SOMMARIO: Transizione climatica, innovazione tecnologica e sviluppo della difesa sono le direttrici di sviluppo dell’Unione Europea nei prossimi decenni. Esse richiedono la mobilitazione di ingenti capitali con il concorso del risparmio privato, perché le risorse pubbliche, anche integrate dall’aumento del debito, non sono sufficienti. Questa necessità si coniuga con l’opportunità di generare occasioni di investimento più remunerative per i risparmiatori, anche in vista del necessario consolidamento del terzo pilastro previdenziale. Per cogliere questi obiettivi e per canalizzare il risparmio verso le imprese, soprattutto medie e start up, l’Unione europea ha disegnato un pacchetto di interventi per la promozione della Saving and Investment Union (SIU) che andrà a integrarsi con gli altri progetti in corso sul sistema bancario (Banking Union) sul mercato dei capitali (Capital Market Union).
ABSTRACT: In the coming decades, the European Union’s development will be based on climate transition, technological innovation and defence. These require the mobilisation of large amounts of capital, which will be achieved through private savings, as public resources, even when supplemented by increased debt, are insufficient. This creates an opportunity to generate more lucrative investment opportunities for savers, particularly in view of the consolidation of the third social security pillar. In order to achieve these goals and channel savings towards businesses, particularly medium-sized and start-up enterprises, the European Union has designed a package of measures to promote the Saving and Investment Union (SIU). This will be integrated with the projects currently underway in the banking system (Banking Union) and the capital markets (Capital Markets Union).
1. Introduzione
La Commissione Europea ha lanciato un nuovo ambizioso progetto di rilancio e sviluppo della struttura finanziaria dell’Unione, la Saving and Investment Union (SIU). L’obiettivo finale è completare e integrare gli altrettanto ambiziosi programmi da tempo in corso in materia di contrasto ai cambiamenti climatici (il cosiddetto Green deal), a sostegno dell’innovazione tecnologica e, da ultimo, rafforzare la difesa europea che richiedono investimenti colossali, privati e pubblici, a livello comunitario e nazionale. Il concorso delle risorse private è dunque indispensabile, come riconosciuto da numerosi atti, documenti e dichiarazioni di autorevoli esponenti dell’Unione e degli stati nazionali. I tratti salienti della SIU sono contenuti nella comunicazione del 19 marzo 2025[1] dal titolo Communication on the savings and investments union: A strategy to foster citizens’ wealth and economic competetiveness in the EU, cui è seguita la fase di consultazione fino al 10 giugno 2025.
L’iniziativa muove dalla costatazione che la struttura finanziaria dell’Unione non appare adeguata ad offrire il contributo richiesto dai grandi cambiamenti citati. I motivi sono diversi: dalla marcata segmentazione nazionale dei mercati allo spiccato orientamento agli intermediari, rispetto ai sistemi anglosassoni, che non favorisce la possibilità di convogliare il pur ingente risparmio degli europei verso queste finalità. Sia il Rapporto Draghi sia il Rapporto Letta hanno evidenziato la necessità di interventi in questo ambito come parte del più ampio disegno che l’Unione si è data per i prossimi lustri e forse addirittura come presupposto per la loro realizzazione.
In termini più articolati, l’obiettivo del progetto è la mobilitazione del risparmio europeo, in larga parte detenuto attualmente sotto forma di depositi bancari, verso gli investimenti interni e segnatamente nei tre ambiti giù citati: la transizione climatica, l’innovazione tecnologica, il rafforzamento dei sistemi di difesa militare. Lo scopo è veicolare maggiormente il risparmio verso l’investimento in capitale di rischio e nelle infrastrutture. Nel primo caso, si tenderà a privilegiare specialmente il rafforzamento della patrimonializzazione delle PMI, delle start up e delle cosiddette scale up, attraverso il potenziamento degli strumenti di private equity, il ricorso a fondi di investimento e un maggiore coinvolgimento in queste iniziative degli investitori istituzionali, soprattutto i fondi pensione, le assicurazioni e le stesse banche. Parallelamente si favorirà il coinvolgimento del risparmio privato nei progetti di investimento di sistema, insieme alla stessa Unione, ai governi nazionali e, anche qui, agli investitori istituzionali, con un ruolo particolare per le banche di investimento e di sviluppo nazionali e dell’Unione. Ciò richiede un incremento della scala dei mercati, la concentrazione delle infrastrutture di trading e post trading; un contesto di supervisione più favorevole all’investimento di lungo periodo per banche, fondi pensioni e assicurazioni predisponendo un contesto più favorevole al patient capital.
I benefici attesi da questi interventi sono molteplici e consistono, oltre che nella possibilità di realizzare maggiori investimenti per il clima, l’innovazione tecnologia e la difesa, anche nella messa a disposizione di maggiori risorse per le imprese di nuova costituzione e di quelle in crescita e, più in generale, nel favorire l’accesso a fonti di finanziamento non bancarie per le imprese. Tutto ciò dovrebbe a sua volta generare ulteriori benefici per i cittadini dell’unione, grazie al rafforzamento della previdenza complementare, il maggiore rendimento dei loro risparmi e un rafforzamento delle tutele a loro favore grazie al miglioramento dell’informazione e della trasparenza dei mercati e all’educazione finanziaria dei risparmiatori e dei piccoli operatori economici.
Il progetto della SIU non dovrebbe sovrapporsi ma si aggiunge a quelli dell’Unione Bancaria (Banking Union o BU) e dell’Unione dei mercati dei capitali (CMU). Il primo è molto più remoto[2] e in larga parte già attuato, mentre la seconda è un’iniziativa più recente[3] e tutt’ora in fase di definizione, volta a integrare e a sviluppare i mercati dei capitali europei. Benché affine a questi progetti, la SIU non è ridondante ma si propone di costituire il complemento necessario per il successo di entrambi, ponendo al centro non gli intermediari o i mercati ma i cittadini, le imprese e le istituzioni. Come vedremo, le intersezioni sono ovviamente numerose e una parte del progetto della SIU è dedicato esplicitamente alla necessità di completare la Banking Union e alle iniziative per conseguire questo risultato. Con riguardo alla CMU, si può affermare che la SIU ne costituisce anche una sorta di prosecuzione logica in quanto estende il suo perimetro ai mercati del risparmio e della previdenza.
Al momento, il progetto è definito solo nelle sue linee generali, che sono comunque abbastanza dettagliate per consentire di prefigurarne la struttura e parte degli interventi che lo comporranno. Accanto agli obiettivi ambiziosi e ai risultati potenzialmente molto rilevanti, non si possono nascondere le difficoltà della sua realizzazione, specialmente nei tempi brevi che sono preannunciati, anche in considerazione del fatto che il risparmio privato sarà richiesto in misura considerevole per il finanziamento del debito pubblico dei singoli Stati, destinato esso stesso ad aumentare proprio a fronte degli investimenti da compiere nei settori già citati, oltre che per finanziare anche il debito comune dell’Unione che potrebbe vedere la luce nell’arco del piano.
La SIU prevede sin d’ora un piano di interventi di attuazione, rappresentato nella tabella seguente, che partono dal terzo trimestre del 2025 e si sviluppano lungo l’arco del periodo di implementazione fino alla revisione intermedia prevista per il secondo trimestre del 2027.
2025 Q3 | Incoraggiare la partecipazione dei privati ai mercati dei capitali | Conti di risparmio e di investimento UE |
Strategia di alfabetizzazione finanziaria | ||
2025 Q4 | Sviluppo del settore delle pensioni integrative | Raccomandazioni relative all’iscrizione automatica, ai sistemi di monitoraggio delle pensioni e ai cruscotti pensionistici |
Revisione della direttiva sugli enti pensionistici aziendali o professionali (IORP) e del regolamento paneuropeo sul prodotto pensionistico personale (PEPP) | ||
2025 Q4 | Integrazione e sorveglianza del mercato | Pacchetto infrastrutture di mercato |
Migliorare l’erogazione transfrontaliera di fondi e ridurre gli ostacoli operativi cui devono far fronte i gestori patrimoniali | ||
Una vigilanza più integrata e armonizzata | ||
2025 Q4 | Promozione dell’investimento azionario | Ammissibilità e chiarimento dell’investimento in azioni da parte di investitori istituzionali |
2026 Q3 | Promozione dell’investimento azionario | Revisione del regolamento del Fondo europeo per il capitale di rischio (EuVECA) |
2026 | Settore bancario | Relazione di valutazione della situazione globale del sistema bancario dell’UE, compresa la sua competitività |
2027 Q2 | Revisione intermedia | La Commissione pubblicherà una rassegna intermedia dei progressi complessivi compiuti verso l’unione del risparmio e degli investimenti |
2. L’impianto della SIU: uno sguardo d’insieme
Il piano dell’Unione in materia di risparmio e investimenti parte da una premessa e da alcuni obiettivi. L’Europa è ricca di risparmio, potendo contare su oltre 10 mila miliardi di depositi bancari, che potrebbero essere convogliati verso forme di investimento a un tempo più remunerative per i loro detentori e più funzionali alla realizzazione dei progetti nelle aree della transizione climatica, dell’innovazione tecnologica e della difesa richiamati in apertura. Il fattore abilitante per la mobilitazione del risparmio bancario è l’integrazione dei mercati dei capitali, così da favorire i flussi di interni di risparmio e al contempo scongiurare i consistenti deflussi che si orientano prevalentemente verso i mercati borsistici internazionali, prevalentemente statunitensi. Il primo obiettivo è dunque quello di indirizzare le risorse verso investimenti più produttivi, anche nell’interesse delle piccole e medie imprese, soprattutto di quelle innovative e quelle che abbisognano di supporto alla crescita. Accanto a questo, il piano persegue l’intento di accrescere l’efficacia e la resilienza dei mercati dei capitali europei attraverso la loro integrazione così da ridurre la dipendenza delle imprese dal credito bancario, offrendo loro strumenti di finanziamento diversificati quanto a tipologia, natura del finanziatore e nazionalità dello stesso. Ne consegue la possibilità di conseguire un ulteriore beneficio, quello dell’orientamento dei capitali a investimenti di lungo termine, necessari per i progetti infrastrutturali già in corso o da avviare.
Gli strumenti individuati per realizzare il piano sono riconducibili a tre principali famiglie. La prima è l’armonizzazione delle regole, delle infrastrutture finanziarie, degli strumenti di investimento e di finanziamento così da ridurre la distanza fra gli investitori privati, anche retail, e l’auspicata destinazione delle risorse. L’ampliamento della gamma degli strumenti oltre che degli stessi mercati è un requisito chiave per il successo del disegno complessivo, in quanto dovrebbe mettere in condizione i risparmiatori di diversificare i portafogli in modo agevole, senza costi rilevanti e possibilmente anche con trattamenti fiscali agevolati. In questa prospettiva, interventi di armonizzazione regolamentare e tributaria fra gli ordinamenti sono assolutamente necessari, ovviamente tendendo a una regolamentazione e a una tassazione che si allineino sui livelli più bassi conosciuti nell’Unione e non verso quelli più complessi e onerosi.
La semplificazione e la riduzione degli attriti alla mobilità dei capitali sono la seconda famiglia di strumenti di cui si avvale la SIU. La terza famiglia è il potenziamento dei fondi pensione e l’ampliamento del ruolo degli investitori istituzionali nei grandi progetti di investimento infrastrutturale oltre che a supporto delle imprese. Questi soggetti si rivelano centrali per la loro attitudine ad agire come patient capital, atti a sostenere impieghi di lungo periodo, sia con riferimento alle infrastrutture sia nel caso dei private equity investments. Accanto a questo, lo sviluppo del mercato delle pensioni genera un ulteriore beneficio ai cittadini europei in termini di assetti previdenziali più solidi ed equilibrati.
La realizzazione di questi obiettivi favorirebbe il migliore accesso ai finanziamenti da parte delle imprese, riducendo la dipendenza dal credito bancario grazie a un mercato dei capitali più sviluppato, con maggiore disponibilità di strumenti a supporto del capitale di rischio e della crescita. Un contributo in tal senso dovrebbe derivare anche dalla nuova e più snella disciplina delle cartolarizzazioni che aiuti la redistribuzione ottimale dei rischi degli intermediari, riduca gli assorbimenti patrimoniali, liberando capitale per il finanziamento delle imprese a costi più favorevoli. Il sistema nel suo complesso dovrebbe risultare più ampio e attrattivo, sia verso i capitali interni sia nei confronti di quelli esterni, e dunque più stabile, più resiliente e meno vulnerabile agli shock esterni, sia macroeconomici che di altra natura.
Gli obiettivi enunciati dalla SIU e gli strumenti previsti per la sua attuazione sono ampiamente auspicabili e condivisibili, anche se al momento è difficile formarsi un giudizio ponderato sulla loro efficacia. Un elemento di perplessità sorge invece dalla premessa da cui sembra muovere l’impianto logico e cioè le ingenti giacenze di risparmio sui conti bancari. Ad una prima lettura potrebbe sembrare che ciò sottenda una misallocation of resources, quasi a significare che il risparmio affidato agli intermediari bancari non sia altrettanto produttivo o efficace ai fini della crescita delle imprese e della realizzazione delle infrastrutture. Se questo fosse l’assunto di base sarebbe ovviamente errato. È vero che l’Europa si è sempre caratterizzata per un orientamento agli intermediari più spiccato che ai mercati, peraltro con diverse accentuazioni al suo interno, rispetto ai sistemi di stampo anglosassone. È altrettanto vero che la gamma di strumenti a disposizione delle imprese per il loro finanziamento è meno ampia che altrove e che la difficoltà di accesso a forme di provvista alternative ha contribuito a determinare il forte ricorso alle fonti bancarie. Per questo si parla di eccessiva dipendenza dal credito bancario, situazione ovviamente negativa. Ma questo non ha impedito nei decenni scorsi che le imprese ottenessero adeguato sostegno alla loro nascita, allo sviluppo e alla crescita. Né sono mancate le disponibilità per le opere di dotazione infrastrutturale del continente realizzate a partire dalla seconda metà del secolo scorso. Dunque, ben venga una maggiore diversificazione degli strumenti di finanziamento, un più agevole accesso diretto al mercato dei capitali da parte di risparmiatori e imprese, nella misura in cui questo amplia le opportunità di scelta di entrambe le schiere di soggetti: consente ai primi di ricavare migliori rendimenti e alle seconde di contenere i loro costi e, più ancora, di realizzare capital structure equilibrate. Non si deve però cadere nell’errore di demonizzare o comunque contrastare aprioristicamente il canale bancario perché è anch’esso atto a veicolare il risparmio verso le occasioni più opportune di investimento, in modo non necessariamente più oneroso dei circuiti diretti. Semmai, la SIU dovrebbe essere l’occasione per rivedere in senso favorevole la disciplina di vigilanza sugli intermediari creditizi che impedisce loro, in molti casi, di esprimere appieno il loro potenziale di sostegno allo sviluppo economico. In questo senso, come meglio vedremo più avanti, le proposte di ampliare le possibilità di intervento degli investitori istituzionali ammorbidendo i requisiti di vigilanza quando agiscono come investitori pazienti sembrano andare nella direzione giusta.
Procediamo ora a una disamina del progetto della SIU secondo le diverse aree di intervento: la sfera del risparmio e dei cittadini; quella degli investimenti dei finanziamenti; l’integrazione e la scala dei mercati; l’ambito della supervisione.
3. I cittadini e il risparmio
Il focus del piano per il risparmio e gli investimenti dell’Unione è rivolto in primis ai cittadini e alle imprese. Questa è la caratteristica che dovrebbe contraddistinguere il progetto dalla CMU e dalla BU che invece si incentravano di più sulle regole dei mercati e sugli intermediari. Certo che in ultima analisi i beneficiari degli interventi sono gli attori del sistema economico, ma oggi questi lo sono in via più diretta, non solo mediata dal miglioramento dell’apparato finanziario nel suo insieme. Dunque, si intende far sì che i risparmiatori migliorino la propria condizione sotto diversi profili: ottenendo una maggiore remunerazione, potendo accedere una più vasta gamma di prodotti e strumenti, a costi più contenuti, con maggiore flessibilità e con forme di tutela e protezione più elevate, sia in termini di qualità dei prodotti sia favorendo la loro informazione e cultura finanziaria. Inoltre, i cittadini dovranno godere di un contesto previdenziale più sviluppato ed efficiente. In questo modo si coniugheranno benefici di breve periodo, il rendimento degli investimenti, con quelli di lungo periodo, la protezione del risparmio e la sua migliore redistribuzione temporale. Gli strumenti e le azioni che sono state individuate per perseguire l’obiettivo del miglioramento della condizione dei risparmiatori, indirizzandoli verso investimenti più redditizi, più sicuri e al contempo più funzionali al disegno complessivo degli investimenti europei, sono analizzate qui di seguito.
Il primo passo consiste nell’incoraggiare i risparmiatori a partecipare al mercato dei capitali rendendo disponibili nuovi strumenti particolarmente indirizzati a questo scopo: i saving and investment accounts (SIA). Ogni stato membro dovrebbe elaborare delle forme tecniche di strumenti di matrice bancaria aperte all’investimento nel mercato dei capitali che si caratterizzino per particolari profili di vantaggio in termini di portabilità, di regime e livello di tassazione fiscale, di costi operativi. Tali benefici incontrerebbero un limite quantitativo massimo e potrebbero essere condizionati a specifiche destinazioni del risparmio in essi contenuto, in termini di tipologia di strumenti e di destinazione delle risorse ai tre filoni di investimento più volte richiamati.
Le indicazioni applicative al momento sono molto limitate e rinviano genericamente a titolo esemplificativo all’esperienza di qualche stato membro, facendo pensare agli ISK svedesi[4]. Questi offrono essenzialmente un vantaggio fiscale (o meglio: una semplificazione del trattamento fiscale) ma non sembrano presentare le altre caratteristiche indicate: l’assenza o comunque il contenimento dei costi operativi e la portabilità agevole per favorire anche la circolazione internazionale. Dunque non è ancora possibile formulare un giudizio compiuto sullo strumento. Merita però citare due circostanze rilevanti con riferimento al caso italiano. Nel nostro ordinamento già esistono i PIR, che offrono l’esenzione fiscale totale se l’investimento è rivolto prevalentemente a piccole e medie imprese italiane. L’esperienza del primo quinquennio è stata positiva in termini di diffusione dello strumento, anche se non può dirsi che a ciò abbia corrisposto un significativo beneficio per le imprese e gli emittenti. Certo, lo strumento non potrebbe essere replicato in chiave europea perché ha il vincolo della destinazione nazionale dei fondi, cosa che ovviamente contrasta con il fine di accrescere la circolazione cross border delle risorse. A livello europeo sono stati previsti gli ELTIF[5], fondi a lungo termine per canalizzare le risorse finanziarie verso investimenti a lungo termine, che presentano una comune matrice, almeno in termini di finalità, e sulla cui convivenza con gli altri strumenti di cui qui si parla occorre fare una riflessione.
Il secondo punto attiene alla protezione del depositante: nel caso svedese, infatti, il conto è garantito dallo schema nazionale di tutela dei depositi anche se le risorse sono poi investite in strumenti di mercato. Una soluzione che appare difficilmente riproponibile e comunque che contrasta con la finalità deli schemi di tutela dei depositi.
A parere di chi scrive, l’incentivo fiscale agli investimenti diretti sui mercati dei capitali, nei limiti di un determinato ammontare di taglio medio-piccolo può essere apprezzabile, soprattutto se attuato insieme alla compensazione delle perdite, così che venga colpito solo l’effettivo provento. È lecito dubitare della sua efficacia complessiva così come va ricordato che ogni incentivo fiscale nella nostra Repubblica deve fare i conti con le pressanti esigenze di gettito. Sembra di maggiore interesse invece lo spunto di prevedere minori oneri commissionali in capo a questi conti e la portabilità degli stessi, magari condizionata alla detenzione prolungata, che consenta al meccanismo della concorrenza di agire appieno e favorire così il rendimento dell’investitore.
La relazione fra costi e benefici degli strumenti di investimento è essenziale per conseguire un altro degli obiettivi della SIU: l’equo trattamento da riservare ai risparmiatori privati. Il tema è già all’attenzione dell’Unione all’interno della Retail Investment Strategy[6], attualmente in discussione fra la Commissione e il Parlamento Europeo. La sua implementazione potrà favorire l’afflusso dei capitali privati verso le imprese e le infrastrutture europee nella misura in cui consentirà la rimozione di oneri talvolta eccessivi soprattutto sugli impieghi azionari, sia una maggiore consapevolezza della destinazione delle risorse da parte dell’investitore. Il quadro si completa con gli interventi previsti per accrescere le conoscenze finanziarie dei risparmiatori, presupposto essenziale per il loro ruolo attivo e coerente con le finalità di tutto il Progetto. La loro pianificazione è prevista per il terzo trimestre del 2025.
La previdenza complementare è un elemento centrale del piano perché allinea gli interessi dei risparmiatori ai suoi obiettivi strategici: incentiva la copertura pensionistica dei cittadini e rende disponibili risorse a lungo termine per gli investimenti. Il tema che collega i due profili è proprio l’orizzonte temporale molto protratto su entrambi i versanti che crea la possibilità di coniugare due parti del progetto. La dinamica demografica dell’Unione pone sfide rilevanti alla capacità dei sistemi pensionistici pubblici di assicurare un’adeguata protezione ai cittadini nel lungo periodo e al momento la diffusione degli strumenti integrativi è molto limitata. Nel nostro Paese in particolare si riscontrano entrambe le carenze: profilo demografico sfavorevole e bassissimo ricorso ai fondi pensione integrativi, benché istituiti ormai da alcuni decenni e assistiti da un trattamento fiscale agevolato. Nella misura in cui aumenterà la destinazione del risparmio alle esigenze previdenziali, si renderanno disponibili risorse stabili e durevoli per le infrastrutture, per le start up e le scale up, per il capital di rischio delle imprese: in una parola, si creeranno serbatoi di capitali pazienti gestiti da operatori istituzionali.
Le azioni da porre in essere per la diffusione della previdenza complementare sono diverse. A livello nazionale ogni paese dovrà innanzitutto compiere le riforme e gli interventi migliorativi caso per caso necessari, possibilmente cercando di favorire al contempo la convergenza dei diversi sistemi. A livello comunitario saranno intraprese iniziative per sensibilizzare i cittadini sull’importanza di un’adeguata copertura previdenziale, istituendo meccanismi di pension tracking e pension dashboard: dalla conoscenza della propria situazione personale dovrebbe scaturire la consapevolezza di eventuali profili di criticità a lungo termine e quindi lo stimolo a intervenire. Accanto a questo saranno studiati anche meccanismi più direttamente efficaci come la possibilità di iscrizione automatica dei lavoratori nelle forme di pensione integrativa. La dimensione delle risorse che possono essere mobilitate grazie a queste iniziative non è ancora stimata, ma è ragionevole ritenere che si tratti di quantità ingenti e soprattutto che mediante queste azioni si possa attivare un flusso costante di risorse, caratterizzate come detto dalla lunga durata dell’obiettivo di investimento. Dunque, questo filone di interventi è di rilevanza decisiva ai fini della riuscita del progetto nel suo insieme.
4. Investimenti e finanziamenti
La mobilizzazione del risparmio di cui ha trattato il punto precedente richiede una serie di interventi anche sul fronte delle modalità di investimento per convogliare efficacemente le risorse verso gli obiettivi del progetto. Le misure previste in questo secondo pilastro sono volte essenzialmente a promuovere forme di finanziamento diverse da quelle più tradizionalmente bancarie e a incoraggiare la canalizzazione del risparmio verso il supporto al capitale di rischio delle imprese e gli investimenti infrastrutturali.
Ciò richiede un maggiore ruolo degli intermediari specializzati nell’assistenza alla crescita delle imprese, soprattutto quelle in fase di start up e di scale up. Pertanto, occorre da un lato favorire l’afflusso di risorse verso questi operatori, dall’altro accrescere la possibilità di way out dagli investimenti compiuti dai private equity. Sul primo fronte si prevedono varie forme di incentivo al capitale paziente, adottando misure regolamentari di riduzione degli assorbimenti patrimoniali in capo agli investitori istituzionali e la possibilità che gli stati membri introducano forme di agevolazione fiscale. In particolare, gli interventi saranno rivolti a favore dei fondi pensione e degli intermediari assicurativi, che per loro natura hanno orizzonti di investimento di lungo periodo. Tali investimenti potranno essere attuati sia in forma diretta sia attraverso fondi di fondi. È evidente la saldatura logica fra questa politica e l’esigenza di migliorare il grado di copertura previdenziale dei cittadini dell’Unione trattata al punto precedente. All’altro estremo del ciclo di investimenti dei private equity bisogna rendere più agevole e più efficace l’approdo alla quotazione da parte delle imprese oggetto di questi interventi. Su questo fronte le iniziative da realizzare sono numerose: semplificare la disciplina di accesso e di permanenza sui mercati regolamentati, tema peraltro già oggetto del Listing act[7], al fine di ridurre i vincoli e gli oneri, sia finanziari che operativi, ridurre le barriere alla circolazione delle imprese sui vari mercati dell’Unione per ampliare il bacino di incontro fra imprese e risparmio. Un progetto già in corso in questo ambito è la Direttiva Faster and Safer Tax Relief of Excess Witholding Taxes (FASTER) [8] che mira a rendere omogeneo il prelievo sui dividendi e sulle cedole obbligazionarie proprio nel tentativo di allargare il potenziale di collocamento degli strumenti finanziari all’intero mercato finanziario dell’Unione.
Un altro progetti in corso che si collega alla SIU è la revisione della regolamentazione delle società di venture capital (EuVECA)[9], anche attraverso un ampliamento degli ambiti di investimento e delle strategie possibili. Fra le soluzioni allo studio c’è anche la possibilità di rafforzare i sistemi di circolazione delle quote azionarie delle imprese non solo sui mercati di borsa ma anche mediante piattaforme di scambio per le azioni e i titoli di debito delle aziende non quotate. L’obiettivo dello sviluppo del venture capital si collega anche a quello del sostegno dell’innovazione, che spesso proviene proprio da start up innovative, benché non solo da queste. Anche in questo caso gli interventi si collegheranno ad altri piani già in corso, fra cui l’European Tech-Champions Iniziative 2.0 (ETCI)[10].
Un punto di attenzione, come già citato, è quello fiscale. Una prima forma è quella degli incentivi mediante la detassazione dei proventi di questi investimenti o la possibilità di deduzione dall’imponibile dei capitali apportati, sia in capo ai soggetti giuridici sia per le persone fisiche. Un altro grande tema è quello della rimozione della convenienza fiscale del debito, che si traduce di fatto in un disincentivo all’aumento del capitale proprio. Anche in questo ambito la commissione ha già avanzato una proposta per la Debt.Equity Bias Reduction Allowance (DEBRA). Questa linea di azione è stata praticata in passato in Italia con diverso grado di intensità e attualmente non è più in vigore. Credo si tratti di un aspetto molto delicato. Infatti, da un lato è certo che una struttura più capitalizzata oggi risulta penalizzata in termini fiscali perché comporta meno oneri deducibili; ma non bisogna dimenticare che spesso le imprese indebitate sono anche quelle più deboli, sulle quali un eccessivo peso fiscale potrebbe avere l’effetto di mortificare anzichè stimolare la loro crescita. Non si può non ripetere anche in questa occasione che ogni intervento di tipo fiscale si scontra i vincoli di bilancio dei Paesi ad alto debito, fra cui ovviamente l’Italia.
Infine, un’altra leva da azionare sarà il potenziamento delle cartolarizzazioni come strumento di gestione dei rischi, consentendo alle banche di trasferire tali rischi ai soggetti più appropriati e, al contempo, di liberare capitale per destinare più risorse all’economia reale e in particolare alle piccole e medie imprese. Il framework sulle cartolarizzazioni in Europa si propone di rendere più agevole questo processo sia nelle forme standard sia in quelle non standard e di facilitare la loro circolazione mediante la creazione di piattaforme di scambio[11].
5. Mercato dei capitali
Il mercato dei capitali dell’Unione Europea è altamente frammentato a livello nazionale, nonostante i diversi decenni di vita dell’Unione stessa, e ancor prima della Comunità, e i 26 anni della moneta unica per molti dei Paesi aderenti. Ciò causa molta inefficienza, perché accresce i costi di transazione, diminuisce la liquidità dei mercati, riduce la possibilità di scelta degli investitori e di conseguenza comprime le opportunità di finanziamento delle imprese. Si perde così un importante potenziale di sostegno per le aziende, soprattutto quelle piccole e medie, che necessitano di capitali rischio e di finanziatori di lungo periodo.
Le ragioni di questa situazione sono molteplici. Il piano della SIU ne individua essenzialmente due: il contesto normativo, legale e fiscale differente fra i Paesi dell’Unione e la frammentazione delle infrastrutture di trading e post trading. Relativamente al primo aspetto si procederà innanzitutto a promuovere un’attenta rilevazione degli aspetti, di maggiore o minore importanza, che determinano questa situazione, non attraverso un censimento sistematico e comparativo della legislazione dei 28 Paesi ma rendendo disponibile agli operatori un canale per inviare segnalazioni sulle frizioni che operativamente riscontrano nella loro attività quotidiana. Inoltre si incentiveranno gli Stati membri a favorire l’omogeneizzazione normativa promuovendo un’applicazione il più possibile uniforme della disciplina, evitando soprattutto il diffuso ricorso alla pratica del gold plating. La stessa Unione, al fine di pervenire a un rapido progresso sotto questo profilo, è intenzionata a ricorrere in futuro più allo strumento dei Regolamenti che alle Direttive, le quali richiedono interventi di adozione o comunque di applicazione caso per caso.
L’obiettivo sembra davvero molto impegnativo, perché i fattori che costituiscono le cennate differenze regolamentari fra gli ordinamenti non sono solo di matrice finanziaria ma attengono, si può dire, a tutte le sfere normative che interessano la vita delle imprese: dalla governance alle regole contabili, dal fisco alla disciplina delle crisi aziendali eccetera e a quella giuslavoristica, per non parlare di quella fiscale. Si tratta quindi di uno sforzo colossale, difficilmente attuabile nel medio periodo. Questi fattori sono alla fine quelli che, come abbiamo visto recentemente, hanno spinto molte imprese italiane a trasferire la sede legale in altri Paesi, più accoglienti per le imprese o comunque con ordinamenti più semplici, pure senza essere stati canaglia e tanto meno in alcuna black list.
Non si può poi trascurare la presenza di un marcato home bias effect, che spinge gli investitori a privilegiare le imprese del proprio Paese, quelle di cui hanno magari conoscenza diretta per fattori non finanziari, cui si sentono più prossimi anche per ragioni linguistiche e alle quali quindi si sentono più inclini ad accordare la fiducia e quindi a investire. Il superamento di questo fattore, nettamente visibile nel finanziamento del debito pubblico, è presente ovviamente nel debito corporate e nell’equity. Il suo superamento potrà avvenire quando i cittadini europei raggiungeranno la piena consapevolezza dell’appartenenza al medesimo contesto politico ed economico. Richiederà molto tempo e un progetto come la SIU contribuisce allo scopo.
Un secondo ambito di interventi per l’integrazione del mercato dei capitali europeo riguarda l’integrazione del settore del risparmio gestito. Anch’esso oggi è fortemente frazionato per Paesi, e vede la presenza di molti operatori che dominano il proprio mercato nazionale e, quando agiscono in altri contesti, devono dotarsi di articolazioni operative locali, creando frizioni e costi. L’obiettivo è condivisibile ma dal testo del progetto, allo stato attuale, non si coglie quali potranno essere le linee di intervento. Bisognerà probabilmente attendere una fase più avanzata dei lavori per comprendere le linee di azione e gli strumenti di attuazione.
6. Vigilanza e supervisione
Il quadro delle misure per un potenziamento del settore finanziario dell’Unione non può non riguardare l’attività delle istituzioni di vigilanza. Il progetto definisce molto chiaramente l’obiettivo: per favorire la reale integrazione dei mercati e quindi accrescere la loro efficienza è necessario che tutti gli operatori siano soggetti al medesimo trattamento indipendentemente della loro localizzazione all’interno dell’Unione, giungendo così alla effettiva rimozione delle residue barriere nazionali. Il problema consiste nel fatto che attualmente la responsabilità in questo ambito è affidata alle competenti autorità nazionali, benché all’interno di un quadro di disciplina proveniente dalla comune matrice europea. Le differenze nel trattamento degli operatori discendono dalla concreta applicazione che queste ne danno nella propria sfera geografica di competenza. Il progetto non propone il superamento del ruolo delle autorità nazionali ma la progressiva convergenza delle prassi e delle modalità operative. Anche in questo caso, però, non si riesce a scorgere in questa prima versione del piano quale possa essere la modalità per perseguire l’obiettivo, così che l’enunciazione degli obiettivi di questa parte rimane piuttosto generica.
Forse è necessario leggere in controluce alcuni passaggi apparentemente secondari, per esempio là dove si parla della necessità di trovare un nuovo equilibrio fra il livello nazionale e quello europeo, evidentemente a favore di quest’ultimo. Oppure dove si segnala l’opportunità di prevedere il passaggio della vigilanza sugli operatori attivi a livello internazionale dalle autorità nazionali a quello europeo. Questo modello sarebbe simile a quello adottato per il settore bancario che vede una ripartizione di ruoli fra le autorità nazionali e quella europea proprio in base alla rilevanza degli intermediari.
A nostro parere, bisognerebbe avere più coraggio in questo ambito e intraprendere con decisione la strada di una riforma che riduca le differenze di attuazione della supervisione proprio grazie a una maggiore devoluzione di competenze al livello europeo. La via della convergenza fra 27 autorità nazionali in questa materia sembra destinata a prendere un tempo non compatibile con gli obiettivi del progetto e soprattutto con le impellenti esigenze sottostanti.
Il progetto si chiude con un richiamo all’importanza dell’efficienza e dell’efficacia del settore bancario che, abbiamo visto proprio nella premessa, è la componente fondamentale dell’intero apparato finanziario dell’Unione. Come già ricordato, esso è stato oggetto di un importante progetto di integrazione nel 2014, la Banking Union, che però non ha ancora visto il suo completamento. In occasione del varo della SIU si richiama l’esigenza di realizzare gli ultimi tasselli del progetto che riguardano la gestione della risoluzione delle banche di piccola e media dimensione e, soprattutto, la definitiva integrazione del sistema di garanzia dei depositi. Questo è il tema che ha registrato le maggiori resistenze sino ad oggi ed è difficile immaginare quali azioni potrebbero contribuire a rimuoverle. Certo, l’unione dei risparmi e degli investimenti non potrà a sua volta dirsi completa fino a quando non lo sarà anche l’Unione Bancaria. Diversamente, si potranno avere utili progressi sul versante del mercato dei capitali ma non si conseguirebbe quella piena evoluzione e armonizzazione che è il presupposto del rilancio del settore nel suo complesso.
7. Alcune conclusioni
Le finalità della SIU sono ampiamente condivisibili ed è pure apprezzabile il fatto che essa ponga al centro del progetto i cittadini e le imprese, soprattutto medie e piccole. Benché queste siano sempre i destinatari ultimi dell’azione dell’Unione, negli altri progetti concernenti il sistema finanziario si agiva sugli intermediari e sulle istituzioni per generare i benefici all’economia e alla società. Si tratta solo di una differenza di accenti o è qualcosa di più sostanziale? Dal documento di base del marzo 2025 è difficile trarre una risposta abbastanza certa al riguardo. È meritevole di nota il fatto che si sottolinei la necessità di un nuovo e diverso approccio, anche culturale, alla finanza, maggiormente orientato all’innovazione, all’investimento nel capitale di rischio e che si dedichi attenzione alle imprese giovani, alle nuove iniziative imprenditoriali e che quindi si voglia intervenire a favore degli intermediari maggiormente capaci di intervenire in questo ambito. Sono aspetti che trovano maggiore compimento nei sistemi finanziari anglosassoni e americano in particolare, caratterizzati anche da un quadro normativo più snello e flessibile. A queste esperienze si potrebbe guardare per trarre indicazioni utili nella definizione del nuovo percorso.
L’impianto logico è coerente e solido: il risparmio deve essere incanalato verso forme di impiego con orizzonte temporale esteso e capacità di sopportare il rischio, in virtù sia della durata protratta e non della ricerca di remunerazione di breve termine, sia della diversificazione intrinseca nel modello operativo degli intermediari specializzati nell’investimento in capitale di rischio. Questa modalità di impiego del risparmio avvantaggia i cittadini con rendimenti più elevati e rischi modesti e irrobustendo il pilastro della previdenza complementare che, complice l’andamento demografico, diverrà sempre più rilevante nel futuro. Grazie alla disponibilità di risorse con queste caratteristiche si potranno affrontare le sfide finanziarie dell’innovazione, della transizione climatica e delle nuove politiche europee fra cui la difesa comune. Per rendere possibile questa evoluzione è necessario assicurare la possibilità di una reale libera circolazione dei capitali all’interno dell’Unione, rimuovendo le numerose barriere nazionali che determinano ancora un elevato grado di segmentazione del mercato finanziario. Questo secondo tipo di interventi, di armonizzazione e di integrazione tecnica e normativa dei mercati, sarà il fattore abilitante dei cambiamenti che si intende introdurre con le iniziative di cui si è detto poc’anzi.
Fra gli aspetti positivi del progetto vi è anche l’indirizzo della semplificazione della regolamentazione interna, dell’armonizzazione, del superamento di prassi del gold plating, soprattutto a livello nazionale, che sono di ostacolo alla effettiva integrazione dei mercati. Va nella stessa condivisibile direzione l’intenzione enunciata nel progetto di fare meno ricorso alle direttive, che richiedono tempi e procedure di recepimento e di attuazione, a favore dei regolamenti di diretta applicazione.
Ma oltre che condivisibile e apprezzabile, la SIU è un progetto molto ambizioso e complesso. Si interseca, e speriamo non si sovrapponga, con altre importanti iniziative in corso: in primis la Banking Union e la Capital Market Union (che fine farà? Sarà riassorbita nella SIU?), la Retail Investment Strategty, il Listing Act, la direttiva FASTER, la disciplina dell’EuVECA e il Securitization Framework. Il timore è che l’intreccio di questi interventi generi una nuova fase di grande produzione normativa a cui poi gli intermediari devono adeguarsi, impegnando lavoro, tempo e costi, cioè che si sovrapponga un nuovo livello di norme sopra gli attuali. Sarebbe quasi una beffa: la semplificazione che produce complessità, paradossalmente il tentativo di curare un problema con la causa stessa del male.
Il limite intrinseco del progetto, e francamente insuperabile con questo solo strumento, è che non può rimuovere le differenze interne di tipo legale e culturale che caratterizzano i 28 Paesi dell’Unione. Pensiamo alla disciplina del diritto commerciale e della gestione delle crisi, al diritto del lavoro, all’ordinamento tributario, financo alla giurisprudenza e cioè al modo in cui i giudici guardano alle leggi. Queste differenze, che come sopra accennato hanno spesso una matrice culturale, sono quelle che determinano barriere nazionali invisibili e, addirittura al contrario, spingono verso le delocalizzazioni opportunistiche delle sedi legali di alcune società. Resta il dubbio che siano anche una forma di competizione fra gli ordinamenti che alcuni stati pongono in essere con l’obiettivo di attrarre le imprese e i contribuenti.
Infine, non si può non citare il convitato di pietra che sempre si affaccia quando si parla di finanza e di destinazione del risparmio: il debito pubblico. Il nostro paese è fra quelli più esposti a questo problema, ma i progetti infrastrutturali, la transizione energetica e la prospettiva della difesa comune spingeranno verso l’innalzamento del livello di indebitamento anche di altri paesi e della stessa Unione, che probabilmente avvierà forme di provvista diretta. Per essere prudenti e non eccessivamente pessimistici, mi limito a porre un quesito, e cioè se davvero tutti gli stati dell’Unione saranno genuinamente disposti ad attuare il progetto della SIU dato che questo potrebbe rendere più complicato il finanziamento delle loro emissioni di titoli pubblici.
In definitiva, la SIU è un progetto condivisibile nelle sue finalità e apprezzabile nell’impostazione delle modalità attuative ma che si presenta con ambizioni molto elevate, e a cui si deve guardare con disincantata prudenza.
[1] COM(2025) 124 , Communication from the Commission to the European Parliament, the European Council, The Council, the European Central Bank, The European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions, Savings and Investments Union. A Strategy to Foster Citizens’ Wealth and Economic ompetitiveness in the EU.
[2] La Banking Union è entrata in vigore nel novembre del 2014 con l’introduzione del Single Supervisory Mechanism (SSM).
[3] Il progetto della Capital Market Union è stato lanciato nel 2020 con l’obiettivo di creare un mercato unico del capitale all’interno dell’Unione Europea e in particolare di facilitare l’accesso ai finanziamenti, in particolare per le PMI, integrare i mercati dei capitali europei, aumentare la disponibilità di capitale transfrontalieri, completare l’unione economica e monetaria offrendo un canale di finanziamento alternativo al sistema bancario. Il suo completamento è previsto per il 2029.
[4] Per una illustrazione più dettagliata si veda Svedish National Audit Office, Investment savings account – a simple form of saving in a complex tax system, https://www.riksrevisionen.se/
[5] Gli ELTIF (European Long-Term Investment Funds): sono fondi europei di investimento a lungo termine istituiti dall’Unione Europea con Regolamento 2015/760 entrato in vigore il 9/12/2015. Mirano a canalizzare risorse finanziarie verso investimenti a lungo termine in settori come: infrastrutture, energie rinnovabili, immobili non residenziali, PMI non quotate, progetti di sviluppo sostenibile. Sono investimenti illiquidi destinati generalmente a investitori professionali, sono disciplinate da norme armonizzate a livello UE e prevedono limiti sull’uso del debito per evitare rischi sistemici. Il 10/1/2024 è entrato in vigore il Regolamento ELTIF 2.0 (Regolamento 2023/606) che ha introdotto maggiore flessibilità e semplificazioni
[6] La Retail investment strategy (RIS) è un’iniziativa presentata dalla Commissione Europea il 24/5/2023 finalizzata a rafforzare la protezione degli investitori retail e promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini europei al mercato dei capitali. Mira a rafforzare la trasparenza e la comparabilità dei prodotti finanziari, a rafforzare la protezione degli investitori garantendo che gli interessi dei consumatori siano al centro dell’attività di investimento al dettaglio, promuovere l’educazione finanziari, a favorire l’accesso al mercato dei capitali semplificando le procedure. Attualmente la proposta è in fase di discussione e si prevede che il testo finale possa essere adottato entro la metà del 2025.
[7] Il Listing Act è il pacchetto legislativo dell’Unione Europea adottato nel 2024 con l’obiettivo di rendere più attraenti i mercati dei capitali europei per le imprese, in particolar modo per le PMI, semplificando le regole di quotazione e riducendo gli oneri amministrativi. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’UE il 14 novembre 2024 è entrato in vigore il 4/12/2024. Alcune disposizioni saranno applicabili dopo 15, 18 o 24 mesi per consentire l’adozione degli standard tecnici da parte dell’ESMA (European Securities and Markets Authority) e la trasposizione delle direttive da parte degli Stati membri.
[8] Direttiva UE 2025/50 del 10/12/2024 finalizzata a semplificare, digitalizzare e armonizzare le procedure di rimborso delle ritenute alla fonte in eccesso su dividendi e interessi percepiti da investitori non residenti. È prevista la trasposizione nelle legislazioni nazionali entro il 31 dicembre 2028 e l’entrata in vigore delle disposizioni dal 1 gennaio 2030.
[9] Gli EuVeca (European Venture Capital Funds) sono una categoria di fondi istituiti a livello europeo con il Regolamento UE n. 345/2013 per incentivare gli investimenti nel capitale di rischio delle piccole e medie imprese non quotate e innovative. Devono investire almeno il 70% del capitale in PMI non quotate che siano in fase di avvio, espansione o sviluppo, possono essere commercializzati sia da investitori professionali sia, seppur con restrizioni, da investitori al dettaglio qualificati, possono utilizzare un passaporto europeo per raccogliere capitali e commercializzare i fondi in tutti gli Stati Ue senza richiedere autorizzazioni nazionali, non possono usare leva finanziaria, devono essere registrati e vigilati dall’autorità competente dello Stato membro d’origine
[10] L’European tech Champion Initiative 2.0 (ETCI 2.0) è una nuova fase dell’European Tech Champions Initiative volta a sostenere la crescita delle imprese tecnologiche innovative in Europa, il cui lancio è previsto entro il 2026. L’iniziativa sarà gestita dal Fondo Europeo per gli Investimenti e opererà come un fondo di fondi, investendo in fondi di venture capital e private equity che a loro volta finanzieranno le scale-up europee.
[11] Il cosiddetto Framework cartolarizzazioni è il quadro normativo che disciplina l’attività di cartolarizzazione all’interno dell’Unione Europea, con l’obiettivo di garantire trasparenza, standardizzare e ridurre il rischio sistemico. La normatività principale è costituita dal Regolamento Ue 2017/2402 entrato in vigore il 1° gennaio 2019 e modificato dalla Commissione Europea nel 2021.