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Attualità

Il pegno mobiliare non possessorio: riflessioni sulla nuova garanzia

26 Maggio 2016

Linda Albarani e Eugenia Notarangelo, Loconte & Partners

Il decreto legge n. 59/2016, attualmente in conversione in Parlamento, rubricato “Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche e liquidazione”, c.d. Decreto Banche (cfr. contenuti correlati), ha introdotto, all’art. 1 del Capo I dedicato alle misure a sostegno delle imprese e all’accelerazione del recupero dei crediti, il c.d. pegno mobiliare non possessorio, istituto del tutto nuovo per il nostro ordinamento.

La ratio del legislatore nell’introduzione di questa novità, rimarca perfettamente il fine legislativo del Decreto Banche, poiché tale istituto pare volto a incentivare il finanziamento alle imprese e ad agevolare il recupero crediti da parte di coloro che concedono tali finanziamenti.

Si evidenzia comunque che tale forma di garanzia è in realtà già presente nelle legislazioni di molti Paesi, specie di matrice anglosassone. Seppur in ritardo rispetto agli altri ordinamenti – basti pensare che in Inghilterra il pegno non possessorio è stato introdotto nel 1854 con il “Bill of Act” – l’Italia ha quindi oggi finalmente previsto questa nuova garanzia che – si spera – possa concretamente supportare i finanziamenti alle imprese e comunque favorire, nei casi di patologie, il relativo recupero del credito.

Veniamo ad una breve analisi dell’istituto.

La nuova garanzia del pegno mobiliare non possessorio presenta rilevanti differenze rispetto al pegno ordinario, disciplinato all’art. 2874 e seguenti del codice civile. In primo luogo, a differenza del pegno ordinario, non comporta lo spossessamento del bene mobile da parte del debitore. Nel pegno non possessorio, viene quindi meno il requisito dello spossessamento del debitore dalla cosa data in pegno che è stabilito nel pegno ordinario, al precipuo fine di assicurare la pubblicità della garanzia nei confronti dei terzi e così disincentivare il debitore dal compiere atti dispositivi della cosa data in pegno, a discapito della garanzia patrimoniale fornita al creditore.

Sin da subito, si può dunque osservare come, con l’introduzione di questo istituto, l’imprenditore abbia un grande vantaggio: potrà continuare a utilizzare il bene gravato da pegno. Come rilevato dai primi commentatori, l’assenza dello spossessamento si giustifica per il fatto che i beni mobili gravati dal pegno siano esclusivamente destinati all’esercizio dell’impresa, a garanzia di finanziamenti concessi per l’esercizio dell’impresa. Viene quindi consentito, al debitore, di continuare a possedere e disporre dei beni, alla sola condizione che venga mantenuto il vincolo di destinazione degli stessi, come beni strumentali o materiali, all’esercizio dell’attività imprenditoriale.

La ratio è pertanto quella di favorire l’accesso al credito da parte delle imprese che non dovranno in questo modo ricorrere a terzi garanti (i fideiussori), potendo dare in pegno macchinari, merci, materie prime che rappresentano la vera ricchezza dell’azienda.

Per quanto riguarda i crediti che potranno essere garantiti con pegno non possessorio, dovranno essere rispettati due requisiti: uno di carattere soggettivo ed uno oggettivo. Il debitore dovrà essere un imprenditore regolarmente iscritto al Registro delle Imprese ed i crediti garantiti dovranno essere stati concessi per l’esercizio dell’impresa. Sono quindi da escludersi i crediti di natura prettamente personale del debitore ed i crediti che siano in ogni caso estranei all’attività d’impresa: in tali ipotesi, sussistono infatti gli estremi per la declaratoria di nullità della garanzia. Si rinvengono invece dei dubbi sulla possibilità che tale forma di garanzia possa essere prestata per crediti di società facenti parte di uno stesso gruppo societario e che svolgano, ad esempio, attività tra di loro strettamente connesse e collegate: si attendono al riguardo dei chiarimenti da parte della dottrina.

I crediti potranno essere presenti o futuri, determinati o determinabili: la definizione scelta dal legislatore sembra essere decisamente di carattere ampio. Sembrerebbe invece escludersi la costituzione del pegno non possessorio per i crediti condizionati, i quali invero, per definizione, sono incerti ed eventuali perché sottoposti a condizione. Il Decreto Banche non pone inoltre alcun limite per quanto riguarda i soggetti eroganti i finanziamenti: pertanto, potenzialmente, chiunque conceda dei finanziamenti agli imprenditori inerenti all’esercizio dell’impresa, potrà decidere di farsi rilasciare tale garanzia sui beni aziendali.

Per quanto concerne i beni mobili su cui potrà gravare la garanzia di carattere non possessorio, essi dovranno essere, come osservato, per natura destinati all’esercizio dell’impresa. Sono espressamente esclusi però i beni mobili registrati (come ad esempio i veicoli), probabilmente a ragione del fatto che tali beni sono assoggettabili ad ipoteca. I beni potranno essere esistenti o futuri, determinati o determinabili, anche mediante riferimento a una o più categorie merceologiche o a un valore complessivo: anche in questo caso, si tratta dunque di una definizione piuttosto ampia al fine di allargare il più possibile l’ambito di applicazione dell’istituto, non limitata ai soli beni strumentali all’impresa. Potranno quindi essere dati in pegno non solo i c.d. beni “imbullonati”, ossia strumenti tecnici necessari per la produzione dell’attività aziendale e come tali incorporati e inscindibili dal ciclo produttivo, quali impianti e opere, ma anche materie prime, prodotti in corso di lavorazione, scorte, merci ecc.. Tale forma di garanzia si aggiunge pertanto a quella di cui all’art. 46 del TUB, che già riconosce alle banche la possibilità di garantire i finanziamenti alle imprese mediante la costituzione di privilegi sui tali beni mobili destinati all’esercizio dell’impresa e non iscritti in pubblici registri, ma a differenza di quella prevista nel TUB, è ovviamente più “efficace” trattandosi di un pegno.

Ulteriore peculiarità di tale nuova garanzia è data dal fatto che, ove non diversamente previsto nel contratto di pegno, il debitore o il terzo concedente il pegno sono autorizzati a trasformare o alienare il bene dato in pegno e comunque disporne, a patto che venga rispettata la sua destinazione economica. E precisamente dispone il legislatore che, se trasformato, il pegno si trasferisce al prodotto risultante dalla trasformazione; se alienato, il pegno si trasferisce al corrispettivo della vendita o al bene sostitutivo acquistato con tale corrispettivo. In tale ultima ipotesi, precisa la norma in commento (art. 1 d.l. 59/2016) che non si costituisce in ogni caso una nuova garanzia, continuando ad operare quella originaria.

Con tale previsione, viene quindi espressamente sancito e cristallizzato il diritto del debitore/imprenditore a disporre, a sua discrezione e secondo le esigenze aziendali, del bene dato in pegno. Tale previsione sembrerebbe dunque pensata proprio per venire incontro alle esigenze di un’impresa nel corso della sua attività. Si pensi ad esempio alla circostanza che in azienda il bene gravato da pegno divenga vetusto (e ciò non è affatto infrequente con l’avanzare della tecnologia e l’automazione dei processi industriali): ebbene, in base a tale norma, il debitore avrà la facoltà di sostituire o modificare il bene. Ed ancora, si pensi all’ipotesi in cui l’imprenditore ricevesse una buona offerta d’acquisto del bene aziendale gravato da pegno: egli la potrà ora eventualmente accettare e conseguire in questo modo un margine di guadagno, il che costituisce un evidente vantaggio anche per lo stesso creditore in termini di rafforzamento della garanzia. Anche sotto questo profilo, è pertanto manifesta la differenza della disciplina del pegno non possessorio rispetto al pegno ordinario, in cui, invece, il debitore non può usare la cosa data in pegno, a meno a che non vi sia il consenso del creditore e, comunque, non può nè venderla nè donarla, né darla ad altri in pegno, né concederne ad altri il godimento (art. 2792 c.c.).

Per la costituzione del pegno mobiliare non possessorio, è prescritta la forma scritta del contratto di pegno il quale dovrà necessariamente indicare: il soggetto creditore, il soggetto debitore, eventuali terzi concedenti il pegno, la descrizione del bene mobile oggetto della garanzia, la descrizione del credito e del relativo importo massimo garantito. Si tratta di una forma scritta ad substantiam in quanto è prevista a pena di nullità. Il contratto di pegno dovrà essere iscritto in un registro informatizzato, costituito presso l’Agenzia delle Entrate e, denominato “Registro dei pegni non possessori”. L’iscrizione ha natura costitutiva e pubblicitaria: ed infatti, dalla data di iscrizione, il pegno prende grado ed è opponibile ai terzi e nelle procedure concorsuali.

Il pegno non possessorio non è però opponibile a chi abbia finanziato l’acquisto di un bene determinato destinato all’esercizio dell’impresa garantito da riserva di proprietà sul bene stesso o da un pegno non possessorio regolarmente iscritto nel registro dei pegni non possessori e che al momento di tale iscrizione il creditore abbia informato i titolari di pegno non possessorio iscritti anteriormente.

L’iscrizione ha una durata di dieci anni, rinnovabile per mezzo di un’iscrizione nel suddetto Registro effettuata prima della scadenza del decimo anno. La sua cancellazione può avvenire in modo consensuale su accordo delle parti oppure domandata giudizialmente. In merito alle specifiche modalità di iscrizione, consultazione, modifica, rinnovo, cancellazione ecc. da tale Registro, si resta in attesa dell’approvazione del prossimo relativo regolamento da parte del MEF.

Se si verifica l’evento che prevede l’escussione del pegno, in tale caso il creditore, previo avviso scritto inviato al datore della garanzia e agli eventuali titolari di un pegno non possessorio trascritto successivamente della somma garantita, avrà la facoltà di:

a) procedere alla vendita dei beni oggetto del pegno trattenendo il corrispettivo a soddisfacimento del credito fino a concorrenza della somma garantita, informando immediatamente per iscritto il datore della garanzia dell’importo ricavato restituendo contestualmente l’eccedenza;

b) procedere all’ escussione dei crediti oggetto di pegno fino a concorrenza della somma garantita;

c) ove previsto nel contratto di pegno e ove sia iscritto nel Registro delle Imprese, procedere alla locazione del bene oggetto del pegno, imputando i canoni a soddisfacimento del proprio credito fino a concorrenza della somma garantita, a condizione che il contratto preveda i criteri e le modalità di valutazione del corrispettivo della locazione;

d) ove sia previsto nel contratto di pegno e ove sia iscritto nel Registro delle Imprese, procedere all’appropriazione dei beni oggetto del pegno fino a concorrenza della somma garantita, a condizione che il contratto preveda anticipatamente i criteri e le modalità di valutazione del valore del bene oggetto di pegno e dell’obbligazione garantita.

Le suddette tecniche di realizzo previste in caso di inadempimento sono evidentemente più semplici ed efficaci rispetto alla disciplina del pegno ordinario, con conseguente beneficio per gli istituti di credito.

Altro aspetto sui cui si è focalizzato il legislatore nel d.l. n. 59/2016, è l’ipotesi di fallimento del debitore. In tale caso, il creditore potrà escutere il pegno con le modalità sopra previste solo dopo che il suo credito sia stato ammesso al passivo con il riconoscimento della prelazione. Tale circostanza, ci permette di osservare un’ulteriore differenza tra il pegno mobiliare non possessorio e quello ordinario: per il pegno ordinario infatti, ai sensi dell’art. 53 della Legge Fallimentare, per l’escussione del pegno da parte del creditore pignoratizio, è richiesta altresì l’autorizzazione del Giudice delegato, il quale, sentito il curatore e il comitato dei creditori, stabilisce il tempo della vendita e le relative modalità. Ne consegue quindi che la nuova disciplina del pegno non possessorio appare sotto questo profilo più snella da un punto di vista procedurale e garantisce, sempre se ricorrono i presupposti per l’ammissione al passivo con privilegio, l’escussione del pegno senza valutazioni di sorta, da parte degli organi della procedura, sulla opportunità di addivenire o meno alla vendita del bene.

Il legislatore ha anche previsto una tutela di tipo risarcitorio per il debitore, il quale, entro il termine di tre mesi dalla comunicazione di cui alle predette lettere a) c) e d), potrà agire in giudizio per il risarcimento del danno quando la vendita del bene mobile avvenga in violazione delle summenzionate modalità di escussione del pegno e la vendita del bene non corrisponda ai valori correnti di mercato. Ciò rappresenta quindi una forma di tutela per l’imprenditore affinchè l’escussione del pegno avvenga nel rispetto delle disposizioni di legge ed il bene non venga “svenduto”.

Infine, il Decreto Banche equipara il pegno mobiliare non possessorio a quello ordinario per quanto riguarda l’applicazione della revocatoria fallimentare ai sensi degli art.li 66 e 67 Legge Fallimentare. Per cui il curatore potrà eventualmente decidere di incardinare un giudizio di revocatoria per la dichiarazione di inefficacia di pegni che siano stati costituiti dal debitore in pregiudizio dei creditori. Ai sensi dell’art. 67 Legge Fallimentare, salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato di insolvenza del debitore, potranno essere infatti revocati i pegni costituiti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti ed i pegni costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti.

La nuova forma di garanzia del pegno mobiliare non possessorio, introdotto dal d.l. n. 59/2016, presenta infine interessanti spunti di riflessione per una breve comparazione con le altre forme di garanzia mobiliare non possessoria già esistenti nel panorama internazionale.

È ad esempio il caso dell’Olanda, il cui codice civile prevede una forma di pegno non possessorio per la cui costituzione il debitore è tenuto all’adempimento di severe formalità, inclusa la registrazione presso la competente autorità o presso gli uffici tributari.

In Inghilterra, si riscontrano allo stato una serie di garanzie mobiliari non possessorie come ad esempio le chattel morgage e le chattel charge, utilizzate per lo più dalle persone fisiche. Il legislatore inglese, sempre in un’ottica di maggior garanzia per il creditore, ha previsto a tal proposito tramite la costituzione dei registri societari, una forma di pubblicità di cui possono beneficiare i creditori delle società, alle quali è così consentito di costituire sia garanzie su taluni dei propri beni (fixed charge), sia sui crediti, sia addirittura sul proprio intero patrimonio (floating charge).

Si consideri inoltre il caso del security interest una forma di garanzia presente negli USA e molto utilizzata nella contrattualistica internazionale. Si tratta di un credito pignoratizio che contempla un diritto di seguito sul bene oggetto di garanzia, per cui, in caso di inadempimento del debitore o della dichiarazione del suo fallimento, il creditore potrà rifarsi sul bene oggetto di garanzia mediante la sua escussione. Il legislatore statunitense ha previsto al riguardo una serie di modalità alternative di escussione del pegno: il creditore potrà agire in giudizio in via ordinaria per far valere il proprio diritto, oppure agire in via esecutiva pignorando il bene garantito, o ancora ingiungere il pagamento al debitore e a eventuali coobbligati oppure prendere il possesso del bene garantito. Anche in questo caso, la normativa prescrive la necessaria esistenza di un contratto scritto di garanzia tra le parti, il quale sarà soggetto a trascrizione, al fine di rendere la garanzia opponibile ai terzi.

Dall’analisi di tali forme di garanzie previste all’estero emerge quindi che, ove il legislatore straniero abbia previsto una garanzia a carattere non possessorio, ha affiancato – così come ha fatto quello italiano con il Decreto Banche – all’elemento dello spossessamento, la prescrizione di regole sulle formalità della garanzia, ciò al fine di consentire un bilanciamento degli interessi.

Ci si chiede infine quanto questa nuova forma di garanzia qui in commento sia realmente a beneficio dell’imprenditore. Ponendo a garanzia del finanziamento un bene mobile necessario per l’attività d’impresa, nell’ipotesi in cui l’imprenditore divenisse insolvente e il creditore decidesse di escutere la sua garanzia, sarà molto probabile che l’imprenditore si vedrà sottrarre proprio uno tra i beni necessari per poter proseguire l’attività di impresa. Quasi sicuramente ciò arrecherà quindi gravi danni economici allo stesso e in taluni casi, potrà anche addivenirsi – in ultima analisi – al suo fallimento. Pertanto, è di tutta evidenza che, qualora l’imprenditore sia in possesso anche di beni estranei all’attività di impresa, sarà probabilmente più prudente optare per il pegno, nella sua forma ordinaria.

Per quanto concerne gli istituti finanziari concedenti il finanziamento, la previsione dell’obbligo pubblicitario della iscrizione nel Registro dei pegni non possessori e la snellezza della procedura di escussione del pegno rappresentano certamente delle previsioni favorevoli per tali istituti, che potranno contare su procedure più celeri e semplificate di recupero delle somme erogate, in caso di inadempimento nel pagamento delle rate del finanziamento.

Si auspica infine che questa nuova disciplina possa davvero concretamente agevolare le imprese all’accesso al credito e che dunque venga dato nuovo impulso allo sviluppo dell’attività imprenditoriale e alla crescita economica.


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