La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza n. 2649 del 01 luglio 2025, si è espressa sulla vessatorietà della clausola di deroga all’art 1957 C.c., inclusa in una fideiussione, che dispensa il creditore dal rispetto del previsto termine di 6 mesi per far valere le proprie ragioni contro il debitore principale inadempiente.
La Corte, in aderenza alla pronuncia della Sezione Terza della Cassazione (n. 27558/2023), ha stabilito infatti che la clausola che deroga all’art 1957 c.c., inclusa in una fideiussione sottoscritta da un debitore che rivesta la qualifica di consumatore (accertata dal Tribunale di merito) debba ritenersi vessatoria e come tale soggetta al particolare regime di cui all’art. 33 D. Lgs. n. 205/2006 (Codice del consumo).
La Cassazione, nella pronuncia citata, aveva infatti osservato che, nel derogare in termini più ampi il termine di 6 mesi successivo alla scadenza dell’obbligazione principale previsto all’art. 1957 c.c., si prolunga il tempo in cui la banca può agire non solo verso l’obbligato principale ma anche nei confronti del fideiussore, titolare di obbligazione accessoria a quella dell’obbligato principale, che resta anch’esso obbligato verso la garantita.
Tale clausola assoggetta infatti il fideiussore ad una disciplina astrattamente idonea a configurare il significativo squilibrio a danno del consumatore-fideiussore di cui all’art. 1469 bis c.c. (applicabile rationae temporis): la Cassazione ha ricordato tuttavia che spetta al giudice di merito verificarne l’effettiva integrazione nel caso concreto avuto riguardo al tenore dello stipulato contratto, quando tale clausola risulti non essere stata oggetto di specifica trattativa, comportante l’esclusione dell’applicazione della disciplina di tutela ex art. 1469 bis C.c., successivamente rifluita nel Codice del consumo.
La Corte d’Appello, ritenendo pacifica nel caso di specie l’assenza di trattativa, ha pertanto concluso che le clausole contenute nelle fideiussioni azionate dalla banca cedente andavano ritenute vessatorie ai sensi dell’art. 33, c. 2, lett. t) D. Lgs. 205/2006 e, quindi, nulle in quanto inibiscono al fideiussore/consumatore la possibilità di eccepire la decadenza ex art. 1957 C.c.