civ., deve considerarsi improprio, non sussistendo alcun inadempimento colpevole del consumatore che esercita il proprio diritto al recesso anticipato.

Piuttosto si poteva configurare, così come avvenuto in giurisprudenza e dottrina, l’istituto della multa penitenziale, ex art. 1373, ultimo comma, c.c.[2], quale corrispettivo per il diritto di recesso attribuito ad una parte contrattuale, diritto derivante al consumatore ex lege ex contractu.

In questi termini la qualificazione dell’istituto di un corrispettivo per il finanziatore in conseguenza della scelta del consumatore di effettuare l’estinzione anticipata appariva coerente con l’esercizio di un diritto attribuito ad una delle parti dal contratto e dalla legge, diritto dal quale derivava tuttavia il riconoscimento di una somma a titolo indennitario in favore del finanziatore per il mancato guadagno sugli interessi delle rate a scadere.

Il richiamo all’istituto normativo della multa penitenziale consentiva, del resto, di ritenere la clausola esente da profili di vessatorietà, come riconosciuto in giurisprudenza: ‘..Una clausola che non preveda una penale per il caso di inadempimento ma che, conformemente a quanto previsto dall'art. 1373 c.c., riconosca ad una parte contrattuale la possibilità di sciogliere anticipatamente il vincolo, subordinandone l'esercizio al pagamento di un corrispettivo, non rientra nella disciplina dell'art. 1469-bis, comma 3, c.c.. Ne consegue che, ove il cliente abbia ricevuto da una banca un finanziamento, che va comunque restituito, è ammissibile e legittima la previsione della corresponsione di una somma pari al finanziamento ricevuto, rivalutata degli interessi e decurtata dei rimborsi parziali eventualmente già eseguiti..’, Trib. Reggio Emilia, Sez. fall., 17/01/2008[3].

La previsione della clausola in termini di multa penitenziale, peraltro, rafforza l’immutabilità del quantum di indennizzo pattuito dalle parti, non essendo infatti soggetta, al pari della caparra penitenziale a possibilità di riduzione ex officio, come sempre previsto, anche ex officio, ex art. 1384 cod. civ. per la penale[4].

In questi termini, pertanto, la previsione di un corrispettivo per il finanziatore è sempre stato ritenuto, nei limiti massimi consentiti dalla Legge, un compenso forfetario non soggetto a valutazioni di sorta.

L’aspetto innovativo della pronuncia del Collegio dell’ABF in commento consiste proprio nell’escludere un automatico riconoscimento al finanziatore del diritto all’indennizzo per il caso di estinzione anticipata, esclusione che deriva dall’attenta lettura della nuova previsione normativa dell’art. 125-sexies t.u.b.

Il diritto all’indennizzo risulterebbe, secondo il Collegio, sottoposto a condizione e in particolare la norma condizionerebbe ‘..tale «equo indennizzo» alla ricorrenza della circostanza che esso risulti “oggettivamente giustificato” in dipendenza di «eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato del credito»..’.

Dunque risulterebbe onere del finanziatore dimostrare e documentare (nel caso deciso dal Collegio ABF di Napoli ‘..alcun dettaglio..’ veniva allegato dalla Banca) i costi sostenuti quale diretta conseguenza dell’estinzione anticipata del finanziamento.

È evidente come collegando l’indennizzo del finanziatore a costi ‘eventuali’ sostenuti dalla Banca per procedere alle operazioni di finanziamento la prospettiva viene ad incentrarsi unicamente su quei pregiudizi di carattere meramente operativo, qualificati come ‘costi’ e rientranti nell’ambito di una valutazione del danno emergente, senza alcuna considerazione della prospettiva inerente il mancato guadagno del finanziatore per la perdita degli interessi corrispettivi pattuiti sulle rate a scadere.

Una documentazione effettiva dei costi direttamente derivanti dalle operazioni di estinzione anticipata potrà ritenersi sommamente difficile se non impossibile, trattandosi di voci di costo del tutto trascurabili o comunque di irrilevante quantificazione.

Il costo conseguente all’operazione di rimborso anticipato, per il finanziatore, può essere eventualmente costituito dal costo delle attività di conteggio dei valorie degli importi relativi all’estinzione anticipata, operazioni che vengono effettuate mediante sistemi informatici in via automatica e per una serialità di posizioni, di modo che individuarne o specificarne un costo specifico per la singola operazione in esame può risultare del tutto impossibile.

Ancora si può ipotizzare quale costo derivante dal rimborso anticipata la produzione e distribuzione di corrispondenza con il consumatore richiedente l’estinzione anticipata, operazioni che avvengono mediante servizi di corrispondenza massiva o a mezzo posta ordinaria, il cui costo unitario appare del tutto trascurabile e difficilmente documentabile per gli operatori del settore[5].

Nonostante le possibili difficoltà sopra evidenziate, il tenore normativo dell’art. 125-sexies t.u.b. non sembra consentire altre interpretazioni rispetto a quanto affermato dal Collegio di Napoli, dal momento che, pur non parlando espressamente di ‘condizione’, la norma stabilisce che ‘..il finanziatore ha diritto ad un indennizzo equo ed oggettivamente giustificato per eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato del credito..’[6].

Di certo il lessico utilizzato dal Legislatore nel secondo comma della norma della disposizione in questione e qui in commento, lascia trasparire alcune tensioni ed ambiguità che di certo non aiutano l’interprete nell’applicazione della stessa7.

In poche righe, infatti, vengono utilizzati concetti tra di loro potenzialmente antitetici, quale può ritenersi il concetto di equità dell’indennizzo (che indurrebbe alla possibilità di una valutazione non strettamente collegata a dati contabili ed analitici) rispetto all’obiettività della oggettiva giustificazione dei costi sostenuti dal finanziatore, costi che, peraltro, devono essere direttamente collegati al rimborso anticipato e che tuttavia sono prospettati come meramente eventuali.

Se il costo sussiste oggettivamente ed è effettivo e derivato o comunque collegato all’operazione di rimborso anticipato non si comprende perché l’indennizzo debba essere espresso in termini di equità: si tratterà di documentare la prova oggettiva del costo sostenuto in concreto e quello sarà il quantum indennitario dovuto, senza alcuno spazio a valutazioni di carattere equitativo, termine che pure invece è rimasto ancora nella formulazione dell’art. 125-sexies t.u.b.

Un ultimo accenno, tuttavia, va svolto con riferimento alle ulteriori previsioni del secondo comma della disposizione in questione, che non possono ovviamente essere trascurate nella interpretazione della norma e che ingenerano ulteriori dubbi riguardo all’interpretazione corretta della stessa.

Viene infatti previsto che l’indennizzo non possa superare l’1% dell’importo rimborsato in anticipo, se la vita residua del contratto è superiore a un anno, ovvero lo 0,5 % del medesimo importo, se la vita residua del contratto è pari o inferiore a un anno e che, in ogni caso, l’indennizzo non può superare l’importo degli interessi che il consumatore avrebbe pagato per la vita residua del contratto.

Come si vede la norma mantiene un collegamento tra l’entità massima dell’indennizzo e la durata residua del contratto, parametrando l’entità dell’indennizzo alla minore o maggiore durata della vita residua.

Ebbene non si può non considerare come gli eventuali costi obiettivi collegati al rimborso anticipato, sono del tutto indifferenti rispetto alla vita residua del contratto, trattandosi come detto di operazioni di carattere matematico eseguite da elaboratori e da servizi di corrispondenza che di certo non si possono ritenere più o meno onerosi a seconda della vita residua del contratto.

In buona sostanza che il contratto abbia vita residua superiore o meno ad un anno, il costo per effettuare il conteggio di estinzione sarà sempre il medesimo.

Il fatto che il Legislatore abbia dunque ancora oggi parametrato il tetto massimo dell’indennizzo alla durata residua del contratto di finanziamento costituisce un’ulteriore contraddizione rispetto alla tesi interpretativa che vede il diritto all’indennizzo come correlato all’esistenza di costi effettivi derivanti dall’operazione di rimborso e dunque in termini di danno emergente subito dalla Banca.

Più coerente appariva, anche a tali fini, mantenere una prospettazione dell’equo indennizzo, in termini di mancato guadagno del finanziatore, prospettazione che appare, tuttavia, difficilmente sostenibile in base alla infelice formulazione dell’art. 125-sexies t.u.b.

 

 

[1] E. GUERINONI, Le nuove regole nei rapporti bancari, IPSOA, 2007, pag.69 e ss., sulle modifiche introdotte dal Decreto ‘Bersani Bis’ (l. 40/2007 di conversione del d.l. 7/2007).

[2] Nel senso di identificare il compenso contrattualmente stabilito come ‘multa penitenziale’, SEPE, Commentario al testo unico delle Leggi in materia di intermediazione finanziaria, a cura di Alpa, Capriglione, Padova 1998, ed analogamente, criticando la ricostruzione in termini di penale DE NOVA.

[3] In senso conforme si segnala anche la pronuncia della Corte di Appello di Roma, sez. II, 6/4/2006.

[4] Sul punto l’arresto delle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n. 18128/2005.

[5] E. VENTURI in Commentario al Testo Unico delle Leggi in materia bancaria e creditizia, diretto da F. Capriglione, CEDAM, pag. 1914 e ss., richiama le disposizioni della direttiva comunitaria 23 aprile 2009 n. 48 (in G.U.U.E. del 22 maggio 2008 nl 133), il cui recepimento ad opera del d.lgs. 13 agosto 2010 n. 141, evidenziando come l’art. 16 della direttiva definisca il concetto di ‘perdita’ per il finanziatore in termini di ‘..differenza negativa tra il tasso di interesse inizialmente concordato e il tasso di interesse al quale il creditore può prestare la somma rimborsata anticipatamente sul mercato al momento del rimborso anticipato..’, sottolineando come in tal senso debba essere valutata l’equità dell’indennizzo cui fa riferimento la norma, salvo poi evidenziare –pag. 1923- come tale perdita troverebbe ‘..la sua oggettivazione nelle spese amministrative connesse alla chiusura del rapporto di debito e nel differenziale fra il tasso di mercato al momento del rimborso del rapporto di debito e quello pattuito..’.

[6] V., in argomento, F. QUARTA, Estinzione anticipata dei finanziamenti a tempo determinato e modulazioni del costo del credito, in Riv. dir. banc., dirittobancario.it, 28, 2013.

[7] Sulle maggiori criticità nella nuova formulazione del diritto di rimborso anticipato contenuta nell’art. 125-sexies t.u.b., F. CIVALE, La Trasparenza Bancaria – rapporto banca cliente e forme di tutela, GIUFFRE’, 2013, Il Diritto Privato Oggi, a cura di P. Cendon, pag. 459


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