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Attualità

Azione di rilievo del fideiussore e condanna alle astreintes

27 Settembre 2018

Avv. Federico Zanzi, Studio Legale Baker McKenzie

Tribunale di Milano, 10 aprile 2017 – G.U. Rota

1. Premessa. Le vicende oggetto della controversia

L’ordinanza in commento merita di essere segnalata come una delle più interessanti, ragionate ed innovative applicazioni dell’azione di rilievo del fideiussore ex art. 1953 c.c. Un rimedio che, nei decenni passati e sino ai giorni nostri, ha riscosso ben scarso interesse tra gli operatori del diritto, e ancor più rara applicazione nelle aule dei tribunali; e ciò a giusta ragione, a causa di una serie di criticità tutt’altro che trascurabili. In realtà, nella -quasi – generale indifferenza della dottrina, non ci si era accorti che già da alcuni anni il Legislatore aveva apprestato i correttivi necessari per superarle: e proprio l’ordinanza del Tribunale di Milano in epigrafe sta a dimostrarlo. Davvero, la riforma del codice di procedura civile del 2009, [1] grazie all’innovativo strumento astreintes ex art. 614-bis e al nuovo rito del procedimento sommario di cognizione ex art. 702-bis, ha versato nuova linfa in un istituto che era stato relegato ai margini della disciplina delle garanzie del credito, aprendolo a nuove ed estese potenzialità di impiego.

Questi i fatti. La società ricorrente in giudizio, che chiameremo “Alfa”, era stata per lungo tempo titolare dell’intero capitale sociale di un’altra società, “Beta”. Nell’ambito della propria attività imprenditoriale, Beta aveva ottenuto da alcuni istituti bancari una serie di aperture di credito, garantite da fideiussioni a lungo termine rilasciate da Alfa.

Successivamente, Alfa aveva ceduto Beta ad un’altra acquirente, “Gamma”. Al momento della cessione, Beta risultava ancora beneficiaria delle aperture di credito e delle relative fideiussioni a garanzia.

Per questa ragione, con il contratto di vendita delle partecipazioni sociali, Gamma si era impegnata a liberare Alfa dalle fideiussioni di cui ancora beneficiava Beta, entro un termine concordato. Per assicurare il rispetto puntuale di questo obbligo, sia Beta che Gamma si erano impegnate a corrispondere ad Alfa una penale per ogni giorno di ritardo da quel termine.

Ciò nonostante, successivamente alla stipulazione del contratto, Gamma non aveva proceduto alla liberazione di tutte le fideiussioni; al contempo, Beta aveva mantenuto intatta l’esposizione finanziaria nei confronti delle banche. Ad aggravare ulteriormente il quadro, Beta e Gamma si erano opposte al pagamento delle penali a favore di Alfa, contestando la misura del loro importo.

Di conseguenza, Alfa si era trovata a garantire l’esposizione debitoria di una società, Beta, in cui non deteneva più alcuna partecipazione. Al contempo, Alfa rimaneva esposta al rischio di un’escussione delle garanzie da parte delle banche, al contempo senza riuscire a riscuotere fruttuosamente le penali dovute da Gamma.

Da ciò veniva a derivare un danno concreto ed immediato per Alfa: la necessità di mantenere indisponibile e infruttuosa nel proprio patrimonio una riserva finanziaria per l’eventuale escussione delle fideiussioni, nell’incertezza sulle prospettive di soddisfazione dell’eventuale credito di regresso verso Beta.

2. I rimedi esperibili da parte del fideiussore

Ponendosi nella prospettiva di Alfa, sorge spontaneo interrogarsi su quali tutele possano essere esperite; e, soprattutto, su quale possa essere il risultato concreto che possano conseguire.

La prima e più immediata sarebbe, senza dubbio, il recupero coattivo nei confronti di Beta e di Gamma delle penali giornaliere maturate.

Astrattamente, un rimedio efficace, dal momento che una pronuncia di condanna può essere assunta anche con un decreto ingiuntivo, eventualmente già esecutivo. Tuttavia, a guardar bene, non si possono trascurare i poteri di cui dispone il debitore per paralizzare l’efficacia del rimedio: ossia, l’opposizione ex art. 645 c.p.c., e, anche nel caso in cui sia stata concessa l’efficacia provvisoria del decreto ingiuntivo, l’istanza di sospensione ex art. 649 c.p.c. Senza contare che, in linea astratta, non è escluso che un debitore particolarmente ostinato possa proporre pretestuosamente le opposizioni previste nella fase esecutiva, ex art. 615 ss. c.p.c., con mera funzione defatigatoria: un’eventualità tanto più dannosa per il creditore, quanto più il debitore si avvicini alle soglie dell’insolvenza.

In aggiunta alla precedente, Alfa potrebbe godere anche di un’altra tutela, questa volta nei confronti di Beta: l’esperimento della c.d. azione di rilievo del fideiussore ex art. 1953, n. 3, c.c. Si tratta di un’azione con cui questi chiede al Tribunale una condanna del debitore da questi garantito, c.d. fideiuvato, perché gli “procuri la liberazione”, nel caso in cui fosse “obbligato di liberarlo dalla fideiussione entro un tempo determinato” (n. 3). [2]

Ed è proprio questa l’azione sulla quale è stato chiamato a pronunciarsi il giudice dell’ordinanza in commento.

3. L’azione di rilievo del fideiussore

Si ritiene utile qualche breve cenno sulla natura dell’azione.

L’art. 1953 riconosce al fideiussore il diritto al rilievo, solo in cinque casi, tassativi: tra questi, quello che il fideiuvato si fosse obbligato verso il fideiussore a liberarlo entro un tempo determinato (lett. c). [3]

Con questa azione, il fideiussore esercita il diritto ad ottenere un preciso risultato dal soggetto garantito, debitore verso un terzo: la sua liberazione, prima che abbia soddisfatto il creditore, eseguendo la prestazione di garanzia. [4] [5] Si badi, non si tratta di una surrogazione anticipata del creditore (art. 1949 c.c.), o una preventiva soddisfazione del credito di regresso (art. 1950 c.c.): entrambe infatti presuppongono che il fideiussore abbia già soddisfatto il creditore. [6]

Per queste ragioni, in caso di accoglimento della domanda del fideiussore, il debitore garantito non si trova necessariamente costretto a soddisfare il suo creditore: il fideiussore sarà ugualmente soddisfatto, anche nel caso in cui ottenga una rinuncia alla garanzia. [7] D’altronde, il risultato che il debitore garantito è chiamato ad ottenere è proprio l’estinzione della garanzia. [8]

Dunque, il rimedio ha carattere preventivo, e non ripristinatorio: ragione per la quale, in dottrina e in giurisprudenza, è frequente l’affermazione che abbia “natura cautelare in senso ampio”. [9] La definizione deve essere correttamente intesa: siamo pur sempre in presenza di un’azione di merito. Connotare l’azione in discorso come cautelare è funzionale a delimitarne i contorni applicativi: ad esempio, nel contesto delle procedure concorsuali. [10] Peraltro ad avviso di chi scrive, questa natura cautelare “in senso ampio” dovrebbe essere sufficiente ad escludere, in ogni caso, l’obbligo di mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, co. 3 D. Lgs. 28/2010, che ammette la concessione di “provvedimenti urgenti e cautelari”, anche qualora il procedimento verta su materie per cui sia previsto l’obbligo di mediazione. [11]

Si comprende, quindi, come l’oggetto della domanda sia una condanna ad un obbligo di facere,naturalmente infungibile: il conseguimento della liberazione del fideiussore. Infatti, in caso di condanna, il debitore garantito sarà tenuto a conseguire un risultato concreto: la liberazione del suo fideiussore.

3.1 L’efficacia concreta dell’azione di rilievo del fideiussore

E’ più che lecito dubitare sull’effettività di un tale provvedimento di condanna. Sorgerà da subito un pensiero: che fare, se il debitore garantito, nonostante la condanna, persevera nel suo inadempimento? Si consideri che, peraltro, nel caso del n. 3) dell’art. 1953 c.c., il fideiussore si confronta con un fideiuvato che ha già dato prova di renitenza, violando l’obbligo di rilievo pattuito.

Sicuramente, il fideiussore avrà diritto al risarcimento dei danni patiti a causa della violazione del diritto di rilievo di cui è titolare. [12] Si noti, i danni risarcibili al fideiussore – opportunamente dimostrati- sarebbero solo quelli derivati dalla necessità di mantenere indisponibile nel suo patrimonio ciò che è necessario per l’adempimento, da parte sua, dell’obbligazione garantita, durante tutto il periodo successivo all’inadempimento dell’obbligo di rilievo da parte del fideiuvato. Danni che, come si intuirà, non potrebbero mai essere identificati senz’altro ed aprioristicamente nella stessa somma che il fideiussore corre il pericolo di pagare al creditore. [13]

I limiti di questa tutela risarcitoria sono quanto mai evidenti. Il fideiussore non potrebbe ottenere una pronta tutela nei confronti del debitore garantito, che, al contrario, beneficerebbe dei tempi del giudizio di merito per perseverare nella propria inottemperanza al diritto di rilievo, mantenendo al contempo il fideiussore esposto nei confronti dei propri creditori. Senza contare che, in caso di pervicace inottemperanza del debitore garantito, il fideiussore sarebbe tenuto a ricorrere più e più volte alla tutela giurisdizionale, per ottenere il risarcimento dei danni maturati nel tempo. Il tutto in un contesto che, come spesso avviene, potrebbe vedere il fideiuvato oscillare pericolosamente verso le soglie dell’insolvenza.

Ben più interessante appare invece il ricorso alle misure di coercizione indiretta degli obblighi infungibili di fare, ex art. 614-bis c.p.c. (c.d. astreintes), [14] da proporsi come domanda accessoria a quella di condanna al rilievo, e a quella di risarcimento dei danni di cui si è dato atto sopra. [15] Grazie ad esse, la condanna al rilievo godrebbe di quella concreta efficacia coercitiva che, di fatto, le era a lungo mancata. [16] D’altronde, come ebbe ad affermare felicemente in un’occasione la giurisprudenza di merito, “la norma [l’art. 614-bis c.p.c.] tende a realizzare l’effettività del “giusto processo” che tale non sarebbe ove la pronuncia restasse lettera morta, ineseguita”: [17] esattamente come nel nostro caso.

Il fideiussore potrà così assicurare l’ottemperanza alla condanna al rilievo, chiedendo al giudice che disponga a carico del soggetto garantito una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza successiva, o per ogni ritardo nell’esecuzione dell’adempimento: il provvedimento del giudice costituirà un titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute. Di conseguenza, il fideiussore, ottenuta la condanna del soggetto garantito, potrà azionare efficacemente il suo titolo esecutivo, per stimolare il debitore ad ottemperare all’obbligo di rilievo.

Non si dimentichi che, al contempo, il Legislatore ha opportunamente riconosciuto al Giudicante un certo margine di discrezionalità nella modulazione della misura: né poteva essere altrimenti, dal momento che il suo ruolo impone in questi casi un delicato contemperamento degli interessi di tutte le parti coinvolte, diverso a seconda del caso concreto.

In primo luogo, il Giudice non potrà accogliere la richiesta di applicazione delle astreintes, qualora ciò risulti “manifestamente iniquo” (art. 614-bis, comma 1). Nel caso di nostro interesse, si deve ritenere che tale limite sussista quando il debitore garantito si trovi in una situazione di obiettiva impossibilità ad adempiere, tale per cui l’inflizione della somma si trasformi in una misura eccessivamente gravosa. Come ha statuito la stessa giurisprudenza di merito citata supra, con limpida chiarezza, “E’ iniquo ciò che è contrario all’equità, e, dunque, sotto tale versante, si richiede al giudice di verificare tutte le circostanze del caso, affinché l’astreinte non diventi strumento che possa svilire la persona dell’obbligato. Coerentemente con questa impostazione, personalistica, si afferma che l’iniquità manifesta della misura può risultare dalla valutazione ex ante di “inidoneità della condanna al pagamento di qualsiasi somma di denaro a compulsare il debitore, in guisa della natura della prestazione oggetto della condanna principale ovvero delle condizioni patrimoniali in cui versa l’obbligato”. [18]

In secondo luogo, la Corte sarà chiamata – a prescindere da qualsiasi prospettazione di parte- a determinare l’ammontare della somma, “tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile” (art. 614-bis, comma 2).

Giova precisare che l’inflizione delle astraintes si pone una finalità sanzionatoria, e non risarcitoria: [19] in questo si esprime una notevole differenza rispetto alla penale (art. 1382 c.c.). Si assiste ad una chiara apertura dell’ordinamento ai danni punitivi: una tendenza che sembra trovare sempre maggiori conferme anche nella più recente giurisprudenza. [20]

Considerando la portata autenticamente afflittiva della sanzione, il Giudice dovrà tenere in debita considerazione il rischio una spoliazione eccessiva del patrimonio del debitore garantito, a grave pregiudizio degli interessi di soggetti terzi e a tutto beneficio del fideiussore. [21] Al contempo, nella commisurazione della sanzione, il Tribunale dovrà determinare un ammontare che ritenga idoneo a rendere l’adempimento dell’obbligo più conveniente, rispetto al suo inadempimento. Un equilibrio tutt’altro che semplice.

3.2 Quale rito per l’azione di rilievo del fideiussore?

Un ulteriore profilo che investe notevole rilevanza nell’efficacia del rimedio, è quello della scelta del rito.

Come si è rilevato in precedenza, l’azione in discorso è una vera e propria azione di merito, volta ad ottenere una pronuncia di condanna. Sul piano processuale, l’accertamento diritto al rilievo richiederà un’istruttoria presumibilmente breve, fondata su una base prettamente documentale. Ciò è tanto più evidente proprio nel caso in discorso, dal momento che risulterà agevole la prova dell’inadempimento all’obbligo di rilievo del soggetto garantito.

Per questa ragione, potrà trovare accoglienza il rito del procedimento sommario di cognizione (artt. 702-bis ss. c.p.c.): anche questo, un lascito della novella del 2009. [22] La speditezza del procedimento permetterà al fideiussore di ottenere un titolo esecutivo in tempi ridotti e con minori spese di giudizio; al contempo, appare remoto il rischio che, nel caso concreto, il Tribunale possa disporre la conversione nel rito ordinario- una criticità, questa, che spesso dissuade le parti dal ricorso al rito speciale. Per queste ragioni, se il procedimento sommario di cognizione non sembra aver riscosso tra gli operatori del diritto quel successo che molti speravano [23], per l’azione di rilievo del fideiussione il procedimento ex art. 702-bis c.p.c. sembra figurarsi davvero come il procedimento “ideale”. Per inciso, non vi è ragione di dubitare che il Tribunale possa disporre delle astraintes accessorie all’ordinanza ex art. 702-ter. [24]

4. L’ordinanza del Tribunale di Milano

Tutte le premesse teoriche sviluppate sopra hanno trovato applicazione concreta proprio nell’ordinanza in commento.

In primo luogo, il Tribunale ha rigettato alcune eccezioni preliminari sollevate dalla resistente. [25] In particolare, merita attenzione la parte in cui il Giudice ha disatteso la doglianza avversaria di difetto di periculum in mora, affermando che “l’odierno procedimento rientra in un normale giudizio di merito per il quale si prescinde dall’accertamento di asserite esigenze cautelari che la stessa azione ex art. 1953 non richiede né richiede di accertare”.(§ 9) Un’affermazione di certo condivisibile, sulla base delle considerazioni già esposte in precedenza.

Quindi, il Tribunale ha agevolmente accertato il diritto del fideiussore Alfa al rilievo da parte di Beta ai sensi dell’art. 1953 n. 3), sulla base delle allegazioni e dei documenti versati in giudizio delle parti. Non risulta che la resistente Beta avesse contestato il rito prescelto dalla sua controparte; di certo, grazie al procedimento ex art. 702-bis c.p.c., il Giudice è giunto ad un accertamento dei fatti di causa al contempo spedito e completo, con il minimo dispendio di energie processuali delle parti.

Provato l’inadempimento di Beta, il Tribunale si è trovato a pronunciarsi sulla domanda di risarcimento del danno proposta dal fideiussore Alfa.

Come si è evidenziato in precedenza, nel contratto di compravendita delle partecipazioni sociali di Gamma, Alfa, Beta e Gamma avevano pattuito una penale cospicua, per ogni giorno di ritardo dal termine pattuito per il rilievo delle fideiussioni, da ritenersi omnicomprensiva (dal momento che le parti non avevano previsto la risarcibilità di danni ulteriori -art. 1382, co. 1 c.c. ). In ogni caso, si osservava che Alfa non aveva fornito alcuna prova di “asseriti danni subiti dalla parte ricorrente medio temporein conseguenza dell’inadempimento della convenuta” (§ 10). Pertanto, non è occorsa un’istruttoria approfondita, che avrebbe potuto comportare la conversione nel rito ordinario, ex art. 702-ter, co. 3 c.p.c. Ad ogni modo, ad avviso di chi scrive, appare remota l’eventualità che nei giudizi di cui si va trattando, la prova di questa categoria di danni non possa essere fornita in via prettamente documentale.

Infine, la Corte ha accolto la domanda di applicazione delle astreintes ex art. 614-bis. A quanto risulta allo scrivente, si tratta della loro prima applicazione in giurisprudenza. Degna di nota è la differenza tra l’importo richiesto dalla ricorrente Alfa (Euro 1.000,00 al giorno) e quello riconosciuto (Euro 100,00). Il Giudice ha motivato il ridimensionamento della somma sulla base della considerazione dell’ammontare della penale già prevista nei confronti di Beta e di Gamma; un approccio del tutto condivisibile, dal momento che, come impone il primo comma dell’art. 614-bis c.p.c., la misura può essere concessa “salvo che ciò sia manifestamente iniquo”.

5. Un excursus: la discussa ammissibilità del sequestro conservativo sul credito di regresso

Ci si potrebbe interrogare se, in casi analoghi a quelli oggetto dell’ordinanza in commento, il fideiussore non sarebbe legittimato ad esperire un terzo ed ulteriore rimedio: un ricorso per sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c. sul patrimonio del fideiuvato, per un importo pari al potenziale credito di regresso.

Non vi è dubbio che si tratterebbe di rimedio sicuramente efficace, in tutti i quei casi in cui appaia altamente probabile l’escussione delle fideiussioni. In tali casi, è evidente che solo un’azione cautelare potrebbe assicurare al fideiussore una tutela efficace e in tempi ridotti, mentre i tempi di un giudizio di merito potrebbero frustrare in concreto le aspettative di soddisfazione del credito di regresso.

Tuttavia, perché si possa ritenere esperibile il rimedio, si dovrebbe ammettere che, sul piano del fumus boni iuris, il sequestro conservativo possa essere concesso anche qualora il credito non solo non sia né certo, né liquido, né esigibile: ma neppure attuale. [26]

Eppure, l’ordinamento riconosce diverse misure di tutela delle ragioni del creditore meramente potenziale (proprio in quanto titolare di un credito non attuale): si vedano i poteri lui concessi, oltre che dallo stesso art. 1953 c.c., dagli artt. 1356, 1358 e 2852 c.c. [27] Al contempo, il testo dell’art. 671, co. 1° c.p.c. non impone alcuna espressa limitazione: come presupposto per la concessione del sequestro conservativo, è sufficiente che il creditore abbia “fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito”.

Per queste ragioni, non vi è ragione per ritenere che presunte ragioni sistematiche escludano la possibilità di concedere una misura di tutela cautelare per i crediti non ancora attuali. Ed infatti, ampia e autorevole dottrina ha ritenuto che possa essere concesso il sequestro conservativo anche qualora non sia certo, liquido ed esigibile, bensì meramente probabile. [28]

In particolare, merita di essere segnalata un’ordinanza ampiamente motivata del Tribunale di Milano, [29] che, nel solco di una risalente giurisprudenza di legittimità [30] ha concesso il sequestro conservativo per il credito di regresso del fideiussore, qualora risulti altamente probabile che divenga attuale. [31]

A riguardo, nel provvedimento sopracitato i giudici milanesi si sono premurati di precisare che la tutela possa essere concessa qualora “al momento della richiesta cautelare sia già in essere il rapporto da cui origina il futuro credito, si sia già verificata la situazione di fatto che lo determina e sia possibile esprimere un giudizio di probabilità in ordine all’attualità del diritto al tempo dell’esito del giudizio di merito”. I tre requisiti concorrono così a delineare delle autentiche “linee guida” per il giudice cui venga richiesta la misura, nel senso di una valutazione stringente e rigorosa della sussistenza dei presupposti per la concessione del sequestro conservativa in presenza di questo genere di crediti “quasi attuali”. [32]

A questo orientamento, se ne oppone uno in senso opposto. I suoi sostenitori affermano che il provvedimento di sequestro conservativo rappresenterebbe una misura eccessiva e priva del nesso di strumentalità con la domanda di merito, che è volta ad ottenere la condanna del soggetto garantito a liberare il fideiussore nei confronti del creditore principale [33]; oppure, tout court, che la cautela del sequestro conservativo non potrebbe essere accordata per un credito che non sia ancora venuto ad esistenza, perché ipotetico o eventuale. [34]

Ad avviso di chi scrive, questo orientamento non è condivisibile.

In primo luogo, vi sarebbe più di una ragione per dubitare del tradizionale assunto, per cui la c.d. “strumentalità attenuata” di cui all’art. 669-octies c.p.c. non potrebbe essere accordata ai provvedimenti di urgenza di natura conservativa, come i sequestri. [35] Il tema esorbita da quello oggetto di esame, per cui non può essere indagato in questa sede; ma non vi è dubbio che il paradigma della strumentalità nei sequestri conservativi non possa essere oggetto di discussione e di critica.

Ancora meno giustificata appare la posizione di chi nega a priori la tutela cautelare su un credito “potenziale”. In essa pare di cogliere un’autentica ostilità preconcetta, che nasconde anche una confusione tra due piani: il riconoscimento dell’interesse giuridico meritevole di tutela, e il terreno della valutazione in concreto dell’esigenza cautelare.

Ferme queste considerazioni, ad avviso di chi scrive, anche chi ritenga di aderire all’orientamento negativo dovrà convenire che il sequestro sia ammissibile per quella misura che sia pari non al credito di regresso, ma al prevedibile danno derivante dalla mancata liberazione della fideiussione. In questo caso, il nesso di strumentalità appare evidente, per cui l’ammissibilità del rimedio non pare seriamente revocabile in dubbio. [36]

6. Conclusioni

L’ordinanza in commento merita di essere apprezzata in ogni suo aspetto: come si è illustrato nei paragrafi precedenti, il Tribunale di Milano ha fatto corretto governo della disciplina dell’azione di rilievo del fideiussore, applicando i rimedi processuali più innovativi introdotti dal Legislatore negli ultimi anni.

Peraltro, per quanto consta a chi scrive, il provvedimento è un unicum nel panorama giurisprudenziale sul tema. Ad oggi, non risulta pubblicata alcuna decisione in tema di rilievo del fideiussore, che abbia fatto applicazione delle misure di coercizione indiretta ex art. 614-bis c.p.c.; né risultano ordinanze di condanna ex art. 1953 c.c., emesse all’esito di un procedimento sommario di cognizione. Se si considera che la giurisprudenza in tema è quanto mai scarna, si apprezza ancora di più quanto possa essere innovativa l’ordinanza qui commentata.

Il provvedimento del Tribunale di Milano appare a tutti gli effetti una pietra miliare nella giurisprudenza sull’azione di rilievo del fideiussore. Si può così schiudere potenzialmente un’applicazione assai estesa dell’azione, vieppiù amplificata dal fatto che essa potrebbe trovare applicazione anche in caso di fideiussione sottoposta a condizione sospensiva [37]; o ancora, non solo alla fideiussione, [38] ma anche ai contratti di garanzia autonoma, [39] alle ipotesi di assunzione del debito altrui (espromissione o accollo) sottoposte a termine, [40] o ancora per l’avallo cambiario. [41] D’altronde, lo stesso caso oggetto dell’ordinanza appare tutt’altro che inusuale nel mondo degli affari: per questa ragione, vi è solo da auspicare che la dottrina e la giurisprudenza accolgano e facciano proprie le considerazioni espresse dal Giudice milanese, cosicché l’azione di rilievo possa affermarsi come uno strumento efficace, al servizio degli operatori del mercato del credito.



[1] L. 18 giugno 2009, n. 69 “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 140 del 19 giugno 2009 – Supplemento ordinario n. 95.

[2] Si ammette anche la possibilità che il rimedio sia azionato in via stragiudiziale mediante diffida ad adempiere: v. B. Moretti, La fideiussione, in Giur. sist. civ. e comm., dir. da W. Bigiavi, 1980, 165; G. Stella, Le garanzie del credito. Fideiussione e garanzie autonome, vol. I, in Trattato Iudica-Zatti, Milano, 2010, 491.

[3] Sulla scorta di costante e autorevole dottrina, si può ritenere pacifico che, nell’ipotesi in oggetto, il debitore non possa ritenersi liberato con la mera prestazione di garanzie (c.d. rilievo per cauzione), come nelle restanti ipotesi previste dalla norma. Cfr. A. Ravazzoni, Fideiussione (Diritto civile), in Nov.mo Digesto Italiano, Torino, 1968, 287-8; G. Stella, op. cit., 491 e 496; L. Renna, Il rapporto tra debitore e fideiussiore, in La fideiussione e le altre garanzie personali, opera diretta da V. Cuffaro, Bologna, 2014, 182. In giurisprudenza, Trib. Padova, 28 gennaio 2003, in Mass. giur. civ. patavina, 2006, 148. In ogni caso, la giurisprudenza più recente ritiene che il rilievo per cauzione sia ammesso solo in subordine a quello per liberazione: v. Cass. civ. 16 giugno 2010 n. 14584, in Giust. civ. 2011, n. 2, 451; Trib. Padova, cit. In dottrina, F. D’Orazi Flavoni, Fideiussione, mandato di credito e anticresi, in Trattato di diritto civile, diretto da G. Grosso e F. Santoro-Passarelli, Milano, V, 1961.

[4] Si precisa che il diritto al rilievo si estingue solo con l’avvenuto pagamento del debito principale: non con la mera escussione da parte del creditore. V. C. Falqui Massidda, Fideiussione, in Enc. giur. Treccani, XIV, Roma, 1989, 1 ss.).

[5] L’azione può essere esercitata anche in via stragiudiziale: così C. M. Bianca, Diritto civile. La responsabilità, V, 2012, 495.

[6] C. Falqui Massidda, cit., 9; A. Giusti, La fideiussione e il mandato di credito, Milano, 1998, 244; G. Bozzi, I rapporti tra fideiussore e debitore principale, in Nuova giurisprudenza di diritto civile e commerciale. La fideiussione, a cura di G. Bozzi, Torino, 2013, 479.

[7] In dottrina, v. M. Fragali , Fideiussione. Mandato di credito, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1968, 370 ss.;A. Calderale – F. Mastropaolo, I contratti di garanzia, a cura di F. Mastropaolo, in Tratt. Rescigno-Gabrielli, V, 1, Torino, 2006, 448; F. Macario, La fideiussione, in Diritto civile, diretto da N. Lipari e P. Rescigno, Vol. IV, tomo II, 2009, 305. Osserva un Autore che la liberazione potrebbe avvenire anche nelle forme di una remissione del debito che possa essere funzionale all’estinzione dell’obbligazione garantita: G. Biscontini, sub art. 1953, in Commentario del codice civile. Dei singoli contratti, diretto da E. Gabrielli, a cura di D. Valentino, Torino, vol. IV 2016, 580.

[8] Per questa ragione, acuta dottrina osserva che un pactum de non petendo non è idoneo a soddisfare il diritto di rilievo del fideiussore. Cfr. G. Biscontini, loc. cit., e la dottrina ivi citata.

[9] A. Ravazzoni,loc. cit.;Fragali (op. cit., 372) precisa che il rimedio ha natura “cautelare” solo nel caso del rilievo per cauzione, e “preventivo” nel caso del rilievo per liberazione.

[10] In giurisprudenza, la natura cautelare dell’azione è stata ribadita per negare la sua esperibilità da parte del fideiussore nei confronti di un debitore fallito (V. App. Palermo, 12 maggio 1984, in Dir. fall., 1984, II, 1033; App. Trieste, 19 luglio 1980, in Fallimento, 1981, 309) o in concordato preventivo (Trib. Monza, 31 maggio 1982, in Giust. civ., 1982, I, 287). D’altronde, l’azione ex art. 1953 c.c. si porrebbe in evidente contrasto con l’esigenza di assicurare la tutela della par condicio creditorum, propria delle procedure concorsuali. Tuttavia, la stessa funzione potrebbe essere assolta, accogliendo un’insinuazione con riserva nello stato passivo del debitore: v. Cass. civ., 21 luglio 2004, n. 13508, in Fallimento, 2005, 4, 399. Sul tema, rimando a G. Bozzi, op. cit., 487.

[11] A riguardo, pare utile richiamare le considerazioni svolte da un giudice di merito, che ha motivato l’esclusione del previo tentativo di mediazione obbligatoria dei procedimenti ex art. 696-bis c.p.c., in ragione della loro natura urgente (Trib. Pisa, ord. 3 agosto 2011, in Foro it., 2012, 1, I, 270), procedimento poi effettivamente escluso con successivo intervento del Legislatore art. 84, comma 1, lett. d), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98

[12] Come si è correttamente osservato in dottrina, ciò altro non rappresenta, se non un naturale effetto dell’art. 2740 c.c. Cfr. B. Saccà, Il rilievo del fideiussore nella particolare ipotesi di cui all’art. 1953, n. 1 c.c., in Giust. civ., 2009, 9, 2030; L. Tavormina, Il rilievo del fideiussore alla luce delle misure coercitive indirette, in Obbl. e contr., n. 8-9, 602604 ss.

[13] Cass. civ., 21/04/1965, n. 699, inMass. Giur. It., 1965, che ha chiarito che “L’azione di rilievo per liberazione non può avere per contenuto la pretesa che il debitore paghi direttamente al fideiussore il debito garantito, ma ha, invece, due obbiettivi: o il debitore paga direttamente al creditore, in modo da evitare il pagamento del fideiussore, ovvero il debitore – accordandosi, in una delle forme possibili, con il creditore – procura al fideiussore la rinuncia, da parte del creditore medesimo alla garanzia o ad esperire la garanzia stessa, In entrambe queste figure, l’inadempimento del debitore verso il fideiussore può dar luogo soltanto alla condanna al risarcimento dei danni, che non potranno mai essere identificati senz’altro ed aprioristicamente nella stessa somma che il fideiussore corre il pericolo di pagare al creditore, ma soltanto nel pregiudizio, concretamente dimostrato, derivante dalla necessità di mantenere indisponibile nel patrimonio dello stesso fideiussore, nel periodo intercorrente fra l’inadempimento dell’obbligazione del debitore e la prestazione della garanzia, ciò che è necessario per l’adempimento, da parte sua, dell’obbligazione garantita”. V. anche Trib. Roma, 7 aprile 2011, in banca dati Pluris, che ha chiarito che l’importo può essere liquidato anche per equità. V. anche Trib. Padova, cit.; Trib. Terni, 14 gennaio 1997, in Rass. giur. umbra, 1997, 811. In dottrina, G. Stella, op. cit., 493; M. Fragali, op. cit., 414; F. Macario, op. cit., 272.

[14] Per la sua applicabilità all’azione di rilievo del fideiussore, L. Renna, op. cit., 186; v. L. Tavormina, op. cit.,, 602. Segnalo anche App. Bologna, 11 gennaio 2005, in Guida dir., 2005, 45, 47, dove, nel contesto ante-riforma del 2009, il Giudice di merito affermava, significativamente: “il nostro ordinamento processuale non conosce in via generale il sistema delle astreintes, cosicché sia la liberazione tramite il pagamento o un accordo con il creditore, per il quale è essenziale l’incontro di volontà, sia la cauzione, che implica la scelta del debitore principale, non sono suscettibili di esecuzione forzata e una sentenza di condanna ai sensi dell’articolo 1953 del c.c., preluderà solamente al risarcimento del danno, da commisurarsi alle conseguenze negative derivanti dalla mancata disponibilità della somma in capo al garante che la liberazione o un’adeguata cauzione avrebbe consentito di evitare”.

[15] Sulla natura accessoria della domanda ex art. 614-bis c.p.c., v. A. Saletti, sub art. 614 bis c.p.c., in A. Saletti, B. Sassani (a cura di), Commentario alla riforma del codice di procedura civile (L. 18.6.2009, n. 69), Torino, 2009, 197.

[16] Art. 614-bis c.p.c., introdotto dall’art. 49, co. 1 l. 18 giugno 2009, n. 69. Per una disamina dell’istituto, rimando a M. Bove, La misura coercitiva di cui all’art. 614 bis c.p.c., in Riv. trim. dir. proc. civ., 2010, 781.

[17] Trib. Varese, 16 febbraio 2011, Est. Buffone, in Ilcaso.it, Sez. Giurisprudenza, 3171, pubbl. 28 febbraio 2011.

[18] Ad avviso di chi scrive, il limite dell’iniquità richiama l’elaborazione della giurisprudenza sul c.d. abuso del processo, e, più in generale, sull’applicazione dell’art. 2 della Costituzione nell’autonomia privata. Si pensi alla nota pronuncia della Suprema Corte, in tema di frazionamento del credito: Cass. civ., 15 novembre 2007, n. 23726, in Giust. Civ.,2008,12, 2807. Cfr. anche C. Mandrioli- A. Caratta, Diritto processuale civile, vol. IV, Milano, 2017, 213. Cass. civ., 19 giugno 2009, n. 14343, in Giust. civ. Mass. 2009, 6, 948.

[19] Cons. Stato, 6 agosto 2012, n. 4523, in banca dati Pluris; Trib. Varese, cit.; M. Bove, op. cit., 781. ss.

[20] Si pensi alla recente pronuncia delle Sezioni Unite sul riconoscimento delle sentenze straniere di condanna a punitive damages (Cass. civ., SS. UU., 5 luglio 2017, n. 16601, in Giur. It., 2017, 8-9, 1787.

[21] C. Consolo- F. Godio, sub art. 614 bis, in Codice di procedura civile commentato. La riforma del 2009, diretto da C. Consolo, Milano, 2009, 289.

[22] Gli artt. 702-bis, 702-ter e 702-quater, sono stati aggiunti al codice di procedura civile dall’art. 51, 1° co., l. 18 giugno 2009, n. 69. Per un approfondimento sul tema, rimando a C. Ferri, Il procedimento sommario di cognizione, in Riv. dir. proc., 2010, 94 ss.

[23] M. Gerardo – A. Mutarelli, Procedimento sommario di cognizione ex art. 702 bisc.p.c.: primo bilancio operativo, in judicium.it.

[24] M. Bove, cit., 781 ss.

[25] Anche se estranea all’oggetto del presente commento, merita di essere segnalato il rigetto una richiesta di integrazione del contraddittorio, sulla base del principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite nel 2010 (Cass. civ., SS. UU., 23 febbraio 2010, n. 4309, in Giust. civ. Mass. 2010, 2, 257) per cui, “In tema di chiamata in causa di un terzo su istanza di parte, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario di cui all’art. 102 c.p.c., è discrezionale il provvedimento del giudice di fissazione di una nuova udienza per consentire la citazione del terzo, chiesta tempestivamente dal convenuto ai sensi dell’art. 269 c.p.c., come modificato dalla l. 26 novembre 1990 n. 353; conseguentemente, qualora sia stata chiesta dal convenuto la chiamata in causa del terzo, in manleva o in regresso, il giudice può rifiutare di fissare una nuova prima udienza per la costituzione del terzo, motivando la propria scelta sulla base di esigenze di economia processuale e di ragionevole durata del processo”). Da ultimo, v. Cass. civ., 20 marzo 2018, n. 6955, in banca dati Dejure.

[26] Tradizionalmente, l’attualità del credito rappresenta un requisito imprescindibile per la concessione del sequestro conservativo: v. Cass. civ., 20 novembre 1970, n. 2445, in Mass. giur. it., 1970, per cui “A legittimare la concessione del sequestro conservativo occorre la esistenza di un credito, anche se non liquido od esigibile, purché attuale, ossia non meramente ipotetico od eventuale”. Nel solco di questo insegnamento, cfr. Cass. civ. Sez. I, 28 gennaio 1994, n. 864, in Mass. Giur. It., 1994. Per una recente affermazione del principio nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Torino, ord., 31 marzo 2014, in Giuraemilia.it, 2015.

[27] Specificamente:

  • l’art. 1356 c.c., che permette all’alienante di un diritto sotto condizione risolutiva, in pendenza di questa, di compiere atti conservativi;
  • l’art. 1358 c.c., secondo cui, in pendenza della condizione, le parti debbono comportarsi secondo buona fede per conservare integre le ragioni dell’altra;
  • l’art. 2852 c.c., che concede la possibilità di iscrivere ipoteca per “crediti che possano eventualmente nascere in dipendenza di un rapporto già esistente”;
  • lo stesso art. 1953 c.c., in quanto misura di tutela del creditore, prima dell’insorgenza del suo credito.

In dottrina, v. R. Conte, Il sequestro conservativo nel processo civile, Torino, 2000, 42 e segg.

[28] S. Satta, Commentario al codice di procedura civile, IV, t. 1, Milano 1968, 174 ss.; M. Fragali , op. cit., 414; L. Bigliazzi Geri, I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, in Comm. cod. civ., Della tutela dei diritti, Torino, 1980, 193; F. Roselli, I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, in Giur. sist. dir. civ. e comm., diretta da W. Bigiavi , Torino 1990, 358 ss.; M. A. Zumpano, Sequestro conservativo e giudiziario , in Enc. dir. , XLII, Milano 1990, 116; P. Pototschnig, Il sequestro conservativo, in Il nuovo processo cautelare, a cura di G. Tarzia, Padova, 1993, 16; C. Ferri, voce «Sequestro conservativo», in Digesto Civ., XVIII, Torino, 1998, 477; F. Gambino, Azione di rilievo e sequestro conservativo, in Giust. civ., n. 10/2010, 483; R. Conte, loc. cit.

[29] V. Trib. Milano, ord. 26 giugno 2002, in Giur. it., 2003, 3.

[30] Cass. civ., 17 settembre 1957 n. 3502, in Giust. civ., 1958, I, 292; come osserva S. Satta, loc. cit., in quel caso la Suprema Corte ha ammesso la tutelabilità del credito anche in un caso in cui qualità di creditore dipendeva dalla soluzione di una causa pregiudiziale.

[31] Il Giudice dell’ordinanza chiarisce che il rimedio è esperibile “allorché al momento della richiesta cautelare sia già in essere il rapporto da cui origina il futuro credito, si sia già verificata la situazione di fatto che lo determina e sia possibile esprimere un giudizio di probabilità in ordine all’attualità del diritto al tempo dell’esito del giudizio di merito”.

[32] Cfr. Trib. Bologna, 21 aprile 2016, in banca dati Pluris.

[33] Trib. Bologna, 13 luglio 2016, in banca dati Dejure; Trib. Forlì, 8 febbraio 2016, ibidem; Trib. Bologna, 18 dicembre 2015, ibidem; Trib. Ivrea, 11 gennaio 2007, in Il merito, 2007, 7-8;

[34] Trib. Milano, sez. Impresa, 16 dicembre 2013, in giurisprudenzadelleimprese.it.

[35] Sul tema, rimando a R. Giordano, sub art. 669-octies, in Commentario al codice di procedura civile, diretto da L. P. Comoglio- C. Consolo – B. Sassani- R. Vaccarella, Vol. VII, Tomo I, Torino, 2014, 1200-1201; v. anche F. Verde, Il sequestro nel diritto processuale civile, Padova, 2006, pagg. 26 ss.

[36] Implicitamente, paiono accogliere questa soluzione anche Trib. Catania, 22 novembre 1999, in Foro etneo, anno IV, n. 1-2 e Trib. Roma, 22 luglio 1994, in Gius, 1994, 17, 74.

[37] M. Fragali, op. cit., 426.

[38] Giova precisare che, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, il fideiussore del fideiussore non gode del diritto al rilievo nei confronti del debitore principale, ma solo nei confronti del primo fideiussore, da lui garantito (Cass. civ. 13 maggio 2002, n. 6808, in Contratti, 2003, 47). Inoltre, si esclude il diritto al rilievo del terzo datore di ipoteca (Cass. civ., 6 maggio 1994, n. 4420, in Vita not., 1351).

[39] Trib. Roma, 7 aprile 2011, in Guida al diritto, 2011, 24, 69.

[40] U. Tafuri, Fideiussione e assunzione del debito altrui, in Riv. notariato, n. 6 del 1996, 1417 ss.

[41] Trib. Napoli, 1° dicembre 1995, in Rep. Foro it., 1997, Titoli di credito, n. 41.


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