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Approfondimenti

ETF: i nuovi scenari regolamentari

13 Giugno 2012

Avv. Ubaldo Caracino e Avv. Federica Pavesi, Zitiello e Associati Studio Legale

L’acronimo ETF ha acquisito una forza evocativa tale nel mercato finanziario per cui la comunità degli investitori tende ad associare a tale tipologia di strumento l’idea di semplicità e di immediata comprensibilità.

Più nel dettaglio, con tale sigla viene tradizionalmente identificata presso il pubblico una particolare fattispecie di fondo comune di investimento aperto che soddisfa i requisiti di cui alla disciplina UCITS, costituito sia in forma contrattuale che statutaria, i cui tratti caratteristici sono rappresentati dall’ammissione a quotazione delle quote o azioni su uno o più mercati regolamentati e dall’adozione di politiche ed obiettivi di investimento finalizzati a replicare l’andamento di un indice sottostante (1).

Sotto il profilo della strutturazione del prodotto, l’ETF, nella sua veste tradizionale, prevede che l’obiettivo di replica dell’indice sottostante sia conseguito attraverso l’acquisto dei singoli titoli che compongono il benchmark di riferimento con le medesime ponderazioni, oppure di un campione rappresentativo degli stessi (i cosiddetti “ETF a replica fisica”).

A questi ultimi si sono affiancati, grazie alle spinte innovatrici dell’ingegneria finanziaria ed alle opportunità prospettate dalla disciplina di riferimento circa l’utilizzo dei derivati anche per finalità di investimento, tipologie di ETF in cui l’esposizione all’indice sottostante viene costruita attraverso la conclusione di contratti di asset swap con una o più controparti, il cui impiego può prestarsi a realizzare due modelli alternativi di configurazione: unfunded e funded (i cosiddetti “ETF a replica sintetica”).

La prima modalità cosiddetta unfunded prevede (i) l’utilizzo del denaro derivante dalle sottoscrizioni per l’acquisto di un paniere di titoli – il collateral basket – e (ii) la stipulazione di un contratto swap con una controparte selezionata (in genere bancaria), in forza del quale quest’ultima si impegna a scambiare i rendimenti del paniere di titoli detenuto dall’ETF con le performance del benchmark di riferimento.

Con la seconda modalità di strutturazione, quella cosiddetta funded, l’ETF, per effetto della conclusione di uno o più contratti swap, attribuisce tutte le disponibilità cash acquisite dai sottoscrittori alla/e propria/e controparti negoziali in cambio del rendimento dell’indice sottostante all’ETF.

Ed è stato proprio il crescente impiego dei contratti derivati per la strutturazione dei prodotti in commento il dato che ha suscitato, sia in ambito europeo che internazionale, i timori delle autorità regolamentari, anche alla luce del dibattito sui derivati OTC che negli ultimi anni si è notevolmente intensificato per effetto della crisi manifestatasi sui mercati finanziari a partire dal 2007.

Il mondo degli strumenti a gestione passiva è stato perciò fatto oggetto di maggiore attenzione da parte dei regolatori europei e internazionali, che ne hanno individuato i principali profili di rischio e di criticità, rispetto ai quali hanno offerto una prima risposta emanando una serie di principi e di linee guida volti ad assicurare maggiore tutela agli investitori. In particolare l’analisi degli organismi sovranazionali si è soffermata sugli obblighi di disclosure che gli ETF provider dovrebbero prestare per quanto attiene alle dinamiche di costruzione ed ai meccanismi di funzionamento del prodotto.

Il primo contributo in tal senso è giunto dal Financial Stability Board (2) che, nell’aprile del 2011, ha pubblicato uno studio (3) dal quale è emerso che la sempre maggiore diffusione degli ETF a replica sintetica – e quindi il massiccio impiego di derivati OTC – nonché il più intensivo ricorso alla pratica del prestito titoli da parte degli ETF a replica fisica hanno aperto la strada a nuovi rischi, non solo per i singoli potenziali sottoscrittori di questi prodotti, ma anche, a livello macro, per la stabilità dell’intero sistema finanziario.

Per quanto riguarda il tema del massiccio ricorso agli strumenti derivati, il FSB rileva che la conclusione di uno o più contratti swap comporta che l’ETF e quindi gli investitori che hanno sottoscritto le quote o azioni dello stesso siano esposti al cosiddetto rischio di controparte, ossia all’eventualità che la controparte swap, per effetto di uno o più eventi significativi che incidano sulla sua stabilità economico-patrimoniale, possa rendersi inadempiente rispetto agli obblighi assunti ai sensi dello swap. E non solo: il default della controparte swap può comportare l’insorgere di un rischio sistemico, laddove la stessa abbia posto in essere la medesima operatività con più ETF.

Da qui anche la necessità di acquisire asset a garanzia che possano ridurre o mitigare il rischio di controparte. I gestori passivi sono quindi chiamati a mettere a punto un sistema di regole e procedure per la selezione, il monitoraggio e la valutazione tempo per tempo delle attività collateralizzate.

A quanto poc’anzi rilevato si è aggiunto un ulteriore motivo di preoccupazione rappresentato dall’esistenza di rilevanti conflitti di interesse che possono insorgere nel momento in cui l’ETF provider coinvolga, per la strutturazione ed il funzionamento dei propri fondi indice, soggetti comunque riconducibili al gruppo di riferimento dell’ETF provider medesimo.

In merito all’altro profilo critico segnalato dal FSB, ossia l’attuazione sempre più diffusa di programmi di prestito titoli da parte degli ETF a replica fisica, l’Authority ha rilevato che l’ETF provider potrebbe andar soggetto ad una significativa crisi di liquidità qualora dovesse trovarsi a fronteggiare numerose e contemporanee istanze di rimborso delle quote/azioni.

Per di più, la richiesta di riconsegna, su larga scala, dei titoli dati in prestito, finalizzata a far fronte alle richieste di exit, potrebbe altresì dare origine a fenomeni di market squeeze sui titoli sottostanti.

Nell’acquisire consapevolezza in merito alle problematiche sollevate, il FSB ha, da un lato, richiamato l’attenzione dei gestori passivi sul fatto che i legislatori, sia a livello nazionale che sovranazionale, saranno presto chiamati a definire un quadro normativo più stringente e rigoroso che stabilisca parametri chiari e di generale applicazione per la costruzione degli ETF innalzando il livello di disclosure e di reporting verso il mercato da parte degli ETF provider.

Per altro verso, ha sollecitato questi ultimi a rivedere le strategie di gestione dei rischi adottate, con l’obiettivo di meglio presidiare in particolare il rischio di controparte e di gestione del collateral – tanto nell’operatività in derivati quanto nell’ambito dell’attività di prestito titoli – ed a rafforzare il grado di trasparenza nei confronti degli investitori, soprattutto in relazione alle tipologie di ETF con un maggior livello di complessità. Al fine di permettere l’assunzione di decisioni di investimento consapevoli ed una migliore comprensione del mercato degli ETF, gli ETF provider dovrebbero, nello specifico, rendere disponibili al pubblico informazioni dettagliate (i) sugli elementi costitutivi del prodotto, (ii) sulla natura e tipologia dei rischi, (iii) sui programmi di prestito titoli, (iv) sulla composizione dei collateral basket.

Si innesta sulla scia del documento pubblicato dal FSB quanto proposto a livello europeo dall’ESMA (European Security Market Authority) nella prima bozza di linee guida (4) aventi ad oggetto laregolamentazione degli ETF di gennaio 2012.

In primo luogo, l’Autorità in questione ha evidenziato che, in base all’attuale scenario MiFID, gli UCITS sono tutti automaticamente ricompresi nel novero degli strumenti non complessi, ai fini dell’esclusione del test di appropriatezza, ed in proposito ribadisce quanto già affermato in sede di proposta di revisione della summenzionata direttiva, esprimendosi nel senso che non tutti gli UCITS possono avvalersi della suddetta qualifica.

Alla luce di ciò, i prodotti in questione andrebbero esclusi dalla categoria di quegli strumenti che sono considerati in automatico non complessi, dovendo invece essere adottata una metodologia di classificazione più flessibile e calzante, basata sulla valutazione, caso per caso, delle caratteristiche strutturali che questi prodotti possono venire in concreto ad assumere.

L’ESMA peraltro viene anche a prendere posizione sulla questione relativa alla confondibilità che la diffusione di sigle analoghe nell’ambito del mercato dei cosiddetti exchange traded products può esercitare sugli investitori.

Nello specifico, l’Autorità rileva innanzitutto come sia necessario che gli ETF conformi ai requisiti di cui alla Direttiva UCITS siano chiaramente identificabili rispetto ai tradizionali fondi aperti, ugualmente assoggettati a tale disciplina, che non possano beneficiare della qualifica di ETF. L’Autorità riscontra inoltre come il pubblico incontri sempre maggiori difficoltà nel distinguere tra loro i diversi prodotti che ricadono sotto il cappello identificativo exchange traded products: ETF, ETC (5), ETN (6), ETV (7). Da qui, la proposta che i fondi UCITS conformi alla definizione di “UCITS ETF” fornita dall’ESMA – uno UCITS con almeno una classe di quote o azioni continuativamente negoziabili su almeno un mercato regolamentato o MTF, dove almeno un market maker assicuri che il valore di mercato di tali quote o azioni sia allineato in maniera significativa al NAV – dovrebbero utilizzare lo specifico acronimo “ETF”, che li identifichi come exchange traded funds, nella propria denominazione, nel regolamento del fondo, nel prospetto, nel KIID e nelle comunicazione promozionali. Sempre sul punto, l’ESMA suggerisce inoltre che venga dato ulteriore seguito allo sviluppo di definizioni armonizzate a livello europeo di tutti gli exhange traded products e spinge alla riflessione sull’opportunità di sottoporre alle emanande linee guida anche i fondi non regolamentati dalla UCITS, costituiti e commercializzati all’interno dell’Unione Europea.

L’ESMA, peraltro, non trascura ed anzi pone sotto la propria lente di osservazione gli ETF che fanno utilizzo degli swap nei propri meccanismi di replica.

L’Autorità regolamentare condivide invero le preoccupazioni già manifestate a suo tempo dal FSB in relazione alla significativa esposizione degli ETF al rischio di inadempimento della controparte swap, rischio che, in considerazione della sua pericolosità, deve essere chiaramente esplicitato agli investitori. Inoltre, nel prospetto deve essere contenuto un dettagliato set informativo avente ad oggetto, inter alia, le informazioni sulla strategia e la composizione del portafoglio di investimento o dell’indice, l’identità delle controparti con cui vengono conclusi i contratti derivati e, laddove rilevante, la tipologia di garanzie prestate e, in caso di cash collateral, la descrizione della politica di reinvestimento. Specifici principi guida vengono inoltre forniti per la gestione del rischio di controparte tanto nelle fattispecie a struttura funded che in quelle unfunded, in relazione alle quali è richiesto che sia il portafogli di investimento del fondo, che il collateral a garanzia dello swap seguano le regole in tema di diversificazione dettate per gli UCITS.

Oltre alle considerazioni sopra riportate, l’ESMA ribadisce come anche l’impiego da parte degli ETF dello strumento del prestito titoli quale tecnica di gestione del portafoglio può avere ripercussioni negative sugli investitori e sul mercato in generale ed, al riguardo, due sono i profili principali che vengono posti sotto esame dall’ESMA.

Per un verso, la circostanza per cui non è sempre evidente per gli investitori come vengono allocati i profitti derivanti dall’utilizzo del prestito titoli. Sul punto, l’autorità regolamentare intende stabilire in capo agli ETF provider l’obbligo di rendere noti agli investitori tutti i rischi che l’utilizzo di questa tecnica comporta, oltre ai potenziali conflitti di interesse che ne possono scaturire e all’impatto che essa può avere sulla performance dei fondi. Ancora, il prospetto dovrà chiaramente informare gli investitori in merito alla policy sul trattamento del collateral – e cioè fornire indicazioni in merito alla tipologia di strumenti finanziari elegibili a comporre il collateral e ai rischi derivanti dalla politica di reinvestimento in caso di cash collateral – nonché illustrare più puntualmente il regime commissionale riveniente dall’impiego del prestito titoli.

Principi analoghi a quelli sopra richiamati vengono stabiliti dall’ESMA in tema di collateralizzazione per l’operatività di prestito titoli. A tal proposito, l’Organismo interviene disponendo che il collateral dovrà essere sufficientemente diversificato ed anche rispettare i criteri relativi al ricevimento di titoli in garanzia già delineati con riferimento al collateral utilizzato per ridurre il rischio di controparte in derivati OTC (8).

Le perplessità espresse dalle autorità sopra menzionate sono state in seguito condivise anche dal Comitato Tecnico dello IOSCO (International Organization of Securities Commissions) (9) che, nel marzo del 2012, ha enucleato una serie di principi e parametri che dovranno auspicabilmente indirizzare i legislatori nel delineare una nuova disciplina di dettaglio per gli ETF.

Tra le proposte più significative vale la pena menzionare l’imposizione di oneri informativi aventi ad oggetto l’indicedi riferimento, la sua composizione, i costi e le spese associati all’investimento in ETF e l’adozione, da parte dei sistemi di scambio di ETF, di regole volte a mitigare il verificarsi di eventuali crisi di liquidità.

Così ricostruito e tratteggiato l’attuale scenario normativo di riferimento in tema di ETF, occorre ora dedicare qualche breve considerazione sulla prassi dell’industria di settore, per verificare quale sia lo stato dell’arte con riferimento all’adeguamento agli orientamenti ed ai presidi che, nell’intendimento delle autorità europee ed internazionali, dovrebbero essere posti a tutela del mercato degli ETF.

Dall’analisi della documentazione informativa predisposta e pubblicata dai maggiori player dell’industria delle gestioni passive, si evince come i timori manifestati dalle autorità regolamentarisi rivelino almeno in parte ingiustificati.

Ed invero, numerosi ETF provider risultano aver già spontaneamente imboccato il sentiero raccomandato dai regolatori che dovrebbe condurre verso un innalzamento del livello di trasparenza in merito alle modalità di strutturazione ed ai meccanismi di funzionamento degli strumenti offerti: le schede prodotto di diversi ETF, infatti, già contengono i principali elementi informativi che dovrebbero avere a disposizione gli investitori al fine di assumere decisioni di investimento corrette e consapevoli, quali l’identità dei soggetti coinvolti nel funzionamento dell’ETF, ed in particolare delle controparti swap, la composizione del collateral -tanto nell’ambito dell’attività di prestito titoli, quanto nell’operatività su derivati – l’allocazione di costi, commissioni e proventi riconnessi a tali componenti.

 

1

) Gli elementi distintivi degli ETF che tipicamente esercitano una notevole forza attrattiva sugli investitori sono da ricondursi (i) all’immediata liquidabilità dell’investimento, in ragione della possibilità di negoziare le quote e/o azioni su mercati regolamentati, (ii) alla possibilità di ottenere un’esposizione ad un intero settore o mercato attraverso l’acquisto di un unico strumento; (iii) alla disponibilità in tempo reale del valore del NAV e (iv) alla segregazione dell’attivo patrimoniale del fondo.

 


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2

) Il FSB è un organismo internazionale che riunisce regolarmente i rappresentanti dei governi, dellebanche centrali, delle autorità nazionali di vigilanza sulle istituzioni e sui mercati finanziari, diistituzioni finanziarie internazionali, di associazioni internazionali, di autorità di regolamentazione e supervisione e di comitati di esperti e di banche centrali.


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3

) “Potential financial stability issues arising from recent trends in exchange-traded funds (ETFs)”, pubblicato il 12 aprile 2011.


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4

) “ESMA’s guidelines on ETFs and other UCITS issues”, pubblicate il 30 gennaio 2012.


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5

) Gli ETC, acronimo che sta per exchange traded commodities, a differenza degli ETF, non sono fondi, bensì titoli senza scadenza, emessi da una società veicolo a fronte dell'investimento diretto in materie prime o in contratti derivati su materie prime stipulati dall’emittente con operatori internazionali di elevato standing, ed il cui rendimento dipende dalle performance delle sottostanti materie prime o indici di materie prime.


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6

) Gli ETN (exchange traded notes) sono strumenti finanziari strutturati – nello specifico, titoli di debito in relazione ai quali non vengono però pagati interessi, emessi da una società veicolo o da istituti di credito – il cui rendimento è correlato all’andamento del sottostante, che può essere rappresentato da un indice o da un paniere di assets.


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7

) Gli ETV (exchange traded vehicles) sono strumenti di debito non soggetti ad una pregnante disciplina in tema di diversificazione del rischio.


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8

) Al riguardo, si veda il Box 26 delle “CESR’s guidelines on Risk Measurement and the Calculation of Global Exposure and Counterparty Risk for UCITS” (Rif. CESR/10-788), laddove si stabilisce che, per essere impiegato al fine di ridurre l’esposizione al rischio di controparte, derivante dall’investimento del patrimonio di UCITS in derivati OTC, il collateral fornito in garanzia deve sempre rispettare i seguenti dieci principi: (i) sufficiente liquidità; (ii) sussistenza della possibilità di valutazione su base almeno giornaliera; (iii) obbligo di verificare il credit rating di chi presta il collateral; (iv) necessità di evitare correlazioni tra la controparte OTC ed il collateral ricevuto; (v) diversificazione; (vi) sussistenza di sistemi, competenze e capacità per gestire il rischio operativo e legale connesso alla gestione del collateral; (vii) deposito presso un terzo, soggetto a vigilanza prudenziale, che non abbia alcun legame con il prestatore; (viii) pronta ed integrale escutibilità da parte del fondo senza necessità di alcuna preventiva comunicazione e approvazione da parte della controparte; (ix) divieto di vendere, reinvestire o dare in pegno il collateral che non sia rappresentato da contante; (x) il collateral sotto forma di cash può essere investito esclusivamente in attività prive di rischio.


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9

) “Principles for the Regulation of Exchange Traded Funds”, pubblicato nel marzo 2012.


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