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Attualità

Processo civile telematico: da nemico ad alleato

12 Giugno 2019

Tiziana Allievi, Partner Team Esecuzioni Immobiliari, Valentina Zamberlan, Trainee Team Contenzioso Bancario, La Scala Società tra Avvocati

La rivoluzione copernicana generata dall’introduzione del processo civile telematico ha radicalmente mutato le abitudini di avvocati e funzionari amministrativi, riducendo ai minimi termini gli adempimenti da realizzare fisicamente all’interno dei palazzi di giustizia.

Quelle che erano attività di ordinaria amministrazione per ogni avvocato, come l’iscrizione a ruolo “fisica” delle controversie, il deposito delle memorie, la predisposizione di centinaia di documenti da allegare agli atti di causa, la necessità di rivolgersi agli ufficiali giudiziari per la notifica di qualunque tipo di atto, sono oramai un lontano e sofferente ricordo.

Dal 2014 ad oggi, una serie di servizi informatici e telematici ha infatti gradualmente sostituito le operazioni di cancelleria, di deposito degli atti e di notifica, consentendo la loro esecuzione telematica.

Il cuore del processo civile telematico consiste proprio nella digitalizzazione di attività processuali usualmente poste in essere in forma cartacea, attraverso l’utilizzo di supporti informatici idonei a garantire una certa e corretta identificazione del soggetto che crea e trasmette atti e comunicazioni.

Pietra angolare dell’intera architettura del processo telematico è senz’altro la posta elettronica certificata, cui già dal 2005 è riconosciuto il medesimo valore legale di una raccomandata con avviso di ricevimento: il messaggio PEC consente di individuare esattamente la data di avvenuta spedizione e ricezione della missiva, che coincide con il giorno e l’ora in cui viene generata, rispettivamente, la ricevuta di accettazione del messaggio (RAC) da parte del sistema che gestisce lo scambio di PEC e la ricevuta di avvenuta consegna (RDAC).

Come per la tradizionale raccomandata, una volta che la RDAC viene inviata al mittente il messaggio si presume conosciuto dal destinatario, salvo il caso in cui quest’ultimo provi di versare in uno stato di incolpevole impossibilità di ricevere il messaggio o, quanto meno, di averne conoscenza.

Inoltre, la posta elettronica certificata consente di verificare con certezza non solo la data esatta di avvenuta spedizione e ricezione della missiva, ma anche il contenuto del messaggio stesso, con evidenti agevolazioni sotto il profilo probatorio.

Per tali ragioni, la posta elettronica certificata ha segnato il precoce pensionamento della raccomandata con ricevuta di ritorno, il cui utilizzo rimane circoscritto alle sole ipotesi in cui il destinatario non sia munito, a sua volta, di un indirizzo di posta elettronica certificata.

In ragione dell’equiparazione tra indirizzo di posta elettronica certificata e il domicilio fisico del destinatario, è opportuno che l’avvocato presti attenzione al proprio “domicilio digitale” con la stessa diligenza con cui cura quello fisico: come già accennato, qualunque comunicazione ricevuta a mezzo di posta elettronica certificata si presume infatti conosciuta dal destinatario, così come previsto dall’art. 1335 c.c. del codice civile. Unico limite alla presunzione di conoscenza dell’avvenuta notifica è costituito dalla prova del caso fortuito, sostenibile in tutti i casi in cui la mancata ricezione del messaggio dipenda da malfunzionamenti incolpevoli, imprevedibili o comunque non imputabili al professionista coinvolto.

A nulla vale lamentare guasti del dispositivo dal quale l’avvocato consulta normalmente il proprio indirizzo PEC, oppure una temporanea saturazione della casella di posta elettronica: lo stato di funzionamento della casella medesima è indubbiamente soggetto alla sfera di controllo dell’avvocato, il quale deve preoccuparsi di scongiurare tali infausti accadimenti.

Pertanto, come sancito da consolidata giurisprudenza di legittimità, in caso di mancata consegna del messaggio per saturazione della casella di posta elettronica certificata del destinatario, la responsabilità grava esclusivamente sull’avvocato che dimostra di non aver verificato la costante efficienza degli strumenti informatici di cui si è dotato.

Allo stesso modo, l’allegazione di un mero guasto al PC non è ipotesi di caso fortuito tale da vincere la presunzione di conoscenza della ricezione del messaggio. Il destinatario del messaggio PEC non solo ha l’onere di dotarsi degli strumenti necessari per decodificare o leggere i messaggi inviatigli, non potendo la funzionalità dell’attività del notificante essere rimessa alla mera discrezionalità del destinatario, ma anche di presidiare la propria casella procedendo alla periodica verifica delle comunicazioni regolarmente inviategli.

L’importanza del corretto utilizzo della posta elettronica certificata emerge anche in tema di deposito telematico degli atti. Infatti, questo si perfeziona solo nel momento in cui la ricevuta di avvenuta consegna del messaggio PEC contenente l’atto o il documento presentato viene generata dal sistema e spedita al mittente.

All’avvocato non rimane quindi che redigere l’atto direttamente su supporto informatico, firmarlo digitalmente e inviarlo al tribunale competente tramite uno dei programmi di interfaccia che permettono di agevolare l’utilizzo del processo civile telematico.

Allo stesso modo, il magistrato potrà predisporre ed inviare qualunque provvedimento, che verrà direttamente notificato alla casella di posta elettronica certificata dei difensori delle parti in causa.

Come accennato, la sola creazione di un atto nativo digitale non è sufficiente per integrare i requisiti di validità degli atti telematici: la maggior parte degli atti processuali richiede infatti, a pena di nullità, la sottoscrizione da parte di difensori e giudici.

A tal fine, è previsto che avvocati, magistrati e ausiliari siano in possesso della cosiddetta firma digitale, la quale, per mezzo di una procedura informatica basata su tecniche crittografiche che consente di associare in modo indissolubile un numero binario univoco (la firma) a un documento informatico, costituisce una forma equipollente di sottoscrizione di atti e documenti.

Il documento informatico firmato digitalmente è considerato dalla legge come autentico, integro e non ripudiabile, perché la firma garantisce l’identità digitale del sottoscrittore del documento, che quest’ultimo non sia stato modificato dopo la sottoscrizione e che l’autore non lo disconosca in un momento successivo.

Dal combinato utilizzo di posta elettronica certificata e firma digitale è assicurata la corretta identificazione della provenienza tutti gli atti depositati telematicamente.

Le agevolazioni connesse all’introduzione e allo sviluppo del processo civile telematico, unitamente alla graduale obbligatorietà del suo utilizzo, hanno provocato un notevole incremento nel flusso telematico di atti depositati e prodotti digitalmente.

Le ultime statistiche hanno infatti rilevato che, dall’introduzione del processo civile telematico, sono stati ricevuti dal sistema ben 32.678.329 atti di avvocati e professionisti, di cui 1.913.728 ricorsi per decreto ingiuntivo, 25.093.570 atti endoprocedimentali e 5.671.031 atti introduttivi e di costituzione.

Per quanto riguarda invece l’utilizzo del processo civile telematico da parte di cancellerie e magistrati, è stato riscontrato come le prime inviino in media 1.425.359 comunicazioni al mese, per un totale complessivo di 72.906.104 comunicazioni regolarmente consegnate; i secondi, invece, nei cinque anni di attività del processo civile telematico hanno dato vita a ben 19.190.504 atti nativi digitali, di cui 5.878.994 verbali di udienza, 1.860.221 decreti ingiuntivi, 10.164.721 tra decreti e ordinanze e 1.286.568 sentenze.

In conclusione, appare evidente come l’onere di conoscere adeguatamente il processo civile telematico e i supporti informatici di cui questo si avvale gravi specificamente sugli avvocati, che sopportano ogni rischio connesso ad un’insufficiente preparazione informatica.

A tal fine, si segnala la recente uscita di un interessante compendio giurisprudenziale del processo civile telematico, che raccoglie tutte le sentenze più interessanti (sia di merito che di legittimità) pronunciate nel corso del 2018. Dalla consultazione del compendio è possibile infatti individuare l’orientamento prevalente della giurisprudenza su questioni di estrema rilevanza relative a posta elettronica certificata, depositi, attestazioni di conformità e firme digitali.

L’elaborato può essere consultato al seguente link: http://www.movimentoforense.it/redazione/2019/02/17/compendio-giurisprudenziale-del-processo-civile-telematico-anno-2018/.

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