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Attualità

I dividendi incassati da società semplice: spunti interpretativi

20 Gennaio 2020

Luca Rossi, Facchini Rossi Michelutti Studio Legale Tributario

Di cosa si parla in questo articolo

In merito alle modifiche apportate dal D.L. 26 ottobre 2019 n. 124, convertito in Legge 19 dicembre 2019, n. 157, al regime fiscale dei dividendi incassati da società semplici italiane si è molto scritto.

La tecnica legislativa utilizzata dall’art. 32-quater non è certo felicissima; con il presente scritto analizzo la disposizione, che avrebbe forse potuto essere più chiara, al fine di comprendere come debba essere trattato il caso dei dividendi incassati da società semplici italiane e distribuiti da società estere.

A mio avviso, il primo periodo del comma 1 dell’art. 32-quater racchiude in sè il principio che il legislatore voleva introdurre con tale disposizione; recitando testualmente che “I dividendi corrisposti alla società semplice si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale”. E’ evidente che tale disposizione contiene due distinte statuizioni; in particolare: (i) la prima, intende assimilare l’incasso del dividendo ad opera della società semplice all’incasso di esso da parte del proprio socio; i dividendi “si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci”. Disposizione necessaria in quanto, come è noto, il dividendo è un flusso reddituale che rileva per cassa per tutte le tipologie di soci (siano essi persone fisiche, imprenditori, società commerciali di persone e di capitali), e, pertanto, al fine di considerarlo rilevante in capo ai soci per trasparenza occorreva equiparare l’incasso ad opera della società semplice all’incasso ad opera del rispettivo socio; (ii) la seconda statuizione, applica il regime del dividendo previsto per le varie tipologie di soci sempre per trasparenza, “con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale”.

Ove l’art. 32-quater non contenesse altre disposizioni, mi parrebbe che già l’ordinamento fiscale di riferimento avrebbe pienamente funzionato non solo per i soci che non subiscono alcuna ritenuta di imposta, ma anche per quelli che ne devono subire l’applicazione (e quindi le persone fisiche ed i soggetti non residenti).

Infatti, per i soci che non subiscono alcuna ritenuta, siano essi persone fisiche (per le partecipazioni qualificate nell’ambito del periodo transitorio), imprenditori, società commerciali di persone o di capitali, l’aver previsto a livello normativo la finzione dell’incasso del dividendo da parte della società semplice, alla stregua di un incasso di esso da parte dei soci, avrebbe comportato di dover necessariamente applicare in via proporzionale il rispettivo regime; e ciò per via di questo semplice ragionamento: il dividendo è incassato dal socio pro quota e quindi trova applicazione la rispettiva norma di tassazione del socio, ossia l’art. 47 del T.U.I.R. (nella versione previgente per le persone fisiche con partecipazioni qualificate), l’art. 59, oppure l’art. 89 del medesimo Testo Unico.

Per mettere in condizione l’emittente o il sostituto di imposta di non applicare alcuna ritenuta, sarebbe bastato estendere in via interpretativa ciò che l’Amministrazione finanziaria ha da tempo posto a carico delle società fiduciarie[1]; ossia, l’obbligo (da parte nel caso della società semplice) di comunicare al sostituto d’imposta la tipologia dei propri soci, qui accompagnata anche dalla rispettiva quota di possesso partecipativo, al fine di permettere al sostituto di non applicare alcuna ritenuta.

Veniamo ora al caso dei soci che ordinariamente subiscono la ritenuta ai sensi dell’art. 27 del D.P.R. n. 600/1973.

E’ intuibile quale sia nel caso la mia opinione dopo aver accennato all’estensione in capo alla società semplice degli obblighi di comunicazione già previsti in capo alle società fiduciarie.

Ossia, l’art. 27 del D.P.R. n. 600/1973 avrebbe potuto trovare diretta applicazione in capo all’emittente residente una volta che viene messo a conoscenza (da parte della società semplice) del fatto che tutti o taluno dei soci della società semplice sono persone fisiche residenti ovvero soggetti non residenti, trovando quindi applicazione diretta l’obbligo di sostituzione dei commi 1, 3 ovvero 3-ter dell’art. 27 citato. D’altronde, l’aver previsto per legge che il dividendo percepito dalla società semplice è come se fosse percepito dal socio, trovando quindi applicazione la normativa fiscale prevista per il socio (applicazione “del corrispondente regime fiscale”), non è una situazione dissimile a quella di un negozio fiduciario in cui il soggetto fiduciario incassa il dividendo per conto del soggetto fiduciante. Seguendo questa impostazione, troverebbe pure soluzione il caso del dividendo distribuito da una società estera a favore di una società semplice italiana. In questa situazione, infatti, sarebbe direttamente la società semplice, sostituto di imposta ai sensi del comma 1 dell’art. 23 del D.P.R. n. 600/1973, e soggetto “più vicino” all’effettivo reddituario dei dividendi (ossia il socio della società semplice)[2], ad applicare e versare la ritenuta sul dividendo incassato ai sensi del comma 4 dell’art. 27 del D.P.R. n. 600/1973, trattandosi appunto del soggetto (sostituto di imposta) che interviene nella riscossione del dividendo.

Mi rendo conto che l’interpretazione sopra tratteggiata possa essere in qualche modo messa in crisi dal secondo periodo del comma 1 dell’art. 32-quater qui commentato, che disciplina specificatamente il dividendo distribuito dai soli emittenti residenti ed inoltre estende l’applicazione della ritenuta a titolo di imposta “nella misura prevista dall’articolo 27, comma 1”, del D.P.R. n. 600/1973 per la quota del dividendo imputabile alle persone fisiche residenti, come se l’art. 27 del D.P.R. n. 600 non fosse altrimenti applicabile. Interpretazione questa che, per quanto sopra detto, non mi pare condivisibile[3].

E’ in ogni modo opportuno che l’Agenzia delle entrate faccia chiarezza sul tema, in quanto è francamente non ammissibile una interpretazione della norma che espunga dal regime di sostituzione definitiva i dividendi provenienti da società estere, incassati dalla società semplice, e riferibili pro quota a persone fisiche residenti che non svolgono attività di impresa.

Interpretazione questa non coerente all’interpretazione del primo periodo del comma 1 dell’art. 32-quater qui commentato, nonché al contenuto degli artt. 23, comma 1 e 27, comma 4 del D.P.R. n. 600/1973.

 


[1] Cfr. per tutte, Risoluzione Min. Finanze n. 153 dell’8 ottobre 1999.

[2] Ai sensi del comma 1 dell’art. 23 del D.P.R. n. 600/1973 rientrano tra i sostituti di imposta tutti i soggetti dell’art. 5 del T.U.I.R., indipendentemente dall’esercizio di una attività di impresa. Per una conferma del fatto che la società semplice sia sostituto di imposta ai sensi dell’art. 23, comma 1, D.P.R. n. 600/1973, cfr. per tutti istruzioni a Modello 770/2019 par. 1.

[3] Alla base della interpretazione sopra tratteggiata nel testo del presente scritto, il secondo periodo del comma 1 ed il comma 2 dell’art. 32-quater più volte citato, possono ben essere interpretati come codificazione legislativa dell’interpretazione da me proposta nel testo per i soli emittenti residenti; portando, infatti, allo stesso risultato interpretativo e lasciando spazio all’interpretazione proposta in merito ai dividendi esteri pagati alla società semplice residente.

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