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Dossier

Cessione in blocco: tra disciplina della operazione e obblighi successivi del cessionario

A proposito di Abf Milano, n. 5009/2013

16 Dicembre 2013

Ugo Minneci

1.- Nell’ambito di una cessione aggregata innescata da una scissione interviene il passaggio di un credito (per rate di leasing scadute) in ordine al quale  la società scindenda aveva già provveduto a segnalare in CRIF il debitore principale e il soggetto tenuto in garanzia. Eseguito il pagamento del dovuto nelle mani del cessionario, il garante si rivolge all’ABF, lamentando l’inerzia dell’accipiens nell’aggiornare le registrazioni presso il sistema di informazioni creditizie. Il ricorso viene accolto sulla base di una motivazione meritevole di interesse per almeno due ordini di ragioni.

2.- Anzitutto, preme sottolineare come la ravvisabilità di una cessione aggregata quale effetto – inter alia – derivante dalla scisisone abbia indotto l’ABF ad integrare la disciplina propria di tale tipo di operazione con l’ulteriore tassello normativo costituito dall’art. 58 t.u.b.: norma, quest’ultima, che delinea, come noto, uno statuto apposito per la cessione a banche di aziende, rami di azienda, nonché di beni e  rapporti giuridici individuabili in blocco.

La soluzione adottata appare senz’altro condivisibile, perché quella di cui all’art. 58 t.u.b. costituisce, al pari delle apposite discipline in tema di cessione del credito, del contratto e di azienda, un regime che attiene non al negozio di disposizione in quanto tale, bensì al segmento particolare del suo oggetto (cfr. P. Masi, Commento all’art. 58, in Commentario al Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia diretto da Capriglione, Padova, 2012, I, 726).

Tale normativa appare pertanto destinata a trovare applicazione per il solo fatto che ricorra una vicenda traslativa incentrata sullo specifico quid preso in considerazione (sul contenuto oggettivo delle cessioni in blocco di cui all’art. 58, cfr. Perrino, Commento all’art. 58, in Commento al Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia a cura di Costa, Torino, 2013, I, 663 ss.): indipendentemente, o meglio astraendo dalla ragione concreta del trasferimento, che può essere integrata da una vendita, da una donazione e financo da una scissione societaria.

Più chiaramente, deve ritenersi che i plessi normativi in discorso – tra cui, per l’appunto, quello dell’art. 58 – realizzino una parziale unificazione del trattamento giuridico di una pluralità di schemi negoziali distinti in ragione del loro comune oggetto (così, in linea generale, Schlesinger, Recensione, in Riv. dir. civ., 1960, II, 652; nonché, traendo spunto dall’analisi della disciplina relativa all’istituto della cessione del contratto, Roppo, Il contratto, in Trattato di diritto privato a cura di Iudica e Zatti, Milano, 2001, 592).

3.-  Merita poi attenzione l’ulteriore rilievo secondo cui il cessionario (ovvero il beneficiario del quid oggetto di assegnazione in esito alla scissione) sarebbe obbligato a tenere aggiornati i dati in CRIF in forza di un dovere di protezione scaturente dalla legge.

Tale affermazione presenta il pregio di sottendere l’idea che «la circolazione dell’obbligo o del diritto soggettivo non è transito di cose dall’uno all’altro titolare, ma circolazione di contenuti di disciplina, cioè di quelle norme o clausole idonee a lasciare il vecchio titolare e ad investire il nuovo» (così Irti, La teoria delle vicende del rapporto giuridico, inVicende del rapporto giuridico, fattispecie, fatti giuridici di Allara, Torino, 1999, 17).

Accolta una simile visione, appare senz’altro incongrua l’obiezione – sollevata dal cessionario  – secondo cui l’aggiornamento della registrazione non potrebbe che competere al cedente, dovendosi identificare in quest’ultimo l’autore della originaria segnalazione.

Il vero è che se gli obblighi in materia di invio dei dati ai sistemi di informazioni creditizie privati concorrono – ex lege e, in particolare, sulla base della buona fede oggettiva – ad integrare la disciplina del vincolo obbligatorio, essi non potranno che transitare in capo al nuovo titolare della situazione creditoria: e questo perché il cessionario non subentra in una semplice posizione di potere, bensì nella situazione di destinatario di una data disciplina, quella cioè – di matrice pattizia o legale – che conforma il concreto assetto del rapporto (in direzione analoga, D’Andrea, Azione di risoluzione per inadempimento e cesisone del credito, in Riv. dir. priv., 1997, 532; Dolmetta, voce Cessione dei crediti, in Dig. disc. priv. sez. civ., 1988, II, 297; Perlingieri, Modi di estinzione dell’obbligazione diversi dall’adempimento, in Commentario SB, 1975, 40).

4.- Se ciò appare indubitabile a livello di principi, può avere un senso sul piano operativo interrogarsi sulle modalità di assolvimento degli obblighi in tema di segnalazione alla CRIF da parte del cessionario, allorquando quest’ultimo non aderisca al relativo sistema: eventualità, quest’ultima, senz’altro prospettabile, dal momento che la partecipazione a simili banche-dati avviene (a differenza di quanto succede per la Centrale dei rischi) su base volontaria.

Certo, per le cessioni aggregate sottoposte ad autorizzazione da parte della Banca d’Italia, ci si potrebbe spingere fino al punto di configurare la mancata iscrizione del cessionario al sistema della CRIF come idonea ragione ostativa del rilascio del relativo placet.

Resta tuttavia il fatto che l’atr. 58 t.u.b. risulta richiedere l’autorizzazione dell’Autorità di settore solo pe le vicende di maggiore rilevanza. Né, d’altro canto, può escludersi – anche ad ammettere che la Banca d’Italia faccia propria l’interpretazione avanzata – la possibilità nel caso concreto di un errore o comunque di una svista.

Ragionando sempre in termini ipotetici, si potrebbe anche immaginare che le parti del negozio traslativo inseriscano nel contratto una clausola che preveda – anche per il tempo successivo al perfezionamento della cessione – l’inoltro della segnalazione da parte del cedente, una volta ricevuto il relativo impulso dal cessionario. Ma, per vagliare la reale efficienza della soluzione appena delineata, occorrerebbe previamente verificare se il regolamento della banca-dati consenta al partecipante di inviare segnalazioni rispetto a posizioni della cui titolarità si è definitivamente spogliato.

Allo stato, la soluzione più idonea per dare corso agli obblighi in materia di segnalazione alla CRIF senza essere iscritti al relativo sistema sembrerebbe quella di mettere il debitore ceduto nella migliore condizione per esercitare il proprio diritto a richiedere al gestore della banca-dati l’aggiornamento dei dati che lo riguardano (diritto che risulta attribuito dall’art. 7 del d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196).

In tale prospettiva, sarà preciso dovere del cessionario i) dare tempestiva comunicazione all’obbligato della sussistenza dei presupposti per l’inoltro di una segnalazione di aggiornamento; ii) confezionare il testo della relativa comunicazione; iii) sostenere ogni costo collegato all’invio della stessa.

In difetto di ciò, il cessionario sarà da reputare responsabile per gli eventuali danno sofferti medio tempore dal debitore in conseguenza della permanenza  all’interno della CRIF di dati non più aggiornati.

 


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