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Il consumatore vulnerabile e la fragilità del diritto. Brevi considerazioni.

6 Settembre 2023

Maddalena Rabitti, Professore Ordinario di Diritto dell’Economia, Università degli Studi Roma Tre

Di cosa si parla in questo articolo

SOMMARIO: Il consumatore medio e medio vulnerabile – cui si fa riferimento nella disciplina delle pratiche commerciali scorrette – è in crisi. Al suo posto, assume progressivo rilievo il consumatore vulnerabile, che è colui che in ragione di elementi costitutivi o situazionali che ne influenzano il comportamento rischia di non accedere ai servizi essenziali, di essere esposto a forme di manipolazioni lesive dei diritti fondamentali, di essere discriminato. Si tratta di una nozione, ancora poco esplorata dal giurista positivo, che guarda al singolo individuo e non alla categoria in cui rientra e che presuppone però a monte una ricerca delle possibili cause di vulnerabilità, una loro tassonomia e, poi, la scelta dei meccanismi di tutela anch’essi calibrati sulle specifiche esigenze. Da questo angolo visuale,  si evidenziano i limiti di un modello di unità delle tutele quale quello prescelto dal Codice del consumo, e si comprende perché vi sia chi, agli estremi, pensa a un diritto personalizzato, tuttavia ancora oggi soprattutto solo teorizzato. Tra le cause di vulnerabilità, ad esempio, rileva il fattore età che, in questa epoca di Fintech, può rendere l’anziano un inesperto. La tecnologia tuttavia può, se ben utilizzata, anche essere uno strumento di tutela efficiente per garantire maggior tutela al consumatore vulnerabile.

ABSTRACT: The “average consumer”, even when labeled “average vulnerable consumer ” –taken into consideration by the unfair commercial practices Directive – is in crisis. In its place, the “vulnerable consumer” increases his role. The vulnerable consumer is the one who, due to constitutive or situational elements influencing his behavior, risks not having access to essential services,or  being exposed to forms of manipulation detrimental to its fondamentale rights, or being discriminated against. This concept -which revolves around  the actual  person and not the category in which it falls – is still little explored by the legal doctrine. It’s important to achieve the causes of vulnerability, their taxonomy, and, then, the choice of protection mechanisms also calibrated to specific needs. From this point of view, the limits of a model of unity of protection such as that chosen by the Consumer Code are highlighted.  Instead it’s seem better to suggest  a new model, called Personalized Law. Among the causes of vulnerability, for example, there is the age factor in Fintech. However, technology can, if used well, also be an effective protection tool to ensure greater protection for vulnerable consumers.


1. I limiti della nozione di consumatore medio e medio vulnerabile

Una tecnica fondamentale del diritto europeo dei consumatori per raggiungere il livello desiderato di operabilità ed efficacia è quella di basarsi su generalizzazioni e modelli che consentano di evitare un esame caso per caso della singola situazione in cui è coinvolto il consumatore[1].

Il concetto di consumatore medio è un esempio da manuale di tale tecnica e serve da parametro di riferimento per l’applicazione di varie norme dell’acquis dell’UE in materia di protezione dei consumatori. L’idea del “consumatore medio”, – «codificata» dal Considerando 18 della direttiva sulle pratiche commerciali scorrette secondo cui ci si riferisce a una persona «normalmente informata e ragionevolmente attenta ed avveduta, tenuto conto di fattori sociali, culturali e linguistici»— funge, infatti, in quella disciplina da «misura di tutte le cose» e permea gran parte del diritto europeo dei consumatori.

Le radici e la concretizzazione di questo concetto si devono alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) che riempie di contenuto questa formula unica per tutti, con cui si cerca di incapsulare le caratteristiche medie dei consumatori come classe[2].

La nozione di consumatore medio, specie nell’interpretazione data dalla CGUE, è stata fondamentale nella costruzione di una narrativa di responsabilizzazione dei consumatori, consentendogli di proteggersi attraverso scelte attive e ben informate sul mercato. Un corollario di tale approccio era l’enfasi normativa sul “paradigma dell’informazione”[3]; un approccio che considerava la trasmissione di informazioni come lo strumento attraverso il quale proteggere la libertà di scelta del consumatore.

Al contempo, si è riempita allo stessa maniera di senso anche la definizione di “consumatore medio vulnerabile” che si basa sul presupposto che in determinate circostanze i consumatori siano più suscettibili a determinate minacce, il che richiede una protezione più intensa. La direttiva del 2005 offre tuttavia una definizione confusa di vulnerabilità dei consumatori, limitata solo a un’enumerazione esemplare (e non esaustiva) delle caratteristiche dei consumatori che possono renderli più inclini a determinate pratiche di mercato.

Ecco allora che si viene a delineare un percorso, ad oggi ancora fumoso, che si biforca in due direzioni molto diverse. Da un lato, c’è chi resta nel contesto della regolazione delle pratiche commerciali scorrette e sposta l’attenzione dal concetto di consumatore medio a quello di consumatore medio vulnerabile.

Il criterio è quello di distinguere all’interno del genere consumatori la species che con più difficoltà può assumere una decisione consapevole in determinate circostanze; dall’altro si assiste alla più generale crisi del paradigma del consumatore medio, vulnerabile o meno per diversi ordini di ragioni: la prima è che è entrata in crisi l’idea dell’homo oeconomicus con la presa d’atto del fatto che le scelte che il consumatore compie sono spesso irrazionali e non trovano nella standardizzazione delle tutele necessariamente una risposta adeguata[4]; la seconda è che si assiste da tempo alla “frammentazione” della figura del consumatore che si specifica in consumatore-viaggiatore, consumatore investitore, risparmiatore ecc. e che per ciascuna classe di consumatori si richiede una disciplina graduata in modo da assicurare la tutela più adeguata alle specificità della categoria di consumatori considerata[5].

2. Il consumatore vulnerabile

Dalle ceneri del consumatore medio trattato con disciplina standardizzata è sorto il consumatore vulnerabile[6], espressione che fino a pochi anni fa sarebbe stata interpretata come un pleonasmo, poiché il consumatore era di per sé considerato vulnerabile[7] .

In realtà, l’accezione di vulnerabilità che si va affermando nel dibattito internazionale è tutta diversa[8]. La prospettiva è stata rivolta a individuare fattori che possano spostare l’esigenza di tutela su categorie di soggetti che rischiano di non avere accesso a servizi essenziali, di essere esposti a forme di manipolazioni lesive di diritti fondamentali, di essere discriminati. Marta Fineman[9] ha esplorato questo concetto rilevando che l’uso della denominazione vulnerabile al fine di distinguere alcuni gruppi considerati svantaggiati all’interno della società più ampia spesso si traduce anche nella loro stigmatizzazione. L’espressione soggetto vulnerabile ha infatti una connotazione vittimistica. Nella prospettiva sviluppata da Fineman[10], la vulnerabilità è invece intesa come condizione universale e condivisa dell’essere umano. Tale concezione del soggetto giuridico è in grado di incorporare una panoplia di circostanze e posizioni. Tuttavia, secondo questo approccio, la fragilità, che a livello sociale è costante e universale, a livello individuale si caratterizza in quanto particolare e unica[11]. In base a questo nuovo paradigma della vulnerabilità umana, la fragilità è intesa come una condizione positiva al fine di realizzare l’equality of opportunity and access che deve impegnare le istituzioni a rimuovere le condizioni che impediscono di affrontare le sfide connesse alle singole fragilità[12].

È possibile poi identificare, entro tale paradigma della vulnerabilità, due principali forme di differenza individuale da cui conseguono specifiche dipendenze: a) le differenze costitutive, che sorgono in quanto siamo esseri incarnati (embodied beings), da cui deriva una dipendenza inevitabile; b) le differenze situazionali, che sorgono in quanto siamo soggetti inseriti in istituzioni sociali, da cui deriva una forma di dipendenza[13].

Gli individui sono esseri sociali e dal momento della nascita sino alla morte sviluppano relazioni con altri e con le istituzioni, in quanto si trovano differentemente situati entro reti di relazioni di tipo economico, sociale, culturale e istituzionale che ne determinano i destini e le opportunità, creandole o impedendole. Le differenze incarnate includono fasi biologiche e dello sviluppo che tutti gli individui inevitabilmente sperimentano. Si pensi altresì alle categorie dei bambini, degli anziani, dei malati o delle persone diversamente abili, spesso oggetto di una discriminazione “paternalistica” basata su un vuoto di capacità. Questo tipo di differenze hanno portato ad una subordinazione gerarchica ed esclusione sociale del soggetto che le possiede, in quanto facente parte di una “categoria debole”. Il passaggio dal soggetto alla persona/individuo implica un abbandono della definizione statica del consumatore, in virtù di un concetto definito da una prospettiva situazionale e funzionale, che assume la vulnerabilità come “universale e costante, inerente alla condizione umana”[14].

La teoria della vulnerabilità proposta da Fineman si propone invece di individuare le modalità con cui uno Stato responsabile deve operare per andare incontro ai bisogni derivanti dalla dipendenza inevitabile e derivativa degli individui. In questa prospettiva il centro non sembra essere il rapporto professionista/consumatore ma la relazione del singolo essere umano, che può essere frazionato a seconda della causa di vulnerabilità che manifesta (ad es. anziano, malato di Alzheimer) con la società e il mercato.

Certamente nella relazione consumatore/mercato la vulnerabilità è più facilmente identificabile e in qualche misura governabile attraverso una regolamentazione attenta alla specificità di ciascuno. Questa affermazione si scontra nella nostra tradizione giuridica con due superstizioni: l’una consiste nella sacralità del concetto di unità della Persona; l’altra è che la norma giuridica deve essere quanto possibile generale ed astratta e uguale per tutti. L’architettura normativa necessita di affinare regole e meccanismi di enforcement e di ripensare ad esempio strumenti tradizionali di tutela, come l’informazione che non si presta più ad essere standardizzata.

A questo riguardo, vale la pena ancora di guardare oltre Manica in cui si discute dell’idea di Personalized Law[15]. Il diritto personalizzato è una versione particolare del diritto contestuale caratterizzata dall’individualizzazione: i comandi legali dipendono non solo dalle circostanze esterne, ma anche dalle differenze interpersonali tra le persone. Per identificare con precisione le differenze rilevanti e utilizzare queste caratteristiche in modo adeguatamente ponderato, la legge personalizzata si può basare su informazioni ordinate automaticamente. Si procede quindi a una tassonomia delle cause di vulnerabilità. Ad esempio, gli algoritmi verrebbero addestrati a identificare attributi personali correlati alla rischiosità, in modo da personalizzare gli standard di cura. In questa prospettiva, l’ascesa dei big data e della regolamentazione basata su algoritmi potrebbe cambiare radicalmente la progettazione e la struttura del diritto dei consumatori. I doveri di informazione impersonale e le comunicazioni standardizzate potrebbero essere sostituiti da norme legali granulari che forniscono divulgazioni personalizzate in base alle preferenze personali e alle esigenze informative di un individuo. Il rischio è quello di un’eccessiva discrezionalità del giudicante nel dare rilievo a vulnerabilità del singolo per la difficoltà di ancorare il giudizio a dati oggettivi.

3. Esigenza di ammodernamento del Codice del Consumo

L’analisi fin qui condotta mostra con evidenza come, a diciassette anni dall’ultima revisione, il Codice del Consumo necessiti di un aggiornamento. Il modello di unità delle tutele che il Codice proponeva ha visto susseguirsi due decenni di legislazione settoriale, che hanno in qualche misura segmentato le tutele sui settori verticali: bancario, finanziario, assicurativo, energetico, dei trasporti, delle comunicazioni, e così via, con le specificità di ciascun settore che hanno prevalso sull’uniformità delle tutele e degli strumenti.

Dunque, la ‘matrice regolatoria’[16], formata dai settori verticali e da quelli orizzontali (protezione dei dati personali, concorrenza, tutela dei consumatori appunto) rischia di non essere più adeguata, sia perché i ‘verticali’ non sono più tra loro separati (ad esempio, le banche vendono prodotti finanziari e assicurativi), sia perché le norme orizzontali (concorrenza, dati personali, consumi) hanno mostrato limiti nell’affrontare l’evoluzione tecnologica sia, infine, perché la regolazione per soggetti, poi per attività e infine per prodotti, si è trasformata oggi in regolazione per tecnologia.

E forse proprio la tecnologia può rappresentare il perno da cui muovere per tornare a un’unità di sistema che il Codice proponeva e che in questi anni si è andata in qualche misura perdendo; si ridurrebbe così l’attuale disparità delle tutele, diverse a seconda che il consumatore sia un correntista, un assicurato, un investitore, un utente di comunicazioni o di energia, o altro.

Il diritto dei consumatori segue le regole dell’Unione Europea, che ha sostituito alla legislazione via direttive (che consentiva agli Stati membri l’esercizio di un margine di discrezionalità) quella via regolamenti. L’applicazione oggi è affidata alle autorità indipendenti, ciascuna delle quali utilizza gli strumenti a disposizione (diversi per ognuna) per attuare i regolamenti UE, talvolta in modo non uniforme. Può apparire quindi necessario un maggior coordinamento tra le autorità indipendenti, forse anche in forma istituzionale, sulla direttrice dei protocolli di coordinamento, cui magari immaginare di aggiungere procedure applicative vincolanti, insieme alla facoltà, per chi ne abbia bisogno, di avvalersi di ulteriore personale aggiuntivo.

Appare anche necessaria una maggiore reale trasparenza sul mercato, quanto alla qualità dei servizi offerti ai consumatori e agli strumenti di monitoraggio e di misurazione di questa qualità.

Emerge inoltre il bisogno di una efficace campagna di informazione sui diritti di consumatori e utenti, ancora poco conosciuti, e sulla rivendicazione dei diritti sia mediante le modalità più innovative, sia mediante gli strumenti già da tempo a disposizione, che costituiscono un forte punto di riferimento, specie per gli utenti di età più avanzata, a partire da call center e numeri verdi, per i cui servizi è ipotizzabile prevedere standard minimi di qualità e tempi certi di risposta.

L’innovazione tecnologica sembra aver spostato in pochi anni l’asse delle tutele[17]. Le piattaforme digitali, il cloud e ora la blockchain, con tutta la prudenza del caso, potrebbero rendere non più necessarie alcune di queste tutele; impossibili altre, e, infine, trasformare in necessarie altre tra quelle considerate irrilevanti in precedenza. Le norme adottate dall’Unione europea e applicate in Italia vanno spesso nella direzione di difesa del consumatore dalla tecnologia. E’ legittimo immaginare anche un cambio di prospettiva, guardando all’utilizzo della tecnologia come mezzo per proteggere il cittadino-consumatore: ad esempio per prevenire e impedire le proposte non sollecitate (telefoniche o via social network), o la fornitura di servizi non richiesti (che dovrebbero poter essere disdetti con la stessa semplicità con la quale si attivano), o per rendere effettivo l’utilizzo degli strumenti che facilitano le tutele (si pensi, per ipotesi, all’applicazione della tecnologia blockchain a strumenti come il nuovo Registro Pubblico delle Opposizioni). Parimenti, la tecnologia potrebbe fornire strumenti e procedure per una misurazione della qualità anche dei servizi realizzati o sviluppati attraverso il finanziamento pubblico (si pensi al potenziale di utilizzo nelle PA o sui progetti PNRR). Il principio della non discriminazione sul mercato e nei rapporti con il cittadino potrebbe essere così declinato più in concreto, con l’apporto delle Autorità di vigilanza e regolazione sempre più decisivo, rendendo stabili le forme di collaborazione sostanziale tra le Autorità stesse.

E’ anche possibile creare una tassonomia delle vulnerabilità in relazione ai settori (finanza, bancario, energia, assicurativo ecc.) e in considerazione dei diritti fondamentali del consumatore. Fattori economici (frammentazione del mercato) e giuridici (policentrismo normativo) spingono a superare la categoria uniforme del “consumatore medio” e a determinare le caratteristiche specifiche, endogene ed esogene, che creano vulnerabilità. La vulnerabilità può dipendere anche da circostanze esogene, come è stata la pandemia.

4. Vulnerabilità digitale e finanziaria

Uno specifico fattore di vulnerabilità è legato alla digitalizzazione delle attività. La rivoluzione digitale ha reso evidente il passaggio delle tutele dal consumatore, al consumatore debole o vulnerabile. Lo sfruttamento dei dati, il ricorso all’intelligenza artificiale sono elementi che mutano la debolezza del consumatore verso il professionista (asimmetria informativa) in qualcosa di più personale.

Una volta individuate le diverse fonti e stati di vulnerabilità digitale, dovremmo chiederci quali siano gli effetti giuridici che discendono dalla valutazione di una situazione di vulnerabilità.

In particolare, assume rilievo il criterio dell’inclusività. Sia la vulnerabilità digitale sia quella finanziaria condividono la maggior parte delle fonti di vulnerabilità; sono state identificate dagli studiosi come genere, età, istruzione, reddito, città, livello di fiducia che il consumatore ha nella sua controparte. Particolarmente rilevanti nei mercati sono il livello di educazione digitale, il livello di riconoscimento delle caratteristiche specifiche del mercato digitale e il livello di educazione finanziaria e digitale al consumo. Anche i fattori socio-psicologici influenzano il comportamento dei consumatori.

Questione chiave, quando si valuta la vulnerabilità, è l’età[18]. L’esempio dei pagamenti digitali è il più evidente: la vulnerabilità dei consumatori nei servizi di pagamento istantaneo consiste nel fatto che vengono combinati due profili distinti, vale a dire vulnerabilità digitale e vulnerabilità finanziaria. Il primo è un concetto di vulnerabilità che abbraccia i nuovi tipi di minacce affrontate dagli individui nell’economia digitale dei consumatori, alimentate dalla raccolta di massa di dati personali e organizzate attraverso algoritmi. Da questo rapporto fra società digitale, vulnerabilità e dati personali è possibile desumere un’ulteriore forma di vulnerabilità, etichettabile come vulnerabilità relazionale. Difatti, proprio l’utilizzo della rete – in particolar modo dei social network che vivono di dati – fa sì che la vulnerabilità in cui l’utente versa assuma natura relazionale, in quanto deriva proprio dai legami che si instaurano nella rete e che rendono il soggetto vulnerabile, specialmente rispetto al trattamento dei dati personali[19].

Il secondo è legato in parte alla natura a lungo termine degli impegni, e in parte alla complessità dei prodotti e delle informazioni. Può quindi essere utile individuare un criterio affidabile per definire i parametri all’interno dei quali la vulnerabilità diventa un prerequisito.

Questa è una direzione da poter prendere per ragionare su come intervenire sul Codice del consumo, superando la frammentazione della matrice per settori (verticali, orizzontali) e per ‘grado di vulnerabilità’. Anche l’attività di educazione del consumatore all’utilizzo degli strumenti e delle tutele già a disposizione, su cui le Autorità si stanno impegnando con continuità, può divenire un terreno di impegno comune per associazioni, operatori e altri soggetti interessati. In questo momento particolarmente critico sul piano socio-economico è importante che tutta la “macchina” della tutela dei diritti di consumatori e utenti lavori a pieno regime, utilizzando al massimo gli strumenti di coordinamento già previsti, affinché i cittadini, a partire da quelli più deboli, siano resi sempre più consapevoli di tali diritti e in grado di rivendicarli facilmente.

 

[1] Questo testo riproduce con modifiche e note essenziali l’”Introduzione” scritta con Fabio Bassan al rapporto di Consumer’s Forum 2022 dal titolo Il consumatore vulnerabile tra innovazione e diritti fondamentali, che può leggersi per intero su www.consumersforum.it.

[2] Cfr. Corte CE, 20/2/1979, C-120/78, in Racc. (1979) 649ss.; Corte CE, 2/2/1994, C-315/92, in Racc. 1 (1994) 317ss.; Corte CE, 18/5/1993, C-126/91, in Racc. 1 (1993) 2361ss.; Corte CE, 6/7/1995, C-470/93, in Racc. 1 (1995) 1923ss. 13 Cfr. Corte CE, 16/7/1998, C-210/96, in Racc. 1 (1998) 4657; Corte CE, 13/1/2000, C-220/98, in Racc. 1 (2000) 117ss.

[3] F. Esposito,- M. Grochowski, The Consumer Benchmark, Vulnerability, and the Contract Terms Transparency: A Plea for Reconsideration, in European Review of Contract Law (ERCL), Vol. 18, No. 1, pp. 1-31, April 2022, SSRN: https://ssrn.com/abstract=4109474

[4]  A.-L. Sibony, Can EU Consumer Law Benefit From Behavioural Insights?: An Analysis of the Unfair Practices Directive, in K. Mathis (ed.), European Perspectives on Behavioural Law and Economics, Dordrecht, Heidelberg, London & New York, 2014, pp. 71-106.

[5] H.-W. Micklitz, The Consumer: Marketised, Fragmentised, Constitutionalised, in D. Leczykiewicz, S. Weatherill (eds.), The Images of the Consumer in EU Law: Legislation, Free Movement and Competition Law, Oxford, 2016, pp. 21-42: 32.

[6] Si veda la Comunicazione del 2016 Understanding Consumer Vulnerability in the EU’s key markets della Commissione Europea, la quale ha definito il consumatore vulnerabile come un consumatore che per caratteristiche (a) socio-demografiche, (b) comportamentali, (c) per una sua situazione personale o (d) un contesto di mercato: (i) è maggiormente soggetto al rischio di subire esiti negativi sul mercato; (ii) ha una limitata capacità di massimizzare il proprio benessere; (iii) ha difficoltà ad ottenere o ad assimilare l’informazione; (iv) è meno in grado di acquisire scegliere o accedere a prodotti adeguati o (v) è più suscettibile a determinate pratiche di marketing. Consultabile al seguente link: https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/consumers-approved-report_en.pdf

[7] Sul concetto di vulnerabilità nella nostra dottrina si vedano i contributi contenuti nei volumi a cura di P.E. Corrias e Elisabetta Piras, I soggetti vulnerabili nell’economia, nel diritto e nelle istituzioni, ESI, Napoli, 2021 passim; e anche ai contributi contenuti nel volume a cura di P. E. Corrias, I soggetti vulnerabili nella disciplina comune e nei mercati regolamentati, Esi, 2022. In particolare, ai fini che qui interessano, si vedano i saggi di S. Sandulli, Vulnerabilità e consumatore al tempo della Pandemia, pp. 177 -197, spec., 193 ss.; P. E. Corrias, Il mercato come risorsa della persona vulnerabile, pp. 9 -33; E. Battelli, Dal concetto di debolezza alla nozione di vulnerabilità, pp. 35 -58.  Per un approfondimento del tema del consumatore vulnerabile nella finanza digitale si veda, tra gli altri, C. Paglietti, The Vulnerable Digital Payment Systems Consumer. A New Normative Standard?, in Competition and payments services, Quaderni di ricerca giuridica della Consulenza legale della Banca d’Italia, dicembre 2022, spec. p. 30 ss.

[8] Pioniera degli studi sulla vulnerabilità è stata Florencia Luna, secondo cui  si danno differenti gradazioni o stratificazioni (“layers”) di vulnerabilità non attribuibili a categorie fisse di individui o di gruppi specifici, caratteristiche di ciascun individuo in base alle circostanze di luogo, tempo e status. Tale approccio intersezionale implica la possibilità che più condizioni di vulnerabilità si possano cumulare, che possano avere natura transitoria. ​​L’intensità della tutela giuridica degli individui vulnerabili dovrebbe essere proporzionale alla quantità e alla qualità degli “strati” di vulnerabilità derivanti dai contesti sociali e degli equilibri relazionali. Florencia Luna, “Elucidating the Concept of Vulnerability: Layers Not Labels,” in International Journal of Feminist Approaches to Bioethics 2, no. 1 (2009): 121–39.

[9] M. Albertson Fineman, ‘The vulnerable subject: anchoring equality in the human condition, in Yale Journal of Law and Feminism, vol. 20, 1, 2008, p. 8 ss. Id., The Vulnerable Subject and the Responsive State, in Emory Law Journal, 2010, 60, p. 251; Id., Vulnerabilità e inevitabile disuguaglianza, in Oslo Law Review, 2017,  4, pp. 133-149.

[10] Tra gli attuali studi sulla vulnerabilità dei consumatori vedi N. Helberger, O. Lynskey, H.-W. Micklitz, P. Rott, M. Sax, J. Strycharz, Protezione dei consumatori 2.0. Structural assymetries in digital consumer markets (BEUC 2021). Il dibattito sulla vulnerabilità dei consumatori si intreccia con il tema della vulnerabilità del data subject in un contesto economico dominato dallo sfruttamento dei big data. Cfr. R. Calo, “Privacy, Vulnerability, and Affordance,” DePaul L. Rev. 66 (2017): 592-593; S. Barocas – A. D. Selbst, “Big Data’s Disparate Impact,” California Law Review 671 (2016); F. Pasquale, The Black Box Society: The Secret Algorithms That Control Money and Information, Cambridge: Harvard University Press, 2015. Alcuni esponenti della behavioral economics hanno fatto luce sugli effetti di manipolazione e di influenza delle decisioni di consumo ad opera dei sistemi algoritmici (ex multis Sunstein, C. R. (2015), Fifty Shades of Manipulation, Journal of Behavioral Marketing; Calo, R. (2013), Digital Market Manipulation, Geo. Wash. L. Rev. 82, 995.). Per una riflessione filosofica sulla governamentalità algoritmica fondata su una “iper personalizzazione” cfr. ouvroy, A. & T. Berns, (2013). Gouvernementalité algorithmique et perspectives d’émancipation: Le disparate comme condition d’individuation par la relation ?. Réseaux, 177, 163-196.

[11] Cfr. A. Cole All of Us Are Vulnerable, But Some Are More Vulnerable than Others: The Political Ambiguity of Vulnerability Studies, an Ambivalent Critique, in Critical Horizons 17 (2): 260–77.

[12] M. Nussbaum, La fragilità del bene. Fortuna ed etica nella tragedia e nella filosofia greca, Il Mulino, Bologna, 2004.

[13] M. Fineman, “The Vulnerable Subject and the Responsive State”, Emory Law Journal, 60(2), pp. 251-275, 2010.

[14] Si veda A. Callegari, Il paradigma della vulnerabilità: brevi riflessioni per una riconfigurazione del dilemma equality-difference, in www.questionegiustizia.it, 2018, p. 3, richiama al riguardo J. Habermas, Teoria della morale, Laterza, Roma-Bari, 1994.

[15] O. Ben-Shahar, A. Porat, Personalized Law: Different Rules for Different People, New York, 2021, spec. p. 106. 52 O. Ben-Shahar, Personalized Elder Law, in Elder Law Journal, 2021, 29, pp. 281-312 53 EBA, Consumer Trends Report 2020-21.; P. Hacker, Personalizing EU Private Law: From Disclosures to Nudges and Mandates, in European Review of Private Law, 2017, 25, pp. 651-677.

[16] F. Bassan, Potere dell’algoritmo e resistenza dei mercati in Italia: la sovranità perduta sui servizi, Rubettino, 2019; F. Bassan, Digital Platforms and Global Law, EE Publishing, 2021.

[17] Ulteriore riferimento va fatto, poi, al Rapporto “Eu Consumer Protection 2.0 – Structural asymmetries in digital consumer market” della BEUC (Bureau Européen des Unions de Consommateurs) che tratta, come suggerisce il titolo, i problemi che concernono il consumatore nel contesto digitale. Partendo dal presupposto per cui le piattaforme digitali stanno acquisendo una rilevanza sempre maggiore, le problematiche che scaturiscono in tema di disciplina consumeristica mettono fortemente a rischio il già precario equilibrio della società digitale e fra i diversi profili che impongono di riconsiderare il diritto europeo dei consumatori rientra anche lo sfruttamento della vulnerabilità. La prima sezione del Rapporto è infatti dedicata a “Surveillance, consent and the vulnerable consumer. Regaining citizen agency in the information economy”, che pone in evidenza tre fattori fra loro profondamente connessi: 1) la digitalizzazione della società; 2) la rilevanza dei dati personali nell’ambito del rapporto fra informazioni e consenso; 3) l’evoluzione del paradigma consumatore medio/consumatore vulnerabile. Quindi, prendendo spunto proprio da questa distinzione, dobbiamo vedere in che modo questi fattori incidano sulla nozione di consumatore vulnerabile in un contesto emergenziale, in cui le diverse tipologie di vulnerabilità hanno acquisito sfumature differenti, per cui può parlarsi di nuove vulnerabilità.

[18] M. C. Paglietti, M. Rabitti, ‘A Matter of Time. Digital-Financial Consumers’ Vulnerability in the Retail Payments Market’, (2022), 33, European Business Law Review, Issue 4, pp. 581-606.; C. Paglietti, The Vulnerable Digital Payment Systems Consumer. A New Normative Standard?, cit., p. 30 ss. Sul tema in generale v. O. Ben-Shahar, Personalized Elder Law, cit.

[19] Sul punto cfr. G. Malgieri,- J. Niklas, Vulnerable Data Subjects, Computer Law & Security Review, Volume 37, July 2020. Per una proposta dottrinale che mette in relazione e dialogo il diritto dei dati personali con il diritto della concorrenza, si veda G. Malgieri- A. Davola, Data-Powerful (February 5, 2022), SSRN: https://ssrn.com/abstract=4027370 or http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.4027370.

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