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Dichiarazione di operatore qualificato e meritevolezza dei derivati OTC

29 Ottobre 2013

Maddalena Semeraro, Ricercatore confermato di diritto privato, Università Magna Graecia di Catanzaro

Sommario: 1. Premessa: tre opzioni interpretative in ordine alla incidenza della dichiarazione di operatore qualificato sul giudizio di meritevolezza. – 2. L’operatore qualificato secondo i regolamenti Consob: portata del criterio soggettivo sul piano della disciplina applicabile e relativo ambito di applicazione. – 3. Peculiarità della contrattazione in derivati over the counter: presenza di un conflitto strutturale tra le parti e necessità di riconoscere alla formula di operatore qualificato il più limitato significato di intermediario finanziario. – 4. Valenza, decisamente scarsa, della dichiarazione quale indice di meritevolezza dei derivati over the counter.

 

1Assai spesso nelle pronunce giurisprudenziali in materia di derivati over the counter(segnatamente di interest rate swap) si incrociano due questioni, in principio tra loro distinte: una, l’an e il quomodo della incidenza della mancata realizzazione della funzione di copertura programmata in contratto sugli esiti della valutazione di meritevolezza dell’operazione economica posta in essere dalle parti; l’altra, la idoneità o no della dichiarazione di operatore qualificato rilasciata dal cliente a svolgere un ruolo decisivo ai fini di tale valutazione1. E assai spesso sì fatte questioni vengono sbrogliate dalle Corti con soluzioni univoche: o a favore del cliente – il che, sul piano delle sorti del derivato, comporta esattamente la declaratoria di invalidità – oppure a vantaggio dell’Istituto di credito – con conseguente salvezza degli effetti del contratto. Segnatamente nella prima ipotesi, all’attribuzione di un ruolo determinate ai fini della declaratoria di invalidità alla non corrispondenza tra struttura del derivato e intento di copertura del cliente2corrisponde il disconoscimento di qualsivoglia rilevanza, ai fini del medesimo giudizio, della dichiarazione di operatore qualificato; laddove nella seconda, alla proclamata irrilevanza della menzionata non corrispondenza solitamente segue l’ascrizione alla stessa dichiarazione di una funzione dirimente in punto di valutazione dell’operazione economica.

Esempio significativo del primo modo di procedere è una delle numerose pronunce emesse dal Tribunale di Milano in materia di derivati3. In essa si afferma che «l’essere operatore qualificato […] non può significare il venir meno di ogni tutela ai sensi della normativa di settore inerente all’intermediazione finanziaria», sicché «gli specifici precetti comportamentali, previsti dall’art. 21 t.u.f. e dall’art. 26 reg. intermediari (11522/1998), certamente non possono essere ritenuti esclusi dalla non cogenza applicativa degli artt. 27, 28 e 29» atteso che, «al pari di questi, hanno carattere imperativo» in quanto dettati sia nell’interesse del singolo cliente sia nell’interesse generale alla integrità dei mercati. Su tale scorta il Tribunale così conclude: «ove le esigenze del cliente […] consistano nella necessità di proteggersi da un rischio di cambio, il primo e fondamentale dovere dell’intermediario diligente, corretto e professionale, è quello di proporre un prodotto adeguato a tali esigenze, e quindi, almeno tendenzialmente, privo di implicazioni speculative»4.

Inverso è l’approccio alle medesime problematiche – esempio del secondo modo di procedere – riconoscibile alla base delle opinioni espresse dal Tribunale di Napoli.

Con una decisione quasi coeva a quella innanzi menzionata, della Corte Milanese, il Tribunale partenopeo risolve una controversia (per quel che qui interessa) analoga nel senso della piena validità ed efficacia della dichiarazione di operatore qualificato rilasciata dalla parte e della parimenti piena validità ed efficacia dell’Irs puramente speculativo di conseguenza stipulato5. In particolare, alla fine di una articolata motivazione si legge che «anche alla luce dell’art. 31 del Reg. Consob […] in presenza di un operatore qualificato» si deve reputare esistente «la piena capacità del contraente di valutare l’aspetto potenzialmente anche solo speculativo degli strumenti finanziari oggetto del contratto e la loro natura di negozi aleatori»6.

Dunque, pronunce di segno contrario sul piano delle soluzioni raggiunte ma accomunate da un dato: lo stretto collegamento rintracciabile tra gli esiti della valutazione sulla portata della dichiarazione e gli esiti del giudizio sulla funzione del contratto. Sicché si potrebbe concludere che meritevolezza della contrattazione e qualità soggettiva del cliente si presentano quali questioni legate a doppio filo, l’una dipendente dall’altra.

Vero è che, quanto meno in astratto, le opzioni interpretative possibili in punto di rilevanza della dichiarazione di operatore qualificato ai fini del vaglio di meritevolezza della funzione del derivato over the counter possono essere molteplici. Si potrebbe reputare:

a) che la presenza di sì fatta dichiarazione sia dirimente in ordine alla meritevolezza dell’operazione, rappresentandone un sicuro indice e ciò a prescindere dalla corrispondenza della funzione in concreto attuata dall’Irs all’intento specifico che ha mosso il cliente alla sua conclusione7;

b) che la presenza della dichiarazione assuma valenza dirimente ai fini del giudizio di meritevolezza soltanto qualora vi sia la menzionata corrispondenza;

c) che l’esistenza della dichiarazione non influisca mai sul controllo giudiziale della funzione del contratto: il giudizio di meritevolezza, insomma, opererebbe su un binario autonomo, sganciato dalla ricorrenza della particolare qualità soggettiva del cliente espressa dalla dichiarazione8.

Vero è pure, questa volta in concreto, che la scelta di una tra queste opzioni interpretative deve dipendere in prima battuta dall’individuazione del significato ascrivibile alla formula “operatore qualificato”e, soltanto in seconda battuta, dalla esistenza di un effettivo netto discrimen tra funzioni speculativa e di copertura ai fini del controllo di meritevolezza dell’operazione.

Guardando la negoziazione in derivati over the counter alla medesima stregua delle contrattazioni in prodotti finanziari su un mercato liquido, le soluzioni appaiono consequenziali. Ove infatti – in tale prospettiva – per operatore qualificato (ovvero per l’applicazione della relativa esenzione dalla disciplina comune dei rapporti con i clienti al dettaglio) si intenda esclusivamente l’operatore professionale, ai fini del superamento del vaglio di meritevolezza nessun ruolo si potrebbe riconoscere alla distinzione tra funzione speculativa e di copertura10, sicché a contendersi il campo dovrebbero essere esclusivamente le opzioni sub a) e sub c), entrambe apparentemente idonee a garantire una effettiva tutela alla controparte dell’intermediario. La prima, attesa l’attitudine della dichiarazione a costituire un indice abbastanza sicuro della meritevolezza della contrattazione (in ragione esattamente della qualità soggettiva della controparte e, si ripete, a prescindere dalla funzione assolta dallo strumento finanziario); la seconda per l’ovvio motivo che assicura un controllo sulla funzione della operazione, autonomo e indipendente dalla ricorrenza della qualità soggettiva della medesima controparte; dunque, rafforzato. Va da sé che l’apparente idoneità di entrambe le opzioni ad assicurare una tutela adeguata del cliente non professionista si potrebbe rivelare effettiva soltanto qualora non si facessero ricadere le conseguenze negative di una dichiarazione non veritiera sul medesimo cliente, sì da negare a tale dichiarazione l’attitudine a svolgere qualsiasi ruolo con riguardo alla valutazione del profilo funzionale della contrattazione11. La circostanza che la situazione dichiarata non corrisponde a quella reale potrebbe infatti rappresentare un indice significativo della immeritevolezza della stessa contrattazione.

Se, invece, con l’espressione “operatore qualificato” si intenda più semplicemente evocare la situazione di chi ha esperienza nel campo della contrattazione finanziariae perciò chieda di essere trattato come un operatore professionale, l’opzione sub a) dovrebbe cedere il posto a quella sub c), l’unica in grado di assicurare una tutela effettiva delle ragioni del clienti. E di necessità dovrebbe farlo, sicuramente nel caso in cui non siano previste procedure di controllo sulla effettiva corrispondenza di quanto dichiarato al vero.

Presupposto è, come detto, che la negoziazione in derivati over the counter sia inquadrabile sic et simpliciter negli schemi propri delle contrattazioni in prodotti finanziari su un mercato liquido. Ciò, tuttavia, non pare che possa essere. Guardando alla disciplina dettata in materia di operatore qualificato, in particolare alle conseguenze che derivano dal rilascio della relativa dichiarazione, la sensazione è che invece la fattispecie della quale qui si tratta non sia riconducibile al suo ambito applicativo.

2. Cominciamo, dunque, dalla ratio sottesa alla adozione di un criterio soggettivo ai fini della selezione della disciplina applicabile alla contrattazione in strumenti finanziari. Risolutive con riguardo alla sua chiarificazione sono soprattutto le conseguenze che discendono dalla dichiarazione di operatore qualificato in ordine alla individuazione delle regole di condotta applicabili all’intermediario: segnatamente, la deroga agli obblighi di informazione cui questo è tenuto di regola ad adempiere nei confronti del cliente, compreso l’obbligo di dare comunicazione dell’esistenza del conflitto di interessi e di procedere con l’ordine impartito dalla controparte soltanto in caso di espressa autorizzazione12.

Nella prospettiva della disciplina comunitaria la ragione della deroga a tali regole di condotta è assai evidente: essa starebbe nella capacità del soggetto qualificato di assumere decisioni consapevoli e di comprendere i rischi assunti mediante la conclusione del contratto. Nota è la teorica delle asimmetrie informative – che in parte si fonda sulle costruzioni dell’economia classica e neoclassica – e il ruolo di conseguenza assunto dall’informazione quale strumento di riequilibrio delle posizioni delle parti13. Altrettanto note sono pure le obiezioni che a essa sono state mosse, in particolare da parte della behavioral economics, volte a metterne in discussione lo stesso presupposto costruttivo: ossia la razionalità del consumatore/cliente/investitore.

Condivisibile o no, assai spesso l’intento della disciplina comunitaria, nei più svariati ambiti, è stato quello di dettare regole inerenti al procedimento di formazione del contratto che assicurassero un consenso consapevole. Sulle tecniche a tal fine adottate si sono lungamente soffermate le principali costruzioni dottrinali14, e nell’ambito di tali dibattiti un posto rilevante hanno avuto altresì le riflessioni sulla opportunità di considerare ormai spodestata la causa del contratto (in favore della forma) dal suo ruolo di strumento di controllo degli atti di autonomia negoziale15.

Senza indugiare sul tale profilo, è evidente che la scelta nel senso della disapplicazione di alcune delle regole di condotta imposte all’intermediario nelle ipotesi di contrattazione con un operatore qualificato si spiega in ragione della reputata sufficienza in tali casi degli schemi comuni di conclusione del contratto, risalenti alla tradizione liberale e rielaborati dai codici del XX secolo nella prospettiva della incentivazione della circolazione giuridica. Anche la giurisprudenza, che nel più recente passato si è soffermata sulla valenza della dichiarazione di operatore qualificato, ha osservato che «l’opportunità di non estendere a tutti i clienti la normativa a tutela dell’investitore risponde all’esigenza di contemperare la protezione del cliente medesimo con le ragioni di celerità e di flessibilità dei rapporti contrattuali nel peculiare settore degli investimenti mobiliari, in quanto riservare ad un cliente particolarmente esperto l’identico trattamento previsto per un cliente ordinario, privo di specifiche conoscenze ed esperienza nel settore, conduce all’inutile applicazione di norme di salvaguardia, che si traducono in un rallentamento delle operazioni contrattuali e in un incremento dei costi»16.

Si ripete: condivisibile o no, la scelta della deroga risiede nella supposta capacità del cliente di addivenire a una contrattazione consapevole17. Condivisibile o no, è pure chiaro che la menzionata disciplina riguarda esclusivamente il profilo della consapevolezza in ordine alla contrattazione da parte del cliente: ove quest’ultimo fosse in grado di comprendere da se medesimo il rischio assunto, nulla sarebbe imposto all’intermediario al fine di facilitare la rappresentazione della operazione economica. La consapevolezza da parte del cliente è infatti considerata sufficiente a garantire la tutela del suo interesse.

Questa la ratio della regola, l’ambito di elezione della sua applicazione sembra essere perciò stesso anzitutto quello della consulenza, ove chiara sia la differenza dei ruoli rispettivamente ricoperti dall’intermediario e dal cliente: l’uno, titolare di un ufficio di diritto privato18, l’altro, titolare dell’interesse da gestire; l’uno che colloca un prodotto finanziario su un mercato tendenzialmente liquido; l’altro che lo acquista.

La scelta normativa è, in definitiva, espressione di una precisa opzione di politica del diritto. A fronte di un operatore qualificato i presidi posti solitamente a tutela dell’interesse del cliente al dettaglio, la cui attuazione l’intermediario assume su di sé, diventano superflui. Laddove il relativo presupposto costruttivo sembra debba necessariamente essere costituito dalla convergenza delle posizioni delle parti verso un unico fine: l’attuazione dell’interesse del cliente.

Coerente con la menzionata ratio si mostra il significato della formula “operatore qualificato” enucleabile dai regolamenti Consob.

La materia è stata oggetto di molteplici interventi normativi via via tendenti a specificare sempre più l’ambito oggettivo di applicazione di sì fatta formula: dapprima l’art. 13 del Regolamento Consob 5387/1991, il quale stabiliva che, tra gli altri, sono operatori qualificati le società o le persone giuridiche «in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in valori mobiliari espressamente dichiarata per iscritto nel contratto di cui all’art. 9»; poi l’art. 31 del Regolamento Consob 11522/1998 che, sostanzialmente ribadendo quanto già disposto dalla vecchia disciplina, stabiliva che sono operatori qualificati, tra gli altri, «ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante». Infine, il regolamento Consob 16190/2007 e successive modificazioni il quale, in attuazione della Mifid, distingue tra cliente al dettaglio e cliente professionale privato e pubblico. In particolare, l’allegato 3 di tale regolamento e il regolamento del Ministro dell’Economia e delle Finanze 236/2011 distinguono tra clienti professionali di diritto e a richiesta, includendo nella prima categoria i soggetti che svolgono la loro attività nel campo della intermediazione finanziaria in modo istituzionale (salva qualche eccezione)19 e subordinando all’espletamento di una dettagliata procedura l’applicazione ai secondi della disciplina riservata ai primi20.

Dunque, possono essere trattati come clienti professionali anche colora che non hanno sulla carta particolari competenze professionali, sempre però che tali competenze in concreto sussistano. Laddove queste ultime fanno presumere giust’appunto la capacità «di adottare con consapevolezza le proprie decisioni in materia di investimenti e di comprendere i rischi»21. L’evocato accertamento, peraltro, è demandato all’intermediario sicché, in caso di non corrispondenza tra situazione reale ed effettiva non dovrebbe potersi invocare il principio di autoresponsabilità22.

Centrale nella disciplina in materia di operatore qualificato è insomma il riferimento alla consapevolezza delle decisioni prese e dei rischi assunti dal cliente23. Recuperando le opzioni interpretative dinanzi menzionate, quindi, si potrebbe concludere che in queste ipotesi, attesa la subordinazione della deroga alle regole di condotta imposte all’intermediario nei confronti dei clienti all’accertamento della ricorrenza di una consapevolezza di tal fatta, la dichiarazione di operatore qualificato sarebbe idonea a costituire un adeguato indice della meritevolezza della contrattazione, quantomeno nella prospettiva adottata dalla disciplina comunitaria.

Diversa, invece, dovrebbe essere la soluzione in assenza di accertamenti e controlli – come in effetti si poteva reputare che fosse sotto la vigenza della disciplina precedente all’ultimo regolamento Consob24. Segnatamente, nessun ruolo si dovrebbe riconoscere alla dichiarazione in punto di meritevolezza dell’operazione, con il conseguente, autonomo e indipendente, svolgimento del relativo giudizio a prescindere dalla sua esistenza.

3. Resta ancora aperta la questione relativa alla portata della dichiarazione proprio per ciò che qui interessa, ovvero in punto di tutela del cliente che stipuli un derivato over the counter.

Si diceva che dalla distinzione tra professionista di diritto e professionista a richieste traspare chiaramente un dato: che la considerazione del cliente alla stregua di un operatore qualificato dipende anzitutto dalla riconoscibilità in capo a esso della capacità «di adottare con consapevolezza le proprie decisioni in materia di investimenti e di comprendere i rischi» assunti25.

Ebbene, esattamente nel riferimento alla consapevolezza delle decisioni prese in materia di investimenti e alla comprensione dei rischi assunti dal cliente non istituzionale operato dalla disciplina secondaria in materia sembra rintracciabile l’equivoco che si potrebbe ingenerare sulla portata della dichiarazione di operatore qualificato ai fini del controllo giudiziale in merito alla contrattazione ove, oggetto della controversia sia un derivato over the counter (nella specie un interest rate swap).

Sebbene anche tali specie di negoziazioni siano collocabili nell’area della consulenza, in esse, tuttavia, c’è un elemento ulteriore che rende decisamente ardua l’assunzione della raggiunta consapevolezza delle decisioni prese e dei rischi assunti da parte del cliente a elemento sufficiente ai fini della tutela del suo interesse. In particolare, l’intermediario non è soltanto titolare di un proprio interesse economico al compimento dell’operazione – il quale, peraltro, è ravvisabile in qualunque negoziazione in strumenti finanziari –, ed è invece anche, sempre, titolare di un interesse contrapposto rispetto a quello del cliente.

Lo schema tipico dell’interest rate swap è noto26. Le parti sostanzialmente scommettono sull’andamento di un indice esterno – valuta, tasso di interesse – e sulla previsione di tale andamento modulano la relativa posizione contrattuale. Come in tutti i derivati OTC, al guadagno di una parte corrisponde sempre una perdita per l’altra. Nella specie, al guadagno del cliente corrisponde una perdita per l’intermediario e viceversa. Di diverso rispetto alle altre ipotesi di negoziazioni in strumenti finanziari v’è la posizione che l’intermediario e il cliente assumono, rispettivamente, l’uno nei confronti dell’altro: in un caso il primo gestisce l’interesse del secondo; nell’altro il primo gestisce e attua il medesimo interesse mediante la confezione di uno strumento derivato che però lo vede quale controparte diretta.

A sottolineare ulteriormente la peculiarità della vicenda vale altresì ricordare quanto è stato osservato efficacemente da una parte della dottrina: la difficoltà di rappresentare le contrattazioni in derivati per mezzo degli schemi tradizionali starebbe (anche) in ciò, che l’oggetto del contratto non trova espressione in un bene situato fuori di esso ma è costituito dal contratto medesimo27. Al cospetto di tali prodotti, la presenza di un conflitto di interessi strutturale è vieppiù evidente. Quali, allora, gli strumenti per poterlo neutralizzare?

Una specificazione è d’uopo, sia pure ovvia: la possibilità di neutralizzare i conflitti di interessi condiziona evidentemente l’esito del giudizio di validità, atteso che il derivato si può reputare meritevole (tant’è) esclusivamente in assenza di conflitti.

Ebbene, nessun ruolo sembra anzitutto potere svolgere a questo fine la dichiarazione di operatore qualificato.

In primo luogo essa non può costituire di per sé un indice della meritevolezza della operazione. A meno che non si vogliano escludere dal suo campo di applicazione tutti i soggetti diversi da coloro che operano istituzionalmente in materia di derivati (e cioè dagli intermediari) – nel qual caso, tuttavia, la dichiarazione sarebbe inutile –, evidente è la permanenza della disparità di situazioni, e quindi del conflitto, tra le parti: l’una (l’intermediario) in grado di gestire il rischio della operazione; l’altro (il cliente) no28. Dunque, presupposti logici diversi rispetto a quelli che, anche nella prospettiva della disciplina comunitaria, potrebbero in astratto legittimare, a monte, la disciplina codicistica.

Né alcun ruolo potrebbe svolgere la dichiarazione nelle ipotesi nelle quali la struttura del derivato sia fedele testimone della finalità corrispondente all’intento ascrivibile al cliente (speculativo o di copertura). Pure volendosi ammettere l’esistenza di un netto discrimen tra le menzionate funzioni29, cosa della quale sembra si possa dubitare, l’attribuzione di un valore dirimente alla dichiarazione di operatore qualificato soltanto nei casi di divergenza tra intento soggettivo di una delle parti e struttura dell’Irs ai fini del vaglio di meritevolezza condurrebbe al definitivo sdoganamento anche delle operazioni puramente speculative compiute tra intermediari e clienti; ossia alla affermazione della meritevolezza di contrattazioni delle quali è parte un soggetto non professionista e la cui struttura non presenta un elevata correlazione con le caratteristiche del rapporto sottostante. Tale ultimo profilo di disciplina porta con sé questioni di teoria generale senza dubbio assai delicate: quella attinente alla definizione dei tratti essenziali dell’autonomia negoziale e, correlativamente, dei suoi limiti; ancora, quella – corollario evidente della prima – relativa alla rintracciabilità di una nitida linea di confine tra giudizio di liceità e giudizio di meritevolezza30. In questa sede basti soltanto la seguente osservazione: che la corrispondenza dell’intento alla funzione non è di per sé idoneo a neutralizzare il conflitto di interessi.

Riconosciuta l’irrilevanza della dichiarazione di operatore qualificato in punto di meritevolezza della contrattazione, sembra inevitabile pervenire alle medesime conclusioni con riguardo agli obblighi di comunicazione. Senza dubbio superfluo sul piano della neutralizzazione di un conflitto di interessi strutturale è la mera comunicazione della sua esistenza. L’informazione, come peraltro pare sottintendere la più recente disciplina attuativa della Mifid, non sposta comunque nulla in punto di adeguatezza dell’operazione31. Nel nostro caso, poi, essendo il conflitto in re ipsa ed essendo per ciò stesso ineliminabile in quanto connaturato con i caratteri dell’operazione, la stessa comunicazione potrebbe essere reputata un fuor d’opera.

Quali, dunque, i mezzi per neutralizzare il conflitto?

È evidente che quest’ultimo viene in rilievo soltanto qualora parti della contrattazione siano un intermediario e un cliente. Nella diversa ipotesi di negoziazione tra intermediari, infatti, entrambe le parti sono in grado di partecipare attivamente alla strutturazione del prodotto e sono altresì capaci di gestire il rischio derivante dalla negoziazione. Il conflitto strutturale viene meno in quanto è assente nell’operazione esattamente il profilo gestorio. In definitiva, piena (e condivisibile) reviviscenza degli schemi codicistici: la eguaglianza (non soltanto formale, ma in questo caso anche sostanziale delle parti) legittima la loro applicazione e, con essi, l’applicazione del principio di autoresponsabilità.

Ove, invece, parti del contratto siano un intermediario e un cliente (anche qualora si tratti di cliente professionale a richiesta) la fase prodromica alla sua conclusione di necessità sembra debba svolgersi diversamente da quanto osservato in precedenza: il cliente non è mai in grado di partecipare attivamente alla strutturazione del prodotto, e per questo si affida alla controparte, né è capace di gestire il rischio derivante dall’operazione. Dunque (ancora una volta): conflitto di interessi strutturale.

Sul piano della individuazione delle tecniche di tutela, è utile recuperare la distinzione tra Irs c.dd. speculativi e di copertura.

Sicuramente arduo si mostra delimitare una netta linea di confine tra le menzionate funzioni, atteso che l’interest rate swap sembra recare in sé sempre una componente, nella sua essenza, speculativa32. Difficile è, infatti, instaurare un parallelismo con il contratto di assicurazione: sebbene ad accomunare le due fattispecie vi sia l’aleatorietà, di diverso, anzi di profondamente diverso, vi è la qualità del rischio assunto, rispettivamente, dall’assicurato e dal cliente dell’istituto di credito; in un caso certo, nell’altro sempre incerto nella sua estensione quantitativa.

Di recente, alla distinzione funzionale tra copertura e speculazione ha altresì negato rilevanza ai fini del controllo causale dell’operazione una parte della giurisprudenza che ha individuato nella rappresentazione, da parte dell’istituto di credito al cliente, degli scenari probabilistici sulla base dei quali è in concreto strutturato il prodotto finanziario, un elemento essenziale dello schema causale astratto la cui assenza comporta la nullità, esattamente per difetto di causa, del derivato33.

Ciò nondimeno, a tale distinzione sembra possibile conferire un certa utilità, sebbene sul piano – in principio diverso da quello squisitamente funzionale – della individuazione dei requisiti strutturali essenziali ai fini della validità del derivato. Per il suo tramite, infatti, si possono delimitare due distinte aree di contrattazione – l’una tra professionisti, l’altra tra professionisti e clienti – delle quali il criterio ordinante non è costituito dalla causa in concreto bensì dalla struttura del contratto34. Quanto, poi, all’isolamento di tali requisiti, indicazioni significative provengono dalle comunicazioni Consob ove, con specifico riferimento ai derivati c.dd. di copertura, si fa riferimento alla «elevata correlazione tra le caratteristiche tecnico-finanziarie (scadenza, tasso di interesse, tipologia) dell’oggetto della copertura e dello strumento finanziario utilizzato a tal fine»35.

A questa stregua, le negoziazioni delle quali siano parti due intermediari possono ben essere caratterizzate da una sostanziale atipicità strutturale. La struttura non si rivela, infatti, idonea a condizionare il relativo giudizio di meritevolezza. Qualora, invece, parti della contrattazione siano un intermediario e un cliente, ai fini del superamento del menzionato giudizio sembra decisiva proprio la struttura del prodotto, la quale non può non essere caratterizzata da un elevato grado di correlazione con il rapporto sottostante. Soltanto l’instaurazione della predetta correlazione sembra, in definitiva, idonea a neutralizzare, a valle, il conflitto di interessi esistente a monte.

4. Dunque, con riguardo alla dichiarazione di operatore qualificato nell’ambito dei derivati over the counter, sembra che l’opinione debba essere orientata nel senso della sua irrilevanza. La ragione di ciò risiede nella estraneità dello schema contrattuale alla ratio e all’ambito applicativo della relativa disciplina.

Vero è che la qualità soggettiva della controparte è dirimente in punto di meritevolezza della contrattazione; vero è pure che tale valore è attribuibile esclusivamente alla qualità di intermediario; il che significa negare ogni valenza sostanziale e pratica alla dichiarazione.

Soltanto al cospetto di una contrattazione tra intermediari la qualità soggettiva – la quale, si ripete, ai fini della relativa emersione non necessità della dichiarazione – costituisce un indice sicuro della meritevolezza della contrattazione, legittimando la creazione di uno strumento finanziario atipico la cui validità può anche essere in buona misura autonoma dalla ricorrenza e dai contenuti di un rapporto sottostante.

Ove invece parte sia il cliente, esattamente in ragione della non prescindibilità di un rapporto di consulenza, la dichiarazione di operatore qualificato di cui pure v’è traccia nei regolamenti Consob può al più avere il mero valore di clausola di stile non ostativa di una diversa valutazione della meritevolezza.

 

1 Trib. Bari, 15 luglio 2010, in Banca borsa tit. cred., 2012, II, 786; Trib. Milano, 19 aprile 2011, ivi, 2011, p. 748, con nota di E. Girino, Sviluppi giurisprudenziali in materia di derivati over the counter, p. 794 ss.; Trib. Napoli, 30 ottobre 2011, n. 11706, in questa Rivista.

2 Il più recente orientamento giurisprudenziale individua nella inidoneità dello swap di copertura a realizzare tale funzione un’ipotesi di difetto causa: Trib. Bari, 5 gennaio 2012, in questa Rivista; Trib. Monza, 17 luglio 2012, ivi; App. Trento, 3 maggio 2013, ivi.

3 Trib. Milano, 19 aprile 2011, cit., p. 748.

4 Trib. Milano, 19 aprile 2011, cit., p. 748.

5 Trib. Napoli, 30 ottobre 2011, cit.

6 Trib. Napoli, 30 ottobre 2011, cit.

7 Come sembra fare Trib. Napoli, 30 ottobre 2011, cit.

8 In questo senso Trib. Bari, 15 luglio 2010, cit.

9 Sul punto, per tutti, F. Sartori, Gli swap, i clienti corporate e la nozione di operatore qualificato, in questa Rivista; V. Piccinini, La trasparenza nella distribuzione di strumenti finanziari derivati ed il problema della efficacia delle regole informative, in Contr. impr., 2006, p. 499 ss.

10 La motivazione sembra anzitutto risiedere nella ratio sottesa alla disciplina in materia di operatore qualificato: dalla ricorrenza di particolari competenze professionali del cliente si dovrebbe potere inferire la sua consapevolezza in ordina alla contrattazione. Sulla menzionata ratio, v. infra.

11 In gioco è la portata della dichiarazione di operatore qualificato ove essa non corrisponda alla situazione reale del cliente e la connessa eventuale responsabilità della banca. La questione è calda con riguardo alla vecchia disciplina; lo è invece meno alla luce del più recente regolamento Consob 16190/2007, il quale pone a carico dell’intermediario l’obbligo di accertare la ricorrenza di quanto dichiarato. Con riferimento alla vecchia disciplina, dunque, la giurisprudenza è concorde nel reputare che «nei contratti di investimento di natura finanziaria grava sull’investitore che lamenta una discordanza fra il tenore della dichiarazione da esso rilasciata di possesso di competenza ed esperienza in materia di valori mobiliari, l’onere di allegare e provare circostanze specifiche, dalle quali desumere la mancanza dei requisiti attestati e l’agevole conoscibilità di tale situazione in base a elementi obiettivi di riscontro, già nella disponibilità dell’intermediario stesso o a lui risultanti dalla documentazione prodotta dal cliente», laddove significativo è proprio il riferimento alla conoscibilità: Trib. Rimini, 28 maggio 2010, ivi, 2011, II, p. 275, con nota di G.B. Barillà, Lo status di operatore qualificato attribuito a società o persone giuridiche nei contratti di intermediazione di banca e di borsa: nuova normativa e vecchio contenzioso, p. 281 ss. Nello stesso senso Trib. Bari, 15 luglio 2010, in Banca borsa tit. cred., 2012, II, p. 781; Cass., 26 maggio 2009, n. 12138, in Foro it. 2010, I, c. 131. In dottrina, secondo le costruzioni prevalenti la dichiarazione sarebbe invece irrilevante in ipotesi di mancata corrispondenza tra quanto dichiarato e situazione reale del cliente: sebbene con diversità di prospettive, tra gli altri, F. Sartori, Prodotti finanziari illiquidi (O.T.C.): il fattore giurisprudenziale e l’evoluzione normativa degli obblighi informativi, in F. Cortese e F. Sartori (a cura di), Finanza derivata, mercati e investitori, Pisa, 2010, p. 152; Id., Gli swap, i clienti corporate e la nozione di operatore qualificato, in questa Rivista; B. Inzitari, Strumentalità e malizia nella predisposizione e raccolta della dichiarazione di operatore qualificato, in ilcaso.it, 2007.

12 Cfr., sul punto, i rilievi critici di M. Sepe, La contrattazione over the counter, in Riv. Trim. di dir. dell’economia, 2011, p. 53 ss. Più in generale, sulla evoluzione della relativa disciplina e sulla consistenza del più ampio concetto di trasparenza, sia pure con specifico riferimento ai rapporti di credito al consumo, M.R. Maugeri e S. Pagliantini, Il credito ai consumatori. I rimedi nella ricostruzione degli organi giudicanti, Milano, 2013, passim; G. Mucciarrone e A Sciarrone Alibrandi, Il recesso del cliente dai contratti bancari dopo il d.lgs. n. 141 2010: questioni di coordinamento, in Banca borsa tit. cred., 2012, p. 37 ss. Di recente, con particolare riguardo al costo dell’estinzione anticipata del finanziamento, F. Quarta, Estinzione anticipata dei finanziamenti a tempo determinato e modulazioni del costo del credito (penalità, commissioni di intermediazione e oneri assicurativi), in questa Rivista.

13 Ampiamente in argomento F. Sartori, Informazione economica e responsabilità civile, Padova, 2011, p. 41 ss., spec. p. 62 ss.

14 Con particolare riguardo alla materia dei derivati, V. Scalisi, Dovere di informazione e attività di intermediazione mobiliare, in S. Mazzamuto e G. Terranova (a cura di), L’intermediazione mobiliare. Studi in memoria di Aldo Maisano, Napoli, 1993, p. 72; G. Guizzi, Mercato finanziario, in Enc. dir., Milano, 2001, Aggiornamento, p. 745 ss.; A. Perrone, Gli obblighi di informazione nella prestazione dei servizi di investimento, in Banca borsa tit. cred., 2006, I, p. 372 s.; M. De Poli, Asimmetrie informative e rapporti contrattuali, Padova 2002, p. 168 ss.; A. Jannarelli, La disciplina dell’atto e dell’attività: i contratti tra imprese e tra imprese e consumatori, in N. Lipari (a cura di), Trattato di diritto privato europeo, III, Padova 2002, p. 33.

15 Sebbene in una prospettiva parzialmente differente E. Navarretta, Causa e giustizia contrattuale a confronto: prospettive di riforma, in Riv. dir. civ., Atti del convegno per il cinquantenario della rivista, 2006, spec. p. 431 ss.

16 Cass., 26 maggio 2009, n. 12138, cit., c. 131.

17 Assai critici nei confronti del ruolo salvifico spesso attribuito all’informazione R. Di Raimo, Fisiologia e patologia della finanza derivata. Qualificazione giuridica e profili di sistema, in F. Cortese e F. Sartori (a cura di), Finanza derivata, mercati e investitori, cit., p. 44 ss., p. 51 ss.; Id., Autonomia privata e dinamiche del consenso, Napoli, 2001, spec. p. 145, là dove si osserva che sugli «interessi dell’attività di impresa […] la disciplina dei contratti non è in grado di incidere positivamente ed anzi produce tendenzialmente un effetto negativo, il quale rende vieppiù necessaria una correlativa, consapevolmente distinta, disciplina dell’attività»; M. Onado, Mercati e intermediari finanziari. Economia e regolamentazione, Bologna, 2002, p. 351 ss.; F. Denozza, I conflitti d’interesse nei mercati finanziarie il risparmiatore “imprenditore di se stesso”, in Aa.Vv., I servizi del mercato finanziario. In ricordo di Gerardo Santini, Milano 2009, p. 141. Sulle stesse posizioni già P. Perlingieri, Nuovi profili del contratto, in Rass. dir. civ., 2000, p. 545 ss.; Id., Equilibrio normativo e principio di proporzionalità nei contratti, in Rass. dir. civ., 2001, p. 335 ss.

18 In questi termini, espressamente R. Di Raimo, Fisiologia e patologia della finanza derivata. Qualificazione giuridica e profili di sistema, cit., p. 69 e D. Maffeis, La natura e la struttura dei contratti di investimentoRiv. dir. priv., 2009, 3, p. 67 ss.

19 È il caso delle grandi imprese non finanziarie.

20 Specialmente sulla portata del nuovo regolamento Consob v., per tutti, V. Piccinini, La trasparenza nella distribuzione di strumenti finanziari derivati ed il problema della efficacia delle regole informative, cit., p. 499 ss.

21 Così dispone l’art. 3, decreto 11 novembre 2011, n. 236 del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Cfr., tuttavia, A.C. Nazzaro, Obblighi d’informare e procedimenti contrattuali, Napoli 2000, p. 294, ove si osserva che il cliente-investitore è «per definizione inconsapevole […], non può ma neanche vuole capire nel profondo le ragioni delle scelte da operare per la valorizzazione del proprio risparmio».

22 Con riguardo alla vecchia disciplina, la motivazione di Cass. 26 maggio 2009, n. 12138, cit., c. 131, testimonia esemplarmente la tendenza di una parte cospicua della giurisprudenza ad addossare al cliente l’onere della prova in ordine alla non ricorrenza delle necessarie competenze professionali: in particolare, si afferma che «la semplice dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante di una società che ha compiuto un’operazione di “swap”, secondo cui quest’ultima dispone della competenza ed esperienza richiesta in materia di operazioni in valori mobiliari, in assenza di elementi contrari emergenti dalla documentazione già in possesso dell’intermediario finanziario, esonera l’intermediario stesso dall’obbligo di ulteriori verifiche sul punto e costituisce argomento di prova che il giudice può porre a base della propria decisione, in ordine al riconoscimento della natura di operatore qualificato e all’accertamento della diligenza prestata dall’intermediario».

23 Confermano il rilievo attribuito alla consapevolezza molte pronunce della giurisprudenza sulla portata della dichiarazione di operatore qualificato v., ad esempio, Trib. Orvieto, 12 aprile 2012, in Banca borsa tit. cred., 2012, II, p. 700, ove si afferma che «l’autocertificazione di essere operatore qualificato ai sensi dell’art. 31 reg. Consob, con tutta la diminuzione di garanzie che ne deriva, deve costituire il frutto di una serie di informazioni che la banca deve ricevere dal cliente e fornire allo stesso perché questi possa rendere una dichiarazione informata e quindi quanto più possibile aderente alla realtà».

24 Cfr., tuttavia, l’orientamento giurisprudenziale prevalente: retro, nota 19.

25 È il più volte menzionato art. 3, decreto 11 novembre 2011, n. 236 del Ministro dell’Economia e delle Finanze.

26 La letteratura è molto ampia in materia; tra gli altri, B. Inzitari, Il contratto di swap, in F. Galgano (a cura di), I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, III, Torino, 1995, p. 2441 ss.; V. Piccinini, La trasparenza nella distribuzione di strumenti finanziari derivati ed il problema della efficacia delle regole informative, cit., p. 499 ss.; S. Pagliantini e L. Vigoriti, I contratti di «swap», in G. Gitti, M.R. Maugeri e M. Notari (a cura di), I contratti per l’impresa, II, Banca, mercati e società, Bologna, 2012, p. 190 ss., A. Pirase E. Piras, Il ricorso agli strumenti finanziari derivati da parte degli enti pubblici locali, Dolianova (CA), 2012, p. 7 ss., spec. p. 105 ss.

27 R. Di Raimo, Fisiologia e patologia della finanza derivata. Qualificazione giuridica e profili di sistema, cit., p. 43; P. Ferro-Luzzi, Attività e prodotti finanziari, in Riv. dir. civ., 2010, p. 133 ss.

28 R. Di Raimo, Fisiologie e patologie della finanza derivata. Qualificazione giuridica e profili di sistema, cit., p. 54 ss.; D. Maffeis, La causa del contratto di interest rate swap e i costi impliciti, in questa Rivista; Id., Intermediario contro investitore: i derivati over the counter, in Banca borsa tit. cred., 2010, p. 779 ss.

29 In argomento E. Barcellona, Strumenti finanziari derivati: significato normativo di una definizione, in Banca borsa tit. cred., 2012, p. 541 ss. e, con particolare riguardo ai derivati su credito sempre Id., Note sui derivati creditizi market failure o regulation failure?ivi, 2009, p. 652 ss.; R. Tarolli, I derivati o.t.c. tra funzione di copertura e problemi di asimmetria, in F. Cortese e F. Sartori (a cura di), Finanza derivata, mercati e investitori, cit., p. 111 ss.; G. Gabrielli, Operazioni su derivati: contratti o scommesse?, in Contr. impr., 2009, p. 1133 ss.

30 Per tutti, P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo comunitario delle fonti, Napoli, 2006, p. 334 ss.

31 F. Sartori, Prodotti finanziari illiquidi (O.T.C.): il fattore giurisprudenziale e l’evoluzione normativa degli obblighi informativi, cit., p. 163 ss.

32 R. Di Raimo, Fisiologia e patologia della finanza derivata. Qualificazione giuridica e profili di sistema, cit., p. 44 ss. e D. Maffeis, La causa del contratto di interest rate swap e i costi impliciti, cit.

33 App. Milano, 18 settembre 2013, n. 3459, in questa Rivista.

34 M. Semeraro, Copertura e speculazione: funzioni e disfunzioni dell’ interest rate swap, in questa Rivista.

35 Gli estremi del collegamento si rinvengono nelle Comunicazioni della Consob: nn. DI/98065074 del 6 agosto 1998, DI/99013791 del 26 febbraio 1999 e DEM 1026875 del 11 aprile 2001.

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