WEBINAR / 23 Ottobre
La Data Governance Antiriciclaggio


La gestione dei dati AML nel nuovo AML package

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 02/10


WEBINAR / 23 Ottobre
La Data Governance Antiriciclaggio
www.dirittobancario.it
Approfondimenti

Imprese strumentali e nuovo perimetro CRR3 di consolidamento prudenziale

9 Ottobre 2025

Marco Romanelli, Partner, Carbonetti e Associati

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza le novità del Regolamento CRR3 relativo alla definizione di “ancillary services undertaking” (imprese strumentali) che ridefiniscono il perimetro di consolidamento prudenziale dei gruppi bancari.


1. Premessa.

Il Regolamento (EU) 2024/1623 del 31 maggio 2024 (“CRR3”) ha modificato il Regolamento (UE) n. 575/2013 (il “CRR”), novellando tra l’altro all’art. 4, paragrafo 1, punto 18, la definizione di “ancillary services undertaking” (“ASU”) con l’obiettivo di includere nel perimetro di consolidamento prudenziale tutte le “imprese strumentali”.

La nuova nozione di “impresa strumentale, in vigore dal 9 luglio 2024, è stata ampliata al fine di ricondurvi tutte (a) le attività che sono “estensione diretta dell’attività bancaria”, (b) il leasing operativo, l’acquisto o gestione di beni, la prestazione di servizi di elaborazione dati o qualsiasi altra attività “nella misura in cui tali attività sono accessorie all’attività bancaria” e (c) altre attività che l’EBA considera simili alle precedenti[1].

Anche la definizione di “financial institution” è stata rimodulata dal CRR3, individuando il negative scope (non si qualificano come “ente finanziario” una società di partecipazione industriale pura, una società veicolo per la cartolarizzazione, una società di partecipazione assicurativa o una società di partecipazione assicurativa mista) e, soprattutto, includendo le “ancillary services undertakings” tra le “financial institutions”[2].

Per effetto delle modifiche al CRR, tutte le ASU controllate direttamente o indirettamente da una banca ricadono nel suo perimetro di consolidamento prudenziale, in forza dell’art. 18, paragrafo 1, del CRR, che dispone che “gli enti, le società di partecipazione finanziaria e le società di partecipazione finanziaria mista che sono tenuti a rispettare i requisiti di cui alla sezione 1 del presente capo sulla base della loro situazione consolidata procedono ad un consolidamento integrale di tutti gli enti e gli enti finanziari che sono loro filiazioni”.

1.1. Le finalità dell’intervento normativo.

Per apprezzare la portata delle modifiche introdotte dal CRR3, occorre richiamare pur brevemente il vasto dibattito sviluppatosi già nei primi anni successivi all’entrata in vigore del CRR e che ha interessato i concetti di “ente finanziario” e di “impresa strumentale”, al fine di attrarre nel perimetro di consolidamento prudenziale le imprese che, pur non svolgendo attività tipicamente finanziaria, realizzavano business che esponevano il gruppo bancario a rischi sostanzialmente finanziari o comunque significativi.

In proposito, merita di essere anzitutto ricordato il “Report on other financial intermediaries and regulatory perimeter issues” pubblicato dall’EBA nel 2017 (il “Report 2017”)[3], a seguito di un’attività di monitoraggio sull’applicazione delle norme del CRR e con l’obiettivo di identificare e affrontare in modo appropriato i rischi per la stabilità finanziaria che emergono al di fuori del perimetro della regolamentazione bancaria. Nell’ambito di tale attività di monitoraggio, l’EBA si è soffermata in particolare sul perimetro di regolamentazione delle attività “bank-like che comportano: (a) la trasformazione delle scadenze; (b) la trasformazione della liquidità; (c) l’effetto leva; (d) l’assunzione del rischio di credito; ed (e) attività similari alle precedenti, rilevando come numerose attività diverse da quelle ammesse al mutuo riconoscimento ai sensi della direttiva 2013/36/UE presentino “very similar features” (è questo ad esempio il caso, su cui si tornerà infra, del leasing operativo, che non ricade tra le attività creditizie ma che presenta rilevanti profili di similarità con il leasing finanziario).

La medesima EBA, nell’“Opinion of the European Banking Authority on matters relating to other financial intermediaries and regulatory perimeter issues” pubblicata in data 9 novembre 2017[4], avvertiva che le definizioni di “financial institution” and “ancillary services undertaking” “are crucial terms in the CRR, in particular for the purposes of establishing the entities that must or may be consolidated within a banking group pursuant to Article 18 CRR”. Da qui, consapevole delle differenze interpretative emerse tra gli Stati membri e che ostacolavano l’uniforme applicazione a livello unionale delle regole di consolidamento  prudenziale, l’EBA invitava “… the European Commission, the European Parliament and the Council to give consideration to further possible amendments to the definition of ‘ancillary services undertaking’ and ‘financial institution’ in order to address the fundamental issues raised in the Report attached to this Opinion.

Nella medesima prospettiva, nel gennaio 2022 la risposta congiunta di EBA, EIOPA e ESMA (“ESAs”) alla Call for Advice lanciata dalla Commissione europea sulla finanza digitale[5] sottolineava come le norme prudenziali del CRR risultavano non in grado di cogliere i rischi intrinseci delle nuove combinazioni di attività svolte dalle BigTech e dalle FinTech, che possono svolgere attività a contenuto finanziario ma estranee al perimetro di consolidamento prudenziale, favorendo anche rischi di arbitraggio regolamentare[6].

Le sollecitazioni delle ESAs sono state infine accolte dal legislatore europeo che, con le recenti modifiche recate dal CRR3, ha inteso “evitare lacune tra il consolidamento prudenziale e quello contabile che possano dar luogo a operazioni volte a spostare le attività fuori dall’ambito del consolidamento prudenziale, anche se i rischi permangono nel gruppo bancario. La mancanza di coerenza nelle definizioni di «impresa madre», «filiazione» e «controllo», nonché la mancanza di chiarezza nella definizione di «impresa strumentale», «società di partecipazione finanziaria» e «ente finanziario» rendono più difficile per le autorità di vigilanza assicurare l’applicazione in modo coerente nell’Unione delle norme pertinenti nonché individuare e affrontare adeguatamente i rischi a livello consolidato[7].

2. Le novità delle “Guidelines on ancillary services undertakings” poste in consultazione dall’EBA.

Considerato che i confini delle attività accessorie rilevanti a fini prudenziali non erano stati specificati a livello europeo, a mezzo del nuovo art. 4, paragrafo 5, CRR, introdotto dal CRR3, l’EBA è stata incaricata di stabilire, mediante l’adozione di linee guida, criteri precisi per l’individuazione delle attività che ricadono nella definizione di “ancillary services undertaking”.

La consultazione pubblica avviata dall’EBA lo scorso 7 luglio 2025 sulle “Guidelines on ancillary services undertakings specifying the criteria for the identification of activities referred to in Article 4(1)(18) of Regulation (EU) No 575/2013”, si è conclusa appena lo scorso 7 ottobre.

Le Guidelines definitive dovrebbero essere pubblicate ed entrare in vigore entro il 10 gennaio 2026.

Dalla disamina dello schema posto in consultazione si comprende anzitutto la duplice finalità degli Guidelines:

  • da un lato, fornire alle Autorità nazionali criteri armonizzati in tutta l’UE per identificare le imprese che, pur non svolgendo attività bancaria in senso stretto, ne costituiscono un’estensione o un complemento funzionale, garantendo condizioni di parità e una maggiore comparabilità dei requisiti prudenziali;
  • dall’altro, garantire che l’inclusione di tali imprese nel consolidamento prudenziale rifletta correttamente il rischio di gruppo, in linea con gli obiettivi di stabilità finanziaria perseguiti dalla regolamentazione prudenziale.

Sotto il profilo oggettivo, l’EBA declina la nuova categoria normativa delle attività che costituiscono “estensione diretta dell’attività bancaria” (lett. “a” dell’art. 4, punto 18, CRR) e innova in maniera sostanziale la nozione di “attività accessorie all’attività bancaria” (lett. “b” dell’art. 4, punto 18, CRR); i principali tratti distintivi di questi concetti chiave sono illustrati nei successivi paragrafi 2.e e 2.2.

Inoltre, l’EBA si riserva di estendere il perimetro delle attività ancillari, con il supporto delle Autorità di vigilanza nazionali e facendo uso di discrezionalità tecnica, a ulteriori fattispecie considerate “simili” a quelle suba” e “b”.

Sotto il profilo soggettivo, le Guidelines chiariscono il concetto di ’“attività principale”, necessario per determinare se un’impresa debba essere qualificata come ASU, mediante ricorso a parametri oggettivi ricavabili, ex post, dai bilanci di esercizio individuali. A tale fine, l’EBA considera l’attività come “principale” solo se genera almeno il 50% degli attivi e dei ricavi dell’impresa e se, per la sua esecuzione, sia impegnato almeno la metà del personale dell’impresa[8].

2.1. Le attività considerate “estensione diretta dell’attività bancaria” (art. 4, punto 18, lett. a), CRR).

In linea con la nuova e ampia definizione di ASU, come detto, le Guidelines declinano anzitutto l’innovativo concetto di “estensione diretta dell’attività bancaria, previsto dalla lettera “a” dell’art. 4, paragrafo 18, con l’obiettivo di includere tutte quelle attività che appaiono intrinsecamente di natura finanziaria, ma che sino ad ora, per effetto dei confini della tradizionale nozione di financial institution, sfuggivano al perimetro di consolidamento prudenziale.

A tale fine, l’EBA enuclea tre distinte categorie di estensione dell’attività bancaria, sulle quali vale la pena soffermarsi brevemente.

2.1.1. Attività essenziali per lo svolgimento del core business.

La prima categoria include quelle attività che costituiscono parte essenziale della catena del valore dei servizi bancari (“activities that are fundamental to value chain of the core business services[9]”), a condizione che siano svolte a beneficio di enti creditizi. Per esse, si intendono, a titolo esemplificativo:

  1. l’intermediazione in generale di prestiti o depositi;
  2. la gestione dei diritti di credito derivanti da contratti di finanziamento (ivi incluse le attività di gestione dei crediti disciplinate dalla direttiva (UE) 2021/2167);
  3. la valutazione del merito creditizio di singoli clienti;
  4. il recupero dei crediti;
  5. la valutazione delle garanzie;
  6. la gestione dei rischi derivanti dai servizi bancari principali;
  7. la gestione di beni recuperati nell’interesse diretto o indiretto di enti creditizi.

2.1.2. Lo shadow banking.

La seconda categoria intenderebbe accogliere il fenomeno, invero sfuggente, del cosiddetto shadow banking[10], vale a dire le attività latu sensu finanziarie caratterizzate da trasformazione delle scadenze o della liquidità, dall’uso della leva finanziaria o dal trasferimento del rischio di credito, effettuate al di fuori dell’attuale sistema bancario.

2.1.3. Altre attività correlate alla concessione di finanziamenti.

Vi è poi una terza fattispecie di “estensione diretta dell’attività bancaria” che, in coerenza con le raccomandazioni delle ESAs, mira a ricomprendere quei fenomeni innovativi di intermediazione di finanziamenti tramite piattaforme digitali, che, pur non comportando l’assunzione diretta di rischio di credito, incidono in modo sostanziale sul processo di erogazione del credito. In questo ambito, l’EBA inserisce il peer-to-peer lending e il marketplace lending[11], nonché il crowdfunding attualmente disciplinato dal Regolamento (UE) 2020/1503.

Analogamente alle fattispecie di shadow banking, anche in questo caso i contorni delle attività rilevanti appaiono di non agevole individuazione, stante l’assenza di un puntuale quadro definitorio e la definizione del perimetro delle attività ancillari solamente mediante l’individuazione delle finalità perseguite; peraltro, a ben vedere le piattaforme digitali di intermediazione e valutazione del credito risultano già attratte nella prima categoria (le attività fondamentali per il core business bancario), ingenerando qualche dubbio sui confini delle fattispecie rilevanti.

In tutti i casi sopra indicati di “estensione dell’attività bancaria”, se da un lato pare evidente la volontà di attrarre nel perimetro di consolidamento prudenziale le attività che, a prescindere dall’inquadramento civilistico, appaiono suscettibili di esporre il gruppo bancario a rischi simil finanziari, dall’altro, l’assenza di un elenco chiuso e la difficoltà di individuare le forme innovative dello shadow banking, che muta e si evolve in funzione dell’innovazione tecnologica, pongono difficoltà interpretative e incertezze applicative che, inevitabilmente, le Autorità di vigilanza europee e nazionali saranno chiamate ad affrontare.

2.2.  Le attività considerate “accessorie all’attività bancaria” (art. 4, punto 18, lett. b), CRR).

Mentre la previgente versione del CRR definiva “impresa strumentale” quella “la cui attività principale consiste nella proprietà e nella gestione di immobili, nell’elaborazione dati, o in qualsiasi altra attività analoga di natura ausiliaria rispetto all’attività principale di uno o più enti”, l’art. 4, paragrafo 1, punto 18, lettera b), del vigente CRR considera tale “un’impresa la cui attività principale, a prescindere dal fatto che sia fornita a imprese all’interno del gruppo o a clienti esterni al gruppo, consiste in leasing operativo, proprietà o gestione di beni, prestazione di servizi di elaborazione dati o qualsiasi altra attività, nella misura in cui tali attività sono accessorie all’attività bancaria”.

Tale formulazione, in linea con quella previgente, implica che la qualificazione di un’impresa come ASU non è determinata esclusivamente dalla natura dell’attività stessa, bensì dall’esistenza di un chiaro legame tra la stessa e l’attività bancaria.  Tuttavia, rispetto alla vecchia norma, la nuova definizione, letta alla luce dei criteri forniti dall’EBA, amplia lo spettro delle attività rilevanti sotto numerosi profili.

In primo luogo, la norma non guarda più all’accessorietà rispetto all’attività principale esercitata dalla banca, bensì all’accessorietà rispetto alla complessiva “attività bancaria” che, a questi specifici fini, non è limitata alle attività finanziarie ammesse al mutuo riconoscimento secondo i dettami della CRD4, ma è estesa alla prestazione dei servizi di investimento e servizi accessori secondo il regime stabilito da Mifid2[12].

In secondo luogo, le Guidelines stabiliscono un test specifico che deve essere effettuato per valutare se un’attività non finanziaria sia sufficientemente legata all’attività bancaria da essere considerata accessoria. Tale verifica è effettuata valutando in che misura l’attività:

  1. supporta l’attività bancaria (support to banking), ipotesi configurabile allorché un’attività migliora in modo significativo l’efficienza e l’efficacia dei processi bancari, oppure consente o facilita la fornitura di prodotti e/o servizi bancari ai clienti[13];
  2. integra l’attività bancaria (complement banking) mediante pratiche di cross selling, che ricorre quando l’ASU favorisce la distribuzione dei prodotti bancari e finanziari mediante i propri canali distributivi ovvero i prodotti e servizi non finanziari dell’ASU sono distribuiti ai clienti della banca, e/o
  3. si fonda sull’attività bancaria (reliance on banking), nel caso in cui l’attività dipenda in modo significativo da prodotti o servizi bancari rilevanti o da finanziamenti forniti dalla banca (e.g., attività di KYC, attività di valutazione del rischio di credito), oppure dipenda in modo significativo dai finanziamenti forniti da una banca (e.g., la banca ha assunto impegni a erogare finanziamenti a un’impresa indispensabili per la fornitura da parte di quest’ultima di beni e servizi ai clienti).

3. Le attività ancillari ai sensi delle EBA Guidelines e le attività connesse e strumentali ai sensi dell’art. 10 TUB: convergenza o estensione del perimetro rilevante?

I nuovi criteri elaborati dall’EBA per effettuare il test sull’accessorietà all’attività bancaria (support to banking, complement banking e reliance on banking) evocano in buona parte i tradizionali requisiti normativi delle attività connesse e strumentali dei gruppi bancari, sicché appare opportuno domandarsi se i nuovi criteri europei conducano ad identificare come ancillary le medesime attività connesse e strumentali, oppure se siano suscettibili di definire un perimetro più ampio.

Come noto, ai sensi dell’art. 10, comma 3, del TUB, “le banche esercitano, oltre all’attività bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse e strumentali […]”, ma la normativa primaria non contiene una definizione di “attività strumentale” né di “attività connessa”. Tuttavia, al fine di ricostruire le suddette definizioni, soccorre anzitutto la nozione di “impresa strumentale” dettata dalla disciplina delle partecipazioni detenibili dalle banche ed alla composizione dei gruppi bancari di cui all’art. 59, lett. c) del TUB, che trova più ampia definizione nella Circolare della Banca d’Italia n. 285 del 2013, laddove è disposto che per “impresa strumentale” si intende “un’impresa, diversa da un’impresa finanziaria, che esercita in via esclusiva o prevalente un’attività ausiliaria all’attività di una o più banche o gruppi bancari[14].

Il concetto di “connessione” è invece ricavabile, in ottica sistematica, dalle norme di vigilanza applicabili ad altre tipologie di intermediari finanziari, le quali ravvisano la connessione nelle attività che, indipendentemente dalla natura libera o riservata, consentono di sviluppare le attività finanziarie svolte in via principale: in questi termini, si esprime la Circolare della Banca d’Italia n. 288 del 2015, dettata per gli intermediari finanziari di cui all’art. 106 TUB, che qualifica come connessa “… l’attività di natura commerciale ovvero finanziaria, non soggetta a riserva, che consente di sviluppare l’attività finanziaria esercitata e che è svolta in via accessoria rispetto all’attività principale[15]e, in termini similari, il Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio del 19 gennaio 2015 che definisce l’attività connessa a quella di gestione  esercitabile dalla SGR ai sensi dell’art. 33, comma 2, lett. c) del TUF, come “l’attività che consente di promuovere e sviluppare l’attività principale esercitata[16].

Sintetizzando e richiamando le tesi prevalenti in dottrina, può dirsi strumentale l’attività servente e funzionale all’esercizio dell’attività propria della banca[17], mentre l’attività connessa è legata all’attività bancaria da un rapporto di accessorietà e complementarietà, in cui l’organizzazione dei fattori produttivi ai fini dell’esercizio dell’attività bancaria permette di svolgere un’ulteriore attività, anche non finanziaria, con il duplice vantaggio di una migliore utilizzazione dell’azienda bancaria e di un più efficiente svolgimento dell’attività connessa rispetto ad un suo esercizio autonomo[18].

In questo contesto, pare di poter ravvisare una sostanziale corrispondenza tra le attività strumentali esercitabili dalle banche ai sensi dell’art. 10 TUB e ciò che l’EBA identifica come “supporto to banking” al fine di identificare le ASU a fini di consolidamento prudenziale.

E, ancora, il perimetro del complement banking sembrerebbe sussumibile nell’ambito delle attività connesse che, sfruttando il potenziale dell’azienda bancaria, consentono di sviluppare le opportunità di business, ampliando l’offerta, finanziaria e non, delle banche.

Diversamente, le attività che dipendono dall’attività bancaria (reliance on banking) e che l’EBA annovera al pari delle precedenti tra quelle ancillari, invero, non parrebbero riconducibili agli schemi delle attività connesse e strumentali; qui, invero, difetterebbe un nesso di accessorietà tra le une e le altre, mentre vi sarebbe una significativa dipendenza economica dell’ASU dai finanziamenti bancari, tale per cui, in assenza del credito, l’impresa non sarebbe in condizione di offrire sul mercato i propri beni e servizi.

4. Il leasing operativo tra le attività accessorie.

Qualche considerazione a parte merita di essere dedicata al leasing operativo che, per la prima volta, con l’emanazione del CRR3 confluisce esplicitamente tra le attività non finanziarie che, a determinate condizioni, possono essere considerate accessorie all’attività bancaria. Come anticipato in premessa, il legislatore ha inteso accogliere le raccomandazioni formulate dall’EBA che più volte aveva sottolineato come il leasing operativo, pur non essendo incluso tra le attività finanziarie riservate, presentasse caratteristiche similari al leasing finanziario.

Tale attività, invero, non è definita dal CRR, né da altre norme europee, pur essendo ben sviluppata nel mercato. Anche nell’ordinamento nazionale la fattispecie non è tipizzata, ma è utile ricordare che le Istruzioni di Vigilanza applicabili agli intermediari finanziari ex art. 106 TUB la annoverano tra le attività connesse, rilevando l’aspetto simil finanziario del contratto e la sua durata di medio-lungo periodo, di regola parametrata alla vita economica del bene locato[19].

In tale contesto le Guidelines offrono una definizione – in negativo – di leasing operativo secondo cui “per leasing operativo si intende un contratto di leasing che non trasferisce in modo sostanziale al locatario tutti i rischi e i benefici connessi alla proprietà del bene locato”.

La suddetta definizione a fini di vigilanza prudenziale di leasing operativo, incentrata sul regime di allocazione dei rischi del bene tra locatore e locatario e chiaramente ispirata ai principi contabili internazionali[20], appare sufficientemente chiara per segnarne il confine rispetto all’attività riservata di leasing finanziario; tuttavia, essendo ancora il leasing operativo una fattispecie atipica sul piano civilistico (a differenza del leasing finanziario che è disciplinato dalla legge n. 124 del 4 agosto 2017), meno agevole è comprenderne i confini rispetto alla variegata casistica di schemi locativi, parimenti atipici e che hanno funzione di godimento del bene e non assolvono a una causa di finanziamento.

Si pensi, per esempio, al contratto di noleggio di autoveicoli, in forza del quale il noleggiatore, di regola proprietario dei beni, ne concede l’utilizzo per un breve periodo di tempo al cliente per esigenze professionali, oppure nel contesto delle attività del tempo libero. Anche in questo caso, non vi è un sostanziale trasferimento di tutti i rischi e i benefici del bene dal noleggiatore al noleggiante, ma la diversa funzione economica del contratto, diretta a soddisfare esigenze di breve termine del cliente, dovrebbe condurre a ritenere la fattispecie estranea all’ambito delle attività ancillari; tale attività puramente commerciale, infatti, non pare implicare quei rischi “bank like” che il legislatore della riforma del CRR ha voluto attrarre nel perimetro di consolidamento prudenziale.

In ogni caso, affinché l’impresa di leasing operativo sia qualificabile come ancillary undertaking, è indispensabile che ricorra almeno una delle seguenti circostanze sintomatiche del nesso di accessorietà all’attività bancaria:

  1. il leasing di beni è fornito a enti creditizi, anche esterni al gruppo bancario;
  2. il leasing di beni è abbinato alla vendita di servizi bancari offerti al locatario (ad esempio, un conto di pagamento) da un ente vigilato del gruppo di appartenenza; oppure
  3. il leasing di beni dipende in misura significativa dall’attività bancaria, come ad esempio nei casi in cui la banca fornisca la finanza necessaria all’impresa di leasing ovvero fornisca servizi di valutazione del rischio di credito e/o di riscossione e recupero dei crediti rivenienti dai contratti di leasing.

5. Conclusioni.

Le Guidelines dell’EBA in tema di ancillary services undertakings mirano a ridefinire il perimetro di consolidamento prudenziale dei gruppi bancari secondo la cornice definita dal CRR3, includendo (i) le imprese che, pur non avendo natura finanziaria secondo il regime applicabile a ciascuna attività esercitata, hanno contenuto sostanzialmente finanziario, nonché (ii) le imprese che svolgono attività serventi, ausiliarie o complementare alle attività bancarie, con l’obiettivo di presidiare, a fini di stabilità patrimoniale, le attività attualmente fuori dall’ambito del consolidamento prudenziale ma con profili di rischio che permangano nel gruppo bancario.

A tale proposito, sarebbe auspicabile che l’Autorità europea, raccogliendo anche le istanze provenienti dal mercato e a fini di chiarezza e certezza del diritto, chiarisca ulteriormente il quadro definitorio, in ragione dell’assenza di una chiara nozione di attività “simil finanziaria”, dello sfuggente fenomeno dello shadow banking e delle residuali fattispecie comunque correlate all’erogazione del credito.

Contribuirebbe alla chiarezza anche l’inserimento di un negative scope delle attività accessorie all’attività bancaria, stante la difficoltà di perimetrare ad esempio il leasing operativo rispetto ad altri contratti di godimento che non dovrebbero assumere rilevanza a fini prudenziali.

In ogni caso, gli effetti delle Guidelines meritano di essere attentamente ponderati da parte delle banche e dei gruppi bancari, poiché l’applicazione degli orientamenti a partire dall’esercizio 2026, allorché le stesse dovrebbero entrare in vigore, potrebbe comportare una rimodulazione del perimetro di consolidamento prudenziale, con ingresso, ovvero esclusione, dall’ambito rilevante di imprese esercenti “ancillary services”, con conseguente impatto in termini di allocazione di capitale regolamentare.

 

[1] Segnatamente, l’art. 1, comma 1, lett. a, punto iv), del CRR3, interviene sulla definizione di “impresa strumentale” prevista dall’art. 4, paragrafo 1, punto 18), del CRR, sostituendola con la seguente:

18) “impresa strumentale”, un’impresa la cui attività principale, a prescindere dal fatto che sia fornita a imprese all’interno del gruppo o a clienti esterni al gruppo, consiste in una delle seguenti:

  1. a) estensione diretta dell’attività bancaria;
  2. b) leasing operativo, proprietà o gestione di beni, prestazione di servizi di elaborazione dati o qualsiasi altra attività, nella misura in cui tali attività sono accessorie all’attività bancaria;
  3. c) altra attività che l’ABE considera simile a quelle di cui alle lettere a) e b)” (evidenza nostra).

[2] L’art. 1, comma 1, lett. a, punto vii), del CRR3 ha modificato la definizione di “ente finanziario”, sostituendola con la seguente:

26) “ente finanziario”, un’impresa che soddisfa entrambe le condizioni seguenti:

a) non è un ente, una società di partecipazione industriale pura, una società veicolo per la cartolarizzazione, una società di partecipazione assicurativa ai sensi dell’articolo 212, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2009/138/CE o una società di partecipazione assicurativa mista ai sensi dell’articolo 212, paragrafo 1, lettera g), di tale direttiva, tranne nei casi in cui una società di partecipazione assicurativa mista abbia un ente filiazione;

b) soddisfa una o più delle condizioni seguenti:

i) l’attività principale dell’impresa consiste nell’assunzione o nella detenzione di partecipazioni o nell’esercizio di una o più delle attività elencate all’allegato I, punti da 2 a 12 e punti 15, 16 e 17 della direttiva 2013/36/UE, o nell’esercizio di uno o più servizi o attività di cui all’allegato I, sezione A o B, della direttiva 2014/65/UE in relazione agli strumenti finanziari elencati nell’allegato I, sezione C, della direttiva 2014/65/UE;

ii) l’impresa è un’impresa di investimento, una società di partecipazione finanziaria mista, una holding di investimento, un prestatore di servizi di pagamento quali classificati ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettere da a) a d) della direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio, una società di gestione del risparmio o un’impresa strumentale”.

[3] https://www.eba.europa.eu/sites/default/files/documents/10180/1720738/dd684aa4-e2fb-4856-8f3f-34293a8b5591/Report%20on%20OFIs.pdf

[4] Cfr. https://www.eba.europa.eu/sites/default/files/documents/10180/2019769/b20f96ae-9339-4dea-8014-ae19de1c7f73/Opinion%20on%20OFIs%20%28EBA-Op-2017-13%29.pdf

[5] Si fa riferimento alla richiesta formulata nel febbraio 2021 dalla Commissione europea alle ESAs di effettuare un’analisi (i) della frammentazione della catena del valore dei servizi finanziari, (ii) della crescita delle piattaforme digitali e (iii) dei gruppi ad attività mista, e di formulare le raccomandazioni ritenute opportune per garantire che il quadro normativo e di vigilanza dei servizi finanziari dell’UE rimanesse adeguato allo scopo.

[6]  Si veda, in particolare, la “Recommendation 7b” della Joint European Supervisory Authority response: “The ESAs recommend that the Commission take action to coordinate the consideration by the ESAs of the revision of existing consolidation rules and the potential creation of consolidation rules (whether through additional amendments to the CRD/CRR, IFR/IFD and Solvency II and/or new bespoke rules) to ensure the adequate capture of the specific nature and inherent risks of new combinations of activities carried out within groups and to mitigate risks of regulatory arbitrage.

[7] Cfr. il Considerando 58 del CRR3. Nel lungo percorso legislativo che ha preceduto l’emanazione del CRR3, pare utile rammentare l’intervento del dott. Paolo Angelini, Vice Direttore Generale della Banca d’Italia, che nel documento in data 19 gennaio 2022 intitolato “La recente proposta della Commissione europea di modifica delle regole prudenziali per le banche: un quadro d’insieme e una prima valutazione”, affermava che “l’ampliamento della nozione di società strumentale consentirebbe inoltre di includere nel consolidamento società che, pur non avendo natura finanziaria, svolgono attività di contenuto sostanzialmente finanziario.

[8] Pur riservandosi l’Autorità competente, laddove tali soglie non siano cumulativamente superate, di decidere caso per caso, facendo uso di discrezionalità tecnica.

[9] Cfr. par. 4.2, punto 14, delle Guidelines.

[10] Seppure di limitata utilità, l’art. 4, n. 155, CRR definisce il «soggetto del sistema bancario ombra», come “un soggetto che svolge attività bancarie al di fuori del quadro regolamentato”.

[11] Entrambi tali concetti sono stati definiti dall’EBA nell’“EBA report on response to the non-banking lending request from the CfA on digital finance” dell’aprile 2022 e includono piattaforme digitali online che consentono ai prestatori di negoziare direttamente con i debitori.

[12] Cfr. par. 4.3, punto 16, delle Guidelines, secondo cui il termine “attività bancaria” dovrebbe riferirsi alla prestazione di qualsiasi servizio o attività elencati nell’allegato I, punti da 1 a 12 e punti 15, 16 e 17 della direttiva 2013/36/UE e nell’allegato I, sezione A o B, della direttiva 2014/3/65/UE, in relazione agli strumenti finanziari elencati nell’allegato I, sezione C, della direttiva 2014/65/UE, da parte di un istituto finanziario.

[13] Le Guidelines al par. 4.3, punto 20, elencano, a titolo esemplificativo, le seguenti attività di supporto: ottimizzazione dei processi e sviluppo e manutenzione delle infrastrutture; piattaforme di assistenza clienti; supporto alla gestione dei rischi e alla conformità normativa; supporto strategico e competitivo, come ricerche di mercato, analisi dei big data, innovazione e trasformazione digitale o attività di marketing; supporto amministrativo e di back-office, come la gestione delle risorse umane o la gestione documentale.

[14] Cfr.  Parte Terza, Capitolo 1, Sezione I, par. 3 della Circolare 285, che specifica che “rientrano tra le attività ausiliarie, ad esempio, la proprietà e la gestione di immobili per uso funzionale della banca, la fornitura di servizi informatici, l’erogazione di servizi o la fornitura di infrastrutture per la gestione di servizi di pagamento, i servizi di intestazione fiduciaria e di trustee”.

[15] Cfr. della Circolare 288, che specifica che rientrano tra le attività connesse, a titolo esemplificativo, “… la prestazione di: a. servizi di informazione commerciale; b. consulenza in materia di finanza d’impresa (ad es. in materia di struttura finanziaria e di strategia industriale); c. recupero crediti di terzi; d. leasing operativo”.

[16] Cfr. il Titolo II, Capitolo III, del Regolamento della Banca d’Italia sulla gestione collettiva del risparmio del 19 gennaio 2015, che disciplina le attività esercitabili dalle SGR.

[17] Cfr., per tutti, Ferro-Luzzi, Lezioni di diritto bancario, Vol. I, 2004, pag. 136.

[18] In proposito, l’attività connessa è stata anche definita come quella “che, creando occasioni di contatto con il pubblico, consent[e] alle banche di promuovere e sviluppare l’attività principale” Così, C. BRESCIA MORRA, sub art. 10, in Testo Unico Bancario – Commentario, a cura di Porzio, Belli, Losappio, Rispoli Farina, Santoro, 2010, pag. 104.

[19] Cfr. Circolare Banca d’Italia n. 288/2015, recante “Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari”, Titolo I, Capitolo 3, Sezione III.

[20] Il principio contabile IFRS n. 16, al punto 62, prevede che “un leasing è classificato come finanziario se trasferisce, sostanzialmente, tutti i rischi e i benefici connessi alla proprietà di un’attività sottostante. Un leasing è classificato come operativo se, sostanzialmente, non trasferisce tutti i rischi e i benefici derivanti dalla proprietà di un’attività sottostante”. Oltre all’assenza di trasferimento di rischi e benefici, il medesimo principio contabile, al punto 97 mette in evidenza l’orizzonte temporale di medio-lungo periodo delle operazioni di leasing operativo, laddove richiede di rappresentare in bilancio “i pagamenti dovuti per il leasing da ricevere non attualizzati su base annua almeno per ciascuno dei primi cinque anni e il totale degli importi per gli anni restanti”.

Leggi gli ultimi contenuti dello stesso autore
Approfondimenti
Banche e intermediari Governance e controlli

Imprese strumentali e nuovo perimetro CRR3 di consolidamento prudenziale

9 Ottobre 2025

Marco Romanelli, Partner, Carbonetti e Associati

Il contributo analizza le novità del Regolamento CRR3 relativo alla definizione di “ancillary services undertaking” volte ad  con l’obiettivo di includere nel perimetro di consolidamento prudenziale dei gruppi bancari tutte le “imprese strumentali”.
Approfondimenti
Assicurazioni Banche e intermediari

Danish Compromise: potenzialità e interrogativi

Bancassurance e incentivi alla crescita dei gruppi bancari
27 Marzo 2025

Marco Romanelli, Partner, Carbonetti e Associati

Il contributo analizza lo speciale regime di esenzione c.d. "Danish Compromise" (art 49 CRR) anche alla luce dei recenti orientamenti EBA sul perimetro di consolidamento prudenziale.
Di cosa si parla in questo articolo
Vuoi leggere la versione PDF?
Vuoi leggere altri contenuti degli autori?

WEBINAR / 14 Ottobre
‎La valutazione delle garanzie immobiliari nell’attuazione del CRR 3

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 23/09


WEBINAR / 30 Ottobre
AI Act: adeguamento di policy e contratti


Adempimenti 2025-2026 per gli operatori

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 09/10

Iscriviti alla nostra Newsletter