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Giurisprudenza

Credito revolving: contratto nullo se manca l’iscrizione all’UIC

16 Maggio 2025
Cassazione Civile, Sez. I, 13 maggio 2025, n. 12838
Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 12838 del 13 maggio 2025 si è pronunciata sulla nullità del contratto di apertura di credito con carta di tipo “revolving”, per contrarietà a norma imperativa, sottoscritto presso un fornitore di beni e servizi convenzionato con l’intermediario finanziario ma non iscritto nell’elenco istituito presso l’U.I.C. (Ufficio Italiano dei Cambi).

La Corte ha enunciato, in particolare, i seguenti principi di diritto:

  1. nella vigenza del d.gs. n. 374 del 1999 e del d.m. 13 dicembre 2001, n. 485, anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 141 del 2010, non è consentita l’apertura di una linea di credito utilizzabile mediante carta di credito di tipo revolving a tempo indeterminato a seguito di contratto promosso e sottoscritto presso un fornitore di beni e servizi convenzionato con l’intermediario finanziario ma non iscritto nell’elenco istituito presso l’U.I.C. ex art. 3 d.lgs. n. 374 del 1999;
  2. nella vigenza del d.gs. n. 374 del 1999 e del d.m. 13 dicembre 2001, n. 485, anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 141 del 2010, il contratto di apertura di una linea di credito utilizzabile mediante carta di credito di tipo revolving a tempo indeterminato a seguito di contratto promosso e sottoscritto presso un fornitore di beni e servizi convenzionato con l’intermediario finanziario ma non iscritto nell’elenco istituito presso l’U.I.C. ex art. 3, d.lgs. n. 374 del 1999 è nullo ex art. 1418, primo comma, cod. proc. civ.

Sulla riserva di attività in favore dei soggetti iscritti nell’elenco istituito presso l’U.I.C.

La Corte ricorda preliminarmente che la carta di credito cd. revolving si caratterizza per la facoltà riservata al titolare effettuare spese, nei limiti del fido accordato, e di restituire il relativo importo, anche ratealmente, con l’addebito di interessi: ciò, a differenza della carta di credito cd. charge, in cui l’utilizzatore è tenuto al pagamento delle spese effettuate con la carta in un’unica soluzione, con addebito mensile e senza pagamento di alcun interesse.

Con riferimento all’attività di promozione e rilascio di tale tipologia di carta di credito l’art. 3 D. Lgs. 374/1999, applicabile al caso in esame ratione temporis, dispone che l’esercizio professionale nei confronti del pubblico dell’agenzia in attività finanziaria è riservato ai soggetti iscritti in un elenco istituito presso l’U.I.C., rinviando quindi a un regolamento del MEF (D.M. 485/2001), la concreta attuazione.

L’art. 3 di tale D.M. dispone in particolare che non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria:

  1. la distribuzione di carte di pagamento
  2. la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell’esercizio delle attività finanziarie previste dall’art. 106/1 TUB, unicamente per l’acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari.

La Cassazione, nel rispondere se la carta revolving rientri o meno in una delle due deroghe di cui al D.M. del MEF, ripercorre sinteticamente i principali indirizzi giurisprudenziali sul punto.

Secondo un primo orientamento, la promozione ed il rilascio di carta di credito revolving a tempo indeterminato, nel vigore di tale decreto legislativo, non sono consentiti ai fornitori di beni e servizi non iscritti nell’apposito elenco, e la violazione delle disposizioni imperative determina nullità ex art. 1418, c. 1 C.c., poiché, dal combinato disposto della normativa primaria e secondaria si ricava l’esistenza di una riserva di attività di agenzia in attività finanziaria, a soggetti iscritti in apposito registro e dal cui ambito sono escluse soltanto le carte di pagamento.

Pertanto, ove l’attività finanziaria risulti realizzata da parte di soggetto (il venditore) sprovvisto della apposita iscrizione nell’albo, il contratto di apertura di credito sarebbe nullo in ragione della rilevanza pubblicistica dei requisiti soggettivi richiesti a tutela del mercato bancario e finanziario, nonché della loro incidenza sulla struttura della fattispecie negoziale.

Secondo altro orientamento, invece, i contratti relativi alla concessione di credito tramite carte revolving promossi e conclusi secondo le modalità indicate non sarebbero nulli, sia perché il decreto legislativo citato non sarebbe diretto ad introdurre una specifica tutela in favore del cliente, ma a prevenire l’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite, sia perché si tratterebbe di attività riconducibile alla “distribuzione di carte di pagamento”, in quanto tale non richiedente l’iscrizione nell’albo istituito presso l’UIC, se non a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. 141/2010.

La Cassazione condivide il primo orientamento, in quanto la normativa riserva l’esercizio professionale nei confronti del pubblico dell’agenzia in attività finanziaria – ovvero anche quella consistente nella promozione e conclusione di contratti di finanziamento – ai soggetti iscritti nell’elenco istituito presso l’U.I.C.; la deroga, ivi prevista, concerne solo il c.d. credito finalizzato.

Da ciò consegue che l’attività di promozione e conclusione di contratti di credito cd. revolving, in quanto estranea alla fattispecie del credito finalizzato, non rientra nella deroga di cui al D.M., e non può pertanto essere esercitata da qualsiasi fornitore di beni e servizi, ma solo da quelli che sono iscritti nell’albo istituito presso l’U.I.C. e, in quanto tali, abilitati allo svolgimento di una siffatta attività di agenzia: in tale senso si è espressa Banca d’Italia con comunicazione del 20 aprile 2010, e cospicua giurisprudenza di merito e dell’Arbitro Bancario Finanziario.

Del resto, secondo la Corte, il secondo degli orientamenti riportati, poggerebbe sull’assunto che la carta di credito revolving costituisca una carta di pagamento, ai sensi del secondo comma, lett. a), di tale norma: assunto non corretto, in quanto la carta di credito revolving non è assimilabile alla carta di pagamento, differenziandosi da quest’ultima per la funzione di finanziamento che le è propria e che conforma la relativa disciplina negoziale.

Sulla nullità virtuale del contratto di apertura della carta “revolving” sottoscritto

La Cassazione entra poi nel merito del carattere imperativo o meno della richiamata normativa di settore, e, in quanto tale, se determini la nullità virtuale del contratto concluso in violazione della stessa.

Ricorda sul punto l’evoluzione giurisprudenziale, che ha condotto a individuare le norme imperative la cui violazione determina la nullità del contratto, non solo in quelle che si riferiscono alla struttura o al contenuto del regolamento negoziale delineato dalle parti, ma anche in quelle che riguardano elementi estranei al contenuto o alla struttura del negozio.

Ad esempio, il contratto concluso in violazione di norme che, in assoluto, oppure in presenza o in difetto di determinate condizioni oggettive o soggettive, direttamente o indirettamente, ne vietano la stipulazione, non può che considerarsi nullo per violazione di norme imperative (SS.UU. 26724/2007).

Per la Cassazione la normativa in questione si inserisce nell’ambito del quadro regolamentare dello svolgimento dell’attività finanziaria, ed è specificamente finalizzata alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite, come chiaramente evincibile dalle premesse al D. Lgs. n. 374/1999 e dai considerando della Direttiva 91/308/CEE, di cui costituisce recepimento.

A ciò si aggiunge la considerazione per cui l’obiettivo di tale normativa, anche se secondario, è proprio la tutela dei consumatori, conseguente alla previsione dell’obbligo di iscrizione dell’intermediario in un albo tenuto da un soggetto pubblico e il conseguentemente assoggettamento ai poteri di vigilanza dell’autorità preposta.

Tali interessi, per la Corte, attingono a valori costituzionali o, comunque, a preminenti interessi generali della collettività, riferendosi:

  • alla modalità di svolgimento dell’attività finanziaria, in relazione alla individuazione dei soggetti che possono intervenire, quali intermediari, nelle operazioni
  • alla tutela del sistema finanziario da infiltrazioni della criminalità organizzata
  • alla tutela dei singoli consumatori

Perciò, tali interessi sono sufficienti per la Cassazione a connotare la disposizione che richiede l’iscrizione all’albo tenuto dall’U.I.C. per lo svolgimento dell’attività di intermediazione nella distribuzione delle carte di creduto cd. revolving, del carattere di imperatività ai fini dell’applicazione dell’art. 1418, c- 1 C.c. e della causa di nullità ivi prevista.

La disposizione violata ha una immediata valenza civilistica, in quanto:

  • interessa direttamente il diritto del venditore di agire quale promotore e distributore di carte di credito cd. revolving
  • è preordinata alla tutela di rilevanti interessi pubblici e generali, attinenti, in particolare, alla sicurezza nazionale e all’ordine pubblico interno, nonché alla tutela dei consumatori, potenzialmente esposti dalla inosservanza della disposizione medesima
  • il sistema di controlli riservati all’autorità di settore non appare idoneo, per la Corte, a realizzare gli effetti specifici voluti della norma.
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