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Attualità

Contratto integrativo aziendale e clausola di ultrattività

14 Dicembre 2022

Antonio Orsini, Avvocato Employment, DLA Piper

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza la recente sentenza n. 33982 del 17 novembre scorso con cui la Cassazione ha affermato il principio secondo cui integra una fattispecie di condotta antisindacale la decisione del datore di lavoro che, in violazione della clausola di ultrattività, decida di disapplicare anticipatamente un contratto integrativo aziendale scaduto.


Con la Sentenza n. 33982 del 17 novembre 2022 la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità della condotta datoriale consistente nell’anticipata disapplicazione di un contratto integrativo aziendale scaduto, con contestuale violazione della clausola di ultrattività prevista dal medesimo contratto.

In particolare, il caso in commento trae origine dalla vicenda di un’azienda che, durante la fase di trattative per il rinnovo del contratto integrativo aziendale scaduto, al fine di acquisire un indebito vantaggio nei confronti dell’organizzazione sindacale aveva arbitrariamente deciso di disapplicare anticipatamente il relativo contratto e le previsioni normative e retributive ivi contenute, nonostante tale contratto prevedesse una specifica clausola di ultrattività che ne garantiva l’applicazione sino alla data del rinnovo.

Nel porre in essere tale iniziativa e nel violare la clausola di ultrattività contenuta nel contratto, il datore di lavoro aveva di fatto privato i propri dipendenti dei trattamenti economici e normativi previsti dall’accordo integrativo aziendale anticipatamente disdettato, e ciò quanto meno per tutto il periodo necessario alla conclusione delle trattative per la sottoscrizione del nuovo contratto integrativo aziendale.

Come noto, la clausola di ultrattività costituisce lo strumento attraverso il quale le parti sociali possono concordare la perdurante vigenza di un contratto integrativo aziendale o di un CCNL per il periodo successivo alla sua scadenza e sino alla stipula di un nuovo regolamento collettivo. La finalità di tale clausola – come nel caso di specie – è proprio quella di garantire ai lavoratori la conservazione dei trattamenti normativi e retributivi anche per il periodo successivo alla scadenza del contratto, in attesa che lo stesso venga rinnovato.

Sulla base di tali presupposti, la Suprema Corte di Cassazione – investita della questione – dopo un’analisi delle possibili conseguenze connesse alla decisione aziendale di disapplicare anticipatamente il contratto integrativo aziendale scaduto, attraverso il richiamo di due specifici precedenti giurisprudenziali analoghi al caso di specie ha accolto il ricorso dell’organizzazione sindacale evidenziando il carattere antisindacale della condotta del datore di lavoro.

Ad avviso della Corte, infatti, il datore di lavoro nel disapplicare anzitempo il contratto integrativo scaduto e nel violare la relativa clausola di ultrattività aveva posto in essere un comportamento ostile nei confronti dell’organizzazione sindacale, danneggiandone l’immagine e la reputazione agli occhi dei propri iscritti.

Secondo la Suprema Corte, l’iniziativa dell’azienda aveva in buona sostanza delegittimato l’organizzazione sindacale stessa, che in questo modo si era trovata a partecipare alla trattativa per il rinnovo del contratto integrativo ricoprendo una posizione di svantaggio rispetto all’azienda stessa, non potendo più fare affidamento sul contratto scaduto e unilateralmente disapplicato dal datore di lavoro e sulle condizioni economiche e normative ivi previste e non più in vigore.

I Giudici di legittimità, nel dichiarare la natura antisindacale della condotta datoriale, hanno quindi sostanzialmente accolto e condiviso la tesi dell’organizzazione sindacale ricorrente, secondo cui la violazione datoriale della clausola di ultra vigenza del contratto integrativo aveva oggettivamente pregiudicato, nel corso delle trattative per il rinnovo del contratto stesso, l’autorevolezza, la credibilità e la forza dell’organizzazione sindacale stessa rispetto ai propri iscritti e nei confronti della controparte.

A causa dell’iniziativa datoriale l’organizzazione sindacale non era infatti riuscita a garantire, per tutta la durata delle trattative, la protratta applicazione del contratto disdettato, con la conseguenza che i lavoratori, in tale frangente, erano stato privati dei trattamenti normativi e retributivi precedentemente previsti dal contratto integrativo disdettato.

Nell’accogliere il ricorso dell’organizzazione sindacale e nel qualificare come antisindacale la condotta datoriale la Suprema Corte ha quindi ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui: “Per integrare gli estremi della condotta antisindacale di cui all’articolo 28 dello statuto dei lavoratori è sufficiente che tale comportamento leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali, non essendo necessario (ma neppure sufficiente) uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro né nel caso di condotte tipizzate perché consistenti nell’illegittimo diniego di prerogative sindacali rilevanza ai fini della condotta antisindacale, potendo detta condotta essere integrata dalla illegittima disdetta unilaterale del contratto applicato da parte del datore prima della sua scadenza, come nel caso di violazione della clausola di ultravigenza del contratto integrativo disapplicato durante la fase di rinnovo” (in senso conforme si vedano anche Cass. Sez. Unite n. 5295/1997 e Cass. n. 21537/2019).

Con la pronuncia in commento la Suprema Corte, nell’indagare in merito alla sussistenza o meno nel caso di specie di una condotta qualificabile come antisindacale, ha quindi ritenuto di porre l’attenzione non sui concreti e specifici pregiudizi in ipotesi subiti dai lavoratori e dall’organizzazione sindacale in conseguenza dell’anticipata disdetta del contratto integrativo, bensì sulla sola mera potenzialità offensiva dell’iniziativa dell’azienda, ritenuta di per sé astrattamente e oggettivamente idonea a sminuire e ledere le prerogative sindacali dell’organizzazione sindacale coinvolta nelle trattative.

E infatti, come osservato dall’organizzazione sindacale in sede di ricorso in Cassazione, sarebbe stato ben diverso condurre una trattativa sindacale sulla base di un contratto integrativo aziendale ancora efficace e ancora idoneo a dispiegare i suoi effetti, rispetto a dover votare l’approvazione di un contratto deteriore rispetto a quello anticipatamente disdettato. Allo stesso modo, sarebbe stato più agevole condurre una trattativa in un clima sociale e sindacale più disteso, senza dover far fronte anche alle contestazioni mosse dai lavoratori stessi contro l’organizzazione sindacale, erroneamente ritenuta responsabile della perdita dei trattamenti retributivi e normativi previsti dall’accordo integrativo illegittimamente disdettato dall’azienda.

Con la pronuncia in commento la Suprema Corte di Cassazione ha quindi chiarito che il solo fatto di aver messo in discussione il ruolo dell’organizzazione sindacale e di aver in qualche modo pregiudicato il regolare svolgimento delle trattative di rinnovo del contratto integrativo, costituisse una circostanza di per sé idonea a qualificare la condotta aziendale come lesiva delle prerogative sindacali, e pertanto antisindacale e illegittima.

In definitiva, quindi, come ricordato dalla Corte di Cassazione, l’antisindacalità della condotta datoriale deve ritenersi integrata ogniqualvolta il datore di lavoro ponga in essere una condotta obiettivamente e astrattamente idonea a ledere la libertà e le prerogative sindacali. Non è quindi necessario che la condotta datoriale sia improntata a uno specifico intento lesivo, essendo sufficiente che la stessa condotta risulti oggettivamente idonea a ledere gli interessi collettivi di cui le organizzazioni sindacali sono portatrici.

Nel caso specifico, i Giudici di legittimità nel riformare la decisione dei Giudici di merito, hanno ritenuto che la condotta dell’azienda, pur non avendo provocato un concreto e specifico pregiudizio ai lavoratori, aveva comunque determinato una lesione delle prerogative sindacali, e per tale ragione doveva essere qualificata come antisindacale.

Sulla scorta di tale pronuncia e alla luce dei principi espressi dalla Suprema Corte nella sentenza in commento, può quindi affermarsi quale principio generale che l’unilaterale violazione della clausola di ultrattività del contratto integrativo aziendale da parte del datore di lavoro costituisce una condotta di per sé idonea a determinare una lesione delle prerogative sindacali, tanto da integrare una fattispecie di condotta antisindacale, perseguibile ai sensi dell’articolo 28 dello statuto dei lavoratori.

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