L’art. 39, comma 6, d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, prevede anche in capo al terzo acquirente di singole porzioni immobiliari il diritto alla suddivisione del finanziamento in quote e al relativo frazionamento dell’ipoteca a garanzia. Ne consegue l’impossibilità per la banca di rifiutare l’adesione all’accollo del mutuo precedentemente concesso al costruttore senza violare l’anzidetto diritto, giacché, diversamente, lo stesso resterebbe privo di concreta effettività. Altresì, ai sensi dell’art. 7, comma 1, d.l. 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, in l. 2 aprile 2007, n. 40, «È nullo qualunque patto, anche posteriore alla conclusione del contratto, ivi incluse le clausole penali, con cui si convenga che il mutuatario, che richieda l’estinzione anticipata o parziale di un contratto di mutuo stipulato o accollato a seguito di frazionamento […] per l’acquisto o la ristrutturazione di unità immobiliari […], sia tenuto ad una determinata prestazione a favore del soggetto mutuante». Deve quindi considerarsi illegittima la condotta della banca che, rifiutandosi di aderire all’accollo e di consentire al cliente di procedere all’estinzione del mutuo, abbia precluso la possibilità che il mutuo fosse estinto con il pagamento di penali di importo inferiore. Il danno dovrà essere dalla banca risarcito nella somma pari alla differenza tra la cifra richiesta a titolo di penale e quella risultante dall’applicazione della percentuale prevista dall’accordo tra l’A.B.I. e le associazioni dei consumatori ai fini della estinzione anticipata dei mutui a tasso variabile (convenzionalmente fissata, a norma dell’anzidetto art. 7, d.l. 7/2007, nella misura dello 0,50%).
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