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Dossier

Anche il Notariato si schiera contro l’impostazione della Suprema Corte sulla immediata tassazione proporzionale dei vincoli di destinazione

11 Dicembre 2015

Luca Sabbi, Professore a contratto di Diritto tributario, Università degli studi di Bergamo

Con lo Studio n. 132-2015/T il Consiglio del Notariato ritorna ad affrontare la problematica dell’imposizione indiretta sui trasferimenti derivanti dai vincoli di destinazione e atti di dotazione patrimoniale nel trust fund dopo il precedente Studio n. 58-2010/T. La necessità è “imposta” dai recenti interventi della Suprema Corte di Cassazione civile, sezione VI, sottosezione T[ributaria] che con le ordinanze n. 3537, 3737, 3886, 3887 del 24 febbraio 2015 e 5322 del 18 marzo 2015 è intervenuta per la prima volta sul tema gettando non poco sconforto tra gli operatori del settore, attraendo la critica unanime della dottrina e spaccando l’orientamento della giurisprudenza di merito in due filoni contrapposti.

Il contributo in commento è di particolare pregio e attualità non solo perché ricostruisce le vicende processuali oggetto delle ordinanze citate ed analizza in chiave fortemente critica l’impostazione adottata dalla Suprema Corte ma anche in ragione di spunti e riflessioni, in particolar modo, sulle conseguenze giuridiche e pratiche di queste pronunce.

Con riferimento alla tesi della Suprema Corte che, con il d.l. n. 262/06, si sia realizzata:

  • l’introduzione di una “imposta nuova”, ossia l’”imposta sulla costituzione di vincolo di destinazione” individuandone il presupposto impositivo del tributo nella “predisposizione del programma di funzionalizzazione del diritto al perseguimento degli obiettivi voluti”,
  • laddove l’oggetto dell’imposizione consisterebbe nel “valore dell’utilità” relativamente alla quale il disponente limita le proprie facoltà proprietarie,
  • il cui momento impositivo sarebbe individuabile proprio nella costituzione del vincolo,

lo Studio si allinea alle critiche della dottrina. In particolare l’art. 2, commi da 47 a 54, d.l. n. 262/06, non potrebbe giustificare la conclusione della Corte, dato che il comma 47 prevede esplicitamente l’istituzione della sola “imposta sulle successioni e donazioni”, non facendo menzione di altri tributi. Altresì, viene evidenziata l’illegittimità costituzionale di tale disposizione normativa secondo l’impostazione giurisprudenziale di legittimità perché non correlata ad una forza economica effettiva e perché la scomposizione del presupposto (per causa di morte, donazione o a titolo gratuito da un lato e in base alla costituzione di vincoli di destinazione dall’altro) manifesterebbe una non omogeneità tra loro in grado di scontrarsi con il limite rappresentato dal principio della coerenza logica dei singoli tributi (per questi aspetti si rimanda al contributo pubblicato dal prof. Gianluigi Bizioli nell’Osservatorio “Trust e Dintorni”; cfr. contenuti correlati).

Tuttavia, un aspetto davvero interessante delle pronunce lo si rinviene quando la Suprema Corte, nonostante le vicende sottoposte al suo giudizio concernessero la tassazione dei trusts (di cui due autodichiarati), allarga lo spettro della propria qualificazione giuridica ai fini tributari di questi istituti a quella dei vincoli di destinazione come effetto prodotto da “tutti i regolamenti capaci di produrlo”. La portata applicativa di questo passaggio potrebbe, infatti, condurre ad effetti dirompenti. Sul punto lo Studio evidenzia quali sarebbero altri istituti potenzialmente idonei ad essere categorizzati nell’area dei vincoli di destinazione ed essere sottoposti così ad imposizione proporzionale ai fini del tributo successorio/donatorio e ai fini delle imposte ipotecaria e catastale. Secondo, dunque, l’impostazione della giurisprudenza di legittimità che ritiene irrilevanti la natura liberale, gratuita od onerosa dell’assetto negoziale nonché la presenza o meno di effetti traslativi immediati, medio tempore o posteriori, si avrebbe un’imposizione applicata ad ogni tipologia di costituzione di patrimoni separati, autonomi o segregati. In particolare, oltre ai trusts autodichiarati (e poi ci si dovrebbe interrogare su tutti gli altri trusts non autodichiarati, sia liberali che di scopo) si dovrebbero ritenere inclusi gli atti di destinazione ex art. 2645-ter c.c., i patrimoni destinati ad uno specifico affare ex art. 2447-bis c.c., ogni tipologia di fondo patrimoniale ex art. 167 c.c. e il fondo comune della rete contratto. Permangono, oltretutto, non irragionevolmente, dubbi in dottrina che anche altre fattispecie come le intestazioni fiduciarie, le iscrizioni ipotecarie, le fondazioni ed altri atti di pignoramento possano essere attratti ad imposizione in quanto regolamenti capaci di produrre un effetto destinatorio.

Questo allargamento dell’area delle fattispecie oggetto del tributo donatorio al momento della costituzione del vincolo con la contemporanea irrilevanza di altri elementi (quali soprattutto l’assenza di trasferimento di diritti e, quindi di ricchezza) impone, secondo la Suprema Corte, un’altra conseguenza che nelle pronunce citate trova uno spazio minimale, quasi apodittico. Uno scenario mai paventato nemmeno dall’Agenzia delle Entrate nelle note circolari del 2007 e del 2008 che lo Studio ben evidenzia: se la costituzione del vincolo di destinazione espressiva, di per sé, di una capacità contributiva da assoggettare a prelievo rimane del tutto autonoma rispetto a quella, successiva ed eventuale, della attribuzione della ricchezza allora, a titolo esemplificativo, nel trust ciò conduce a sostenere una doppia tassazione: a) con l’imposta sulla costituzione del vincolo, al momento della segregazione del patrimonio in trust; b) con l’imposta sulle donazioni, al momento della devoluzione del patrimonio nel trust fund al beneficiario finale.

Non si può certo condividere una tale irrazionale conclusione e l’auspicio dello Studio di un revirement della giurisprudenza di legittimità ci sembra più che altro un atto doveroso nel rispetto del principio di legalità. Sotto questo profilo le pronunce della giurisprudenza di merito – soprattutto della Lombardia – successive alle ordinanze della Suprema Corte sono maggiormente orientate a prendere le distanze da questa impostazione, continuando a seguire il percorso già intrapreso negli ultimi anni a sostegno di una visione unitaria della vicenda del trust la cui tassazione in misura proporzionale è rimandata al momento di effettivo arricchimento dei beneficiari.


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